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Si è tanto parlato in questi ultimi mesi di pizza in ogni sua forma. Due notizie su tutte: la speranza di Napoli di vedere il suo capolavoro nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità, tutelati dunque dall’Unesco; e quella di tanti pizzaioli sparsi per l’Italia di avere finalmente riconosciuta la loro arte e classe dalla guida Michelin.

Se n’è discusso anche a Identità Milano. In questo saluto mi preme intanto rimarcare un mio pensiero. Come distinguiamo i ristoranti da una parte, le trattorie e le osterie dall’altra, così sarebbe il caso di fare con le pizzerie d’asporto e da battaglia, che vanno distinte da quelle che hanno straordinari investimenti economici e culturali alle spalle. Se la pizzeria classica può essere paragonata all’osteria o trattoria, posti come quelli di Pepe, Coccia, Padoan e altri sono a tutto diritto dei ristoranti di pizza, esattamente come esistono quelli di pesce, carne o verdure. Perché dobbiamo continuare a svilire i loro sforzi?

Paolo Marchi
 

Il gusto (contemporaneo) della semplicità

La giornata di Identità di Pane, Panettone e Pizza ha mostrato anche quest’anno come sia possibile sperimentare e affascinare il pubblico di professionisti e gourmet con prodotti come quelli lievitati. Semplici da comprendere, meno semplici da realizzare se li si vuol fare bene. Scontati apparentemente, perché fanno parte del nostro quotidiano sin dalla nascita. Meno scontati se si pensa alla curva della qualità degli ultimi 50 anni.

Nel dopoguerra la crescita industriale ha aperto percorsi di standard nuovi, che hanno puntato sulla diffusione dei prodotti verso il consumo di massa, ridefinendo la qualità con parametri diversi da quelli tradizionali. La qualità del 20° secolo ha il volto della forma che copre la sostanza del lievitato. E quindi anche nel mondo dei prodotti da forno hanno prevalso gusti costruiti aggiungendo note di dolce e di salato innaturali. La tradizione gastronomica familiare soppiantata dall’omogeneizzazione dei sapori industriali. In mezzo gli artigiani spesso utilizzatori di ingredienti e processi uguali a quelli industriali, dove la lunga durata del cibo è una necessità imposta dalla distribuzione.

Ora siamo nel 21° secolo e gli stili di vita sono in rapido mutamento. I consumatori si aggregano in nicchie di valore dove il cibo è parte importante del paradigma di vita preso come modello. Comune denominatore i nuovi parametri di qualità, che fanno riemergere i gusti del passato in un contesto dove la sensibilità verso l’ambiente e la cura del benessere la fanno da padroni. Nel 2012 abbiamo utilizzato la parola “contemporanea” per definire questo nuovo approccio all’alimentazione e abbiamo utilizzato la pizza come portavoce di queste nuove esigenze. Oggi a maggior ragione potremo parlare di contemporaneità dei nuovi modelli di pane, panettone e pizza, emblemi di una cucina italiana che sta ricostruendo una tradizione di valore.
Piero Gabrieli
 

E quindi uscimmo a riveder le stelle

Domenica 6 marzo, primo giorno di Identità Milano, sul palco dell’auditorium sono saliti per parlare di pizzerie e Guida Michelin alcuni grandi pizzaioli italiani: Renato Bosco, Enzo Coccia, Massimo Giovannini, Simone Padoan, Franco Pepe e Gino Sorbillo. Con loro e con me anche Cristina Bowerman, chef stellata che a Roma presto aprirà la sua pizzeria nel nuovo Romeo, e Roberto Restelli, già responsabile della Guida Rossa. Ne è nato un dibattito molto piacevole e importante, segno della maturità del mondo della pizza, ne abbiamo parlato qui.

Ha destato molto stupore sapere che nel 1962 la guida francese aveva già premiato con la stella la pizzeria Negri a Pontecagnano in provincia di Salerno. La cosa incredibile è che gli attuali proprietari, pronipoti del fondatore, non lo sapevano nemmeno. Ma la vera cosa grave è rilevare come la Michelin avesse compiuto un passo così importante più di mezzo secolo fa, rinnegandolo in brevissimo tempo e in pratica senza nemmeno ricordarselo adesso.

Di tutto quello che si è detto, ho incorniciato una divinazione di Restelli: «Se presto arriverà la stella, non sarà per un solo locale, ma per più di uno, come un riconoscimento a un intero settore». Mi auguro sia così, con la speranza che nessuno degli eventuali premiati parta per la tangente, come è successo a diversi loro colleghi cuochi.
pm
 

Bosco: colazioni top e pandoro senza burro

La giornata dedicata all'arte bianca in Sala Blu si è aperta con il pane (e il pandoro) ma resta strettamente legata al mondo della pizza. In comune non solo molti protagonisti, ma il tema dell'impasto e della lievitazione, come ricorda Piero Gabrieli che con Petra e Molino Quaglia sostiene entrambe le sezioni della giornata: «Questa sala ha sempre espresso la grande attrazione per l'impasto e la vitalità del settore, raccontando i percorsi di ricerca dei singoli artigiani e pizzaioli».

Non soprende quindi che ad aprire sia Renato Bosco, per una volta chiamato a parlare di pane e pandoro - «Fanno tutti il panettone, io invece quest'anno mi voglio concentrare su questo grande prodotto della tradizione di Verona» spiega – e non di pizza visto che da Saporè propone la colazione a base (anche) di pane e marmellata in alternativa alle brioche, buonissima e bellissima nonché sana, e i grandi lievitati (nella foto).

Alla base sempre la pasta madre viva, che sia quella classica (in acqua o legata), quella in crema (adatta anche alla stesura casalinga) o l'ultima sperimentazione con la segale, sempre in crema. Il pandoro invece è un Pandor-0, vale a dire realizzato senza burro: a sostituirlo, un'emulsione di olio d'oliva, olio di riso e ZeroBURRO, composto di fibre vegetali messo a punto da Petra per associare gusto e salute. L'assaggio in sala ne rende testimonianza.
 

Lucca Cantarin dà nuova vita al panett'ONE

Lucca Cantarin, pasticcere della pasticceria di famiglia Marisa in provincia di Padova, ha presentato invece il suo Panett'ONE (nella foto).

Alla base dell'idea, davvero notevole, è tutta la maestria artigiana che sta sempre dietro a un grande lievitato – insieme a materie prime di livello, dal lievito madre alla vaniglia – ma anche la necessità di innovare e personalizzare questo prodotto in maniera originale, senza cadere nella banalizzazione degli ingredienti territoriali.

Cantarin (il nome "Lucca" è un puro errore dell'anagrafe...) ha dunque pensato bene di aggiungere all'impasto tradizionale un po' di pasta frolla (prodotto dove solitamente l'impronta personale del pasticcere si sente molto), che si tratti di quella della tradizionale sbrisolona o di quella, invero più creativa, al cioccolato e sale di Maldon che è un po' il prodotto signature del locale.

Il risultato è un panettone soffice e delizioso, moderatamente dolce e leggermente colorato nel caso della frolla al cioccolato, inserita sotto forma di “fili” cotti che si amalgamano all'impasto e come copertura croccante al posto del classico mandorlato. E a sottolineare l'importanza del lavoro artigiano, Cantarin conclude la lezione con un'infilzata (il gesto di infilare i ferri alla base del panettone per metterlo capovolto ad asciugare) live sul palco.
 

Portinari-Miatto, la giusta declinazione del pane

Si è chiusa Identità di Pane e Panettone tornando al pane, questa volta servito al ristorante: Nicola Portinari de La Peca spiega come spesso questo possa diventare un elemento di disturbo nel corso della degustazione, distraendo i commensali con gusti troppo diversi e forti o magari portandoli ad abbuffarsi.

Il pane invece deve essere un accompagnamento al pasto, scelto con specifici criteri di abbinamento per quel che riguarda non solo i tempi di servizio ma anche sapori e consistenze di ogni piatto.

Ecco perché Molino Quaglia ha messo a punto il progetto La Linea del Pane, presentato da Giulia Miatto: sette tipologie di pane con lievito di birra (a cui presto si aggiungeranno altre tipologie e la lievitazione naturale) pensate per andare incontro alle esigenze dei ristoratori, ma pure alla buona digestione di chi lo mangia grazie all'utilizzo di una farina di grano tenero germinato.

Per esempio, un piatto tendenzialnente delicato e morbido come i bonbon soffici di zucca con concentrato tannico di vino, topinambur, lampascioni e brodo di “terra” (rape e carciofi) viene abbinato a una fragrante ciabattina particolarmente croccante all'esterno e leggera all'interno, che restituisce al piatto la componente masticabile senza coprirne le sfumature di sapore.
 

Puglisi, uno sguardo italo-danese sulla pizza

Oddio, "stranieri" alle prese con la pizza? Risposta: perché no, visto che la tradizione napoletana è stata rinnovata in Veneto? Stop alle barriere localistiche. Che poi, Christian Puglisi è uno straniero per modo di dire: nato a Messina, quindi di sicuro sangue tricolore, anche se tutta la sua vita professionale si è svolta all'estero, ad esempio a El Bulli in Spagna e soprattutto in Danimarca, per la precisione alla corte di re René Redzepi. Parlando di lui nell’introduzione a Identità di Pizza - della quale è stato primo relatore - lo stesso Paolo Marchi ne ha sottolineato le recenti parole: «La cucina nordica è tenuta insieme solo dal marketing, mentre il vero futuro è la pizza». Che dunque non poteva mancare in uno dei tre locali che conduce con successo, il Bæst.

Poche le pizze in carta, che incontrano ingredienti dalla storia inusuale. Non gli interessava – ha spiegato Puglisi - importare la mozzarella di bufala dalla Campania, ma ha voluto invece sfruttare l'eccellenza del latte presente in Danimarca, aprendo così un caseificio dedicato proprio alla sua pizzeria, dove viene prodotto un fiordilatte cercando di renderlo il più cremoso e soffice possibile. E la stessa cosa è stata fatta anche con i salumi, aprendo un laboratorio al piano di sopra della pizzeria.
 

