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Lo scorso 31 marzo è uscita nel sito un’intervista a Christian Puglisi, il meno nordico dei talenti del Nord Europa, non foss’altro per avere un padre siciliano e una madre norvegese, titolare da un lustro a Copenhagen del Relæ, ma anche di una pizzeria, Bæst. Lapidario il titolo della redazione di Munchies: New Nordic Cuisine is dead, la nuova cucina nordica è morta. E il futuro è (anche) nella pizza.

Va letta, merita perché chi vive lontano dall’Italia è meno limitato, condizionato dalle tradizioni. Puglisi pesca il meglio e lo abbina con tasselli che sono prettamente scandinavi. Mi ha ricordato quanto ho appena scritto qui, reduce dalle Strade della Mozzarella… Buona lettura.

Paolo Marchi, testi di Carlo Passera e Luciana Squadrilli
 

Il legame tra noi e la pizza

Si prepara una settimana importante per Università della Pizza. Ieri è iniziato il terzo e ultimo modulo di formazione, che concluderà, come di consueto, il percorso a tre livelli per entrare nel mondo in continuo fermento delle pizzerie “gourmet”. Con una bella novità: Simone Padoan (nella foto), per la prima volta e per 4 giorni, salirà in cattedra per introdurre i pizzaioli “laureandi” alla sua visione della pizza italiana contemporanea, che deve essere risultato della sensibilità e della capacità di comunicare del suo autore, piuttosto che insieme confuso di ricette senza legami con la cultura e gli ingredienti dei territori.

E’ l’evidenza di un legame, perché senza la visione di Simone la pizza d’alta cucina, come ce la sforna lui ogni giorno dal suo laboratorio a vista, non sarebbe mai nata e un corso del genere in Università della Pizza non avrebbe avuto probabilmente senso di esistere. Sempre lunedì, Paolo Marchi terrà la sua lezione sui canoni di una comunicazione alimentare che trasferisce cultura, testimonianza di un legame con la pizzeria d’autore che lo ha portato ad aprire le porte della sua Identità Golose per offrire un palco internazionale ai pizzaioli che dimostrano di saperne anche di cucina.

E infine, mercoledì 22, Università della Pizza accoglierà 56 giovani studenti (2^ e 3^ classe della Scuola Media Poloni di Monselice) desiderosi di vivere attivamente il legame tra la terra e la tavola: questa volta attraverso un'esperienza di impasto e una migliore conoscenza dei processi nutrizionali che trasformano i buoni ingredienti in un’alimentazione sana, che nutre e non si spreca. Scolari, pizzaioli, docenti insieme nella settimana che verrà per parlare di nutrizione sana con il linguaggio del più popolare dei piatti della cucina italiana e rinsaldare il legame che lega tutti noi al valore delle origini.
Piero Gabrieli
 

Pizza a Identità Expo 2015: i primi protagonisti

Identità di Pizza “raddoppia” e si prepara anche a sbarcare a Expo Milano 2015, all’interno della vasta programmazione di Identità Expo, con un appuntamento settimanale il mercoledì pomeriggio. Non sarebbe potuto essere altrimenti, per una delle sezioni più intense del congresso Identità Milano, che ha visto protagonisti negli anni i maggiori pizza-chef italiani, impegnati a raccontare e condividere le novità di un campo, quello degli impasti, dei lievitati, dei pani e delle pizze, tra i più dinamici e innovativi, come riconosciuto con una punta di sorridente invidia anche da un maestro pasticcere quale è Corrado Assenza.

Identità di Pizza, dunque. La pianificazione dei vari interventi procede spedita, molti già i punti fermi. L’esordio, il 6 maggio, non poteva che essere appannaggio del veronese Simone Padoan, considerato l’inventore della “nuova pizza italiana”, quella da degustazionea. Quest’anno festeggia i venti anni de I Tigli (vedi il pezzo seguente). Dopo di lui, il 13 maggio, un volto nuovo: Simone Lombardi, giovane chef e pizzaiolo che doveva aprire un suo indirizzo a Città del Messico ma nel luglio 2013 è stato convinto da Andrea Berton a mettere radici a Milano, al Dry di via Solferino. Tra i suoi maestri, Enzo Coccia e lo stesso Padoan. La settimana successiva, il 20 maggio, sarà invece la volta di un grandissimo, Franco Pepe, ossia colui che dalla sua Caiazzo (Caserta) riesce a coniugare al meglio la grande tradizione partenopea e campana e lo spirito d’innovazione che aleggia invece in altre parti d’Italia.

