Newsletter 494 del 31.10.2016
 
 
Gentile
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  Il 26 ottobre, mercoledì scorso, a Villa Madama a Roma, presentazione della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo, prima edizione che va in pratica considerata come un numero zero. Tutto ha bisogno di rodaggio e di verifiche, tutto potrebbe essere organizzato meglio, lo stesso mondo e la stessa umanità, dopo milioni di anni, non godono di buona salute. Non farà eccezione questo evento che abbraccerà il pianeta intero grazie a oltre 1300 appuntamenti, i più disparati tra loro.

Andrà di certo regolata meglio la durata, una settimana, dal 21 al 27 novembre, che in verità finirà per abbracciare l’intero mese di novembre. Un po’ perché negli Stati Uniti il Giorno del Ringraziamento è sacro. Cade ogni quarto giovedì di novembre, quest’anno il 24, e per gli americani non esiste altro. Morale: settimana giustamente anticipata da costa a costa. E un po’ perché alcuni, qua e là nel resto del mondo, hanno pensato soprattutto alle esigenze locali piuttosto che a rientrare nel periodo ufficiale. Questo è molto italiano, ma non sempre è molto apprezzato da chi italiano non è.

Purtroppo è molto italiano anche badare con invidia all’orto del vicino, criticare a prescindere, scordandosi che divisi e litigiosi non si va molto lontano. Soprattutto si fa il gioco di altri protagonisti sullo scacchiere della ristorazione e produzione agro-alimentare mondiali, realtà più accorte nel muoversi e collaudate nel gioco di squadra, che non hanno dovuto arrivare al 2016 per scoprire l'acqua calda, la forza di azioni comuni. Una settimana organizzata dai ministeri degli Esteri e delle Risorse Agricoli può contare sulla collaborazione ufficiale di oltre 50 tra organismi, aziende, associazioni come Federazione Italiana Cuochi, Alma, Accademia Italiana della Cucina, Gambero Rosso, Fondazione UniVerde, Associazione Italiana Sommelier, Casa Artusi, Istituto Luce, Ambasciatori del Gusto… giù giù fino a Identità Golose come si evince dal pieghevole ufficiale piuttosto che dalle presenza a Villa Madama, come quella di Enrico Derflingher, presidente di Euro Toques.

Tutto sta per partire, domani è già novembre e il tempo per fare le cose bene non è mai sufficiente. Io mi tengo stretta l'idea di un governo che punta sulla cucina, è un ottimo punto di partenza.

Paolo Marchi

 
     
     
     
     
 
Birra Moretti: volata finale per il voto popolare
 
     
 

Ci siamo! Il voto popolare di questa sesta edizione del Premio Birra Moretti Grand Cru è alle strette finali. Avete ancora tempo fino a stasera, lunedì 31 ottobre, alle 23.59 per votare, su un mini-sito dedicato sulla piattaforma di Identità Golose, la video ricetta preferita. I loro autori si contenderanno il premio del valore di 10.000 euro durante la finale del 7 novembre prossimo a Milano.

Le dieci ricette selezionate lo scorso 5 luglio da Paolo Marchi (ideatore di Identità Golose), dallo chef Giovanni Traversone (Trattoria Nuovo Macello a Milano) e dal sommelier e restaurant manager Alberto Tasinato (Seta del Mandarin Oriental Hotel, sempre a Milano), raccontano e interpretato il tema di questa edizione 2016 ossia “La cucina regionale italiana – piatti salati e dolci della tradizione italiana” e che saranno valutate da una giuria di professionisti chef e sommelier, presieduta da Claudio Sadler, risotorante in Milano e presidente dell'associazione Le Soste.

Durante la gran finale si conosceranno sia il vincitore assoluto, sia quello decretato dal voto popolare e infine chi tra voi votanti si sarà aggiudicato una splendida cena d’autore per due persone. Appuntamento quindi, il 7 novembre alle ore 16 sul palco di Eataly Smeraldo Milano e… non dimenticate di votare.
 
