Gentile {NOMEUTENTE}
Domani, dopodomani e giovedì decima edizione a Dubai di PizzaUp, la rassegna annuale organizzata per nove anni da Molino Quaglia nelle sua sede a Vighizzolo d’Este, in provincia di Padova, e che in questa occasione si farà in due. A questa prima trasferta all’estero, ne seguirà una seconda di nuovo a Vighizzolo a febbraio.

Non si parla mai abbastanza di qualità, ben vengano appuntamenti come questo. Contribuiscono a formare nuove leve di pizzaioli e di protagonisti, che a volte non sono fanciulli ma professionisti collaudati che a un certo punto decidono di svoltare e di avvicinarsi a nuovi concetti, a novità che permetteranno loro di innalzare la qualità del loro prodotto.

La formazione è fondamentale e dovrebbe esserlo anche la comunicazione. A ottobre mi è capitato un episodio davvero singolare. Non dico dove perché non vi era nulla da eccepire sulle pizze arrivate a tavola, tanto che l’insegna entrerà nella Guida di Identità Golose 2017. La cosa che mi ha stupito è un’altra. A fine pranzo ho chiesto se potevo portare via la lista delle pizze, troppe per trascriverle e troppo scomodo il menù per fotografarlo. No, non è stato possibile: «Non lo mettiamo nemmeno in internet».

Gelosia? Vallo a capire. Se un concorrente passa di lì per copiare, prende i suoi bravi appunti e non avrà di certo problemi nel rifare questo o quello. E allora, a chi è destinato il rifiuto? Alla clientela normale, alla stampa e ai blogger. Ma perché mai? A postare le varie pizze nei social o a scriverne in una rivista si fa inevitabilmente della pubblicità, perché rifiutarla? Mistero senza soluzione.

Paolo Marchi
 

PizzaUp: storia e futuro

PizzaUp dieci anni fa è stato un segnale di incoraggiamento a tutti i professionisti coinvolti nel mondo della cucina, ed a noi per primi, a intraprendere un percorso di qualità in termini di ingredienti, tecniche e comunicazione per riscattare tanta della pizza italiana dal cibo spazzatura nel quale era finita e farla diventare esempio di un piatto nello stesso tempo popolare, gustoso e salutare. Partendo proprio dai due ingredienti di base, senza i quali la pizza non esisterebbe: la farina e il lievito.

A ripensarci a distanza di 10 anni, non poteva che spettare ad un molino quel compito, e con un pizzico di orgoglio direi che non poteva che spettare al Molino Quaglia, fin da allora l'unico in Italia in grado di coniugare la scelta meticolosa del grano sul campo, la compresenza al suo interno di una scuola di impasti e lievitazioni già collaudata e la tecnologia più avanzata d'Europa applicata non solo alla macinazione a pietra del grano tenero, ma soprattutto alla decontaminazione assoluta da muffe e tossine naturali di grande pericolosità per la salute dell'uomo.

Poi, edizione dopo edizione, PizzaUp ha condensato l'entusiasmo dalle nuove figure di pizzaioli che, avvicinatisi all'evento e frequentando durante l'anno le attività di Università della Pizza , hanno dato concretezza ai messaggi ed alle tecniche loro trasmessi, costruendo assieme a noi un'alternativa alle "pizze senz'anima" e facendo propri i canoni del Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea, scritto e condiviso dai più influenti giornalisti eno-gastronomi d'Italia nell'edizione del 2012.

Il decimo anniversario di PizzaUp arriva dunque in un momento storico diverso da quello nel quale è nata: oggi la pizza italiana contemporanea è reale ed ha una fisionomia ben precisa, prova ne sono le innumerevoli scimmiottature (ancora una volta "senz'anima") di quanti si appropriano di etichette e parole per identificarsi e identificare i propri prodotti con l'aggettivo “gourmet", senza comprenderne l'idea di fondo e condividere la sensibilità per la ricerca della qualità vera.

Ecco perché PizzaUp procederà da quest'anno su un doppio binario: una versione aperta a tutti per divulgare i canoni di una pizzeria che vuole guadagnarsi pari dignità rispetto agli esempi migliori della cucina italiana, partendo domani da Dubai.

