Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Prima Sarah Grueneberg a Chicago con la sua “spaghetteria” e ieri sera una cena a Milano, nell’appena aperta pizzeria Berberè di Matteo Aloe all’Isola, mi hanno fatto tornare alla mente un pensiero, una domanda a cui non riesco ancora a dare una risposta compiuta: perché esistono le pizzerie e non anche le insegne di sola pasta?

I motivi sono antichi ed evidenti, una pizza ti sfama, è un eccezionale piatto unico e a buon mercato. Una pastasciutta o una porzione di lasagne ti appaga altrettanto e costa poco ma per come intendiamo noi un pasto, è una tappa dello stesso, minimo primo e secondo. Senza scordarci che la pizza è anche un formidabile street food, la pasta lo è meno perché, se non altro, richiede le posate.

Ma tutto questo lo so bene. Il punto è un altro: perché si perde ormai il conto delle pizzerie che servono le loro pizze già tagliate a fette per aiutare la condivisione tra i commensali, fino a creare autentici menù degustazione, e non accade altrettanto nell’universo pastaiolo? Non vi è dubbio che Davide Scabin abbia rivoluzionato il mondo della pasta creandone di nuove a livello di ricette e di forme, verrà il giorno in cui avremo autentici menu a tutta pasta, ma non per gioco o marketing. Indirizzi autentici, reali, non pop-up restaurant creati per farlo strano e poi tutto come prima.

Paolo Marchi
Testi di Gabriele Zanatta, foto Brambilla/Serrani
 

Riccardo Felicetti: pasta fights back

Nel corso della trasferta americana con Identità ho avuto l’ulteriore conferma: pasta fights back, la pasta è tornata a combattere. Tutto questo sta accadendo dopo anni di oblio. E di tesi, fatte circolare ad arte, costruite per demonizzarla: l’impopolarità dei carboidrati, la minaccia del glutine, le diete che la escludono.

Ma la pasta è sempre più nel cuore della gente, un interesse confermato dalle antenne dritte degli editori, dei giornalisti ma soprattutto dalle vendite e dal pubblico, specie quello dei mercati internazionali (in Italia assistiamo a una sostanziale stabilità dei volumi).

La crescita della popolarità è evidente più di tutto nelle dispense delle cucine d’autore: «Fino a qualche anno fa», scrive giustamente Eleonora Cozzella nel recente volume “Pasta Revolution” (edito da Giunti), «era molto difficile trovare spaghetti o formati corti nei ristoranti di livello. Oggi tutti la adottano, e spesso anche come simbolo principale».

Da Chicago e dalla Grande Mela, siamo infine tornati con un interesse che ci lusinga, quello del New York Times, venuto spontaneamente a intervistare Massimo Bottura. Sì, pasta fights back e questo ci rende tutti più fiduciosi sul futuro.
Riccardo Felicetti
(nella foto, con Carlo Cracco a Identità Chicago)
 

Sarah Grueneberg, ambasciatrice a Chicago

La scoperta più interessante che abbiamo fatto a Chicago si chiama Monteverde (sopra, nella foto di Anthony Tahlier). E’ il ristorante, tutto dedicato alla pasta, della vulcanica Sarah Grueneberg (il cognome significa proprio “monteverde” in tedesco). Trentacinque anni, di Houston («Sono texana, e quindi non ho bisogno del microfono», aveva iniziato la lezione a Eataly Chicago), ha lavorato a lungo al fianco di Tony Mantuano, suo mentore a Spiaggia.

L’amore per la cucina italiana l’aveva consolidato con una lunga serie di esperienze da noi: «La prima volta che atterrai a Roma», ricorda, «dissi: ‘accidenti, questa città è proprio old, vecchia’. Ma i romani mi hanno corretto subito: ‘si dice ancient, antica». E via a conoscere i segreti dei primi piatti al Sanlorenzo, poi al Rigoletto di Reggiolo e al Pescatore, 3 stelle Michelin a Canneto sull’Oglio: «E’ in cucina da Nadia Santini», ricorda oggi Sarah, «che ho imparato a risottare la pasta. Era il loro staff meal, il pasto della brigata e a me piaceva tanto».

