Newsletter 480 del 26.03.2016
 
 
Gentile
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  Lunedì 7 marzo, in piena dodicesima edizione di Identità Golose, il congresso della Soste a Milano; mercoledì 15 marzo la firma alla Farnesina a Roma del Protocollo di collaborazione per la valorizzazione della cucina italiana di qualità all’estero, lunedì 21 il congresso annuale di Chic, gli Charming Italian Chef, alla Fiorida a Mantello in Valtellina e lunedì 4 aprile quello dei JRE italiana a Orvieto.

In questo giro Le Soste sono andate oltre il loro perimetro visto che loro e Chic stanno iniziando a collaborare su alcuni progetti. E’ un ottimo segno per chi va oltre le parole e cerca di fare qualcosa di veramente concreto per il sistema agroalimentare di casa nostra. Parlare serve, firmare ancora di più, poi però si deve camminare sicuri, crescere, fare. In tanti e nella giusta direzione.

Paolo Marchi

 
     
     
     
     
 
Dubai/1: Coya, le mille luci del ceviche
 
     
 

Non era ancora spenta l’eco della lezione di Sanjay Dwivedi a Milano che eravamo già col tovagliolo al collo negli Emirati Arabi al Coya, una delle tre insegne (con Londra e Miami) dell’ormai noto anglo-indiano che cucina peruviano. Il setting del “Miglior ristorante di Dubai” (lo ha decretato pochissime settimane fa il lettissimo Time Out magazine locale) è quello di numerosi ristoranti etno-cool che imperano oggi: luci basse, cocktail bar all’uscio, isole con cucina a vista, musica alta un filo sopra la media e stravaganza costosa negli arredi, in questo caso con molti pezzi importati direttamente dal paese andino.

Ma poi c’è la cucina, che è quello che conta. Dubai, si ragionava anche con lo staff dei Pinchiorri, non è città fine dining ma sharing: la gente va a tavola non per sezionare compita interminabili menu degustazione a carta bianca, ma per chiacchierare e condividere il cibo. Succede anche in questa insegna che è una costola del Four Seasons di Jumeirah ma non una sua proprietà: la filiazione con l’hotel serve più che altro per ottenere la licenza a somministrare alcolici, un costoso rompicapo per chi fa ristorazione in Uae. Si mangia bene, niente da dire. E si può scegliere tra una lunga varietà di tiraditos (carpacci), tacos, anticuchos (spiedini alla griglia, provate un po’ quello tradizionalissimo di cuore di manzo), pescados y mariscos (pesce e frutti di mare).

Ma la scena la rubano i ceviche. Ce li siamo trascritti tutti per rendere conto di una preparazione eclettica come poche altre. Una versatilità che è alla base del suo dilagare globale. Atun chifa (il nostro preferito: tonno, soia, semi di sesamo, cracker di scampi), Lubina clasica (spigola, cipolla rossa, patata dolce e mais), Alcachofa (carciofo, pepe saltato nel wok, peperoncini aji limo), Mixto con erizo (scampi, seppia, cozze, aji amarillo, ricci di mare), Pargo a la trufa (dentice, tartufo, salsa ponzu ed erba cipollina), Salmone nikkei (salmone, succo di sedano, zenzero, daikon, wasabi e uova di pesce volante), Dorada criolla (Orata, aji amarillo, mais croccante, coriandolo), Calabacines y hongo (zucchine, funghi shiitake, menta, aglio e chips d’aglio), Gambas azules (astice blu, aji limo, cuore di palma e mango).

Occhio ai vini: i ricarichi possono impennarsi del 1.000%.
Gabriele Zanatta
 
     
     
     
     
 
Dubai/2: Crescenzo, un filologo al Ritz Carlton
 
     
 

Un giorno occorrerebbe contrassegnare su un atlante globale le graffette di tutti i cuochi italiani che cercano di fare bene il loro lavoro, sordi alla domanda delle clientele locali, che spesso li vorrebbero servire solo pizza e pasta scotta. A Dubai, appunteremmo senz’altro un bookmark sopra al Ritz Carlton al Marina, la tana di Alfonso Crescenzo, un cuoco napoletano con un passato al Park Hyatt di Milano (nell’era di Filippo Gozzoli) che, zitto zitto, ogni sera da 3 anni fa bei numeri negli Emirati.