Ed una seconda versione, fissata per il 15 e 16 febbraio 2017 nell'Università della Pizza a Vighizzolo d'Este, riservata in esclusiva ai nostri Petra Selected Partners, per coinvolgerli nel processo continuo di sviluppo tecnico e tecnologico della nostra scuola e spingerli a diventare esempio di qualità nel mondo della pizzeria italiana contemporanea.
Piero Gabrieli
 

Tutti i nomi di PizzaUp 2016 a Dubai

Per i suoi dieci anni PizzaUp sceglie una location fuori dai confini, con la trasferta a Dubai, poi un tema centrale, Quale futuro per la pizza italiana? - dopo il lievito madre vivo (2007) fino all’incontro della pizza con l’alta cucina (2016), passando per il Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea (2012) - e nell’Emirato riunisce il meglio dell’arte bianca italiana, a confronto con professionisti internazionale. Perché se ci si interroga sul futuro, non ci si può che aprire a una visione più ampia, quella che si può godere solo da un palcoscenico prestigioso e aperto alle contaminazioni più svariate e contemporanee.

Qui il programma completo, ma vale la pena sottolineare i passaggi più importanti. Sarà ad esempio proprio Paolo Marchi a coordinare il confronto sulla Pizza modello di semplicità - la ricerca nei lieviti e negli impasti per bilanciare gusto e digeribilità che vedrà impegnati i “nostri” Renato Bosco, Corrado Scaglione, Nicola Cavallaro, Giovanni Marchetto e Gennaro Nasti, insieme a Reif Othman, del Play di Dubai.

Beniamino Bilali, Massimo Giovannini, Lello Ravagnan, Antonio Pappalardo e Fortunato Ostacolo saranno invece protagonisti con Russel Impiazzi del Galeries Lafayette Le Gourmet di Dubai del dibattito su La pizza modello di lifestyle - La natura nel piatto partendo dal grano integrale: la risposta dell'artisan pizza ai consumatori che vogliono mangiare bene per stare bene. Quindi si parlerà con Franco Pepe, Simone Padoan, Giulia Miatto e Tony Nicolini, con Gary Rhodes, del Rhode Twenty10 di Dubai di La pizza modello di autenticità - Il dilemma del tricolore: impasti e selezione consapevole delle origini per la pizza che parla italiano nel mondo.

Si chiuderà con tre case histories su Il futuro del business della pizza: sul palco via via Mario Caramella, chef patron In-Italy Singapore e presidente Cvci; Luigi Acciaio, pizzaiolo e presidente dell'Associazione Vera Pizza Gourmet; Gennaro Miele, pizzaiolo e imprenditore in Cina con la catena La Pizza a Beijing.

Tutto questo il 10 novembre, mentre nei due giorni precedenti i partecipanti potranno interagire con The Speciality Food Festival che ospiterà anche l’Italian Cuisine World Summit 2016.
CP
 

La non-pizza nikkei di Peter Brunel

Tanti grandi chef si sono avvicinati negli ultimi tempi al mondo della pizza, recentemente abbiamo parlato di Ugo Alciati (leggi qui), Moreno Cedroni (qui), Nino Di Costanzo (qui), Andrea Mattei (qui). Dell’elenco fa parte anche Peter Brunel, che vi si accosta però in modo particolare: proponendo una sorta di non-pizza: la pizza nikkei, «concetto che parte da tradizioni diverse rispetto alla nostra, ma poi si fonde con ingredienti made in Italy».

Brunel ha ben presente la lezione del suo amico Renato Bosco, «il numero uno sugli impasti, mentre Simone Padoan non ha uguali sul topping». La base è tutta diversa rispetto a quella classica: «Due parti di polvere di quinoa e una parte di farina bianca, con acqua quasi al 50%. Si fa riposare e poi si coppa». Il tutto poi è fritto molto velocemente e successivamente disidratato in forno, «al momento del servizio va in essiccatore», in modo da ottenere un disco caldo e croccante. Sotto, a ribadire il legame con la tradizione peruviana, una spirale di crema fatta di emulsione di mais bianco: così si recupera anche il gioco di consistenze, col morbido e il crunch.

