Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Ieri sono stato intervistato da Radio Siani, una lunga, piacevole chiacchierata con la giornalista Marina Alaimo che aveva per tema l’Expo. In chiusura, Marina mi ha domandato qual è il piatto della mia memoria. E così mi ha messo in moto l'odeano dei miei ricordi: “Polenta gialla bella soda e Trenette al pesto”. La polenta mi ricorda i mesi freddi in montagna, il pesto l’estate al mare di Levanto.

Poi ho seguito la lezione pastaiola di Christian Milone e quando tutto, ma proprio tutto era finito, con Alice Cairati di Mondadori mi sono dedicato alla pentola nella quale il piemontese aveva legato i rigatoni, lasciandone sul fondo un certo numero. La foto in chiusura parla da sola. Come resistere? Infatti non abbiamo resistito.

Tutti abbiamo in mente qualcosa di caro, che magari dorme fino a quando scatta l’interruttore. Ecco, anche la pasta in bianco appartiene al mio Dna senza essere legata a un posto preciso o a una certa stagione. Forse perché sono nato a Milano, un tempo quasi solo burro, ma per me tutto è scandito da pasta, burro e grana. Col tempo ho però capito che l’olio extra vergine d’oliva esalta lo spaghetto di qualità come un buon burro mai. Il burro, se davvero buono, è egoista, parla di se stesso, e oscura, copre il resto.

Sia come sia: viva la pasta in bianco.

Paolo Marchi, testi di Gabriele Zanatta
 

Un’opportunità per scrivere il futuro

Entrando all’Expo, il pensiero che ho avuto immediatamente è quello di una grandissima opportunità. Per l’Italia, che può ribadire una volta di più la sua posizione privilegiata all’interno dell’enogastronomia mondiale. Per i produttori, che possono esibire prodotti e modelli sinceri, genuini e realmente originali – e per i visitatori che possono assaggiare gli originali e non soltanto delle interpretazioni più o meno fedeli (japanese o spanish sounding) degli stessi prodotti.

Ma Expo è un’opportunità soprattutto per la comunità globale del cibo, che può finalmente esprimere valori elevati, dettare un movimento di pensiero che può condurre a scelte radicali in tema di nutrizione. Sono convinto che i prossimi 6 mesi possano condizionare davvero l’orientamento generale in tema di cibo. A partire dalla Carta di Milano, un documento che si rivelerà fondamentale. Personalmente, è grande motivo di soddisfazione pensare che possiamo tutti riflettere attorno a questi temi in modo non banale e per un periodo così prolungato.

Riccardo Felicetti
PS Della pasta e del suo ruolo nel futuro dell’alimentazione mondiale parleremo nella prossima newsletter.
 

Milone a Expo: torna il Consommé Celestina

«Mangia in fretta che si fredda», perenne sollecitazione del genitore al figlio distratto, cui Christian Milone vuole sottrarsi definitivamente. Così, impegnato ieri sul palco di "Identità di Pasta" a Expo sceglie di servirla tiepida, né troppo calda né troppo fredda, perché è questo il modo migliore per esaltare il sapore.

Di cosa? Innanzi tutto della pasta stessa, un rigatone mat di Monograno Felicetti (con Riccardo Felicetti prima in platea soddisfatto, poi sul palco a raccontare la strana storia di un pastificio nato nel 1908 a Predazzo, che non è una frazione di Gragnano ma sta in Trentino). Poi il gusto del suo condimento: i rigatoni vengono «conditi come una carbonara», ma non troppo. Il Grana Padano 24 mesi viene aggiunto a più riprese, grattugiato, «come fosse una panatura», insieme a olio evo e succo di zenzero, che da un lato è omaggio alla scorsa edizione dell’Expo - quella non fortunatissima di Shanghai - dall’altro apporta forza aromatica e quel calore perso invece dalla pasta. Alla base del piatto c’è un succo di peperoni rossi piemontesi, ottenuto arrostendoli, poi riducendoli addensati con una farina di tapioca per poi aggiungere loro altro succo di peperoni, ma questa volta crudi, per conferire anche note erbacee. Qualche germoglio a guarnire e la pasta è pronta in tavola.