Il ristorante si chiama Splendido, un aggettivo che ben calza al patio esterno, che prova a ricreare atmosfere e architetture di casa nostra. E c’è un altro italiano, il trapanese Massimo Fonte, a marcare a vista questi pochi tavoli tranquilli, ben distanziati e carezzati da una piacevole brezza in genere fino a maggio (d’estate la calura è così soffocante che anche i mega-hotel cedono le loro stanze a prezzi stracciati). La cucina è una riproposizione felice dei sapori mediterranei: piatti filologici e gustosi e una tecnica che non parla mai addosso alle importanti materie prime, in gran parte italiane.

Ricordiamo dei buonissimi Paccheri ai frutti di mare (cotti alla napoletana, cioè felicemente tignosi), un rigenerante magic box di sorbetti alla fine e, poco prima, una supercostata di fassona cotta magistralmente e sporzionata al tavolo dal cuoco stesso (nella foto). È stato un momento atteso a lungo da Crescenzo: fino a pochi giorni fa non poteva servirla perché la fassona non aveva ancora ottenuto la certificazione halal negli Emirati Arabi. Ora il magico bollino è arrivato.

A proposito di carne a Dubai: tra i motivi per cui non è ancora scesa la Michelin a mettere in fila con le Stelle i tanti ristoranti importanti della città, si vocifera ci siano proprio queste limitazioni a disorientare gli ispettori della Rossa. Ma, con la febbre pre-Expo 2020 che inizia a salire, non saremmo stupiti di trovarci prima o dopo con la prima edizione emiratina in mano.
GZ
 
     
     
     
     
 
Salmoiraghi, l'anatra e il futuro della cucina
 
     
 

Qualcosa si muove. Gli chef italiani più talentuosi vogliono esplorare strade nuove, ideare diversi modelli, più legati alla nostra storia. Innovazione nella tradizione conviviale, è il tema: sembra di sentire concetti di Paolo Lopriore a Identità Milano (leggi qui), invece siamo a Fagnano Olona, ristorante Acquerello, peraltro 15 minuti d’auto da Appiano Gentile, dove l’ex de Il Canto di Siena aprirà tra non molto. Che sia questo l’epicentro di un nuovo fine dining tricolore?

Silvio Salmoiraghi, che dell’Acquerello è chef-patron - come Lopriore è stato allievo di Marchesi – propone un menu all’italiana… senza primo. Perché? «Perché è troppo importante per costringerlo in un percorso degustazione. Per me, in questo caso, o è un aperitivo, o un piatto salato finale, magari da abbinare, penso a un’anatra in tre servizi, dei quali l’ultimo sono dei ravioli di coscia. Oppure l’astice che servirò a Pasqua, con ravioli di pomodoro». Cucinare italiano non significa necessariamente pasta, ma anche riappropriarci di prodotti dimenticati, «penso ai pesci di lago, io ho sempre in carta persico, o bottatrice, o storione. Ma penso anche ai gamberi d’acqua dolce. O agli animali da cortile. O alla cacciagione».

L’altro giorno lo chef ci ha servito una superlativa anatra in tre servizi, il volatile se lo procura da Angelo Maffioli, macelleria Mamaf della vicina Varano Borghi. «Ho pensato a un’anatra alla Marengo, che incrocia un pollo al vino e un pollo alla Marengo». Prepara il petto in civet, quindi «mi viene automatico usare il bianco dell’uovo per fare una sorta di frittatina/wrap (nella foto a destra, con il petto in civet invece a sinistra) da farcire con la sovracoscia e i gamberi», con logica che non viene solo da Marengo, ma dall’Oriente, «perché è un abbinamento che deriva da lì». Inevitabile quindi l’aroma piccante delle spezie, che si ritrova anche nell’ultimo servizio, il brodo d’anatra al tè nero che innaffia di buono i ravioli di cosce.
Carlo Passera
 
     
     
     
     
 
Ribaldone: ceviche alla ligure e rognone al caffè
 
     
 

Nuovo menu, brigata rinnovata (il sous è ora Ivan Tondat), super-piatti: Andrea Ribaldone va avanti come un treno, anzi la sua nuova carta ci sembra persino più indovinata, stimolante, multiforme e complessa delle precedenti. A I Due Buoi si inizia con un amuse bouche che tara già il palato, è a base di pollo – le sue zampe fritte con salsa agrodolce, uno spiedino di cuore e ostrica, le creste alla cacciatora, il paté…– e si prosegue virando da Alessandria verso il mondo, col Crudo di pesci liguri in salsa peruviana, un’edizione del ceviche perfettamente armonica, merito dell’interazione dello chef con un suo nuovo aiuto, il venezuelano (d’origine italiana) Marko Sterlicchi, reduce da otto mesi all’Osteria Francescana.

La salsa è un leche de tigre molto più suadente del normale, con fumetto di pesce leggero, lime, coriandolo, peperoncino, ma il segreto sta nell’alchechengi che regala una nota acidula e dolce insieme, assai equilibrata. Il tutto si abbina col pesce ligure «che deve essere di giornata», meglio se povero ma non necessariamente: sgombro, dentice. Si serve tra due foglie: quella che fa da piatto, 100% silicone, e quella di banano che avvolge la prelibatezza. Ah, ci sono anche popcorn a dare croccantezza, «è un mio gioco mentale, pensavo al Perù, al mais…».

Primi piatti golosissimi (Spaghetto tonno e cipolla, Risotto al bianco e nero di seppia – pura perfezione – e Tortelli al ragù napoletano e crema di provolone del monaco) più avanti la Zuppa di strudel è un dolce di grande eleganza, rimarchevolissimo - firma il nuovo pasticcere Emanuele Anastasi - ma noi vogliamo citare il Rognone cotto poché, cavolfiore e caffè, «un piatto che era già nel mio bagaglio, l’ho ripreso in vista di Identità di Caffè a Identità Milano, poi non ho avuto tempo di presentarlo…».

La ricetta approfondisce l’idea di fondo del caffè come spezia, «se ne prepara uno normale, poi si fa stringere per concentrarlo tantissimo e si mischia con un fondo di manzo». Si cuoce per un’ora a 60° il rognone poché nel latte, «che con l’aceto è l’elemento in grado di far fuoriuscire tutti i succhi», dunque i sentori sgradevoli. Si asciuga e marina in sale grosso e zucchero di canna, poi 12 minuti a 80° sottovuoto con burro chiarificato e aromi.

Alla base del piatto una purea di cavolfiori, quindi il rognone condito col fondo al caffè, per una nota amara e tostata, infine una nevicata di cavolfiori a crudo in osmosi di aceto, olio e sale (nella foto, è il piatto a destra. A sinistra, il ceviche rivisto).
CP
 
     
     
     
     
 
Armani ha salutato la primavera con i Cerea
 
     
 

Nobu Milano ha celebrato l’arrivo della primavera e della fioritura dei ciliegi in Giappone con una cena che ha unito lo stile fusion di Antonio D’Angelo, resident chef, con la tradizione dei Fratelli Cerea, del tristellato ristorante Da Vittorio. L’alternanza di portate e sapori ha testimoniato la sperimentazione continua e il punto di unione di queste due diverse realtà, inserendosi nel percorso di Cene Stellate intrapreso da Nobu Milano, che ha visto il suo primo appuntamento – Timeless Taste – lo scorso novembre, con lo chef ospite Gennarino Esposito”.