Il topping è fatto di tonno fresco marinato in zuppa di miso, daikon grattugiato crudo, cipolla rossa e succo di agrumi, che viene cotto a fiamma viva «perché richiami il gusto della pizza nel forno». Quindi cipolla rossa calda (messa in salamoia con sale zucchero e aceto, cotta a 85° per 35 minuti, così da evitarne la rottura delle fibre e farla rimanere croccante), salsa guacamole (avocado ben maturo, succo di limone, olio di semi e aromi), di nuovo un poco di salsa di mais bianco, salsa di peperoncino dolce (bollito con cipolla, zenzero, miele, aceto di mele e di riso, quindi frullato e setacciato). Lo chef sta studiando anche una versione a base di storione, invece che di tonno.

Al Borgo San Jacopo Brunel serve anche una pizza al cucchiaio, «un concetto totalmente diverso». Viene messa in cottura farina e un mix vegetale (cavolfiore o daikon o sedano rapa), che vengono miscelati insieme nel bimby. Diventano la base poi arricchita con crema di sedano rapa e patata, bocconcini di mozzarella, pomodori semicanditi, seppei scottate, capesante marinate, foglie d’ostrica, poi condita con polvere di salicornia. Ultimo passaggio: il bordo esterno viene un poco bruciacchiato.

Carlo Passera
 

Roma, al Gazometro 38 il giovane Seu si ispira ai maestri

Ne Le Fate Ignoranti di Ferzan Ozpetek il gasometro, chiamato anche colosseo d’acciaio e oggi icona di archeologia industriale, è protagonista di molte delle inquadrature più significative. Simbolo del quartiere Ostiense di Roma, ispira il nome di una dei locali più interessanti della capitale, il Gazometro 38 (ovviamente via del Gazometro 38), uno spazio dal design metropolitano. Qui, oltre a servire ottimi cocktail e fare ristorazione, è possibile mangiare una pizza di livello grazie al giovane Pier Daniele Seu, reduce dal premio Pizza Chef Emergente d’Italia 2016.

Pizzaiolo autodidatta, inizia per caso - non voleva lavorare con il padre - e per passione nel locale Mastro Titta, pub con forno a legna, conosciuto anche come il “ristoratore dei ristoratori” perché è uno dei pochi posti a Roma dove poter mangiare fino alle 4 di mattina. Qui Pier Daniele si fa le ossa, viene a contatto con molti grandi chef, come Davide Scabin e Antonino Cannavacciulo, e con pizzaioli come Stefano Callegari che lo inizia al mondo della pizza di qualità, lo stimola a studiare nonché a testare i colleghi Giancarlo Casa e Gabriele Bonci, e la grande ristorazione.

Si fa notare e approda al Gazometro 38. Lavora sugli impasti e ne crea uno tutto suo a lunga maturazione fatto con un blend di farine 00 e Tipo 1 macinate a pietra, lievito di birra e olio extravergine d’oliva, così da proporre «una pizza romana croccante ma con l’alveolatura napoletana», cotta nel forno a gas.
Grazie alla collaborazione con alcuni cuochi come Marco Claroni dell’Osteria dell’Orologio di Fiumicino, impara a bilanciare gli ingredienti per creare topping non convenzionali basati però sulla semplicità: «Per me è molto importante rispettare la stagionalità, tant’è che i nostri menu cambiano quattro volte l’anno. Inoltre cerco anche di non sovraccaricare il disco bianco e di alternare sempre tre ingredienti base che contengano una parte grassa, una vegetale e una proteica».

Ne è un esempio la pizza Tutte le cose che non mi piacevano da bambino, rivisitazione della boscaiola in chiave contemporanea dove ai porcini cotti al forno e ai funghi galletti unisce la salsiccia di Mangalica, la scamorza, una punta di salsa di cachi e berberè, ingredienti che ha apprezzato solo da adulto perché «il palato cambia e si modifica».

La carta del Gazometro 38 si divide in pizze bianche, rosse, focacce e pizze38 (o particolari) in un mix interessante di semplicità e creatività, ricerca e materie prime eccellenti, fantasia e tradizione.

Tania Mauri
 

Berberè Milano: wow! E ora Aloe sbarca anche a Londra

Nella foto di Tanio Liotta, la pizza Pomodoro fiaschetto di Torre Guaceto, capperi di Salina, fiordilatte, origano, basilico e pepe che chi scrive ha gustato qualche giorno fa al nuovo Berberè Milano, quinto locale della serie dopo Castel Maggiore, Bologna, Firenze e Torino, esito però uguale: buonissima.