E’ stata la seconda di due ricette. L’esordio aveva visto protagonista un omaggio agli anni Ottanta e al piatto della comunione di Milone: Consommé Celestina. A dirlo ora che è completamente dimenticato non si direbbe, ma era un piatto molto in voga: crepes a liste come fossero tagliatelle immerse in un brodo di carne chiarificato. Il giovane chef della Gastronavicella-Trattoria Zappatori di Pinerolo lo reinventa: le crepes sono verdi, aromatizzate al basilico; il brodo è fumetto di pesce; infine ci sono molluschi e gamberi a dare complessità e nobilitare un piatto che – ricorda Milone – prima di cadere nell’oblio era comunque assai rispettato.
Carlo Passera
 

Cannavacciuolo: 10 anni di linguine sublimi

Ha riaperto da poche settimane Villa Crespi, il regno di Tonino Cannavacciuolo sul lago d’Orta, all’ombra del noto minareto. La carta autunnale è tutta da scoprire per i tanti nuovi piatti che propone. Ma ce n’è uno che il cuocone di Vico fatica a togliere. Sono le ormai celebri Linguine di Gragnano, calamaretti spillo e salsa al pane di segale (nella foto di Brambilla/Serrani).

La ricetta, anno di concepimento 2005, è una delle tante espressioni della rivoluzione cannavacciuoliana: l’introduzione della pasta secca nei menu di un ristorante di altro profilo. La mossa, che oggi appare scontata, non lo era nel Piemonte di fine millennio, anni in cui il bullismo di plin e ravioli scoraggiava qualsiasi genere di intrusioni, figurarsi la pasta secca, dal Sud per giunta. «Quando, agli inizi di Villa Crespi, decisi di mettere in carta paccheri e spaghetti», rievoca il cuocone, «mi guardavano tutti storto. Persino il mio direttore di sala scuoteva la testa. Io me ne fregai e tirai dritto per la mia strada. Oggi non c’è un ristorante importante che non scommetta sul grano duro».

Di tutti i primi di pasta, le Linguine con calameretti e salsa al pane sono il più classico tra i classici del cuoco. Un piatto folgorante e richiesto sempre. Tutta colpa dell’idea di mettere nella stessa fondina i due carboidrati principe della cultura italiana, la pasta, appunto, e il pane. Non una folgorazione, come tante, di matrice napoletana. Ma siciliana: «Sull’isola», spiega Cannavacciuolo, «li trovi assieme in infinite varianti. Nelle ricette di pesce, nei primi piatti… Se vai a vedere, talvolta pure il cannolo è inzuppato di briciole di pane. Alla fine non ho inventato nulla, ma solo riprodotto un’abitudine diffusa».

Lo fa benissimo dal 2005, l’anno in cui apparve per la prima volta sugli schermi di Orta San Giulio. Allora il pane veniva da Fobello e lo infornava il grande panificatore della Valsesia Eugenio Pol. Poi il cuoco ha iniziato a utilizzare quello di Coimo. Nel 2013, la svolta autoctona: «Il pane di segale della salsa ce lo facciamo in casa noi». Così c’è il controllo diretto della materia prima e si ottimizzano i costi.
 

La pasta all'uovo per celiaci di Leandro Luppi

Si può fare la pasta fresca per celiaci? Se l’è chiesto Leandro Luppi, chef della Vecchia Malcesine sulla sponda veronese del lago di Garda, una stella Michelin ininterrotta da 12 anni. «Non ero soddisfatto di tutte le farine per celiaci che provavo per la pasta e per il pane», rievoca gli inizi il cuoco, «davano sempre origine a gusti sciapi, dimenticabilissimi». Quindi ha provato a fare qualcosa senza la farina, «ma con l’amido di mais e la fecola di patate è impossibile impastare delle uova, perché queste sono troppo ‘bagnate’: occorre una quantità d'amido spropositata e, alla fine di tutto, l’impasto rimane duro, solidifica troppo».

Come ridurre allora la componente liquida delle uova per realizzare un impasto degno di tale nome? «Cuocendole in acqua bollente», un’intuizione semplice e geniale. La pasta fresca gluten free di Luppi frulla dunque delle uova sode, assieme a una piccola quota di maizena, «circa 30 g su 200 g di uovo sodo», spiega. «Ne esce un impasto sorprendentemente morbido. Lo raffreddi per qualche minuto nell’abbattitore a 5-10°C, lo stendi su un foglio di carta da forno e lo lavori senza difficoltà, come fosse pasta fresca normale».