Così tanto che 10 mesi fa ha aperto nella metropoli dell’Illinois, quartiere West Loop", un “ristorante e pastificio” (scritto proprio così in italiano) diventato subito un caso coi suoi 300 coperti a sera che ruotano vertiginosamente tra i decibel elevati, le luci basse e la luminosissima postazione di una rezdora (una vera signora italiana del Bolognese) mai doma nello scorrere il mattarello e riempire tortelli e ravioli.

Il menu è un inno al grano duro e alla pasta all'uovo: ci sono le pietanze di Pasta tipica (Gnocchetti sardi, tortelloni di zucca, spaghetti alla chitarra) e quelle di Pasta atipica (Arrabbiata con gamberi o Cacio Whey Pepe, piatto oggetto della lezione di Chicago, vedi sotto).

E poi tutta una serie di piatti unici da condividere, secondo l’imperante modello dello sharing americano. Un tributo alla pasta come non se ne vedono nemmeno in Italia. Perché? «Perché voglio dimostrare agli americani», motiva decisa Sarah, «che spaghetti e tagliatelle possono andare molto oltre il concetto di nutrimento facile per tante persone». Ambasciatrice.
 

Carlo Cracco/1: spaghetto al plancton

«Oggi», ha aperto Carlo Cracco la sua lezione a Identità Chicago, due settimane fa, «vorrei parlare di due ricette diverse. Impiegheremo la pasta e cercheremo di essere semplici come solo un piatto di pasta al pomodoro e basilico può esserlo».

Col primo piatto (nella foto), è entrato in scena il fitoplancton, «un microorganismo che un tempo aveva un esclusivo utilizzo farmaceutico. Un prodotto molto nuovo che ha il sapore del mare senza essere pesce». È un po’ come lo zafferano: «Costa molto ma è sufficiente impiegare un grammo a porzione. Lo abbiniamo a uno Spaghetto Monograno Felicetti, ricavato da grano Matt dell’Arizona piantato in Puglia - lo preciso perché per uno chef è fondamentale sapere da dove viene il grano, esattamente come il pesce o la verdura».

Il plancton viene posto alla base di una baccinella e diventa un condimento favoloso, quando si avvoltola agli spaghetti: «E’ sempre stimolante trovare ingredienti dal sapore intenso, che possano emozionare con note molto concentrate». Fondali saporitissimi.
 

Carlo Cracco/2: fusillotto al burro affumicato

Secondo piatto della lezione di Cracco a Chicago: Fusillotti Cappelli Felicetti e burro affumicato. Perché affumicato? «Il burro mi affascina», ha spiegato il vicentino, «perché è grasso e ricco, ma con l’affumicatura prende tutta un’altra direzione».

Quando il burro diventa molto cremoso, si affumica con una pistola, poi si mette a riposare in frigo, coperto da una pellicola trasparente. Qualche ora dopo, si scola la pasta, 2 minuti prima della cottura indicata. Poi si manteca in padella, in modo che assorba bene il condimento.

Tocco finale: «Per far capire che è affumicato, aggiungiamo del pane nero al carbone vegetale, senza lievito». Assaggiandola, sembrerà di mettere in bocca tantissimi ingredienti, «e invece è uno solo».

La conclusione è su due regole auree cracchiane in tema pasta: «La prima è che deve avere gusto, essere buona. La seconda è che l’apprezzi di più se la fai al dente: è più buona e anche facile da digerire». Realtà scontate per noi, non per il pubblico americano.
 

Massimo Bottura: i passatelli di pizza marinara

Passatelli ricavati dagli scarti di una pizza marinara, in acqua di pomodoro. È il piatto presentato da Massimo Bottura a Identità New York edizione 7, il 5 ottobre scorso. Una lezione che il modenese aveva anticipato in diretta alle telecamere del New York Times, un’ora prima dallo stesso scranno della Scuola di Eataly Flatiron.

La scintilla della ricetta: «Una volta alla settimana, mia figlia fa un pizza party a Washington. Lasciano sempre sul campo tanti scarti così. Da qui, ho avuto un’idea e l’ho espressa al mio secondo: ‘Davide (Di Fabio, il suo secondo, ndr), perché non trasformiamo gli scarti della pizza in passatelli?».

Ecco la preparazione, passaggio per passaggio: «Si frullano dei pomodori molto maturi per 3-4 minuti al Thermomix, poi si mettono a filtrare e colare fino a ottenere dell’acqua di pomodoro. Tutta la polpa che avanza viene messa da parte. I passatelli sono ottenuti dagli scarti di una pizza marinara, quindi senza formaggio, che vengono essiccati e grattugiati. Alla polvere di pizza marinara si aggiungerà la parte che rimane del pomodoro colato, origano secco, l’olio delle acciughe sottolio, un uovo, Grana Padano e Parmigiano assieme. Dopo aver impastato i passatelli, si scalda tutto a 60°C nella limpidissima acqua di pomodoro ottenuta prima, si impiatta e si completa con gocce di olio all’aglio, origano e peperoncino».

I passatelli di pizza sono molto efficaci nella loro pulizia, che semina nel retrogusto i sapori della pizza. «Questa ricetta è una maschera. Cela dietro un simbolo italianissimo. Secoli di storia compressi in un boccone».
 

La Cacio e pepe con siero di Sarah Grueneberg

Il piatto presentato da Sarah Grueneberg (vedi notizia sopra) a Eataly Chicago si chiama Cacio whey pepe e la chiave sta tutta in quella parola anglosassone, whey, “siero di latte”. Sentiamo: «Questa ricetta è nata per errore: stavo facendo una Cacio e pepe per il mio fidanzato. Appena prima eravamo stati in un’azienda per cercare uova di qualità – fondamentali per i chili di pasta fresca che prepariamo ogni sera. A un certo punto mi hanno dato un gallone di latte crudo, che è illegale ma very exciting per un cuoco».

«Per l’emulsione finale con l’acqua di cottura della pasta, ho deciso di impiegare del siero di latte – che di solito si scarta e quello sì che è legale – al posto del burro». Un accorgimento che le è valso il titolo di piatto dell’anno dalla lettissima Bon Appetit (che si somma ad altri premi importanti).

In mezzo c’è tutta una preparazione laboriosa, «figlia della semplicità e non del semplice» riassumerà bene Paolo Marchi a fine lezione. Si utilizzano degli Spaghettoni di Matt Monograno Felicetti, tolti dall’acqua 5 minuti prima della cottura indicata sulla confezione. Si fanno saltare energicamente in padella per i successivi 5 minuti con dei blocchi di ricotta di siero di latte sbriciolata sopra a mano, cotta precedentemente a fuoco lento con un po’ di sale.

A parte ancora, in un mortaio, aveva grattato al Microplane tre formaggi: Grana Padano, pecorino romano e un secondo pecorino meno salato del primo. «Di solito», ha spiegato la cuoca, «provengono dalla Toscana o dalla Sardegna». Chiude l’insieme un blend di quattro tipi di pepe nero. Un piatto molto saporito e leggero, con una splendida acidità e una caratteristica importante, sottolineata da Sarah: «Ogni pezzo di spaghettone è circondato dalla sua salsa». Che, a pensarci, non accade quasi mai con la ricetta classica.
 

I sedani in vellutata di fagioli di Michael Tusk

Sedani Monograno Felicetti e vellutata di fagioli con octopus, abalone della baia di Monterey e pepe affumicato. È il buonissimo piatto presentato da Michael Tusk a Identità Chicago. Originario del New Jersey, una laurea in Storia dell’arte, un passato importante al fianco di Alice Waters, oggi ha due ristoranti molto popolari che gestisce a San Francisco con la moglie Lindsay: il fine dining Quince e il più rustico Cotogna.

I sedani sono cotti direttamente nella zuppa, l’octopus sottovuoto (e il suo liquido di cottura è recuperato totalmente nella zuppa) e poi affumicato leggermente alla griglia. Il risultato è una vellutata di pasta fantastica, molto ricca, con tanti elementi ognuno perfettamente distinguibile al palato.
 

Lo spaghetto ai ricci di Luca Fantin è freddo!

Questo Spaghetto ai ricci di mare è stato cucinato da Luca Fantin, chef trevisano del Bulgari di Tokyo, nel ristorante di Milano della medesima maison. La cena seguiva alla presentazione del suo libro, appena uscito per i tipi di Assouline: ne abbiamo parlato diffusamente sul nostro sito.

