Gentile {NOMEUTENTE}
Forse quell’aggettivo ottime nel titolo è eccessivo, probabilmente buone sarebbe più aderente alla realtà ma se la realtà è quella di Milano, è facile farsi prendere dall’entusiasmo. Parliamo di pizza e di pizzerie a Milano, un panorama a lungo, in pratica da sempre desolante. Mezzo secolo fa mia nonna mi portava al Dollaro, zona piazza Diaz, pare sia ancora aperta, in pratica la ignoro da quando sono passato ai pantaloni lunghi.

Milano è una città che ama le novità, pronta a emozionarsi per tutto e a pagare tutto, ma che non ha mai dato peso alla pizza di qualità. Non può essere un problema di prezzo o forse lo è ma in tutt’altro senso. Costa poco (per la piazza meneghina, non in assoluto) ed è sempre stata relegata a piatto per nonne e nipoti, tavolate di studenti e boccone nella notte finito il cinema. Insomma, mai presa sul serio.

Molto è cambiato. Da un paio d’anni, non di più. Lustri e lustri di pizze gommose e indigeribili piuttosto che di dischi di pane sottili e croccanti come carta musica hanno esasperato sempre più persone, il resto l’ha fatto la rivoluzione della pizza nel resto del Buon Paese. Possibile bastasse allontanarsi da Milano per gustare delle signore pizze? Possibilissimo, quasi certo.

Carlo Passera ne ha raccontate 12. Manca il top assoluto, diverse copiano quello che va di moda, sia a livello di ingredienti sia di servizio, ma visto che per una volta Milano non ha imposto un nuovo corso all’Italia, ben venga adeguarsi alle migliori idee altrui. Umiltà e sano realismo non guastano mai.

Paolo Marchi, testi di Carlo Passera e Luciana Squadrilli
 

Terra, energia e nutrizione

Siamo a metà di Expo 2015 e i temi portanti di questa grande manifestazione sono forti stimoli di cambiamento del nostro atteggiamento nei confronti del cibo. Ma cosa accadrà dopo il 31 ottobre, quando si spegneranno i riflettori sull'Esposizione Universale? Dovremo lavorare perché i buoni propositi di questi mesi diventino nuovi modelli di consumo alimentare.

Il primo evento post-Expo nel mondo della pizza italiana sarà la nona edizione di PizzaUp (2, 3 e 4 novembre), il simposio tecnico organizzato da Università della Pizza, che in questi anni ha ridisegnato in chiave contemporanea uno dei piatti della cucina italiana più conosciuti nel mondo. I lavori di PizzaUp e i corsi di Università della Pizza hanno fatto emergere una nuova categoria di pizzaiolo, immediatamente riconoscibile per la cura che ripone nella scelta degli ingredienti, nella lavorazione degli impasti e dei lieviti, nella cottura rispettosa del gusto e delle componenti nutrizionali, nel modo di porsi e di servire il cliente.

Terra, Energia e Nutrizione sono i cardini sui quali costruire un'alimentazione quotidiana più responsabile. Li riprenderemo nel prossimo PizzaUp, per rafforzarne la diffusione usando la popolarità della pizza e la maturità di quei pizzaioli che, con un termine coniato dalla stampa di settore, la interpretano in chiave "gourmet". Riprenderemo i temi della conoscenza diretta dell'origine degli ingredienti e di chi li produce (Terra), della riduzione dello spreco alimentare e dell'uso responsabile dell'energia del cibo (Energia), dell'educazione al gusto come chiave per nutrirsi senza sprechi (Nutrizione). Tre semi di cambiamento chiaramente presenti nel Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea, scritto da alcuni tra i più importanti nomi della critica gastronomica italiana e presentato nell'edizione 2012 di PizzaUp (per approfondimenti, leggi qui e qui).
Piero Gabrieli
 

Dodici ottime pizzerie a Milano

Non era una città per pizze (e amanti della pizza), Milano, fino a non molti anni fa. Se ne può parlare al passato, ora la scena è migliorata. E mentre s’attende lo sbarco di alcuni pezzi da novanta – come Renato Bosco o Franco Pepe - nel capoluogo lombardo si può godere già di una bella scelta d’insegne, perlopiù recenti. Identità Golose ne ha parlato in un recente articolo, che potete cliccare qui. Nel nostro taccuino sono finite dodici pizzerie.

