Gentile {NOMEUTENTE}
Se a un cuoco italiano viene detto che fa nouvelle cuisine non è un complimento, esattamente come i pizzaioli cresciuti nella scia di Simone Padoan quando si sentono dire, soprattutto dai napoletani, che in verità le loro pizze sono delle focacce condite anche bene, a volte benissimo, ma che, ciò nonostante, focacce restano.

Poi però io milanese, settimana scorsa mi sono ritrovato per ben due volte lo stesso giorno a Roma a mangiare pizza e mortadella, prima a colazione da Panella e poi a pranzo da Romeo. A parte che mortazza proprio non mi viene, trovo suoni volgare, pesante, avrei da ridire anche su pizza, pizza bianca. Per me è una focaccia, lo è per davvero, senza nessun intento denigratorio. Quando a Milano mi godo focaccia, bologna e formaggio svizzero a fette sottili non penso proprio di mangiare una ricca pizza bianca romana.

Da milanese trovo mille volte pizza le proposte dei Tigli a San Bonifacio (Verona) e per nulla la pizza e mortazza della capitale. Questo scritto che non si cresce se invece di guardare alla sostanza delle cose ci soffermiamo alle esteriorità. Come mi disse una trentina di anni fa un cameriere che mi vedeva titubante nell’ordinare un rosso sul pesce: «Ti piace? Paghi tu? Sì? Allora bevila». Viva la praticità.

Paolo Marchi

 

Raw

Ho davanti un bel paesaggio, scatto una foto, poi la guardo per confrontarla con la realtà e capire se conservarla perché diventi il ricordo espressivo di un bel momento.

Tra lo scatto e la foto c’è un formato che si chiama RAW, usato per non perdere qualità nella registrazione in memoria della foto e per poter ricomporre i dati elettronici in un’immagine fedele alla realtà al momento della stampa.

La macchina fotografica scompone ciò che vede in frammenti microscopici che poi dovranno essere rimontati in una fotografia. Così la qualità della fotografia sarà tanto maggiore quanto più riuscirà a rappresentare fedelmente l’immagine reale, in termini di definizione, colore, percezione della profondità e della spazialità. E’ così anche per una buona pizza e il buon cibo in generale.

Raw è un termine inglese dai significati diversi, con un concetto comune di "non elaborato", "non raffinato", “grezzo”, “così com’è in natura", “schietto”.

Questa parola così breve e facile da dire e ricordare mi si è impressa nella mente al termine di una lunga discussione a Dubai sulla pizza del futuro e sul futuro della pizza, perché è una valida risposta alla richiesta di una cucina quotidiana più vera, naturale, incisiva per valore nutrizionale e, nello stesso tempo, trasparente rispetto alla digestione.

Stiamo preparando la decima edizione di PizzaUp e RAW ci fa pensare alla “staffetta", dall’agricoltore fino al pizzaiolo, per portare in tavola il valore della natura quanto più intatto possibile. In mezzo c’è Petra, frumento scomposto in frammenti microscopici che poi il pizzaiolo ricomporrà nel suo impasto senza perdere nulla del grano d’origine.

La pizza fotografia fedele della natura: sarà il futuro della pizza?
Piero Gabrieli
 

New York e la pizza vegana di Matthew Kenney

Chi mi legge, e conosce un minimo il mio lavoro, sa che ammiro profondamente il lavoro di Matthew Kenney, chef americano vegano e crudista, capace di piacere anche a chi vegano non è. Lontano anni luce dalle tristezze nelle quali è facile inciampare, il suo mondo si è arricchito da pochi mesi di una nuova sfera, per lui una rivoluzione.

Kenney ha scoperto il fuoco, restando ben lontano da ogni elemento di natura animale. Forse arriverà il giorno che qualcuno riuscirà a proporre una pizza cruda. Nell’attesa, semplicemente non esiste perché impossibile. Lo 00 and Co è una vegan pizzeria aperta a febbraio nell’East Village a New York, 65 2nd Avenue, tra la terza e la quarta strada, telefono 001.212.7771608.