Puoi ricavarne delle tagliatelle, dei ravioli («ma occhio perché piuttosto delicati da lavorare») o una classica sfoglia. Come quella che abbiamo assaggiato noi, con un guazzetto alla Busara (foto di Elena Tonolli), la zuppa di pomodoro, crotacei e/o frutti di mare della tradizione veneta. Un piatto ricco e delizioso che sa esattamente di pasta all’uovo. «Ma puoi scegliere il condimento che vuoi: d’inverno anche con un ragù di salsiccia, in stagione calda con un classicissimo asparagi e gamberi». E i celiaci ringraziano.
 

Viva l'Italia: la pasta fresca di Lola Torres

Identità Expo significa anche che, ogni domenica da qui al 31 ottobre, assisteremo nel pomeriggio alle lezioni di cucine organizzate dalle maestre di Convivium Lab. La prima, tutta incentrata sulla pasta fresca, ha visto salire in cattedra Lola Torres, aabile rtigiana specializzata in cioccolato, con una passione di lungo corso per il simbolo italiano.

E italiano è, nella scelta degli ingredienti e dei colori, anche il piatto del debutto a Rho: non per niente si chiama Viva l’Italia e lasciamo la spiegazione all’autrice: «E’ una pasta sfoglia ottenuta con l’uovo e una piccola percentuale di crema di basilico, che gli dona quel colore verde. Questa si ottiene sbollentando per un minuto delle foglie di basilico in acqua bollente salata. Vengono poi frullate e aggiunto un filo d’olio. Il colore della pasta cambia, ma non la sua consistenza, che rimane piuttosto in linea con la versione classica. Percentuali dell’impasto: in 2 etti di farina ho messo 180 g di uovo e 50 g di crema di basilico. È una pasta facile da tirare, sia a mano sia con una macchina sfogliatrice normale. In caso rimanesse troppo morbida, aggiungete della farina. Dare la forma di un cappellaccio».

Il ripieno: «E’ di ricotta di capra, che amo perché è adatta agli intolleranti al lattosio e, in generale, perché è più digeribile e saporita. Ho lavorato anche questa con un cucchiaino di crema di basilico, che ho messo poi in una sac-à-poche. La salsa è ottenuta da una buona polpa di pomodoro passata, fatta in casa e cotta per 40 minuti, con un spicchio d’aglio e dell’olio extravergine. Aprendo il cappellaccio si schiude il tricolore». E anche le papille gustative, piacevolmente sorprese da tanta efficacia al palato. Il prossimo appuntamento con Convivium Lab a Identità Expo è fissato per domani alle ore 16. Tema: Sweet and vegan, i dolci vegani che ci fanno bene. Relatrice Luisa Di Bella. La pasta tornerà a settembre. (foto Brambilla/Serrani)
 

RICETTA/Spaghetto Milano di Ribaldone

Se c’è un piatto che è andato pulito in tempo zero in questi primi 9 giorni di Identità Expo, è lo Spaghetto Milano di Andrea Ribaldone, chef de I Due Buoi di Alessandria, prestato per un semestre al temporary restaurant di Rho (foto di Giorgio Annone). Il primo piatto, che ha aperto anche il ciclo di “Identità di Pasta” settimana scorsa, è nato da una richiesta di Paolo Marchi, che invitò qualche tempo fa il cuoco a proporre una pietanza che potesse valere come tributo a Milano.

La ricetta è costruita su uno spaghettone Monograno Felicetti cotto in acqua con poco sale e mantecato con un risotto alla milanese cucinato prima. O meglio, spiega lo stesso chef, «volutamente stracotto, mantecato con Grana Padano e burro, poi frullato per ottenere una crema di riso allo zafferano». A parte si prepara ancora una gremolada di buccia d’arancia e limone, prezzemolo, olio extravergine d’oliva e un piccolo spicchio d’aglio: il tutto viene poi frullato e posato sullo spaghetto mantecato. Ma ecco la ricetta, passaggio per passaggio.

