Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Domani la vigilia e giovedì ci saremo, sarà Natale, una festa che noi di Identità festeggiamo con una newsletter dedicata alla pasta, un numero che è un inno alle vacanze imminenti. Buona lettura.

Paolo Marchi
, testi a cura di Carlo Passera e Gabriele Zanatta
 

Tubetti, triglia e mandarino di Marianna Vitale

«E’ un piatto sicuramente profumato e molto fresco», specifica Marianna Vitale, chef di Sud a Quarto (Napoli) e cuoca dell’anno 2015 per la Guida di Identità Golose, «ma anche un piatto profondo, minerale, movimentato. Si distingue per un formato in disuso, quello dei tubetti piccoli, ma soprattutto per l’utilizzo delle interiora di triglia, che offrono al brodo una complessa acidità e una piacevole tendenza amaricante prontamente spezzata dalla freschezza del coriandolo e dell’agrume».

Tubetti, triglia e mandarino

Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI
360 g tubetti
2 triglie di scoglio (200 g cad circa, non pulite)
300 g pomodori del Vesuvio
2 mandarini
1 stecca di lemongrass tritata
Aglio, olio extravergine, peperoncino, coriandolo q.b

PROCEDIMENTO
Le triglie
Sfilettare le triglie, tagliare grossolanamente i quattro filetti e mettere da parte. Conservare le lische e le interiora e farle soffriggere in un tegame con olio, aglio, peperoncino e lemongrass fino a farle tostare lievemente. Aggiungervi acqua a copertura e a bollore raggiunto spegnere e filtrare con un colino fine. Tenere in caldo.

Il pomodoro del Vesuvio
Tagliare in quattro i pomodori e cuocerli in olio e aglio fino a farli appassire. Salarli e passarli al passaverdure. Mettere da parte.

I tubetti
In un tegame preparare un nuovo soffritto di aglio e olio, aggiungervi un mestolo di brodo leggero di triglia e uno di crema di pomodoro del Vesuvio. A bollore aggiungervi i tubetti e portarli a cottura aggiungendo, quando necessario, brodo e pomodoro. A cottura ultimata aggiungere i filetti di triglia e il coriandolo. Fuori fiamma, infine, completare con buccia sottile di mandarino.
 

Panero: Natale tra Piemonte e Toscana

Enrico Panero, chef del ristorante Da Vinci di Eataly Firenze, spiega così la ricetta dei maltagliati: «Vuole ricordare le nostre tradizioni natalizie, proponendo un primo in brodo con tutti i sapori della terra. Un primo "ristoratore" avvolgente nei sapori, che ha l'intento di portare in tavola i profumi e sapori dell'orto invernale, unendo le mie tradizioni piemontesi come il brodo di cappone, il topinambur e il marsala con prodotti territoriali toscani come il cavolo nero e le castagne dando uno sguardo a oriente con l'aggiunta di salsa di soia per dare una nota sapida che dia rotondità al piatto». (Foto Claudia Del Bianco).

Maltagliati di castagne in zuppetta invernale

Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI
per i maltagliati
60 g farina di castagne biologica
130 g farina 00
80 g uova intere
10 g olio extravergine
8 g sale

Base per il brodo
2 l acqua
500 g cappone
30 g sedano
30 g carote
30g cipolle
20 g bucce di arancia

per completare il brodo
18 g tartufo nero
30 g cavolo nero
50 g topinanbour
50 g funghi chiodini
30 g castagne sbianchite
10 g salsa di soia
10 g marsala

PROCEDIMENTO
Impastare gli ingredienti per i maltagliati, lasciare riposare la pasta per circa 30 minuti. Stendere il panetto in fogli fini e ricavare dei piccoli maltagliati di circa 2 cm di larghezza.
Unire gli ingredienti per la base del brodo e portare ad ebollizione, continuare la cottura per circa 2 ore e filtrare il tutto. In un pentolino unire al brodo filtrato il cavolo nero e i topinambour tagliati a cubetti, il tartufo nero a lamelle e i funghi mondati. Cuocere per circa 4 minuti e aggiungere i maltagliati portando a cottura.
Filtrare nuovamente il brodo e servire i maltagliati con le verdure in una fondina stretta e il brodo bollente a parte da versare nel piatto una volta servito a tavola.

 

Peppe Barone e la pastatredda da difendere

La pastratedda modicana (ma a Scicli si chiama n'cucciatieddu o n’cucciatu) era innanzitutto un dono dei poveri. Che non avevano nulla o quasi da regalare, neanche nei giorni di festa, se non il loro tempo, la loro infinita pazienza. Così le massaie contadine si mettevano a preparare questa pasta che richiede tempi di lavorazione lunghissimi: era la prova della loro dedizione, l’omaggio possibile di chi aveva piccoli mezzi a una persona cui si voleva mostrare però grande attenzione.