Se Fantin cucina col 90% di ingredienti giapponesi, nel restante 10% di materie prime italiane, c’è spazio per la pasta ovviamente. Felicetti. La notizia ha aperto una curiosità relativa alla cultura del grano duro al Sol Levante: «Sette anni fa, appena aperto il ristorante a Tokyo, mi tornava indietro l’80% degli spaghetti: ‘troppo crudi’, protestavano i giapponesi. Ma erano semplicemente al dente. Ho capito che non potevo impormi con violenza. Ma al tempo stesso non volevo adottare solo pasta fresca nel menu, un genere più affine al loro gusto perché più morbido al palato».

La caponaggine ha dato vita a fantastici espedienti. Come quello messo in atto con da questo spaghetto: stracotto per 3 minuti, è poi rinvenuto attraverso un rapido shock in acqua ghiacciata (a 4°C). Servito freddo come piace a Tokyo, ha trasformato facce pregiudizialmente perplesse in sorrisi beati.
 

Gli Spaghettini pomodoro e Incuso di Scabin

Spaghettini Felicetti in stile “Pantelleria Incuso” con tre pomodori, un piatto servito tiepido dal suo autore, Davide Scabin del Combal.zero di Rivoli (Torino) allo Spazio Orlandi, una cena organizzata settimana scorsa da Italia Squisita. Incuso allude all’olio extravergine e alle olive di Nocellara del Belice prodotto con metodo “laico” da PG Bonsignore, un gragnanese trapiantato a Selinunte. Mentre la crema di pomodori concepita dal rivolese regala 3 note assieme: dolce, tannica, acida.
 

Identità, by Massimo Bottura

"Identità", il piatto con pasta di lettere in brodo confezionato da Massimo Bottura a New York per omaggiare il nostro lavoro. Per noi, un onore. «Identità siete voi, ma anche tutte le identità dalle quali proveniamo». Applausi.
 

Pasta revolution, tutto è iniziato grazie a Scabin

Questa qui sopra è la copertina di un gran bel libro curato da Eleonora Cozzella per Giunti. Titolo: Pasta Revolution. Sottotitolo: La pasta conquista l’alta cucina. Fa davvero specie, se uno non conosce il percorso legato a Identità di Pasta e al grande lavoro con il pastificio Felicetti di Predazzo in Trentino, è leggere che in Italia la pasta conquista l’alta cucina quando è una colonna portante della qualità italiana assieme con la pizza.

Eppure l’alta cucina ha sempre fatto fatica a mettere in prima fila la pasta secca tanto che proprio Riccardo Felicetti, alla presentazione al Salone del Gusto a Torino, domenica 25 settembre, ricordava da dove la rivoluzione ha avuto inizio: «Ero andato a cena da Davide Scabin al Combal.zero a Rivoli. Serata da incorniciare, salvo che per un dettaglio che feci presente: mancava la pasta e Davide mi rispose che non la considerava perché “la pasta è banale”. Incassai, ci pensai su a lungo e dopo sei mesi tornai al Combal con un pacco di pasta per lui. Dandogliela gli dissi: “Chef, me la sbanalizzi per favore”. E così sarebbe stato».

Sette anni di lavoro assieme al congresso di Milano e sei mesi di Identità Expo nel 2015, con oltre trenta cuochi passati per la Fiera di Rho a ragionare sulla pasta, sono condensati in 160 pagine con prefazione di Oscar Farinetti. Titolo: E’ difficile essere semplici. Verità assoluta, che spiega perché in piena rivoluzione della pasta, negli stellati non riesci ancora a mangiare un signor piatto di spaghetti pomodoro e basilico. Loro sono ancora considerati banali. E sarà probabilmente vero, però è pure vero che farli in maniera indimenticabile è molto ma molto difficile. Un’eccezione: Nino Di Costanzo a Ischia.

Gli stranieri, i francesi su tutti, hanno sempre ironizzato sugli italiani mangia-spaghetti. Ricorda Scabin: «I francesi, quando vogliono rivolgersi a noi con disprezzo, ci dicono puntualmente che la cucina non è bollire della pasta e si sbagliano alla grande fin dal verbo usato: si cuoce la pasta, la si cucina, mica la si bolle e basta». Ha aggiunto Riccardo Felicetti: «Se siamo tornati un po’ orgogliosi di essere italiani è anche per la cucina e la pasta».

E in Pasta Revolution ne troverete di ottima per la vostra mente e il vostro palato, da Andrea Aprea a Marianna Vitale passando per Enrico Bartolini e Massimo Bottura, Moreno Cedroni e Pino Cuttaia, Niko Romito e Ciccio Sultano.
pm