     
     
     
     
 
Cracco porta il suo Ovo a Mosca
 
     
 

Ci sono luoghi della Terra dove andrei a vivere domani mattina, ad esempio Colorado e Svezia, Grecia e Australia, e altri che posso anche ammirare per i motivi più svariati tra loro, ma che visito solo quando si creerà l’occasione giusta. E’ il caso di Mosca. Mai un servizio al Giornale, mai un invito goloso. Mai fino a giovedì scorso, 27 ottobre, quando Carlo Cracco ha inaugurato il suo ristorante all’intero dell’hotel Lotte, 5 stelle lusso lungo il viale Novinskly.

Cracco con il suo Ovo ha preso il posto di un grande di Francia, Pierre Gagnaire, penalizzato dalla difficoltà di avere i prodotti amati direttamente dalla madre patria e anche da una certa rigidità dei nostri cugini, sempre recalcitranti all’idea di scendere a patti con la realtà. Su questo noi italiani siamo più pratici. Ad esempio i pomodori per la passata. Non potendo contare su quelli di casa nostra, lo chef al quale Carlo ha affidato la guida di Ovo, Emanuele Pollini, già da Carlo e Camilla in Segheria a Milano, in estate si è rivolto ad alcune fattorie fuori la capitale russa. Sono ottimi e sono russi, ha importanza il secondo dettaglio? Per me no, basta non spacciarli per nostrani.

Con Pollini a guidare la cucina, ecco Alessandro Troccoli a fare altrettanto con la sala di una insegna dove viene proposta una Contemporary Italian cuisine, una cucina italiana contemporanea come scritto sulla carta e i biglietti da visita. Fondamentale l’aggettivo contemporanea, non i piatti della retorica e del folclore tricolore ma quelli di casa Cracco. Certo non sarà una passeggiata. Su tante cose all’estero, evocando l’Italia, sono fermi a Peppino Di Capri e Totò Cotugno. E Mosca non sembra fare eccezione nonostante la predicazione di belle figure come il siciliano Nino Graziano, già bistellato vicino Palermo, e in Russia dal 2005.

La mia cena? L'ho raccontata qui.
pm
 
     
     
     
     
 
Milano: Sol Levante, un gran bel sushi bar
 
     
 

Andiamo al Sol Levante dietro a Porta Venezia, su consiglio di quelli di Jetro, associazione che crea ponti tra Italia e Giappone. Il locale, anonimo e segnalato da due drappi bianchi che calano dall’alto, è piccolissimo: una vetrina, 8 sgabelli attorno al sushi bar, altrettante sedie attorno a 4 tavoli e una minuscola cucina calda in cui si agitano in 3. Ha aperto nel gennaio scorso, su idea del cuoco Masashi Suzuki e della signora di sala Hemmi Hikari. Tanta soia di gomito al Finger’s Garden lui, milioni di passi e sorrisi al Tomoyoshi Endo lei.

Non fosse per la fin eccessiva accortezza dedicata a chi soffre di allergie e intolleranze - il menu si apre con una legenda che scandisce bene una sfilza di generi alimentari, dai cereali alla frutta a guscio – ci troviamo di fronte al più classicissimo dei sushi bar. Al bancone, Suzuki San tiene perennemente acceso il cannello per affumicare i pezzi e il rubinetto dell’acqua per lavare tutte le componenti del sushi kit (noi che gli sediamo davanti, a un certo punto lo spegneremmo anche) .

In carta, sushi (anche da ordinare singoli), sashimi, uramaki, maki classici, carpacci e tartare, insalate, yakimono (griglia), carne yakitori, agemono (fritti), mushimono (cotti al vapore), zuppe e dolci. Ordiniamo il menu degustazione Sakura (=ciliegio, simbolo del Giappone) da 60 euro: 13 assaggi tra caldo e sushi, uno più buono dell’altro.

Come si riconosce il sushi bar autentico? Da tanti dettagli. Per esempio la proporzione tra filetto di pesce crudo e blocco di riso nei pezzi di sushi: il primo deve sovrastare il secondo, non essere una fogliolina poggiata su un monoblocco gigante di chicchi, come spesso capita. Il condimento della soia, poi: meglio se innerva già alla base il pesce crudo, la qual cosa vi deve trattenere dal pucciarlo nella classica bacinella mignon. Al Sol Levante i sushi vengono serviti singolarmente, su un elegante piatto laccato nero: sushi di melanzana, salmone, calamaro, gambero crudo. Sublimi.