Finale di mese, il 27 maggio, con un altro mostro di bravura, l’altro veronese Renato Bosco, che ormai condivide con Padoan il ruolo di faro della nuova pizza italiana, quella “a spicchi” (ma propone anche molte varietà diverse…). Un solo accenno per il primo protagonista di giugno: il 3 sarà sul palco il rampante Massimo Gatti, due indirizzi, il primo di famiglia a Borgotaro, il secondo più recente a Parma.
CP
 

Padoan, la primavera e i 20 anni

Anche se la pizza da degustazione prende forma un poco dopo, a step successivi, sono vent’anni che Simone Padoan sforna prelibatezze a I Tigli di San Bonifacio. Per l’anniversario sono state previste alcune serate speciali e una lunga serie di nuove proposte primaverili, da poco sulla bocca di tutti e tra le fauci dei buongustai. Qualche esempio? La pizza Piccione, zucca, puntarelle, cacioricotta di capra, lamponi e pistacchio, il volatile alla giusta cottura – la conferma dalle coscette da afferrare tra le dita e scarnificare a parte – che sposa la dolcezza della zucca e poi fa a botte coi lamponi, così la croccantezza delle puntarelle spinge alla pace e all’equilibrio.

Poi Battuto & battuto, ossia battuto di manzo con battuto di pomodori con capperi, olive, olio, basilico e origano, piacere più immediato e verace, puro impulso e freschezza, come se il disco ben lievitato e fragrante facesse da companatico a un perfetto carpaccio con un’insalata di pomodori. Si riprende a osare, e tanto, con Carpaccio di cappasanta allo yuzu, fior di latte, radicchio amaro al cartoccio, crema di pistacchio e cappero, polvere di rapa (nella foto): qui prevale l’amaro, sembra travolgere la dolcezza del mollusco che si salva chiedendo aiuto al fior di latte. <

Il saliscendi successivo dona uno spicchio più mansueto, Crudo di gambero rosso, fior di latte, raperonzolo, lime, cetriolo e gin tonic, una dolcezza di fondo che va al mare e incontra sul bagnasciuga l’agrumato e l’aromatico. Chiusura muscolosa con Filetto di maialino al tè affumicato, fior di latte, agretti e cipolla bionda caramellata, pizza così deliziosa da essere imbarazzante, ricca di note persistenti – il fumo del Lapsang Souchong, la balda grassezza dell’animale, il dolce della cipolla, l’agro dell’agretto…
CP
 

Tre promettenti aperture campane

Continua a essere in pieno fermento il panorama campano della pizza, con diverse aperture interessanti fuori dagli ambiti strettamente cittadini. Ne segnaliamo in particolare due, entrambe aderenti al progetto Pizza Gourmet di GMA Import Specialità, che seleziona prodotti di eccellenza (tra cui presidi Slow Food e prodotti Dop) per chi voglia puntare sulla qualità anche nel settore pizzeria, dalle farine Petra ai pomodori dell'Orto di Lucullo e Sapori di Corbara senza trascurare l'extravergine e le bibite analcoliche.

Ha aperto i battenti da poco il ristorante e pizzeria Falernum a Pomigliano d'Arco, non lontano da Napoli. L'ambiente contemporaneo ma non privo di calore ben si accosta alla gestione familiare dei fratelli Angelo e Vito Mazzacane (rispettivamente pizzaiolo e cuoco) con il cognato Gabriele in sala, e alla proposta di livello, con ottime pizze di scuola napoletana ma realizzate con farina di tipo 1 e gustosi piatti accompagnati da una buona selezione di vini. Non per nulla il nome si riferisce all'antico e pregiato vino Falernum.

Si trova invece ad Aversa, in provincia di Caserta, la pizzeria Dodici(foto). Aperta dai tre amici Giancarlo Fernandino, Giulio Tasquir e Giuseppe Girone (quest’ultimo anche pizzaiolo, i primi due già nel settore della ristorazione e della gastronomia), Dodici abbina alle ottime pizze una gustosa cucina tradizionale campana a base di prodotti genuini e materie prime di qualità.
LS
 

Patrick Ricci e la segale “impossibile”

«Chiaro che io propongo oggi anche quello che abbiamo perso ieri. Ma non parlatemi di tradizione, vi prego: non esiste, si è sempre innovato. Quello che cucinava mia nonna era diverso da quello che preparava sua nonna. E provate a mangiare oggi una pizza come la si sarebbe proposta nel ‘700: l’avreste sputata!».