Si tratta di Alce Nero Berberé, padiglione del Biologico del Biodiversity Park, Expo Milano, “La pizza più buona di Expo 2015” (e perlomeno tra le migliori di Milano) come abbiamo raccontato qui). Am, corso di Porta Romana 83 (tel. +39.02.5510579, lista corta, sei scelte classiche e poi la squisita “Pometto Pasquale”, che è un panuozzo campano. Bacicha, via Orti 31 (tel. +39.02.49538640), bel locale, la gente “giusta” (tra i soci, anche la famiglia del ballerino Stefano De Martino) e una carta delle pizze che vede la consulenza di Gianfranco Iervolino. Ciripizza, via Canonica 81, (tel. +39.02.36561221), tornata finalmente in serie A, come ha twittato il 6 luglio scorso Paolo Marchi.

Coke, via Pavia 10 (tel. +39.02.8394886), stabilmente considerata tra la migliori di Milano: disco grande (straborda dal piatto), sottile e ben cotto, tantissime varianti per il topping. Dry, via Solferino 33 (tel. +39.02.63793414), dove funziona che è una meraviglia il format pizza&cocktail, due ottime scuse per scegliere questo locale immerso nella nuova movida milanese. Il pizzaiolo è Simone Lombardi e dietro c’è (anche) Andrea Berton. Giannino – Fresco & Cimmino, via Vittor Pisani 6 (+39.02.66986998), dove è appena cambiata la proprietà, che modifica parzialmente anche l’insegna e affida il forno per le pizze a Giuseppe Vesi, patron di Pizza Gourmet a Napoli. Giovy, via Donatello 9 (tel. +39.02.29400884), pizze e pasta artigianali in un locale appartato dagli arredi rétro, sontuoso e un poco kitsch, con libri, porcellane e tovaglie ricamate.

Lievità, via Carlo Ravizza 11 (tel. +39.02.91328251, pizza nella foto), nuovo indirizzo meneghino. La pizza è creativa, “alla veneta” per intenderci: dunque spicchi da degustazione, ma l’impasto deve qualcosa anche alla tradizione napoletana. Farina Petra del Molino Quaglia. Lievito Madre, largo Corsia dei Servi 11 (tel. +39.02.45375930), ossia Gino Sorbillo, a ben pensarci l’unico “big” della pizza napoletana ad avere sfidato con successo lo spauracchio milanese. Mics, via Pietro Maroncelli 15 (tel. +39.02.36764500), altra insegna recente, un po’ “fighetta”. Sceglie di proporre a Milano la pizza romana. Infine Pizza Big, viale Brianza 30 (tel. +39.02.2846548), ormai un classicissimo meneghino, che porta avanti uno stile particolare e poco imitato di pizza “alla lombarda”, ultra-larga e ultra-sottile.
CP
 

Buratto, Genova al taglio

Genova e la Liguria sono famose per le golose varianti della focaccia, ma non certo per la pizza. Da qualche mese, però, anche i genovesi hanno la possibilità di mangiare una squisita pizza al taglio “alla romana” preparata con farine non raffinate, lunga lievitazione (circa 30 ore) e ingredienti rigorosamente freschi e di stagione. La trovano da Buratto, e se il nome la dice lunga sulla scelta “integralista” delle farine, lo slogan magrittiano “questa non è una pizza” vale come dichiarazione di intenti nel volersi differenziare da quello che si può trovare comunemente in zona sotto tale denominazione.

Minuscola pizzera a taglio, da circa 10 mesi è aperta tutti i giorni tranne la domenica a due passi da Porta Soprana, una delle antiche vie di accesso alla città e al suo centro storico. Dietro al banco, insieme al giovane Simone c'è Marino Poerio: figlio di ristoratori e con una passione mai sopita per il buon cibo, dopo aver passato gli ultimi dieci anni a vendere orologi di lusso si è arreso all'insopprimibile passione per lieviti e impasti e ha deciso di trasferirla dalle quattro mura di casa a quelle di questo piccolo locale il cui nome si fa sempre più ricorrente nel passaparola mangereccio del capoluogo ligure.