E la cucina cucinata non è da meno: il Gindara (merluzzo nero dell’Alaska) marinato non è di quel dolce stucchevole ma delicatissimo, il tempura appare anche nello stesso piatto del sashimi (fette di salmone, tonno, ricciola) e sopra una salsa ponzu da ricordare. E la Zuppa di miso – che arriva a metà percorso e non all’inizio – non finiresti mai di sorseggiarla. Carta dei vini ridotta all'osso. Niente sito internet, telefono 02.45476502.
Gabriele Zanatta
 
     
     
     
     
 
Il nuovo Tordo Matto di Adriobaldo è a Roma
 
     
 

Mercoledì scorso ho finalmente segnato un gol che inseguivo da alcuni mesi. Al termine di una giornata che mi ha visto partire da Milano alla volta di Roma, quindi Napoli e di nuovo Roma per dormire e partire l’indomani, giovedì 27 ottobre, per Mosca, ho cenato davvero bene al Tordo Matto di Adriano Baldassarre. Segnatevi indirizzo, via Pietro Giannone 24, e numero di telefono +39.06.69352893 per prenotare.

Adriobaldo, un soprannome azzeccato, che suscita simpatia, compirà a febbraio 40 anni. Nella sua Zagarolo ebbi modo, il decennio scorso, di gioire alla tavola del suo primo Tordo Matto, a parte l’assurdità di presentare in carta come brioche un babà. Aperto per un lustro tra il 2004 e il 2009, quel locale - e quello attuale a sua volta – doveva il nome al piatto tipico di Zagarolo, il tordo matto, un involtino di carne equina. Che non troverete in carta anche se a Roma io lo proporrei, ripensato e attualizzato, anche se purtroppo ormai bisogna diffidare della carne di cavallo. E' difficile trovarne di certificata sana, prima ancora che buona.

Baldassarre è ripartito dopo l’India e dopo Labico, da Antonello Colonna, appena sette mesi fa, aprile 2016. Un valido avvio, buoni riscontri di pubblico e una prima decisione, quella di allargare la cucina e di portare il tavolo dello chef dalla cucina al piano terra al primo piano, in quella che viene chiamata sala famigliare. Prima si potevano accomodare cinque persone, di sopra il doppio e tutto verrà preparato sotto gli occhi dei clienti, formula susci-bar.

Nella foto: i Ravioli di coccio e brodetto. Nella forma ricordano i cartocci della Centrale del Latte a Milano una quarantina di anni fa. Nella sostanza sono una sublimazione di una zuppa di pesce.
pm
 
     
     
     
     
 
Genovese-Zappile, solo sorrisi a Il Pagliaccio
 
     
 

Pranzo eccellente a Il Pagliaccio di Anthony Genovese. Lo chef è straordinario anche solo per la sua capacità di dare nuova vita a ingredienti-capisaldi della cucina gourmet, a volte abusati e dunque banalizzati. Lui ne dà interpretazioni clamorose: era stato così tempo fa con Capesante, carote, zenzero e mela verde (leggi qui. Ma lui ne ha proposta anche una versione laccata al cioccolato bianco), è stato lo stesso l’altro giorno per Gambero rosso, bergamotto, camomilla, avena e mortadella, che Matteo Zappile, dopo l'addio di Gennaro Buono alla guida solitaria di uno dei due-tre grandissimi servizi di sala in Italia, abbina a un sake sparkling rosé. Wow.

Nella foto, però abbiamo preferito evidenziare un altro piatto: Spaghetti di grano arso all’aglio olio e peperoncino, lumache di mare, alga nori fritta e granita di ricci. Genovese si trascina ancora la fama ormai immeritatissima di essere criptico, qui urla invece a piena gola tra sapori pieni ma eleganti, suadenti benché rotondi. E’ insieme comfort food e portata di notevole raffinatezza: bersaglio centrato e completa maturità. (Che poi: mangeremmo mille e mille di quei panini al vapore profumati alle rose: ma è un amouse bouche, quindi non si può, ci si rovinerebbe l’appetito alla partenza di un gran pasto d’autore).
Carlo Passera
 
     
     
     
     
 
Pavoni Italia: Collezione 2017 coi grandi chef
 
     
 
Davide Oldani, Massimo Bottura, Gianluca Fusto, Emmanuele Forcone e Paolo Griffa. Questi i nomi importanti dell'alta cucina e pasticceria che quest'anno hanno collaborato con Pavoni Italia per la realizzazione di nuove linee presentate nel catalogo Collezione 2017.