I condimenti sono azzeccati, ma quel che colpisce di più è l'impasto, compreso quello speciale del giorno, nel nostro caso a base di farro e protagonista del secondo assaggio, Prosciutto crudo S. Daniele, burrata, olio all’arancia, fiordilatte.

Prosegue dunque lo sbarco a Milano di nuove pizzerie di qualità, ma anche i londinesi presto gioiranno: a dicembre apre Radio Alice, il progetto dei fratelli Matteo e Salvatore Aloe nella capitale inglese. Il nome è un omaggio alla città di Bologna e alla radio simbolo della controcultura anni '70.

Il nuovo locale aprirà i primi di dicembre al numero 16 di Hoxton Square ed è nato dall'incontro con Emma King, un’amica australiana che vive a Londra da diversi anni, co-fondatrice di Gail’s Artisanal Bakery e oggi responsabile marketing del nuovo locale, che ha convinto i fratelli Aloe ad esportare la loro pizza in Uk. La pizzeria si troverà in un vecchio edificio scolastico a Hoxton Square nel cuore di Shoreditch, uno dei poli più vivaci e dinamici della città grazie alla presenza di artisti e design. Radio Alice proporrà un menu con le stesse pizze che hanno decretato il successo di Berberè: lunga lievitazione, ingredienti stagionali, utilizzo di pasta madre viva e di farine semi-integrali.
CP
 

In Romagna la proposta romana di Marco Farabegoli

«Volevamo fare qualcosa di nuovo, di diverso dalla solita pizza che si mangiava dalle mie parti, alta, soffice e spugnosa» racconta Marco Farabegoli, classe 1973, nel raccontare la nascita della pizzeria Da Neo “numero uno”, tuttora esistente a Cesena e gestita dalla sua famiglia. I Farbegoli erano e sono noti in città, «io iniziai a lavorare a 18 anni come macellaio, perché avevamo un negozio di alimentari e poi tre macellerie in società con altri».

Nel 1993 la prima svolta: si decide di chiudere il negozio e, appunto, aprire una pizzeria di diversa concezione, tra lo stadio e l’ospedale. «Un’amica ci consigliò di rivolgerci ad Angelo Iezzi, storico pizzaiolo e primo promotore della pizza in teglia alla romana. Ci dischiuse un mondo e decidemmo di fare nostro quello stile».

Seconda svolta nel 2009, quando Marco Farabegoli decide di staccarsi dalla famiglia e mettersi in proprio, aprendo il proprio locale a Gambettola, a 10 chilometri dall’altro (via del Lavoro 1, tel. +39.0547.653833). L’insegna? “Pizza Da Neo", perché il nome del padre – Neo appunto – in zona è un marchio celebre fin dai tempi del negozio di alimentari, con una storia trentennale, il SuperConad Da Neo.

Il Da Neo “numero due” si caratterizza per un tipo di pizza simile, «ma ancor più attenzione alla qualità. Non che a Cesena i miei usino cattivi ingredienti, tutt’altro. Ma io scelgo solo le assolute eccellenze», una svolta gourmet seguita all’incontro di Farabegoli con Renato Bosco, «l’ho conosciuto circa dieci anni fa, quando era meno celebre di adesso. Furono quelli di Molino Quaglia a metterci in contatto, perché avevo voglia di confrontarmi con qualcuno che avesse qualcosa da insegnarmi». Missione compiuta: da lì in avanti è sempre stato un progredire sul fronte della ricerca.

Oggi alla pizza Da Neo di Gambettola Farbegoli propone un impasto di Petra 1 miscelata al 5-10% con Petra 9, «faccio la biga e non uso il lievito madre, penso che una pizza in teglia alla romana non ne abbia bisogno». La lievitazione è attorno alle 36 ore, poi forno elettrico.

La sfida è proporre questa pizza diversa in una cittadina di 13mila abitanti «e 14 pizzerie tradizionali. Non è sempre facile, anche perché non scendo a compromessi sul topping. Per dire, certo non ci metto le patatine fritte». Piuttosto, il meglio che trova sul mercato, seguendo la stagionalità, «e anche se i pomodori, ad esempio, li uso sempre, ho cura di comprare quelli siciliani invece degli spagnoli».