Patrick Ricci (a destra nella foto) del Pomodoro & Basilico di San Mauro Torinese è un battitore libero, un pizzaiolo appassionato, una mente scevra da preconcetti. Un cane sciolto al servizio dei lievitati, il suo grande amore, insieme ai prodotti naturali, «partiamo dalla Terra Madre, dai grani come ce li ha regalati e che poi sono stati modificati dall’uomo: le culture sono migliorate, abbiamo avuto tanti benefici e qualche aspetto negativo. Io adoro lavorare coi grani per ottenere impasti buoni e digeribili».

Usa il plurale perché la sua ricerca è incentrata anche sui chicchi che non siano di “banale” frumento. Il farro ad esempio, o la segale. Li usa in purezza, senza mischiarli. Il suo impasto 100% segale (se lo volete assaggiare, va ordinato con anticipo) è una bomba. Per ottenerlo Ricci ha dovuto lavorare sodo: «E’ stata una sfida. Contiene poco glutine e fibre elastiche, la sua lavorazione era quasi impossibile». Alla fine ce l’ha fatta: «Sono andato a studiare come facevano i popoli del Nord, storicamente i veri maestri nella panificazione, noi siamo solo allievi neanche tanto capaci. Ho così scoperto il bizzo, una specie di pizza (il nome tanto a noi familiare pare derivi proprio da lì) che i germani condivano come noi, ossia con quanto avevano sottomano. Usavano vari tipi di farine: di farro e anche di segale».

Ne è scaturito un impasto interessantissimo, non adatto all’abbinamento con sughi o mozzarella, ma ideale per carni brasate, stufati, crema di formaggi, verdure: «Aver trovato la strada per riuscire a lavorare la segale significa riuscire ora approcciare qualsiasi tipo di grano», infatti ora Ricci si diletta a preparare anche pani con altri grani antichi.
CP
 

Da Ezio la pizza con le bolle

«Ezio, ma tuo figlio l’impasto lo sa preparare bene?». Lui nicchia, non è tipo da fare complimenti, allarga le braccia e concede: «Ma si dai, è bravino…». In realtà Lovatel senior è orgoglioso di Lovatel junior, che di nome fa Denis, classe 1975, una passione per la cucina declinata prima frequentando buoni ristoranti a Milano, poi col ritorno a casa e la scelta di proseguire l’attività di pizzaiolo-ristoratore intrapresa nel 1977 dal padre ad Alano di Piave, adottandone innanzi tutto l’impasto, oggi uguale a quello di allora, pur con qualche correzione.

Da Ezio si mangia una pizza apparentemente classica, tonda, impasto con biga, blend di farine da grani antichi, lenta lievitazione con lievito di birra. In cottura si rompe la maglia glutinica e si formano “bolle” croccanti in superficie, «è questo che mi consente di lavorare in tridimensionalità, di non avere una base troppo piatta». L’esito è un disco fragrante e sottile, qua è là inframmezzato da queste collinette piene d’aria: domina un’assoluta leggerezza che è confermata dai numeri, «l’impasto per una pizza pesa dai 250 ai 300 grammi. Il mio non supera i 180». Lovatel a volte spinge forte sul pedale della creatività per quanto riguarda il topping. Noi abbiamo assaggiato una delicata Burrata e gamberoni (burrata di Andria, tartare di gamberoni blu della Caledonia e pistacchi di Bronte), elegante e piacevole, così come I Frutti della terra (noci macadamia, selezione di gorgonzola e certosino, guanciale di Cinta senese, pera ubriaca al cabernet), dal carattere deciso appena smussato dal tocco brillante del frutto aromatizzato al vino.

Il capolavoro però ci sembra la Colori gustosi (pomodoro, cuore di burrata di Andria a crudo, olive taggiasche, pomodorini datterini confit, mandorle tostate), un vero tripudio di sapori dominato dall’aroma potente dei datterini confit (presto tutte si potranno assaggiare anche nel nuovo locale che i Lovatel apriranno a Treviso).
CP
 

Giacomo Guido, da Ischia a Londra

In poco più di un anno di permanenza a Londra, il giovane pizzaiolo Giacomo Guido ha trasformato l'elegante ma placido quartiere residenziale londinese di Hampstead in meta degli amanti della pizza napoletana. Se già prima gli indirizzi dove mangiare una buona pizza nella capitale inglese non mancavano, con il suo arrivo l'Antica Pizzeria (il locale è aperto solo da pochi anni, ma tant'é) ha velocemente scalato tutte le classifiche fino a ottenere la consacrazione definitiva conquistando la posizione numero uno in quella stilata da Daniel Young, guru inglese della pizza.