Come ha scritto Barbara Guerra in un bell’articolo che potete leggere qui, il forno a legna ricorda quello per il pane e «le pizze si faranno ricordare per le loro farciture. La parte grassa è data dai formaggi di origine vegetale mentre tante verdure sapientemente trattate ed abbinate consegnano dei bocconi piacevoli e ricchi di personalità. Divertente in alcune l’inseguire i sapori tradizionali della pizza come la mozzarella, la salsiccia, le alici. Mentre cerchi di capire se il gioco sia ben riuscito esplodono in bocca nuove sensazioni che hanno la capacità di solleticare con piacere tutte le papille gustative».

La Tomato basil cashew mozzarella, nella foto, è la valida trasposizione vegana della nostra margherita, dove la cashew mozzarella è una sorta di stracciatella derivata dagli anacardi, mentre la Grilled trumpet mushroom, walnut cream, green harissa, lemon, ovvero Funghi trombetta, crema di nocciole, pasta di peperoncini verdi e limone, un’eccellente sorta di pizza boscaiola.

Ultima nota: lo 00 dell’insegna è un doppio zero, e non un doppio O maiuscolo, una cifra esattamente e volutamente scelta per esaltare la scelta della farina 00 «ideale per l’impasto della pizza per tre ragioni», elencate nel menù. Non lo dubito, però fossi in Kenney allargherei gli orizzonti per inglobare anche altre farine.
pm
 

Anteprima di PizzaUp: ecco cos'è la pizza gourmet

«Pizza gourmet significa realizzare una pizza con prodotti di alta qualità: quanto più un prodotto è semplice, tanto più è gourmet»: questa è la definizione che ha dato il giornalista Luciano Pignataro durante l’Anteprima di PizzaUp 2016 tenutasi a Napoli il 24 maggio nell’ambito della prima edizione di Tutto Pizza.

L’incontro, promosso dal Molino Quaglia e dall’Università della Pizza, ha voluto mettere in evidenza il fatto che ancora una volta il risultato del lavoro e della creatività degli artigiani e delle aziende italiane rischia di essere “scippato” da chi si appropria di terminologie e concetti per trasformarli in generici “bollini di qualità” vuoti di contenuto reale.

Dopo le imitazioni della pizza napoletana, ecco che oggi in molti copiano la cosiddetta “pizza gourmet”. Ma che cosa s’intende con questa definizione? Non è chiaro. Per questo motivo, proprio a Napoli è nata l’Associazione Pizza Gourmet, presieduta dal pizzaiolo Luigi Acciaio, che detta alcuni parametri cui attenersi per la sua preparazione.

Non basta. In mancanza di un disciplinare riconosciuto, all’Anteprima di PizzaUp una sessantina di pizzaioli campani si è interrogato sul significato di questo prodotto: non sarà forse che l’etichetta gourmet debba riferirsi al consumatore piuttosto che al piatto? Ne è convinto anche Piero Gabrieli, direttore marketing del Molino Quaglia (nella foto è a destra, con Federica Racinelli, Francesca Barberini e Luciano Pignataro: «La pizza gourmet ha le caratteristiche che un consumatore gourmet vuole trovare in un prodotto: ha gli aspetti culturali che ricerca chi è attento a una sana e corretta alimentazione. Non deve costare tanto per forza: deve rappresentare un tassello fatto di tradizione, origine degli ingredienti, attenzione alla salute nel piatto».

Anche una pizza margherita napoletana può essere gourmet se realizzata con un grande pomodoro, un’ottima mozzarella, farina e olio extravergine di olive di eccellenza.
Sarah Scaparone
 

Ugo Alciati: perché gli chef si occupano di pizza

Ugo, ma perché la pizza è tanto di moda, anche tra gli chef? L’Ugo in questione di cognome fa Alciati, è chef a sua volta, anzi tra i più celebri e celebrati, rampollo di cotanta famiglia ma di quelli che, come dire, non si limitano a mettere in banca l’eredità. Risponde così: «Per più di un motivo. Intanto, la pizza è bella perché fa da piatto unico. Poi, perché si può spaziare con la fantasia, in mille modi diversi. E’ stimolante. Per qualche centinaio d’anni è rimasta quasi immutata. Oggi che si è superata tale logica, ci sono potenzialità enormi».

Per la verità, aggiunge Alciati, non tutti le sfruttano a dovere: «Chiaro che i miei colleghi chef badino soprattutto a quello che si mette sopra, alla pizza. Proprio perché anche il topping non ha avuto alcuna evoluzione per un sacco di tempo». Lui si pone da un punto di vista diverso: «Sono nato pasticcere, sono attento anche e soprattutto alle lievitazioni…».

Si parla di questi argomenti con Alciati non a caso: qualche settimana fa lo chef si è cimentato in un menu-tutto-pizza: «Ho pensato le pizze come fossero le portate di un degustazione, riducendo la grandezza di ognuna. Come primo la margherita “rivisitata” con la maionese di pomodoro e l’essenza di basilico, un secondo che è la pizza con il filetto di manzo e le alici di Cetara, trasposizione di un mio piatto classico». Bis col dolce: da Alciati si mangia da sempre una pesca “ripiena” (di amaretti e cioccolato), che diventa topping, «perché la logica è usare l’impasto già cotto e sormontarlo con una ricetta».

Ami la pizza. Dove andrai a mangiarla, la prossima volta? «Mi parlano molto bene del nuovo Gusto Madre ad Alba. Ho già prenotato».
Carlo Passera
 

Gusto Madre, Alba gli va già stretta...

Senza aspettare Alciati (vedi articolo sopra), ci siamo andati prima noi. Rivelazione numero 1: Gusto Madre non è solo una pizzeria, ma un format. «Abbiamo aperto ad Alba, stiamo per aprire a Torino, ci guardiamo attorno a Milano…». Rivelazione numero due: «Non ci aspettavamo un successo così immediato». Parla Massimiliano Prete, e tradisce l’entusiasmo di chi scopre di essere andato oltre le aspettative. Ma anche la consapevolezza tipica di colui che sa di avere tra le mani buone carte.

Gusto Madre è appunto la sua più recente apertura a Alba, l’11 maggio scorso, insieme a Fabio Ciriaci. Entrambi sono ex pasticceri, transitati da Luca Montersino: e questo evidenzia una certa specifica forma mentis, poi forgiata anche dall'Università della Pizza di Molino Quaglia. «Il nostro è un progetto ambizioso, abbiamo registrato il marchio, delle aperture prossime e auspicabili ho già detto. In realtà già quando cominciai con Gusto Divino a Saluzzo (giugno 2014, ndr) avevo in mente tale prospettiva». Che è quella di fare tanta qualità e altrettanti numeri. «Ho creato da tempo un sistema replicabile. Andava testato, e Alba dice che è un progetto fattibile».

Gusto Madre ha anche testimonial d’eccezione, come Enrico Crippa, che era presente all’inaugurazione ma, soprattutto, è tornato qualche giorno più tardi (nella foto, è al centro, con Ciriaci e Prete).

Qual è il segreto per reggere certi ritmi senza perdere qualità? «Abbiamo una cucina super-attrezzata, da ristorante stellato. Ovviamente apportiamo la nostra esperienza nel dessert, che tutti ci elogiano».

Ma le pizze ancor di più. Come le creazioni recenti: «Vogliamo reinterpretare le specialità della nostra zona. Penso alla carne cruda all’albese: io mi rifornisco da Marco Martini a Boves, poi la utilizzo per condire un pizzotto (una originale pizza soffice a spicchi)». Sei impasti sempre disponibili: romana, focaccia imbottita, Idrolisi senza lievito, soffice, pala e classica.
CP
 

Torna Bread Religion, appuntamento per Collisioni a Barolo

Bread Religion torna tra le vie e le piazze di Barolo (Cn) dal 14 al 18 luglio in occasione di Collisioni Festival, la grande kermesse dedicata alla musica e alla letteratura, dove autori di libri e di canzoni s’incontreranno con artisti della cucina italiana popolare in piacevoli e gustosi incontri culturali.

Quest’anno Bread Religion, nata nel 2013 per iniziativa di Molino Quaglia e dedicata al cibo da strada in chiave gourmet, coinvolgerà il pubblico di Collisioni alla riscoperta degli alimenti sani, buoni e alla portata di tutti. Saranno ben sette gli appuntamenti imperdibili sul palco, novità dell'evento, con 7 vini abbinati ad altrettanti diversi tipi di pizze e focacce d'autore. Il suddetto palco dedicato al food sarà all’interno del Castello di Barolo.

Nella giornata di domenica 17 luglio Chiara Quaglia e Gabriele Zanatta saranno i protagonisti di due ore di un interessante dibattito gastronomico-musicale.

Inoltre Petra di Molino Quaglia sarà presente, come ogni anno, in piazza Verde con il suo chef’s box, un’area golosa dedicata alla focacce e alla ciabatte espresse ripiene, fatte solo con le farine del molino più gourmet d'Italia che già nel 2014 avevano conquistato il pubblico di Collisioni.

Per questa edizione 2016 Petra di Molino Quaglia è al centro di un’ulteriore novità: un abbinamento unico ed esclusivo tra pizze, focacce e una selezione di vini Prosecco DOC.

Bread Religion è un’iniziativa che Molino Quaglia condivide anche quest'anno con Collisioni 2016 per ritrovare il gusto buono e sano del cibo. Tutti gli impasti saranno realizzati con farina Petra di grano tenero da agricoltura sostenibile coltivato in Italia e macinato a pietra nel molino della famiglia Quaglia.
Tania Mauri
 

Food Ideas: la coralità di mugnai e pizziaioli

Piero Gabrieli di Molino Quaglia, l’agronoma Federica Racinelli, Simone Padoan della Pizzeria I Tigli di San Bonifacio. Tre personalità che conosciamo bene, tre relatori di un incontro interessante che ha avuto luogo nei giorni scorsi alla Scuola Politecnica di Design, università Iulm a Milano. Era parte del ciclo Food Ideas ideato da Antonello Fusetti, un laboratorio su cibo e design che si pone l’obiettivo di sviluppare innovazione nel settore agroalimentare con un approccio multidisciplinare, che combina competenze tecniche e manageriali con la metodologia progettuale e la sensibilità del design.

Titolava “Storie di mugnai e piazzioli del terzo millennio” e ha cercato di definire dalle origini della farina al piatto l’intera filiera che sta dietro alla nascita della “pizza gourmet” (definizione impropria, si conveniva nel corso del dibattito) del pioniere veronese. Perché, era il non detto dell’incontro, l’innovazione è il risultato di una strategia corale, non l’iniziativa di un singolo. Le radici del lavoro di Padoan partono proprio dal Mulino di Vighizzolo d’Este (Padova): con Gabrieli ci siamo calati da subito nel binomio tecnologia e tradizione, che ad esempio impedisce alla farina macinata a pietra di entrare a contatto con contaminazioni esterne, in ogni fase dalla macina fino al sacco.

Da qui ne discendono tutte le iniziative e i progetti tesi a far crescere il mondo l’arte bianca che conosciamo: la scuola del Laboratorio, l’Università della Pizza, l’Accademia del Pane, PizzaUp e Pasticceria Dinamica. Un mondo che ha introdotto il mestiere di Simone Padoan, che ha raccontato emozionato il suo percorso ai 30 studenti del Master in Food Design and Innovation. Con una chiusa molto applaudita: «Grazie Massimo Bottura per la tua leadership mondiale. Sei un punto di riferimento per tutti». E poi, tutti a gustare gli spicchi di Simone.
GZ
 

Roscioli, la storia di grande forno ora è anche un libro

Per Roma è un istituzione, un nome, una garanzia, un punto di riferimento. Stiamo parlando della famiglia Roscioli, nel settore da quattro generazioni dopo aver iniziato l’attività di fornai e salumieri con un piccolo forno a due passi da Campo de’ Fiori.