Avanza l'impasto? La risposta del maestro Ravagnan

La pizza è pizza. Ma con gli “scarti” della stessa si possono preparare ottimi antipasti, o anche primi e secondi piatti, o dolci. E' questo il tema di fondo che si sono dati i pizzaioli "italiani in Italia" a Identità di Pizza. Chiedere per conferma, ad esempio, a Ruggero “Lello” Ravagnan, del lanciatissimo Grigoris di Mestre.

Il quale Ravagnan, essendo il primo del trio degli alfieri tricolori, di antipasto si è appunto occupato. Prende gli scarti dell’impasto, li mette in una planetaria con burro, zucchero e farina, tira il tutto molto bene per ottenere una sfoglia sottile che poi frigge, per avere perfetti involucri per cannoli dolci-salati da riempire magari – come ha fatto lui – con stracciatella pugliese e pomodorino confit.

Oppure, prende gli stessi “avanzi”, li idrata con un’emulsione di acqua di germe di grano e olio extravergine d'oliva: così può impastare di nuovo palline che risultano compatte, gli alveoli piccoli e quel tocco di acidità (lascito del lievito madre) che fa sì che il prodotto sia digeribile. Ci fa un pane da condire – perché no – alla “assenziana”, il maestro Corrado Assenza sorveglia: e quindi mandorla di Noto, timo selvatico, oliva candita, carota passata nel Marsala secco.
 

Con Giovannini la passione diventa grande tecnica

Secondo dei pizzaioli "italiani in Italia" a Identità di Pizza è stato Massimo Giovannini, dell’Apogeo di Pietrasanta. Lui ha una passione lunga così, una determinazione da far invidia, una professionalità che... giù il cappello!

“Risparmia” (dato che il tema è questo) persino sugli scarti del lievito madre. E cucina un primo piatto con gli stessi ingredienti che prima fungevano da topping di una pizza (crema di fagiolo “schiaccione” di Pietrasanta, spalla di maiale cotta sottovuoto, cavolfiore – foglie comprese – ravanello, cipollotto cotto nello zafferano, riduzione di verdure). Elementi che diventano, con una ottima crema di robiolina di capra, farcitura e condimento di ravioli il cui involucro nasce appunto dall’utilizzo degli scarti del lievito madre (nella foto).

E quindi: 175 grammi d’acqua ogni 100 di lievito madre avanzato, si frulla, si scalda per ottenere la gelificazione degli amidi, poi si asciuga con circa 200 grammi di farina Petra 1, in modo da ottenere un bell’impasto elastico. Bravo bravissimo.
 

E Rizzo trasforma la pallina della pizza in un dessert

E’ stata la volta di Giuseppe Rizzo, pizzaiolo lombardo di origini campane, che delizia golosi e curiosi a Vittuone, hinterland a Nord-Ovest di Milano, l'insegna si chiama Ristorante dell'Angolo. Ha accettato la sfida proposta da Molino Quaglia: realizzare un dolce partendo dalla “pallina” della pizza. Affiancato anche da Corrado Assenza e Federica Racinelli, mette a punto una sorta di plumcake, sofficissimo e poco dolce (nella foto), che serve farcito con gli stessi ingredienti di base di una pizza “salata” tratta dal menu del suo ristorante – carciofi, carote di Polignano e bergamotto candito – in chiave più decisamente dolce, con l'aggiunta di crema fioridlatte e scaglie di cioccolato fondente.

L'impasto si ottiene partendo da una pallina ben matura, rimasta inutilizzata, che viene montata con un'emulsione di germe di grano, tuorlo d'uovo, mandorle, amido di mais, zucchero e abume montato: ed ecco La pallina che si è montata la testa.
 

Le pizzette dolci di Tony Nicolini, l'australiano

A chiusura di Identità di Pizza, colui che veniva da più lontano: Tony Nicolini, pizzaiolo-imprenditore australiano di origini abruzzesi, oggi a capo di un piccolo impero di 5 locali e 150 persone basato esclusivamente sulla pizza. Ha presentato il suo Pizza's sweet appeal (nella foto), le pizzette dolci nate per gioco, su richiesta dello chef George Calombaris per una gara di street food e oggi parte integrante del menu, come fine pasto o merenda dolce.

La pizza senza scarpe – ispirata al clima metereologico, allo state of mind e ai prodotti tropicali del Queensland – si basa su un impasto di Petra 3 e farina di riso Venere, dalla texture particolare, farcita con mango, noce di macadamia, cocco, menta e zucchero a velo.

La Margherita dolce ha invece un vero e proprio impasto dolce (Petra 3, Special e zucchero che “spinge” la lievitazione dando una sofficità particolare) farcita con una composta di pomodori spaccatelle abruzzesi, fragole e miele d'acacia accompagnata da una crema di ricotta di bufala e passito di Pantelleria e foglie di basilico fritto. Il Tricolore trionfa anche nel Nuovissimo Continente.