Pavoni Italia significa 35 anni di innovazione e di esperienza nel mercato internazionale dell’arte bianca, della pasticceria e gelateria professionale e dell’HO.RE.CA. Con oltre 7. 000 articoli in gamma - sviluppati, testati e utilizzati dai migliori chef e pasticceri - l'azienda di Suisio (Bergamo) soddisfa le esigenze più articolate e dinamiche di questo mercato. Il dipartimento ricerca e sviluppo con lo staff di designer di Pavoni Italia opera ogni giorno con passione, gioia e determinazione per dare vita a prodotti in grado di interpretare e rispondere alle ultime ed emergenti tendenze di mercato.

Il nuovo catalogo Collezione 2017 di Pavoni Italia si è arricchito quest’anno di esclusive novità strizzando l'occhio anche al mondo della ristorazione. Il kick-off è di Davide Oldani, del rinnovato D’O e Sports & Food Ambassador per l’Italia alle recenti Olimpiadi di Rio de Janeiro. Con lui si sono sviluppati due stampi per piatti creativi, dessert al piatto e mono porzioni che richiamano il mondo dello sport che tanto appassiona lo chef: Battuta d'inizio (nella foto di Brambilla-Serrani) e Dama.

Non solo. Il giovane talento di Paolo Griffa, già finalista italiano per S.Pellegrino Young Chef 2015, ha contribuito alla realizzazione di Gourmand, la linea di stampi in silicone per guarnire e personalizzare, in modo impeccabile e con le giuste quantità, piatti dolci e salati, caldi e freddi.

La ricca galleria di collaborazioni si chiude con lo chef numero uno al mondo secondo l’autorevole 50 Best, Massimo Bottura dell’Osteria Francescana di Modena. Camouflage è la pralina serigrafata da Pavoni Italia, che propone in una veste nuova il piatto che ha fatto storia Camouflage: una lepre nel bosco) . Arte da mangiare, anche con gli occhi.
 
     
     
     
     
 
Un nuovo piatto di Ciccio Sultano a Ragusa
 
     
 

Un nuovo piatto di Ciccio Sultano, del Duomo di Ragusa, che abbiamo assaggiato in anteprima ed è una sorta di variazione della sue storiche insalate di mare rivisitate, tipo l’Insalata di mare con salsa di sanapuni, gelo di arancia e tuma di bufala o l’indimenticabile Omaggio alla pizzeria del sabato sera, sorta di insalata di mare su finta pizza, folgorante, della quale parlammo pure sulla Guida Identità Golose 2013, perché era una delizia.

Prosegue dunque il lavoro di ricerca di una via siciliana all’alta cucina del futuro: questa volta le prelibatezze delle onde incontrano tre salse, ottenute dalle teste dei molluschi che sono peraltro protagonisti del piatto: totano, seppia e polpo. Bellissimo e buonissimo.
CP
 
     
     
     
     
 
Cortile Pepe, l'indirizzo giusto a Cefalù
 
     
 

Vai a Cefalù e il problema è trovare una ristorazione che vada oltre la banalità marinara. Corre in aiuto un consiglio di Alessio Giuliano, di Cantine Rallo, e finiamo al Cortile Pepe, bella avventura intrapresa un anno e mezzo fa da Toti Fiduccia, figlio d’arte cresciuto in una delle poche, vere cucine tipiche della cittadina, zio cuoco professionista che ha aperto buona parte delle insegne da queste parti, papà Pino tuttora titolare della storica La Botte, che poi qui sarebbe la trattoria di lusso per eccellenza. Cortile Pepe è il ristorante (autonomo) dell’hotel Plumeria, quattro stelle di nome e di fatto.

In cucina uno chef dalla storia particolare: Gianni Lettica, classe 1969, piemontese di genitori campani. Ha lavorato come cuoco nella foresteria privata della famiglia Agnelli, poi al Golf Club Castello di Tolcinasco alle porte di Milano. Svolta e insegna comunicazione per le case automobilistiche, quindi torna in cucina, due anni e mezzo al Gagini di Palermo, finché patron Franco Virga non lega con l’ottimo Gioacchino Gaglio (ne riparleremo). E Lettica, zingaro dei fornelli, mette radici a Cefalù.