A soli 23 anni Giacomo ha le idee chiare, la stoffa giusta ma anche l'umiltà necessaria per arrivare lontano: «Ho cominciato tre anni fa, a Ischia, mettendomi vicino al forno per imparare – racconta – una volta presa dimestichezza, avevo voglia di sperimentare e di provare a fare qualcosa di nuovo ma a Napoli è molto difficile, se fai qualcosa di diverso pensano che non sei capace». Così, come tanti altri suoi coetanei, se n'é andato a Londra ed è approdato al locale aperto un paio di anni fa da Luca de Vita e Alessandro Betti. Qui ha messo a punto l'impasto che definisce “napoletano doc” ma con la sua impronta (65% di idratazione e lunga lievitazione) che davvero non fa rimpiangere quelli partenopei.

Nonostante il grande successo Giacomo continua a sperimentare con farine e impasti e ha da poco visitato alcune pizzerie campane per serate a quattro mani – da Di Matteo – e saluti a quelli che continua a chiamare “maestri”.
LS
 

Un forno elettrico come quello a legna

Racconta Franco Pepe: «Il giorno in cui andai a provare Scugnizzo, a Napoli, non mi aspettavo una risposta del genere». Scugnizzo è un forno elettrico per pizze realizzato da Izzo forni, una piccola impresa partenopea con 15 dipendenti. Scugnizzo è ora il suo prodotto di punta: debutto pubblico nel dicembre 2013 dopo una gestazione durata un annetto, tra progettazione e realizzazione dei primi prototipi. In fondo, un parto piuttosto veloce, «perché è l'evoluzione d’impianti che abbiamo sempre realizzato, con l'obiettivo di avvicinarci sempre più alle prestazioni di un forno a legna», spiega Giuseppe Carlo Russo Krauss, amministratore unico di Izzo forni, genero di quel Salvatore Izzo che fondò la ditta nel 1951.

Ora il traguardo sembra raggiunto, Krauss è entusiasta. E, oltre a Pepe, cita altre "pezze d'appoggio" che dimostrano l'eccellenza di Scugnizzo, piaciuto a Davide Civitiello, pizzaiolo campione del mondo 2013, al suo successore 2014 Valentino Libro (entrambi under 30), al più esperto Guglielmo Vuolo, a Salvatore Salvo... Merito delle sue caratteristiche tecniche: un bel frontale in rame antichizzato lavorato a mano, il suolo di cottura in mattone refrattario "biscotto di Sorrento" dello spessore di 4 cm... Può cuocere sei/nove pizze in circa un minuto poiché mantiene una temperatura media tra i 450 e i 470°, spesso il punto debole dei forni elettrici: «Il disciplinare della pizza napoletana prevede i 440-450°. Vuol dire che noi facciamo persino meglio, uguagliamo il forno a legna nelle sue migliori condizioni».

Con ulteriori vantaggi: nel forno Scugnizzo non c'è una zona occupata dalle braci, tutto lo spazio è a disposizione. La distribuzione del calore è uniforme, così il pizzaiolo non deve intervenire. Infine: niente fuliggine, fumi, residui di combustione.
CP
 

Enzo Coccia e gli Amici di Capodimonte

Chi lo ha detto che “cultura bassa” - come è sempre stato ritenuto il cibo, soprattutto quello popolare – e cultura “alta” non possono incontrarsi? A farlo accadere, in modo molto concreto, ci pensa il pizajuolo napoletano Enzo Coccia, da sempre sensibile anche a temi sociali e culturali oltre che a tutto ciò che riguarda la conoscenza della pizza. Da circa un mese, nei due locali partenopei di sua proprietà c'è la nuova Pizza Capodimonte, con mozzarella di bufala campana Dop, pomodori San Marzano pacchetelle e salsiccia di bufala del Consorzio Alba. Prodotti semplici ma squisiti, per una pizza che piaccia davvero a tutti.