Impastavano dunque farina di grano duro con acqua, uova e sale; una volta ottenuta una certa consistenza, iniziavano a “pizzicare” la pasta ottenendo tanti piccoli gnocchettini – comunque di forma e grandezza diverse, poiché derivati di una lavorazione non solo casalinga, ma che ci teneva ad apparire tale, figlia dell’impegno, del lavoro e della fatica che venivano recapitati in dono insieme all’alimento. Perfetto, peraltro, per una deliziosa cottura risottata (ma con tempi inferiori: 8-10 min contro 15), ben al dente. Ma con la particolarità che lo si può preparare sia come piatto asciutto, sia come minestra.
Oggi anche a Modica sono sempre meno coloro che preparano la pastratedda, sostituita dai più semplici cavati. Se ne trova semmai una versione un poco semplificata: si formano dei lunghi “spaghettoni” che vengono quindi tagliati in piccole pepite. Peppe Barone, chef della Fattoria delle Torri a Modica nonché direttore della Scuola di Alta Cucina Nosco a Ragusa, è uno strenuo difensore di questa bella tradizione.

Ne ha presentato una versione di grandissima piacevolezza, la Pastratedda di russello con zucchina, cozze e calamari (nella foto), nel corso del suo cooking show alla recente Taormina Gourmet (il russello è un’antica varietà di grano duro autoctona, macinata a pietra). E ce ne ha fatto assaggiare una variante, la Pastratedda con bisque e canocchie e lime, non meno golosa, anche al Cenobio, il ristorante didattico che si trova nello stesso edificio della “sua” scuola Nosco, l’antico convento dei cappuccini, ora anche hotel di incredibile fascino.
CP
 

I Sorrentinos di Bernardi, tra Occidente e Oriente

Uscir di casa per far due passi a Est, due passi a Ovest: potremmo usare questa metafora per sintetizzare il piatto realizzato da Andrea Bernardi per Identità di Pasta. Bernardi è italiano di Marino, Castelli Romani, ma lavora a Tenerife (ne abbiamo parlato qui); vi propone, oltre a un menu di tapas creative, anche un degustazione estremamente tecnico, di grande equilibrio, frutto dell’abbraccio tra le sue origini mediterranee e due influenze forti, quella sudamericana della moglie Fernanda Fuentes Cárdenas, cilena, e quella orientale tanto amata.

Così è anche qui: i Sorrentinos sono una sorta di grande raviolo argentino (qualcuno attribuisce il nome al loro presunto inventore, un emigrato italiano nel Mar del Plata originario di Sorrento; altri a un pastificio di Buenos Aires così chiamato), più paffuto e ripieno del nostrano. In questa proposta, sposano ingredienti di tradizioni differenti in un delizioso viluppo fusion.

Sorrentino di tartare di calamari, bottarga di bonito, germogli di bambù e lime su brodo di calamaretti e legumi

Ricetta per 8 persone

INGREDIENTI
per la bottarga di bonito
5 kg uova di un bonito
200 g sale grosso
100 g zucchero di canna
150 ml soia
18 ml di mirin
20 ml sakè
10 ml colatura di acciughe

per il fondo di calamari e verdure
400 g calamari freschi
200 g ceci idratati
150 g pancetta
4 scalogni
2 porri
20 ml salsa di soia
20 ml olio di semi
3 l acqua
0,8 g xantana

per la tartare di calamari
500 g piccoli calamari freschi
succo 2 lime
15 g coriandolo
3 g wasabi in pasta
10 ml mirin
sale, pepe nero
25 ml extravergine

per la pasta
3 uova fresche
20 ml extravergine
5 g sale fino
220 g farina 00
7 g curry in polvere

per la finitura
1 lime
2 germogli di bambù
sale Maldon

PROCEDIMENTO
per la bottarga di bonito
In un sacchetto per sottovuoto mettere le uova con sale e zucchero, lasciare in frigo per una settimana, quindi lavare le uova con acqua per rimuovere sale e zucchero, asciugare e rimettere nel sacchetto sottovuoto con gli altri ingredienti, marinare per 24 ore. Filtrare e far seccare al sole per tre giorni. Conservare sottovuoto.

per il fondo di calamari e verdure
In una padella mettere l’olio, poi i calamari, le verdure e la pancetta, sul fuoco fino a che diventino dorati, aggiungere gli altri ingredienti e lasciare ridurre a 400 ml. Filtrare con una Superbag e addensare con xantana, mettere in frigo.