Il tutto riferito a lunedì scorso 21 marzo, quando la primavera è stata salutata anche da tre differenti Dom Pérignon. Sugli antipasti di mare il Blanc 2006, quindi Rosé 2004 e infine il P2 ovvero la superba Plénitude Deuxième. Due piatti su tutti, il Carpaccio di gamberi viola con fregola sarda mantecata agli agrumi e il Risotto con crema di piselli e tartare di scampi, firmati entrambi Cerea. Bene il Filetto di pescatrice, spicy lemon, capperi e olive nere di Antonio D’Angelo, giacca blu nella foto con Giorgio Armani. Giacca bianca invece per Chicco Cerea.
 
     
     
     
     
 
Silvia, Marco, Sara e il Primo Restaurant a Lecce
 
     
 

Una novità nel panorama di Lecce: al 7 di via 47° Reggimento Fanteria ha aperto una realtà qui raccontata da chi è al centro di tutto, Sara Latagliata: «Un paio di mesi fa è avvenuto l'incontro con Silvia e Marco, una coppia di giovani imprenditori che dopo 10 dieci anni di esperienza nel mondo della ristorazione a Roma ha deciso di tornare a casa, a Lecce. L'incontro è stato fatale, come per due innamorati. E' stata subito sinergia.

«Così nasce un nuovo sodalizio. Sarò lo chef di Primo Restaurant, telefono +39.0832.243802, che diventerà la sede delle sperimentazioni culinarie di Nobili Pasticci. Continuerò a fare le attività tra castelli, musei, immersa negli uliveti e ora finalmente potrò anche esprimermi pienamente in un luogo.

«In cucina con me ho voluto due giovani Solaika Marrocco e Riccardo Gentile, due ragazzi che avevano fatto l'esperienza di A Cena con la Duchessa. Quello che voglio e che vogliamo fare è raccontare la storia della Puglia, una Puglia che io amo e in cui credo. La racconteremo in tanti modi, recuperando storie e tradizioni, sovvertendo le regole e giocando con le memorie del passato».
 
     
     
     
     
 
Le quattro grandi dame di Veuve Clicquot
 
     
 

In occasione dell'anteprima della nuova annata dello Champagne La Grande Dame 2006 è stato presentato a Milano il progetto inedito L'Atelier des Grandes Dames con la maison di champagne Veuve Clicquot, una dedica alle quote rosa nel campo dell'alta eno-ristorazione, creando un vero e proprio network di talenti di femminili come afferma Francesca Terragni, direttore marketing e comunicazione Moet Hennessy Italia: «L'idea nasce dall'esigenza di far emergere la forza del femminile in un contesto molto maschile intendendo riunire sotto queste donne che condividono e celebreranno i valori della Maison: competenza, talento, coraggio e intraprendenza».

Una vera e propria scala di valori come condivisione, professionalità, responsabilità, intraprendenza, audacia, savoir faire e leadership affidate alle prime quattro chef: Isa Marzocchi, Aurora Mazzucchelli, Fabrizia Meroi e Marianna Vitale. Per l'occasione sono stata create delle divise che le testimonial potranno indossare nei loro ristoranti, creazioni delle artiste Altalen con tessuti Dedar.
 
     
     
     
     
 
Verticale di Bocca di Lupo con Pietro Zito in cucina
 
     
 

Pensare alle Murge e alla Puglia enoica della doc Castel Del Monte richiama alla mente Tormaresca, azienda della famiglia Antinori protagonista qualche giorno fa a Milano, con la sua Tenuta Bocca di Lupo, di una verticale del loro Aglianico dal 2001 al 2012.

Merito certo anche di Renzo Cotarella, wine maker che ha saputo vincere la sfida di voler raccontare nei calici un vitigno con origini antiche e amante di aree collinari, suolo vulcanico e buona escursione termica: caratteristiche tipiche proprio di Bocca di Lupo. Sono vini austeri, con struttura che evoca ciliegia e sfumature di viola tali da ingentilire i tannini, ottimo bilanciamento di acidità e lievi speziature. Un vino da scoprire nel tempo. In abbinamento un delizioso piatto di orecchiette di grano arso ed erbe spontanee dallo chef Pietro Zito (a destra nella foto, con Cotarella e Verdiana Rimbotti Antinori) del ristorante Antichi Sapori di Montegrosso d’Andria.
Cinzia Benzi
 
     
     
     
     
 
Gennaro Nasti: la mia nuova Popine a Parigi
 
     
 

Sono orgoglioso di annunciare che una mia nuova avventura è appena iniziata. Popine da qualche giorno è realtà. E’ una pizzeria parigina che mantiene invariata quella che è la mia filosofia del prodotto di qualità (ne abbiamo parlato qui, ndr); anzi va oltre, perché l'innovazione e la ricerca nel nostro settore non possono mai star fermi, nel pieno e doveroso rispetto della tradizione.

Le nostre materie prime rappresentano l'eccellenza della mia terra d'origine e il vero made in Italy nel mondo. Non posso fare a meno del pomodorino del Piennolo, del San Marzano Doc, o di sua maestà la mozzarella di bufala, insieme alle farine Petra 9 che con una lievitazione lunga esaltano le qualità nutrizionali e la digeribilità degli impasti.

Popine ha aperto al 108 Boulevard de Menilmontant, a Parigi, e sarò lieto di accogliervi di persona per non smettere di farvi gustare i miei sapori, innovativi eppure capaci di richiamare l'origine della vera pizza.
Gennaro Nasti
 
     
     
     
     
 
Dieci tristellati per i 10 anni di Sapori Ticino
 
     
 

S.Pellegrino Sapori Ticino compie dieci anni e festeggia presentandosi (l’ha fatto qualche giorno fa, alla Terrazza Triennale di Milano) in veste da star. Infatti saranno tutti tre stelle Michelin i 10 chef internazionali protagonisti delle altrettante cene principali del ricco calendario 2016, dal 1° maggio al 19 giugno.

Tra gli appuntamenti da non perdere, da segnalare: il 2 maggio primo tristellato, Thomas Bühner del ristorante La Vie di Osnabrück (Germania), che sarà ospite di Luca Orini presso il Seven The Restaurant di Lugano; il secondo protagonista d’eccezione verrà accolto l’8 maggio all’Hotel Eden Roc di Ascona dallo chef locale Salvatore Frequente: sarà Massimo Bottura. Il 9 Annie Féolde sarà ospite di Dario Ranza al Villa Principe Leopoldo di Lugano. E ancora: Pascal Barbot (L'Astrance, Parigi) il 15 maggio con Domenico Ruberto dell’Hotel Splendide Royal di Lugano; Niko Romito con Andrea Bertarini il 16 maggio al Conca Bella di Vacallo; Peter Knogl (Restaurant Cheval Blanc di Basilea) con Othmar Schlegel il 29 maggio al Castello del Sole di Ascona; i fratelli Enrico e Roberto Cerea da Eros Picco al The View di Lugano il 30 maggio, mentre il 31 Christian Bau (Victor's Fine Dining) cucinerà con Nicola Costantini del Ciani di Lugano.

A giugno: il 6, Jonnie Boer (De Librije, Zwolle, Paesi Bassi) da Egidio Iadonisi presso lo Swiss Diamond Hotel di Vico Morcote; l’8 Eric Pras (Maison Lameloise, Chagny, Francia) da Frank Oerthle al ristorante galleria Artè al Lago del Grand Hotel Villa Castagnola di Lugano.

Tanti gli altri appuntamenti, con Mark Moriarty, Paolo Griffa, Norbert Niederkofler, Philippe Léveillé, Emanuele Scarello, Alfio Ghezzi, Errico Recanati, Luisa Valazza, Anna MatscherIl calendario completo qui.
 
     
     
     
     
 
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