Digeribilità, stagionalità e sapore sono alla base della filosofia di Buratto, insieme a un prezzo accessibile (di poco più alto della media) per dare a tutti la possibilità di una pausa pranzo veloce ma sana e gustosa o anche di una cena casalinga con la pizza da asporto, appena scaldata nel forno o in padella. Per chi preferisce la versione “finger food” - la pizza viene servita anche in piccoli quadratini da mangiare con le mani – ci sono qualche sgabello e un paio di mensole a cui appoggiarsi. La proposta giornaliera di circa 12 pizze varia in base alle stagioni: qui non entra quasi nulla che sia in scatola o meno che fresco, e Marino cerca di privilegiare i piccoli fornitori locali.

Se d'inverno si è divertito a proporre sulle pizze i condimenti ricchi e saporiti della tradizione genovese – dalla trippa al baccalà – con la bella stagione ha iniziato a sbizzarrirsi con verdure e abbinamenti provenienti dall'orto e dal mare come nella pizza Alice nel paese delle zucchine (con alici e fiori di zucca) o quella con prosciutto e fichi. Con un occhio alla gola e uno alla leggerezza, anche se lui sottolinea che la digeribilità la fa l'impasto: «buongustai raffinati esigono farine non raffinate».
LS
 

Tony Nicolini, il designer di Melbourne

Quando si fa cucina italiana dall’altra parte del mondo – specie se ci si specializza in un prodotto iconico come la pizza – si rischia spesso di rimanere imbrigliati nel ricordo del passato. Di ritenere che la pizza sia sempre quella. Insomma, di diventare caricaturali. E allora sentite Tony Nicolini, abruzzese, uno che - seguendo le orme del padre Vitaliano, pioniere della pizza in Australia, dal 1969 - coi soci Robert De Santis e Michael Costanzo è patron e chef di cinque indirizzi nell'area di Melbourne e della Mornington Peninsula, tutti a marchio DOC. Tre sono pizzerie. Vi lavorano 160 persone, in gran parte di origine italiana.

Ci dice: «Le pizzerie in Italia sono molto ripetitive. Lo erano anche qui in Australia,finché non ho deciso nel 1997 di cambiare sistema di preparazione, presentazione e marketing. Cosi è nata l’idea di una "designer pizzeria" che utilizzi la stessa filosofia di un grande ristorante Italiano. Usiamo prodotti e ingredienti artigianali, curati e spesso presidi slow food, cercando di associarci e fare business con piccoli produttori. Poi presentiamo una buona gamma di birre artigianali e anche di grandi vini italiani». Volete mettere com'è divertente scegliere la bottiglia giusta da sorseggiare degustando una pizza al tartufo bianco di Alba? L'importante, però,è che anche l'impasto sia quello giusto.

Per andare sul sicuro Nicolini ha scelto di venire a seguire il corso preparatorio all'Università della Pizza, acquisendo non solo il bagaglio tecnico, ma anche la filosofia: «Rispetto le nostre tradizioni, ma ci tengo a mostrare che nel frattempo la cucina italiana si è evoluta». Anche se non gli piace la defezione, l’obiettivo di Nicolini è quello di far conoscere la "pizza gourmet", arricchita di ingredienti di qualità. Per questo ogni anno ritorna in Italia per restare aggiornato, capire le nuove tendenze, ricercare ingredienti sempre più buoni: «Mi piace trarre ispirazione dai miei viaggi nel Belpaese, dove frequento i grandi chef. Adesso in Australia la pizza è il cibo del momento». Anche grazie a lui.
CP
 

Treviso, tutta questione di Equilibri

«Purtroppo il locale è molto bello e la gente non se ne vuole mai andare», sorride Davide Croce (foto), raccontando di come, sì, vorrebbe riuscire a fare due torni a pranzo o cena, ma proprio non ce la fa. Il suo Equilibri è aperto in centro a Treviso – dalle parti di Porta San Tommaso - dal 12 marzo scorso, un successo così immediato è un lusso, di questi tempi. Tanto che quasi vien voglia di bacchettare l’architetto Maria Grazia Martinelli: ma non avrebbe potuto renderlo un po’ meno accogliente? E invece è pure andata a conquistarsi un premio, a Milano…

Scherzi a parte, sorride Croce e con lui i suoi due “soci” Michele Pozzobon e Alberto Furlan. Vien da dire: han vinto la partita con un tiro da tre punti appena prima che suonasse la sirena, rievocando i trascorsi del pizza-chef come giocatore di pallacanestro in serie A, lui molisano prima paracadutato a Roma e poi alla Benetton Treviso. Dalla città veneta non si è più mosso, scoprendovi un ventennio fa la passione per la buona tavola, poi frequentando tutti i livelli dell’Università della Pizza di Molino Quaglia. Oggi che di anni ne ha 53, ecco l’avventura di questo bistrò moderno, aperto dalla prima mattina fino alla tarda serata: «È un’idea che cercavamo di sviluppare da molto tempo». La pizza è una delle punte dell’offerta di Equilibri: «Cerchiamo di offrirne una versione contemporanea, accompagnata da farciture e topping di alta qualità».

Diversi tipi d’impasto a base Petra: classico napoletano, alla pala, focaccia alla romana e i nuovi al tegamino «tipo Renato Bosco, un grande maestro», ossia prima cotta al vapore e poi rifinita in forno, e infine il crunch «alla Gabriele Bonci. L’abbiamo proposta per la prima volta qualche giorno fa, subito un successo». Ma la risposta è in generale molto positiva, come si diceva. Con alcune punte di diamante: «Una pizza – sia classica napoletana che alla pala – con burrata, ventricina molisana e pomodoro Marinda. E un’altra con tataki di tonno, pesto di olive, capperi e basilico, polvere d’arancia e pomodoro confit.
CP
 

Il nuovo corso dell'Apogeo di Pietrasanta

Apogeo, un anno dopo. Era il luglio 2014 quando l’insegna di Pietrasanta (Lucca) lasciava il suo vecchio indirizzo per accomodarsi in una struttura tutta diversa, un casolare immerso nel verde. «Qui abbiamo anche il nostro orto – spiega lo chef Massimo Giovannini, 48 anni – Ora è tempo di pomodori, zucchine, melanzane…». Ma è tempo, soprattutto di un ulteriore salto di qualità. Perché la nuova location ha cambiato anche la frequentazione di Apogeo, sempre più meta di pizza-appassionati dalle città vicine, da Firenze, ma anche da Milano.

Ciò impone a Giovannini anche maggiore attenzione a quella che lui chiama «l’oggettività della pizza». Vale a dire i valori fondamentali su cui si costruisce una proposta di estrema qualità, qual è quella di Apogeo: la conoscenza dei tempi di lievitazione (con lievito madre ogni volta che serve, utilizzato oggi con maggiore continuità e consapevolezza), la cottura, la farcitura che rispetti gli ingredienti e la loro stagionalità. «E’ bello avere a che fare con persone esigenti, che chiedono, vogliono sapere, ma apprezzano davvero il lavoro», commenta soddisfatto il pizza-chef, ora più impegnato sulla nuova frontiera: i valori nutrizionali. Ossia una pizza buona, sana, ma che risponda anche alle esigenze di benessere di chi la consuma. «Usiamo sempre più spesso i Bricks di Molino Quaglia – spiega Giovannini – Oggi propongo principalmente tre impasti, quello classico per la pizza al piatto, con lievito madre; una biga integrale con lievito di birra; un impasto tutto integrale».

Ma poi sono numerose le “sperimentazioni” e le varianti, in cui viene aggiunto in un caso grano saraceno, nell’altro farro, e così via. Delle proposte particolarmente intriganti per l’estate? «Una pizza a base bianca con burrata, fichi, crudo di Pratomagno e mosto cotto. E un’altra, una sorta di rivisitazione del classico polpo e patate, con quest’ultimo elemento in due consistenze – in crema e a tocchetti – più olio di prezzemolo, crema di olive taggiasche e capperi di Pantelleria croccanti». Le abbiamo assaggiate entrambe: deliziose.
CP
 

Le Levain, a Roma per scoprire la cro-pizza

Nel giro di pochi mesi ha conquistato tutti, o almeno tutti i palati romani amanti di croissant tutto burro, macarons, quiche, baguette e pain rustique. L'impronta e il know-how francesi insomma sono evidenti nel progetto Le Levain, piccola boulangerie-patisserie in una stradina decentrata di Trastevere, ma il talento è tutto italiano. Pugliese, in particolare, perché è da lì che viene Giuseppe Solfrizzi, pasticcere con un percorso professionale singolare alle spalle: figlio di agricoltori tirato su con i sapori genuini della campagna, ha girato il mondo lavorando nella sala di grandi ristoranti fino a quando non ha deciso di passare alla cucina.