Sei in brigata, 60 coperti e buoni piatti: come il Gambero rosso di Mazara con soffice di patata e polvere di ricci, una sorta di cocktail di gamberi 2.0; oppure la Caprese di ricotta “ammare” col suddetto gambero rosso, il Coniglio con prosciutto cotto, parmigiano 18 mesi, pere e misticanza (sarebbe piaciuto all’Avvocato), lo Spaghetto Vicedomini alla norma in bianco, le Cozze gratinate con crema di borlotti freschi e guanciale dei Nebrodi, il Capone all’arancia con patate e cipolle in agrodolce, fino al Macaron alla mandorla con crema al rosmarino su crema di marsala Rallo, con cialda di acqua di mare e spugna di cacao.

Nella foto: da destra, Toti Fiduccia, Gianni Lettica, Davide Ventimiglia, Salvatore Mirenda e Gianluca Miccoli, in cucina dopo essere stato cestita in serie A (e si nota).
CP
 
     
     
     
     
 
Rocambolesc di Barcellona: i gelati di Jordi Roca
 
     
 
Nella foto, il sorbetto (mandarino e zucca) che abbiamo degustato qualche giorno fa al nuovo Rocambolesc di Barcellona, quarta insegna del progetto voluto dai Roca, primo locale nella loro Girona, poi Platja d'Aro, ossia sul mare sempre all’altezza di Girona, e Madrid. Spiegano i tre fratelloni: “Il progetto Rocambolesc parte della volontà di Jordi Roca di recuperare il tradizionale carrello dei dessert de El Celler de Can Roca che era scomparso dalla sala da pranzo proprio quando ha assunto la guida della parte dolce del menu”.

Il gelato è del tipo soft, che incorpora molta aria. Non è molto popolare in Italia, e viene mantecato direttamente sul cono. Pochi gusti (nel nostro caso, oltre a quello che abbiamo scelto, le altre opzioni erano vaniglia, cioccolato, yogurt, mele al forno e sorbetto melone/basilico/mela verde), tanti toppings possibili, indiscutibile qualità, anche se forse con questa texture particolare le creme incontrano maggiormente il gusto tricolore, rispetto ai sorbetti di frutta.
CP
 
     
     
     
     
 
Olimpiadi cucina: argento e 2 bronzi all’Italia
 
     
 
Il Nino di Francesco De Gregori mise il suo cuore dentro alle scarpe e corse più veloce del vento. Le sedici toques delle due nazionali azzurre, junior e senior, della NIC, la Nazionale Italiana Cuochi, il loro cuore verace di chef lo hanno messo, tra il 22 e il 25 ottobre, a servizio dei colori nazionali. Sebbene nella vita preferiscano declinare i verbi creare e interpretare al banale ma efficace cucinare, si sono sottoposti volentieri a quella che in fin dei conti è una massacrante gara di velocità (e precisione) ai fornelli.

Per partecipare alle Olimpiadi della cucina alla fiera Inoga - IKA 2016 a Erfurt in Germania, hanno speso poco meno tre anni di preparativi e allenamenti, risoltisi in tre giorni di agguerrita competizione e una classifica nel medagliere che forse non rende giustizia alle capacità degli uomini del general manager Daniele Caldarulo.

Agli esiti dell’esposizione quadriennale, il team senior porta a casa un argento nel Programma Cucina Calda (tre portate internazionali per 110 persone da preparare in sei ore) e un bronzo nel programma di Cucina fredda, mentre gli under 25 rimpatriano con un decoroso terzo posto nel programma del Buffet edibile.

Sebbene a strappare il titolo di campione alla Svezia, che lo vinse nel 2012, sia stato il team di Singapore, resta l’orgoglio di una squadra azzurra dal solido spirito nazionale e dalla forte convinzione, in grado di produrre innovazione senza negare mai l’attaccamento, per taluni eccessivo, alla tradizione.

Ottima invece la performance il team di cucina Costa del Cilento, che gareggiava per il programma squadre regionali. A Erfurt la brigata capitanata dal team manager Matteo Sangiovanni ha conquistato il gradino più alto del podio semplicemente mettendo nel piatto l’Italia.
Serena Ferrara
 
     
     
     
     
 
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