La proposta del condimento è allettante e cambia continuamente: Verza cotta, semi di senape e pancetta di Praga croccante, oppure Broccoletti saltati con peperoncino, salsiccia e mozzarella «una variante tipica romana».
CP
 

Emiliano Aureli, pizzaiolo-corsaro, ha le idee chiare

Pizzeria con vista. Stiamo parlando della La Taverna dei Corsari (via Vittorio Veneto 10, tel. +39.0765.279279), locale di Montopoli Sabina, siamo in provincia di Rieti. Nel gergo popolare i montopolesi vengono indicati col nomignolo di “corsari”, forse per il carattere fiero, spericolato e anche prepotente degli antenati. Ebbene: Emiliano Aureli, giovane pizzaiolo della sopracitata Taverna, è un corsaro che sa dove vuole andare.

Figlio d’arte – i suoi genitori facevano la “vera pizza al taglio classica alla romana” - nasce con le mani in pasta e dieci anni fa il grande passo: coglie l’opportunità di aprire una pizzeria in un bellissimo locale appena restaurato dal Comune nel centro storico di Montopoli, tra l’antica torre e l’abbazia di Farfa, con una terrazza panoramica incredibile.

Emiliano ha le idee chiare: pizza al piatto, farine macinate a pietra e ingredienti del territorio. E questo si consolida con il felice incontro con la farina Petra e l’Università della Pizza di Vighizzolo che gli permette di conoscere nuove tecniche di lavorazione delle farine e degli impasti, oltre a confrontarsi direttamente con molti colleghi.

Comincia così “a giocare” con Petra 1, Petra 3 e Petra 9 mischiandole tra loro o usandole in purezza, creando quattro o cinque impasti diversi dalle lunghe lievitazioni che vengono cotti nel forno elettrico e poi farciti con i migliori prodotti locali, in primis il buonissimo olio extravergine di oliva della Sabina.

Il suo menu cambia con le stagioni pur mantenendo sempre i “grandi classici”, come la Margherita con base croccante Petra 1, pomodoro pelato, fiordilatte e basilico, ma anche alcune farciture speciali (ad esempio la Gambero rosso, pesca gallona della Sabina, menta e burrata).

Per una pizza molto autunnale, prima che inizi a fare freddo e gelare, si è inventato un topping con le erbe spontanee del territorio (carota selvatica, caccialepri, pimpinella, broccoletto selvatico, crespigna, luppolo selvatico…) condite con olio extravergine di oliva, aglio e alici, il tutto messo a crudo su una base rossa (impasto Petra 3 e 9) a cui aggiunge, alla fine, gocce di ‘nduja e spolverata di pecorino sabino.
TM
 

I Delli Colli ci san fare, al loro Charlie di Orvieto

Nel centro storico di Orvieto c’è la pizzeria Charlie (Loggia dei Mercanti 14, tel. +39.0976.3344766), nata nel 1989 per volontà dei fratelli Delli Poggi, figli d’arte visto che i genitori aprirono una tavola calda con vendita di pizza al taglio già nel lontano 1978. Situato sotto la maestosa Torre Polidori, dotata di un giardino e di un cortile circondati da mura antiche, il locale è diventato con il tempo un punto di riferimento per la pizza (aperto solo a cena. Chiuso il martedì).

L’indirizzo è a gestione famigliare e oggi a guidarlo sono Stefano, sommelier e responsabile di sala, il fratello Claudio, esperto pizzaiolo, e William, figlio 25enne di quest’ultimo che da due anni affianca il padre dietro al forno.

Claudio nasce come pizzaiolo autodidatta per poi seguire i corsi della scuola italiani pizzaioli a Caorle (Ve) ed entrare, nel 2011, all’Università della Pizza e scoprire un mondo che modificherà per sempre la sua professione: fare il pizzaiolo non è solo improvvisazione ma un percorso di studio fatto di approfondimento e conoscenza, scambio e divulgazione.

Firmatario del “Manifesto della pizza italiana contemporanea”, oggi propone due impasti con lievito madre e farina Petra per pizze diverse: classica stile napoletana nelle due versioni, una con farina Petra 1 e il 10% di Petra 9 e l’altra totalmente integrale con Petra 9; la spicchiata, o al padellino, un po’ alta, sempre col primo impasto a base di Petra 1 e il 10% di Petra 9.

