Gentile {NOMEUTENTE}
Non ringrazierò mai abbastanza Franco Pepe per il suo progetto di Pizza del territorio, il territorio che circonda la “sua” Caiazzo in provincia di Caserta. In un raggio di 3 chilometri quadrati, Franco sta promuovendo un’agricoltura di alta qualità, fortemente legata alla storia del posto. Non coltiva kiwi per intenderci.

Sappiamo tutti che tanti seguono le mode e dicono di fare questa o quella cosa solo a parole, tipo il Lardo di Colonnata o l’orticello miracoloso, quel fazzoletto grande un terzo di un campo da tennis ma che produce come fosse un campo da calcio. Non è questo il caso. