Newsletter 490 del 09.07.2016
 
 
Gentile
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  Avessi chiuso gli occhi, ieri nella sede della Fao a Roma, durante la conferenza di presentazione del progetto RefettoRio, avrei faticato a capire dove mi trovavo. Fosse possibile viaggiare nel tempo, avrei voluto con me colleghi critici gastronomici di epoche lontane, del secondo scorso. Loro di certo avrebbero pensato di essere in un ospedale dove si prevengono le malattie legate alla malnutrizione e all’obesità, alla pessima distribuzione del cibo nel pianeta.

Un tempo nemmeno remoto, fino a una decina di anni fa, chi voleva curarsi sarebbe andato da un medico, in un policlinico, mica avrebbe affidato la sua salute a cuochi e chef. Adesso è così. Ed è una splendida rivoluzione. Fa effetto ascoltare il direttore generale della Fao, il brasiliano Josè Graziano Da Silva, unire sport e cibo, lo sport per via delle imminenti Olimpiadi a Rio de Janeiro, fa effetto sentirlo scandire uno slogan come «We need chefs against hunger».

La Fao che chiama a raccolta i cuochi per compiere una rivoluzione culturale per guardare al cibo con mente e occhi diversi. Il buono che è sia goloso che etico e salutare. Dietro al piatto che ti viene messo davanti, c’è un prima e un dopo che il commensale non può ignorare. Al buono del palato va aggiunto il buono che ti detta la tua anima.

Paolo Marchi

 
     
     
     
     
 
Bottura, la Fao e il RefettoRio olimpico
 
     
 

Attenti a come scriverlo: durante l’Expo 2015 di Milano, Massimo Bottura ha dato vita al Refettorio, maiuscola solo la prima lettera R. Adesso lo stesso progetto cambia Paese e continente, dall’Italia al Brasile, dall’Europa all’America del Sud, e anche grafia: RefettoRio, maiuscola anche la seconda R perché tra meno di un mese Bottura porterà la sua anima a Rio, dove il 5 agosto avranno inizio i Giochi Olimpici.

Con il modenese e sua moglie Lara Gilmore avremo diverse altre realtà, come da presentazione ieri alla Fao a Roma quando sul palco degli oratori si sono ritrovati, con lo chef, Josè Graziano Da Silva, brasiliano, direttore generale della Fao, David Hertz, chef e fondatore in Brasile di Gastromotiva, Maurizio Martina, ministro delle politiche agricole, e Giovanni Malagò, presidente del Coni, contento perché il modenese ha accettato di essere testimonial della candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024.

Parole, idee, progetti e sogni, l’alta cucina che si fa sociale e lotta contro la fame nel mondo, etica ed estetica che vanno a braccetto, il 2030 come traguardo di tutti i movimenti animati da Fao piuttosto che Gatromotiva e Soul for Food, la fondazione voluta dai Bottura per portare ai quattro angoli del pianeta il Refettorio, New York ad esempio. Bello anche il filmato proiettato da Massimo e dedicato a Milano 2015, nel quale Ferran Adrià ricorda come un ingrediente all’apparenza povero è migliore di costoso caviale scadente.

A Rio, il RefettoRio offrirà da mangiare nella favela di Lapa dove nemmeno si sa quanta gente viva, uomini, donne e bambini, mica cartoni animati. A dire mezzo milione si può sbagliare per difetto. Rimarrà aperto, in questo frangente, per 45 giorni e i cuochi che si alterneranno lavoreranno il cibo non utilizzato al villaggio olimpico così come a Milano accadeva con gli scarti dell’Expo.
pm
 
     
     
     
     
 
Al via Casa Italia a Rio con il Ciaolà di Oldani
 
     
 

L’avventura italiana alle Olimpiadi di Rio de Janeiro partirà da Casa Italia che sarà inaugurata il 3 agosto con un anticipo di due giorni rispetto all’apertura dei giochi. Una casa fuori dall’ordinario a partire dalla sede scelta dal Coni, il Costa Brava Clube, storico club carioca a 20 chilometri dal villaggio olimpico, progettato negli anni ’60 dall’architetto Ricardo Menescal che si sviluppa su una superficie di oltre 1.700 metri sulla cima di un promontorio affacciato sull’oceano, raggiungibile attraverso un ponte sospeso. Ed è stato proprio questo ponte la principale fonte di ispirazione del progetto, studiato seguendo un concetto orizzontale, a simboleggiare l'integrazione tra Italia e Brasile.

«Volevamo essere originali, creativi e lontani dagli stereotipi», ha spiegato Diego Nepi Molineris, direttore Marketing e Sviluppo Coni. Horizontal è il titolo del concept che promette un approccio senza gerarchie, fatto di contaminazione tra cultura italiana e brasiliana: le opere d’arte, gli arredi, la cucina, lo sport, concorreranno a fare di una visita a Casa Italia un’esperienza unica che coinvolgerà artisti e partner che rappresentano le eccellenze dei due Paesi. Il risultato sarà un ambiente contemporaneo, inedito e accogliente in cui tutto richiama all’idea di integrazione tra Italia e Brasile.

Per sottolineare meglio questa filosofia di virtuosa contaminazione è stato coniato il termine Ciaolà nato dalla crasi tra il saluto italiano e quello portoghese. Ciaolà è anche il nome del piatto simbolo che Davide Oldani, a cui il Coni ha affidato l’offerta gastronomica di Casa Italia, ha creato per le Olimpiadi. «Il piatto che dedico a Rio 2016 - a spiegato lo chef - è la stilizzazione della torcia olimpica. Tra gli incavi del piatto, fatto realizzare artigianalmente, disporrò gli ingredienti lavorati in salsa che avranno i colori dell’Italia e del Brasile. La cucina di Casa Italia interpreterà le peculiarità del territorio con la freschezza di frutta, verdure e pesce accanto al meglio della produzione italiana per una vera cucina di contaminazione, all’insegna del gusto e del benessere».

L’iniziativa si inserisce nel quadro del Food Act in collaborazione con Ministero dello Sviluppo Economico, Ice-Agenzia, Coni, Unioncamere e Assocamerestero.

Nella foto: lo storico Costa Brava Clube è la spettacolare location scelta dal Coni per ospitare Casa Italia a Rio 2016. La struttura è situata a circa 20 km dal Villaggio Olimpico e sarà inaugurata il prossimo 3 agosto. La proposta gastronomica sarà curata e firmata da Davide Oldani.
 
     
     
     
     
 
Campi da Sapere, prossima tappa nel Grossetano
 
     
 

Farà tappa il prossimo 17 luglio all'azienda agricola Selvello, in Località Selvello del Maiani (Grosseto), Campi da Sapere, l'iniziativa ideata da Alce Nero in collaborazione con l'associazione La Grande Via fondata dal dottor Franco Berrino, epidemiologo dell'Istituto dei tumori di Milano, di cui ha diretto per anni il reparto di medicina preventiva studiando in particolare il rapporto fra alimentazione e salute.

L'azienda agricola Selvello si estende su una superficie di oltre 160 ettari di cui 122 a frutteto (pere, mele, albicocche e susine ). Qui il pubblico, a partire dalle ore 18,30, potrà partecipare gratuitamente alla conversazione con il dott. Berrino, alla visita dei campi e alla degustazione di frutta e prodotti a base di frutta.

Campi da Sapere (ne abbiamo parlato più diffusamente qui) è un progetto che unisce la conoscenza dei luoghi di coltivazione a quella di un cibo sano e di una corretta nutrizione.

Un viaggio lungo un anno, un percorso in 5 tappe in tutta Italia che si concluderà a giugno 2017 con l’obiettivo di portare le persone direttamente nei campi, favorire un incontro diretto con gli agricoltori e i produttori che ogni giorno li coltivano, e far sperimentare al pubblico non solo la qualità del prodotto finale ma anche il grande impegno e l’autenticità dello sforzo di ricerca e di controllo che sono alla base della produzione biologica firmata Alce Nero.

Per partecipare è necessario prenotare telefonando al numero 051.6540200. www.alcenero.com. Nella foto, la conferenza stampa di presentazione dell'iniziativa, qualche settimana fa: al centro Franco Berrino e Lucio Cavazzoni di Alce Nero con Simone Salvini e Cristina Bowerman.
 
     
     
     
     
 
Il QuintoQuarto a Cesenatico è una piadineria
 
     
 

Oggi a Cesenatico, sul Porto Canale, c’è QuintoQuarto, Piadina e Affini, un convivio semplice dove il sapore della piadina sia presente dai classici agli abbinamenti d’ingredienti affini e di contrasto con il meglio del mercato romagnolo. Il progetto è firmato da Luca Zaccheroni, patron del Maré, con il cuoco Omar Casali.

Piadina creata con due impasti: farine biologiche macinate a pietra integrate da acqua, strutto di Mora romagnola, poco sale e formento (antico mezzo di lievitazione romagnolo) e una versione integrale con acqua di mare. Entrambi gli impasti vengono fatti riposare per quasi una settimana, in una cella apposita, testando una maglia glutinica che azzera il rischio dell’effetto gommoso.

L’ambiente è accogliente con cucina a vista. Un menù anche per chi ama i vegetali, con assortimento delle piadine quelle combinate come Lungo Raggio con Brie, salmone affumicato, guacamole e insalata. La Collezione prevede una sezione che varierà, secondo la stagione, con almeno 5 proposte di cui una con Quintoquarto senza possibilità di fare variazioni d’ingrediente.

Non c’è servizio ai tavoli, si entra, consulta un tabellone, si ordina aspettando con in mano un disco elettronico che vibra quando le pietanze sono pronte. Last but not the least: il prezzo. Con circa 10 Euro si può gustare un’ottima piadina, una bevanda e un caffè romagnolo biologico. Da provare.

Quintoquarto è in piazza Ciceruacchio 1, angolo Vicolo della Torre, a Cesenatico. Servizio di asporto +39.331.1476554. Sempre aperto dal lunedì al venerdi, dalle 12 alle 15 e dalle 18,30 a mezzanotte; sabato e domenica dalle ore 12 all’una di notte servizio no stop.
Cinzia Benzi
 
     
     
     
     
 
Pastori e pecore al tempo della crisi
 
     
 

Segnaliamo qui un bel reportage firmato da Daniele Miccione per Gazza Golosa, la pagina dedicata ai piaceri della gola della Gazzetta dello Sport. Titola Pastori e pecore al tempo della crisi e costruisce un’analisi per nulla scontata sul comparto ovino, un macrocosmo che non vive certo tempi felici.

“Sentir dire che il nostro settore agroalimentare va bene e poi ascoltare chi produce davvero che t'illustra l’esatto contrario dovrebbe farci arrabbiare”, ci spiega l’autore. Miccione s'indigna con costrutto, interpellando diversi stadi della filiera, dai docenti di Veterinaria (Ernesto Beretta dell’università di Milano) ai pastori da nord a sud del Paese (come Daniele Savoldelli, nella foto, uno che segue il gregge col Gps), fino ai cuochi (Giuseppe Zen di Mangiari di strada) e i grandi pasticcieri (il siciliano Corrado Assenza). Gente che si batte contro il venir meno di valori importanti, spazzati via dai mulini a vento. Il cui mulinare può essere arrestato dal consumatore. Come? «Leggendo, informandosi, orientando gli acquisti».
GZ
 
     
     
     
     
 
Sadler, tutti i numeri di un successo milanese
 
     
 

Poco più di un anno fa, il 4 giugno, Claudio Sadler, milanese con radici trentine, ha compiuto 60 anni, traguardo che ha festeggiato un paio di settimane dopo in via Ascanio Sforza 77 dove hanno sede le sue due insegne, lo stellato Sadler e la trattoria Chic’n Quick.

Claudio, da quasi un lustro presidente delle Soste, aprì il suo primo locale 35 anni fa a Pavia, la Locanda Vecchia Pavia, per debuttare a Milano nell’86 con l’Osteria di Porta Cicca in Ripa di Porta Ticinese, quindi il trasloco in via Troilo nel ’95 e l’ultimo, in Ascanio Sforza, nel 2007.

Nell’invito spiccavano alcuni numeri, fondamentali per pesarne la carriera: 60, 30, 25 e 20 ovvero 60 anni, 30 dalla primissima apertura nel capoluogo lombardo, 25 dalla prima stella, nel 1991, e 20 di servizio banqueting. Ma anche 14 dalla seconda stella Michelin, 9 di bistrot, sette libri di cucina e 4 anni di presidenza delle Soste. Bravo Claudio, nella foto, di Carlo Fico, con Gianluca Fusto.
pm
 
     
     
     
     
 
La straordinaria Cacio e pepe fredda di Canzian
 
     
 

Alla fine di una bellissima cena – favoloso in particolare il Rognoncino di vitello alla senape, taccole e nocciole, cottura da sballo, perfetto equilibrio. Ma anche il Risotto al limone, sugo d’arrosto e liquirizia è una bontà – ecco arrivare una sorpresa dalla cucina di Daniel Canzian, al ristorante Daniel di via San Marco, angolo Castelfidardo, a Milano.

Un dessert? No: un piatto di pasta. Fredda. Una Cacio e pepe così equilibrata da non credere; anzi, quello che sorprende è proprio la temperatura. Esalta il piatto, lo rende armonico e pure un poco estivo, tanto che alla fine ti chiedi: ma prima d’ora, davvero la Cacio e pepe veniva servita calda? Una scoperta fuori carta, da chiedere espressamente, ne vale la pena.
CP
 
     
     
     
     
 
Doppia Luce, progetto in B/N di Valentina Tamborra
 
     
 

Valentina Tamborra è una fotografa milanese che non ringrazierò mai abbastanza per avermi inserito in un progetto fotografico che fissa su pellicola – esatto: pellicola – i ritratti di una trentina di persone che per qualche motivo l’hanno colpita. Le avrei risposto «sì, grazie» anche se avesse usato chissà quale mezzo in voga oggi, figuriamoci davanti a una Rolleiflex 2.8 F a pozzetto, con rullino 6x6 in bianco e nero a 12 pose, una macchina capolavoro che ha fatto la storia della fotografia.

Il lavoro della Tamborra, non ancora ultimato, si chiama Doppia Luce. Oggi è in rete, domani sarà un libro e una mostra. Io sono stato ritratto dietro al bancone del Ratanà perché lì da Cesare Battisti mi sento a mio agio.

Scrive Valentina: «Diane Arbus ha detto: “Una fotografia è un segreto che parla di un segreto. Più essa racconta, meno è possibile conoscere”
Doppia Luce è una scommessa.
Doppia Luce è un atto di fiducia.
Due persone – fotografo e soggetto. Due scatti. Due domande.
Si lavorerà su pellicola, in bianco e nero.
Lo strumento: una Rolleiflex 2.8.
Non c’è un set, non è un ritratto in studio.

CHI SEI?
COSA FAI?
Alla prima domanda risponderà il fotografo mostrandovi semplicemente ciò che già sapete: chi è la persona ritratta.
Ma l’identità è più che un nome e un cognome, è più di un mestiere.
Ciò che siamo è ciò che facciamo?
È questo il segreto che tenteremo di svelare…
[b]Valentina Tamborra[/b] - Fotografica_Mente
(lo sviluppo delle pellicole è a cura di Andrea Lanzeni)».
 
     
     
     
     
 
I Manifesti di Crema: il 10 luglio tocca a Marchi
 
     
 

Quarta edizione a Crema, la città dei tortelli (sono un primo, ma col ripieno dolce) e del formaggio salva, dei Manifesti di Crema, importante cartellone di incontri nei Chiostri di Sant’Agostino, ex convento, dal 1960 sede del Museo Civico in piazzetta Winifred Terni De Gregorj 5.

E’ una serie ricca di momenti tra musica e letteratura, organizzata da Stefano Magagnoli e dal Comune di Crema. Domani sera, domenica 10, i Manifesti avranno come ospite Paolo Marchi, il tutto a partire dalle ore 21. Sarà un incontro taglia XXL…
 
     
     
     
     
 
Heres da Bartolini con gli Champagne De Saint Gall
 
     
 

Incontro d’eccellenze, qualche giorno fa a Milano, al Mudec-Museo delle Culture. Da una parte i piatti di Enrico Bartolini, e in particolare una selezione dei suoi classicissimi, da Patata soffice uovo e uova al Risotto alle rape rosse e salsa gorgonzola, dai Bottoni di olio e lime con salsa caciucco e polpo alla brace alle Alici di scoglio in incontro tra saor e carpione. Dall’altra, un quartetto di grandi bottiglie, le migliori declinazioni dello champagne a marchio De Saint Gall, «cooperativa virtuosa, che ci ha colpito sia per le sue straordinarie dimensioni, sia per gli straordinari vigneti, sia il potenziale di vin de Reserve».

A parlare è dall’imprenditore Cesare Turini, di Heres, società di distribuzione e importazione fondata alla fine del Duemila e che già annoverava nel proprio portfolio marchi come Saint-Réol, Juillet-Lallement, Benoit Munier, Jean Milan e Corbon. Ora anche Champagne De Saint Gall, realtà che comprende 2.150 vigneron, proprietari di piccole porzioni di vigna per un totale di 1.260 ettari. Di questi ben 760 sono classificati Grand Cru – nei villaggi di Avize, Cramant, Oger, Le Mesnil-sur Oger, Ambonnay, Bouzy e Ay – e 370 sono nell’area dei Premier Cru, come Vertus, Cumières, Villers-Marmery e Bèrgeres-Les Vertus». La superficie rappresenta quasi un quarto del totale delle uve dei 17 Grand Cru della Champagne e costituisce il più grande vigneto Grand Cru della regione. «Possediamo in tutto 12 diversi centri di produzione e la cantina moderna ad Avize, dove avvengono le vinificazioni rigorosamente separate per parcelle e per Cru».

De Saint Gall entra nell’orbita Heres nell’ambito del suo Progetto Champagne Grand Cru, «una selezione – sottolinea Turini - che enfatizza l’originalità espressiva alle radici delle vigne, creando un percorso inedito per esplorare il territorio della Champagne, viaggiando tra differenti cuvée che racchiudono uve e stili da alcuni dei soli 17 Grand Cru (4.000 ettari su 33.700), dove ogni bottiglia diventa un autentico e sublime mezzo di comunicazione per fare esperienza di una tradizione e raccontarne la storia».
CP
 
     
     
     
     
 
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