Anche gli ingredienti del topping derivano da una ricerca accurata: lui studia le diverse caratteristiche del prodotto, per esempio ha due tipi diversi di fiordilatte che utilizza in maniera differente a seconda delle pizze, per cui sulle classiche rosse mette quello dei Monti Sibillini che rimane più umido e bagnato, mentre nella versione bianche usa quello di Agerola che è più asciutto.

Attento alla stagionalità, propone un paio di fuori menu giornalieri quali, alla nostra ultima visita, la Crema di zucca, fior di latte di Agerola, cipolla bianca stufata e pancetta nella versione classica bianca e la Focaccia di sesamo con broccoletti ripassati e salsiccia, un must della tradizione, anche se da Charlie la pizza che detiene il 50% del venduto è la Burrata, prosciutto crudo di Parma e pomodoro bio Petrilli.

Tra antipasti tipici, insalate e formaggi spiccano infine i dolci al cucchiaio e, soprattutto, il panettone con uvetta e canditi home made, con farine Petra e lievito madre, da portare via o da mangiare accompagnandolo con una crema e un calice di vino da degustazione.
TM
 

Ciro Oliva, il volto giovane della pizza napoletana

Classe 1992, Ciro Oliva è un vulcano in eruzione: un po’ per carattere, un po’ perché dev’essere adrenalinico rappresentare, alla sua età, uno dei volti nuovi della tradizione napoletana che guarda al futuro, «ho intuito che il prodotto pizza va elevato in termini di eccellenza, enfatizzato attraverso impasti, farine, materia prima e l’apporto della ricerca, della creativita? e della passione a servizio del consumatore finale. Non rinnego la tradizione, la fondo in abbinamenti a tratti irriverenti, ricercati, sostenendo la filosofia della qualita?».

Il bello che tutto questo accade nel cuore di Napoli perché Ciro, quarta generazione di pizzaioli, figlio del poco più che quarantenne Antonio, è l’erede designato di Concettina ai Tre Santi, ossia purissima radice partenopea: la pizzeria e? nata nel 1951 e deve i suoi natali a Concettina Flessigno. Come tante donne delle zone popolari di Napoli, per aiutare l’economia familiare anche Concettina inizio? a fare le pizze a credito, “ogge a otto” (ovvero che “consumi oggi e paghi a otto giorni”), fuori dal suo basso, con un banchetto per stendere e farcire l’impasto, e un pentolone pieno d’olio fumante per friggere. Il tutto del famoso/famigerato rione Sanità.

Salto temporale: da un paio di anni, d’intesa con il padre, Ciro ha deciso di guidare il locale di famiglia verso le nuove frontiere della pizza gourmet. Il successo è arrivato anche grazie a una formula che si basa intanto su un impasto realizzato secondo i dettami della piu? squisita tradizione napoletana, con l’uso di ingredienti semplicissimi: acqua, sale, lievito (di birra o madre) e farina. Lievitazione di 12-14 ore nella stagione estiva, 20-24 ore in quella invernale. Materie prime selezionatissime, non a caso Ciro fa parte di Alleanza Slow Food, una rete di cuochi che difende la biodiversita? alimentare in tutto il mondo.

In una recente degustazione in trasferta milanese, si sono potute assaggiare alcune pizze classiche, altre speciali e infine un paio di novità: la Vedova (con sedano, cacioricotta di capra del Cilento, salmone rosso affumicato dell’Alaska e pompelmo rosa), la Genovese Tricolore (con cipolla caramellata di Montoro, carne di manzo, provola affumicata con miele di castagno piemontese, cioccolato fondente 99%, pecorino bagnolese irpino 12 mesi, basilico e olio evo) e la Doni della Natura (con albicocca sciroppato del Vesuvio, cioccolato fondente 67% e pecorino bagnolese 12 mesi).
CP
 

L'altoatesino che delizia Siracusa

Friedrich Schmuck è un altoatesino di Bressanone, vissuto a Roma, che fa una buona pizza in terra siciliana. Trasversale il profilo di questo singolare professionista che ha aperto Piano B (anche il nome la dice lunga), locale nell’isola di Ortigia, il cuore della splendida città di Siracusa (via Cairoli 18, tel. +39.0931.66851).