per la tartare di calamari
Pulire i calamari e tagliare finemente al coltello, aggiungere gli altri ingredienti e regolare di sale e pepe. Riempire piccoli stampi semisferici in silicone e congelare.

per la pasta
Disporre farina e curry a vulcano, aggiungere 2 uova, olio e sale. Formare una palla di consistenza elastica. Lasciare in un luogo fresco per 30-45 minuti. Lavorare al mattarello e quindi far passare attraverso i rulli di una macchina per pasta. Disporre sul tavolo una sfoglia 30x15 cm, posizionarvi le semisfere congelate della tartare lasciando 2,5 cm tra l’una e l’altra. Con un pennello passare il terzo uovo, precedentemente sbattuto, sulle semisfere, disporvi sopra un'altra sfoglia delle stesse dimensioni della precedente, tagliare con un tagliapasta. Rifinire stringendo i bordi con i polpastrelli. Disporre su un piatto con po 'di farina.

FINITURA
Disporre su un cestello per la cottura a vapore due sorrentinos, mettere nel forno a vapore programmato col 100% di umidità per 5 min. Disporre in un piatto tondo i lime sbucciati e tagliati a brunoise, aggiungere 3 fettine di bottarga 2x0,5 cm, quindi i sorrentinos con la base verso l'alto, le punte dei germogli bambù e il sale Maldon. Finire il piatto al tavolo con la riduzione di calamari e legumi.
CP
 

L'Ajo e ojo di mare di Marco Martini

Piatto di golosità immediata, folgorante, che stimola la memoria evocativa andando a pescare il ricordo profondo di aromi ben conosciuti, eppure resi al loro meglio, in un perfetto equilibrio di bilanciamenti: questa Ajo e ojo di mare è in effetti tra i signature dish e – ancor meglio - tra i piatti rappresentativi di uno stile di cucina, quello di Marco Martini, senza orpelli, con poche sovrastrutture, capace di andare a segno nel nome di una apparente semplicità molto “alla romana”.

D’altro parte è la lezione di Antonello Colonna, che di Martini è stato maestro; il giovane Marco ne ha colto spirito e sostanza trasferendoli nel suo nuovo locale, la Stazione di Posta, indirizzo appartato (e subito premiato dal consenso di critica e pubblico) all’interno dell’ex Mattatoio, ora diventato la Città dell'Altra Economia, siamo in pieno Testaccio, quartiere della movida capitolina.

La storia del piatto stesso conferma quanto andiamo scrivendo: nato nel 2010, quando l’allora 24enne Martini era sous all’Open Colonna; pensato inizialmente come «spaghetto di mezzanotte, da cucinare tornati a casa» anche perché «una volta inserire una ajo e ojo in carta era considerata cosa da pazzi. Noi l’abbiamo fatto», è stato accolto da comprensibilissimo, immediato successo. Ora alla Stazione di Posta è proposto a pranzo e il gradimento non pare declinare. Merito del difficile equilibrio su cui si regge, la pasta (squisita, di un piccolissimo pastificio abruzzese, il Gran Sasso) cotta nell’acqua dei molluschi, il giusto punto di aglio, olio, sale, peperoncino e persino prezzemolo («E’ l’unico piatto con il prezzemolo della mia cucina: un tributo alla tradizione»), gli elementi che si fondono in bocca insieme alla polvere dei molluschi stessi, «alla fine niente scarpetta, non ci deve essere un lago di olio nella fondina ma il condimento deve rimanere attaccato allo spaghetto». Godurioso.

Ajo e ojo di mare

Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI
500 g cannolicchi già spurgati
500 g tartufi di mare già spurgati
500 g vongole già spurgate
500 g cozze
320 g spaghetti
1 testa di aglio fresco
1 peperoncino fresco
Prezzemolo
Olio extravergine di oliva
Sale

PREPARAZIONE
Togliere l’eventuale bisso dalle cozze e pulirle sotto l’acqua corrente raschiando con l’apposita spazzolina per eliminare le incrostazioni di sabbia e alghe, quindi risciacquarle bene. Farle aprire in una padella con un poco di olio e uno spicchio di aglio. Una volta aperte, allontanare dal fuoco e versare le cozze in un colino raccogliendo l’acqua di cottura. Procedere nella stessa maniera per le vongole, i tartufi di mare e i cannolicchi.

A questo punto sgusciare i molluschi, poi privare i cannolicchi della sacchetta nera contenente la sabbia e riunire in un recipiente la loro acqua di cottura e conservarla in frigorifero coperta con la pellicola. Distribuire i frutti di mare su un foglio di silpat e metterli a disidratare in forno a 65 °C per ventiquattr’ore. Lasciarli freddare prima di frullarli in un mixer fino a ricavare una polvere. Il giorno della preparazione cuocere gli spaghetti in acqua bollente senza sale.

Tritare uno spicchio di aglio insieme a una presa di foglioline di prezzemolo e a un pezzetto di peperoncino. In una padella scaldare un poco di olio e farvi imbiondire il trito aromatico, aggiungere gli spaghetti scolati dopo circa cinque minuti e portarli a cottura aiutandosi con qualche mestolo d’acqua di cottura dei molluschi. Mantecare gli spaghetti lontano dal fuoco con la polvere di frutti di mare disidratati, quindi disporne un nido al centro di ogni fondina.
CP
 

Felice Sgarra e il tagliolino con-fuso

«In Puglia», ci racconta Felice Sgarra, chef del ristorante Umami di Andria, «grazie al grano arso arriva, come scirocco, la densità arsa, l'aria di un Tavoliere. Mi sono sporcato di farina per la prima volta con mia madre. È qui che ho appreso il senso del tatto, quello che – unico – ci trasmette la presenza reale delle cose. Poi ho vissuto parte importante della mia vita a Roccaraso. Gli anni passati in quella terra mi hanno dato forza e conoscenza. La ricetta del tagliolino ne ricorda, attraverso il guanciale e l'acciuga, alcuni aspetti. La tradizione degli insaccati e il ricordo del mare come cosa lontana».

Il tagliolino di grano arso con-fuso (carbonara e alici)

Ricetta per 4 persone

INGREDIENTI
per il tagliolino
200 g semola rimacinata
60 g farina di grano arso
100 ga acqua

per la salsa
1 spicchio di aglio
1 acciuga
foglie di rosmarino e salvia

guanciale
1 uovo

PROCEDIMENTO
Impastare gli ingredienti per il tagliolino e tagliarlo a mano. Imbiondire l'aglio con olio extravergine di oliva e aggiungere l'acciuga e un battuto di rosmarino e salvia. Mantecare con guanciale tostato e un uovo intero.
 

I Fusilli alle vongole di Federico Delmonte

Il marchigiano Federico Delmonte, chef del ristorante Settembrini di Roma, voleva una pasta, ci racconta «Che parlasse in modo forte e chiaro della mia terra che poi sarebbe il mio mare Adriatico. E così il lupino, un ingrediente che adoro, prende la forma del gelato e manteca fuori dal fuoco. Il fusillo preserva tutto il suo gusto più vero».

Fusilli alle vongole

Ricetta per 10 persone

INGREDIENTI
5 kg vongole di Fano
3 spicchi d’aglio
prezzemolo gambi qb
vino qb
olio evo qb
20 g prezzemolo foglie
1 limone naturale
1 fusilli

PROCEDIMENTO
per il gelato alle vongole
Aprire 2,5 kg di vongole nel modo tradizionale con 2 spicchi di aglio, qualche gambo di prezzemolo, adagiandole nella casseruola. Aggiungere il vino poca acqua e coprire. Appena le vongole si aprono, scolare e lasciare raffreddare in modo da poter separare la polpa dal guscio. Fare decantare il succo ricavato tutta la notte in frigorifero.

Gli altri 2,5 kg verranno gettati in acqua bollente per 10 secondi. Con l'aiuto di un coltellino, apriremo le vongole per estrarre la polpa.

Riporre le due polpe all'interno del contenitore del Pacojet con parte del liquido filtrato e decantato. Congelare e il giorno successivo "pacossare" per ottenere il gelato.

Mantecare il fusillo con il liquido delle vongole, uno spicchio di aglio e olio. Aggiungere infine il gelato, finire la mantecatura fuori dal fuoco, adagiare i fusilli nel piatto completando con poco prezzemolo tagliato al momento e una grattugiata di buccia di limone.
 

Biagiola e un libro chiamato Spaghetti

Michele Biagiola è uno chef serio e preparato. E’ lui che cura i riti golosi dell’Enoteca Le Case di Macerata, telefono +39.0733.231897 - 264762, ed è lui a firmare per le Edizioni Estemporanee “un libro dedicato al piatto italiana per eccellenza, ricco di storia, aneddoti, segreti e ricette classiche, rivisitate e nuove”. Il titolo è chiaro e non lascia dubbi circa l’argomento: Spaghetti, foto di Leonardo Rinaldesi, testi a cura di Tito Vagni.

Tranquilli, le ricette ci sono e sono accattivanti. Però c’è molto di più. Un libro tutto da leggere e da cucinare.