Spaghetto Milano

Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI
400 g spaghetti selezione Felicetti
2 ossibuchi tagliati spessi
30 g di concentrato pomodoro
50 g di fondo bruno ossobuco
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
1 foglia di alloro
120 g di riso Carnaroli
stimmi di zafferano
1 l di brodo vegetale
1 limone
burro
Grana Padano
prezzemolo
olio extra vergine

PROCEDIMENTO
Per il ragu di ossobuco
Tagliate sedano, carote e cipolla in una piccola brunoise; ponete in una busta sottovuoto l'ossobuco, la foglia di alloro, sale e olio extra vergine. Cuocete per 10 ore a 71°, poi tagliate l'ossobuco per il ragù, unite le verdure, il concentrato e il fondo bruno e fate cuocere per 20 minuti.

Per la crema di riso
Fate un classico risotto alla milanese, tostando il riso, bagnate di seguito con il brodo vegetale, aggiungete gli stimmi di zafferano, fate cuocere per 20 minuti e mantecate con Grana Padano e burro. Poi frullate il riso fino a ottenere una crema liscia e omogenea. Se serve aggiungete del brodo, da mettere poi da parte perché servirà per mantecare gli spaghetti.

Per la gremolada
Grattugiate la buccia di limone e tritate il prezzemolo, poi mettete il tutto in un contenitore e coprite con olio extra vergine.

Per terminare il piatto
Cuocete gli spaghetti in abbondante acqua salata, scolateli e mantecateli con la crema di riso, impiattateli e adagiate sopra il ragù di ossobuco e condite con la gremolada.
 

RICETTA/La linguina di mezzanotte di Monosilio

È mezzanotte, hai una fame micidiale e poco tempo a disposizione, che pasta fare? Ve lo dice Luciano Monosilio, chef di Pipero al Rex, ristorante romano con una stella ben appuntata sul petto. «L’idea di questa Linguina di mare viene dal Giappone. Banalmente, dal sushi. Solo che, al posto del riso, uso la pasta. Il condimento è una salsa di ostriche fin de claire. E poi c’è il tobiko, uova di pesce volante, ingrediente principe di tanti maki e sushi». Il bello è che non c’è sale: «Tutta la sua sapidità è naturale». Per mezzanotte va benissimo ma pure a colazione, pranzo e cena. Chi non la vuole preparare se la trova in carta in questi giorni al Pipero.

Linguina mantecata di mare

Ricetta per 4 persone

Ingredienti
320 g linguine
100 g uova di pesce volante
paprika
10 g soia
aglio

per la crema di prezzemolo
150 g foglie di prezzemolo
290 g pinoli
100 g acqua frizzante
200 g olio di semi
sale e pepe

per i ghiaccioli di ostrica
4 ostriche
30 g olio di semi

Procedimento
per la crema di prezzemolo

Sbollentare le foglie di prezzemolo, scolarle e porle nel frullatore con acqua frizzante, pinoli sale e pepe. Montare con l’olio di semi.

per i ghiaccioli
frullare le ostriche con olio di semi e congelare. Cuocere le linguine in acqua bollente. Una volta cotte, metterle in padella con olio, paprica e aglio. Mantecare con soia. Alla fine, mettere i ghiaccioli di ostrica. Finire il piatto con la crema di prezzemolo e le uova di pesce volante.
 

Expo e un maggio a tutta Identità di Pasta

E’ partita con una lezione speciale tenuta da Andrea Ribaldone, chef de I Due Buoi di Alessandria ed executive anche al temporary restaurant di Identità Expo, la programmazione di "Identità di Pasta", la sezione speciale che da anni viene organizzata a Identità Milano e che Identità Golose fa sbarcare anche a Expo, sempre in collaborazione con Pastificio Felicetti.

Parliamo qui sopra di questa bontà da applausi, così come riepiloghiamo la lezione di Christian Milone di oggi in un altra finestra di questa newsletter. Fra 6 giorni avremo invece Andrea Aprea (foto) del milanese Vun del Park Hyatt; mentre il 22 maggio sarà il turno di Alessandro Gilmozzi de El Molin di Cavalese (Trento). E venerdì 29 maggio, chiuderà il mese Marco Martini della romana Stazione di Posta.
 

Pasta in bianco, un piatto della memoria