La sua passione per l’arte bianca nasce dopo un passato nel mondo del turismo. Con l’avvicinamento al Molino Quaglia e la frequentazione dell’Università della Pizza, ha scoperto il mondo delle farine Petra. Ha quindi iniziato un nuovo percorso con impasti diversi, leggeri e altamente digeribili, e farciture che raccontano il meglio delle eccellenze italiane, con una strizzata d’occhio a Lazio e Sicilia.

«Anche qui nell’isola qualcosa si sta muovendo nel mondo della pizza: si comincia a capire che non è importante solo cosa e quanto ci metti sopra, ma soprattutto ciò che la supporta, ossia l’impasto. Io sono sempre stato un amante della pizza romana, sottile e croccante; oggi ho invece cambiato preferenza, e prediligo quella alta a spicchi che permette di apprezzare la consistenza e la bontà della base» spiega Schmuck.

Il suo menu propone ogni giorno quattro tipi di impasti: impasto Petra 1 e 9 con biga per la pala; impasto diretto di Petra 1 e 9 per la classica o tonda con cornicione; impasto integrale 100% con Petra 9 per quella a spicchi; e infine la stesa con idrolisi. Il mercoledì spazio anche a una quinta possibilità: impasto a base di farro. Il cliente può scegliere la proposta che più gli piace e sposarla poi al topping più adatto.

La pizza più amata? Ovviamente la Nebrodi con provola affumicata, porri stufati, patate e guanciale di suino nero dei Nebrodi messo a fine cottura.
TM
 

La nuova pizza di Franco Pepe, ispirata da Pietro Zito

“Viaggiare è tornare più ricchi”. Questa frase di Luis Sepúlveda deve aver ispirato Franco Pepe quando è andato ad agosto a trovare lo chef Pietro Zito del ristorante Antichi Sapori di Andria. Era un consiglio di Paolo Marchi e Pepe è rimasto folgorato dalla pasta con composta di pomodoro dello chef pugliese. Tornato a Caiazzo, non è riuscito a togliersi dalla testa questo piatto magnifico e ha deciso di trarne spunto per realizzare una nuova pizza, chiedendo aiuto all’amico Nino Di Costanzo (sul rapporto tra i due, leggi qui).

Nasce così La Scarpetta, una pizza dal sapore intenso dove sul disco bianco infornato con fiordilatte e Grana Padano 12 mesi, Pepe aggiunge, a crudo, la sua composta di pomodori – fatta da un blend a freddo di tre pomodori e varie erbe aromatiche – poi scaglie di Grana Padano 24 mesi e fiori di basilico o basilico liofilizzato per la stagione fredda (consigliato, quest’ultimo, dallo chef Giuseppe Iannotti).

Un alternarsi di sapori e contrasti dolci e sapidi per questa pizza piaciona che Franco presenta tagliata a spicchi e che consiglia di mangiare con le mani per fare “la scarpetta” con il cornicione della pizza del pomodoro avanzato. Un'altra buona ragione per venire da Pepe in Grani; che poi Caiazzo è sempre più meta golosa anche per altri ragioni, come abbiamo scritto qui.
TM
 

La Gatta Mangiona a tavola con Identità Golose il 21 novembre

Ancora un appuntamento tutto a base pizza per Le Tavole di Identità Golose: si terrà lunedì 21 novembre al ristorante Bioesserì di Milano. Dopo Enzo Coccia, Renato Bosco e Franco Pepe, protagonista sarà Giancarlo Casa della celebre pizzeria La Gatta Mangiona di Roma.

Il menu prevede Pizza di scarola e baccalà (Bioesserì), Hop! Hop! Margherita (La Gatta Mangiona), Pizza Agro Romano, primo sale, pomodori tardivi, puntarelle con aglio e acciughe (La Gatta Mangiona), Pizza Ri-cotta alla carbonara (La Gatta Mangiona), Semifreddo al cachi con salsa alla vaniglia e morbido alle nocciole (Bioesserì), per finire con un ottimo caffè Lavazza

Il costo è di 40 euro con abbinamento incluso, per prenotazioni tel. 800.825.144 (numero attivo da lunedì a venerdì dalle ore 9.30 alle ore 18) o presso il Bioesserì al tel. +39.02.89071052.