In carta a 9 euro, per ogni pizza Capodimonte venduta, infatti, un euro sarà devoluto al restauro di un'opera del pittore Vincenzo Gemito custodita al museo di Capodimonte, misconosciuto gioiello partenopeo. Lo stesso Enzo non lo aveva mai visitato fino a qualche anno fa. Conquistato da questo incredibile luogo di storia e cultura, Coccia è entrato a far parte della Onlus Amici di Capodimonte e lo ha particolarmente a cuore. Non a caso, proprio qui sono state girate alcune scene del cortometraggio nato da una sua idea e realizzato dal regista Alfonso Postiglione con la sponsorizzazione di Banca Intesa per portare la storia gastronomica napoletana a Expo, con un excursus nel cibo popolare partenopeo all'epoca di Maria Carolina Bonaparte e Gioacchino Murat.

Sarà così che, dopo essere stata la prima pizzeria citata sulla guida Michelin, La Notizia entrerà pure in un museo, con tanto di targhetta commemorativa sotto al dipinto restaurato.
LS
 

I francesi mangiano più pizza di noi...

È di qualche settimana fa la notizia – piuttosto inaspettata – che i francesi mangiano più pizza degli italiani. Tanto per stuzzicare la proverbiale, bonaria competizione con i 'cugini' d'Oltralpe, adesso ci battono anche su un primato che penseremmo tutto nostro (almeno in Europa, considerando che i più grandi consumatori restano sempre gli Americani).

E invece, secondo la ricerca annuale dell'istituto Gira Conseil sul mercato della pizza, i Francesi ci batterebbero con 809 milioni di pizze sfornate nel 2014 (in particolare margherita e quattro formaggi, specifica la ricerca) pari a circa 5 chili per abitante, +1,20% rispetto al 2013. Secondo i dati Fipe invece (vedi notizia in questa stessa newsletter) in Italia nel 2014 ci si attestava sui 600 milioni di pizze servite, anche se il dato fa riferimento solo alle pizzerie con servizio al tavolo e non contempla il settore take away mentre lo studio francese considera tutti i “circuiti di distribuzione”.

Ad ogni modo, i Francesi troveranno pane – e pizza – per i loro denti in occasione della seconda edizione di Cultur-al, festival della cultura alimentare italiana in programma a Parigi dal 25 al 27 aprile 2015, che ha tra i suoi Sponsor Premium anche le farine Petra. Tra i numerosi ospiti italiani ci saranno anche il pizzaiolo Simone Padoan, il panificatore Martino Faccin e lo chef Vitantonio Lombardo, tutti e tre protagonisti della giornata Identità di Pane e Pizza al congresso milanese 2015. (Illustrazione di Chudomir Tsankov)
LS
 

…ma da noi non si sente la crisi

La Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi - ha da poco reso noti i dati raccolti dal proprio Centro Studi riguardo al settore delle pizzerie in Italia. Settore che non sembra risentire particolarmente della crisi economica, grazie ai prezzi accessibili (il prezzo medio nazionale di pizza+bibita oscilla tra i 7 e gli 11 euro, con una variazione media dei prezzi negli ultimi tre anni al di sotto del 2%) ma anche alla grande versatilità della pizza (l'8% dei consumi riguarda la prima colazione, il 17% pranzi e spuntini e ben il 75% la cena, pasto in cui la pizza resta in cima alla classifica dei piatti scelti) e agli operatori particolarmente attenti alle nuove esigenze dei clienti e alle nuove tendenze: sono sempre più diffusi, infatti, format innovativi specifici, con particolare attenzione alle intolleranze alimentari. Sempre più forte anche il connubio tra pizza e birra artigianale, altra grande protagonista dei consumi degli Italiani.

Le 25 mila pizzerie con servizio al tavolo attive in Italia – a cui ne vanno sommate altrettante take-away – mettono insieme un fatturato di circa 9 miliardi di euro con un'occupazione di 240 mila unità. Trovare personale qualificato - in particolare per i pizzaioli – resta uno dei punti critici del settore: già nel 2013 Fipe aveva denunciato la “mancanza” di 6mila pizzaioli. I nuovi dati confermano che ogni anno le imprese cercano in media 2mila pizzaioli qualificati non stagionali e quasi il doppio stagionali, ma una volta su cinque non riescono a soddisfare la richiesta.
LS
 

Pizza con gelato al basilico: si-può-fare!

Nella foto, la pizza col gelato di Patrick Ricci, Pomodoro & Basilico di San Mauro Torinese. È una normale margherita, ma il basilico è un gelato (di Filippo Novelli, campione del mondo di gelateria 2012. Anche lui sta a San Mauro) che viene aggiunto alla fine, a mo’ di foglia, a -18°, così si scoglie poco a poco col calore della pizza, donando una doppia freschezza, quella del basilico e quella della temperatura.
CP