Prima da Spigaroli, tra culatelli e Parmigiano, poi in Francia con Ducasse che ne ha colto il côté dolce e ha deciso di investire su di lui mandandolo a studiare all'Ecole Nationale Superiéure de Pâtisserie di Lione, prima, e poi a gestire la pasticceria dell'Andana. Seguono la tappa all'Albereta nel post-Marchesi e la scelta di Roma per la sua avventura in solitaria. Di questo gli abitanti della Capitale gioiscono, perché l'apertura di Le Levain (in francese "lievito madre", quello di Solfrizzi è nato qualche anno fa durante una crociera sub in Sudan e da allora se lo porta dietro) ha riportato un fascio di luce sulla prima colazione capitolina.

Difficile scegliere tra croissant, brioche e pain au chocolat fatti con burro Pamplie AOP, da accompagnare a caffé e cappuccini fatti con le capsule (unica pecca del locale, se proprio vogliamo) o macarons e raffinati dessert moderni come la squisita torta Django (a base di cioccolato fondente e lamponi) o una Paris-Brest che non teme confronti. Ampia e tentatrice anche l'offerta salata, che si tratti di deliziose quiche o cornetti salati farciti, di zuppe e semplici ricette di stampo meridionale per il pranzo o delle fragranti baguette o i panini con pane in fette farciti in maniera creativa e con ingredienti di stagione (vedi quella con crudo, fichi, burrata e limone candito).

Anche il pane viene fatto con grande attenzione - farine biologiche macinate a pietra, lievito madre e 24 ore di maturazione - e oltre alle baguette è difficile resistere alla tentazione delle pagnotte di pane classico o di quelle arricchite con olive di Gaeta, scorza di limone o semi di lino. In omaggio alle origini poi, Giuseppe non dimentica le focacce, realizzate sempre con lievito madre e condite con ingredienti di qualità a cominciare dall’olio extravergine pugliese. Ma il top sono le cro-pizze: mini pizzette realizzate con lo stesso impasto del croissant salato, quindi sfogliato e lievitato ma non dolce, e farcite con ingredienti 100% italiani a partire dalla salsa di pomodori datterini che ha tutto il sapore del sole del Sud.
LS
 

Ciro Oliva: una frezzella per l'estate

Ha poco più di vent'anni e un'energia inarrestabile Ciro Oliva, pizzaiolo di quarta generazione da Concettina ai Tre Santi alla Sanità, uno dei più storici quartieri popolari di Napoli.

Tutto cominciò con la bisnonna Concettina che per arrotondare i magri introiti nel Dopoguerra, come molte donne napoletane si mise a impastare e friggere pizze. Da lì, la famiglia si è tramandata arte, passioni e nomi di battesimo. Mentre il padre Antonio presidia il negozio dove si continuano a sfornare pizze “a libretta” e fritti “da passeggio”, il giovane Ciro tiene il controllo del nuovo locale adiacente dove comodamente seduti si possono assaggiare pizze condite con ingredienti selezionati con grande attenzione e ripetuti assaggi – da scegliere tra le Tradizionali, le Storiche, le Tipiche e le Specialità - e fritti squisiti, accompagnati da vini ben scelti che guardano soprattutto alla Campania e da birre artigianali.

Ma l'energia del giovane Oliva non si ferma al lavoro in pizzeria, tra banco e tavoli: una ne pensa e cento ne fa, Ciro, che non nasconde di aspirare a un posto di riguardo nella top ten dei pizzaioli italiani. Dalla “pizza sospesa” - traslazione in versione da forno dell'antica usanza partenopea di lasciare un caffé pagato per chi non può permetterselo – con tanto di marchio registrato e merchandising, fino alla pizza Fondazione San Gennaro i cui ricavi vanno a sostenere l'omonima fondazione (con il cornicione ripieno di salame e provola e farcita con provola affumicata, briciole dei taralli "nzogna e pepe”, basilico, extravergine Dop e “con o senza miracolo”, vale a dire Antico Pomodoro di Napoli).