All’inizio, negli anni ‘70, sfornavano solo pane e pizza bianca e rossa ma, con il quartiere che cominciava a perdere la sua identità popolare, divenne necessario diversificare e ampliare l’offerta con focacce e pizze. Ancora oggi è impossibile passare di fronte all’insegna e resistere alla tentazione di entravi per acquistare qualche trancio da sbocconcellare per le viuzze del centro storico, come fanno i romani.

Questo antico forno è famoso per la sua pizza bianca, fragrante, leggera e morbida, tra le migliori della capitale, magnifica in purezza o farcita con affettati di ottima qualità (la salumeria omonima è a pochi metri, in Via dei Giubbonari, 21/22).

Un classico? Pizza e mortazza, come vuole la tradizione. Per gli irriducibili della pizza romana in trancio la fa da padrona la pizza rossa, sottile e croccante, condita solo con pomodoro, olio extravergine di oliva, sale e origano, insieme a quella con la mozzarella, le acciughe, le verdure ma anche quelle dagli abbinamenti più sfiziosi o le tipiche come la pizza marchigiana al formaggio.

Da poco è uscito il libro Roscioli, il pane, la cucina e Roma, edito da Giunti (acquista qui), un vero e proprio reportage sulla famiglia, la città e la bottega. La storia dei Roscioli viene narrata attraverso testi e immagini: obiettivo (riuscito), mostrarne l’anima. All’interno si trovano anche alcune ricette: di seguito quella della pizza bianca.
TM
 

La famosa pizza bianca di Roscioli

Ingredienti per 4 teglie di pizza bianca
1 kg farina forte
680 ml acqua minerale naturale
100 ml latte intero
1 g lievito di birra fresco
25 g sale
7 g malto
200 g semola di grano duro per lo spolvero
olio extravergine di oliva per la teglia

Procedimento
Unire insieme la farine, il sale e il latte. Aggiungere 450 ml di acqua. Impastare il tutto a mano e lasciar riposare per un’ora. Mettere il composto nell’impastatrice con i restanti 230 ml di acqua, il malto e il lievito. Azionare la macchina a velocità media per almeno 10 minuti. Lasciar riposare in un contenitore capiente dalle 7 alle 12 ore a temperatura ambiente. Una volta pronto dividere l’impasto incateni di 250 g l’uno. Far riposare per 30 minuti e quindi stendere sulla teglia ben oliata. Cuocere in forno a 260° per 13 minuti e una volta pronta spennellare con dell’olio.
 

Enzo Coccia triplica, ora anche le pizze fritte

Chi si ferma è perduto…” non è solo un film degli anni ’60 con Totò e Peppino De Filippo tra i protagonisti, ma è anche il pallino del napoletano Enzo Coccia. Pizzajuolo da generazioni, patron della celebre pizzAria La Notizia, grande sperimentatore e tra i primi innovatori partenopei a credere in una nuova era del disco bianco, ha aperto da alcuni mesi O sfizio d’à Notizia sempre in via Michelangelo da Caravaggio, dove protagonista è il cibo da strada povero per eccellenza, la pizza fritta: da quella con pomodorini del piennolo saltati in padella, alici fresche, basilico e origano, all’altra con ricotta di bufala e foglia di limone di Sorrento. Ingredienti golosi ed eccellenze nazionali a cui abbina bollicine italiane e francesi in una nuova carta dei vini ben calibrata.

Insieme alle pizze fritte e alle sfiziosità campane, Coccia propone il classico spuntino gragnanese, le ‘mpustarelle, i panini della tradizione per “un modo diverso di mangiare la pizza”, sviluppati con Eduardo Ore, suo storico braccio destro.

Enzo e Eduardo hanno realizzato un pane morbido e profumato dalla crosta croccante e scricchiolante farcito con le migliori materie prime selezionate e combinate tra loro: fior di latte, zucchine alla scapece, menta e pancetta coppata, oppure pomodorini del piennolo gialli, crema di cipolla ramata di Montoro Inferiore, filetti di tonno e rucola (nella foto, invece, quella con cicoli e ricotta).

Grande attenzione viene posta alle tecniche di cottura attraverso i cosiddetti “pentoloni” a vista dove vengono fritte le pizze, un modo per mantenere costante la temperatura dell’olio e garantire una maggiore qualità e delicatezza del fritto.
Il nuovo locale dispone di cinquanta posti a sedere, tra tavolini e un lungo bancone centrale in mezzo alla sala, perché la pizza fritta mangiata per strada è buona ma seduti con un calice di ottimo vino lo è anche di più.
TM
 

Lunedì dai Cerea le pizze di Pepe e il Dom Pérignon

Lunedì sera 4 luglio, alla Cantalupa della famiglia Cerea a Brusaporto (Bergamo), andrà in scena l’atto forse più atteso di una teoria di appuntamenti che vanno sotto il cappello di «Quando gli opposti si attraggono». In particolare, sarà la volta di Dom Pérignon e di Franco Pepe quella che nel comunicato viene definita la strana coppia, ma che poi, nella realtà, così strana non è perché il sommo pizzaiolo di Caiazzo (Caserta) si è già cimentato nel proporre sue pizze in sintonia con lo champagne. Resta il fatto che la scelta pizza & champagne non è certo già abituale e tanto meno scontata.

Serata particolarmente importante quella di lunedì perché nel perimetro che accoglie un’insegna tristellata, quella di Vittorio, Pepe proporrà le sue creazioni a bordo piscina, live dal forno posto a bordo piscina della Cantalupa. Nel prezzo, importante, 150 euro, sono compresi il buffet d’apertura, la degustazione a passaggio delle creazioni del maestro pizzaiolo e il buffet di dolci napoletani, nonché mezza bottiglia di champagne a testa. Non uno qualsiasi, bensì il Dom Pérignon Vintage 2006. Per ogni info e prenotazioni chiamare il numero +39.035.681024.
 

Sancho a Fiumicino, bontà alla portata di tutti

Che sia per la colazione, la pausa pranzo, la merenda, lo spuntino o la cena, la pizza al taglio a Roma è un classico amato da tutti, grandi e piccini, studenti, professionisti e turisti. Segnaliamo allora la Pizzeria Sancho di Fiumicino, quasi 50 anni di attività, pizzaioli da tre generazioni. Il locale è ancora oggi totalmente a gestione famigliare.

Spiegano: «La nostra è una pizza popolare, di periferia, con una grande attenzione alle materie prime e alla loro lavorazione. I nostri condimenti sono equilibrati e innovativi e, dove riusciamo, facciamo tutto in casa». Gli impasti sono tradizionali con lievito di birra e tempi di lievitazione tra le 4 e le 10 ore. Le pizze in teglia vengono cotte nel forno elettrico sin dalle prime ore del mattino, per soddisfare i clienti che amano la colazione salata o gli studenti che la comprano prima di entrare a scuola.

Gli ingredienti sono tutti stagionali e dei dintorni, dal pescato locale di Fiumicino – col quale producono prosciutti di pesce – alle verdure dei campi di Maccarese, alle erbe aromatiche di Ostia. Il bancone è un tripudio di bontà: tra le pizze ripiene vale una nota di merito quella con porchetta di Ariccia Igp in crosta di patata di Avezzano o quella con pomodoro di Maccarese, maionese maison e tonno messo sott’olio in casa. Quanto alle pizze con il topping, si va dalla semplice marinara con pomodoro, erbe aromatiche e olio aromatizzato all’aglio a quella con patate aromatizzate al ginepro, asparagi selvatici, spuma di porchetta e ostriche (è realizzata con lo chef stellato Gianfranco Pascucci, nella foto al centro coi ragazzi di Sancho), fino all’altra, con prosciutto di ricciola, valeriana, vinagrette al gin e polvere di ginepro.

E se proprio non bastasse, ci sono anche i classici supplì dalla panatura leggera e fragrante. Il locale è piccolo ma ci sono tavolini e sedie all’aperto dove fermarsi per assaporare con calma tanti assaggi diversi.
TM