Geniale e buonissima, poi, la Frezzella (foto), una proposta estiva che nasce dalla rivisitazione della tipica “fresella” (ciambella di pane biscottato spugnata con acqua e condita con olio, pomodori, basilico e altri ingredienti a piacere) ma realizzata con l’impasto della pizza. Ciro forma la “ciambella” com l'aiuto di un coppapasta, dà una prima cottura da un lato facendo gonfiare l'impasto e poi fa cuocere brevemente anche dall'altro lato per dare il caratteristico effetto biscottato. Condita con pomodoro fresco di stagione, tonno rosso, bocconcini di mozzarella di bufala, oliva salella ammaccata del Cilento, rucola, basilico e olio extravergine – che Ciro aggiunge generosamente a crudo anche sulla Margherita – è davvero una perfetta variante estiva della classica pizza.
LS
 

Da Zero in Cilento: dal campo al piatto

Avevamo già parlato di Da Zero, la pizzeria aperta lo scorso luglio da Giuseppe Boccia, Paolo De Simone e Carmine Mainenti a Vallo della Lucania (Salerno), il centro principale del Cilento meridionale. Alla base della loro avventura, la comune passione per la pizza ma anche il desiderio di portare “giù al Sud” un'idea contemporanea di pizzeria legata da un lato alla qualità di impasti e ingredienti e dall'altra alla tradizione e all'identità cilentana: regione da sempre considerata “povera” ma in realtà ricca di eccellenze e prodotti genuini, non a caso il Cilento è la culla della Dieta Mediterranea.

Per sottolineare il legame con il territorio e con la terra, fin dall'inizio i tre hanno puntato su ingredienti locali a cominciare dalla farina ottenuta dal grano coltivato per loro a pochi chilometri di distanza dall'azienda agricola Cobellis. A un anno dall'apertura, l'obiettivo è di riuscire a utilizzarla nella totalità e anche a recuperare antiche varietà autoctone per rendere la pizza di daZero “100% cilentana”. “Abbiamo tutto il meglio, ma abbiamo bisogno di metterlo in rete, solo così sarà possibile imbandire tavole completamente Made in Cilento. Noi vorremmo farlo”, raccontano i tre “ma abbiamo bisogno di incontrare chi produce qualità, in modo da sostenerci a vicenda”.

Proprio per questo, il 9 luglio scorso hanno deciso di festeggiare il primo compleanno della pizzeria in maniera particolare, invitando non solo clienti e appassionati di pizza ma pure produttori locali a unirsi a loro per una festa che fosse anche un momento d’incontro e conoscenza. Comincia dal campo, questo il nome dell'inziativa che si è svolta in tre momenti e luoghi diversi: prima presso l’azienda Cobellis e al caseificio Le Starze - che produce la tipica mozzarella nella mortella – per laboratori dedicati a specifici ingredienti e aspetti (dalla mietitura all'impasto) e poi nei locali di daZero, con la presentazione del menu “pizza del territorio” messo a punto utilizzando solo i prodotti di stagione e dei fornitori locali con pizze come la Soppressata (con fiordilatte delle Starze, ricotta di bufala e soppressata di Gioi) o quella fritta farcita con le cipolle di Vatolla.

Come a dire, non solo parole ma fatti come dimostra anche l'iniziativa “dal Campo al Piatto”: un modulo didattico di educazione alimentare indirizzato agli alunni delle scuole primarie e secondarie che prenderà il via da novembre 2015 coinvolgendo diversi istituti e aziende del Cilento.
LS
 

Pepe temporary ad Acciaroli in Cilento

Franco Pepe se ne va a mare, e precisamente in uno degli angoli più belli della costa cilentana, in quel borgo di Acciaroli reso tristemente noto dalla cronaca nera di qualche anno fa per la morte del “sindaco-pescatore” Angelo Vassallo. Niente vacanza per il pizzaiolo di Caiazzo, almeno non per ora, ma una trasferta estiva o meglio un raddoppio con il “Franco Pepe Temporary” presso il Mister Marlin, stabilimento balneare di design gestito da Enzo Giordano. Fino al 31 agosto dunque si potranno assaggiare le buonissime pizze di Pepe in Grani anche vista mare, sfornate da due fidati ragazzi dello staff di Caiazzo, mentre Franco Pepe sarà presente in loco circa ogni due settimane per serate ed eventi speciali.
LS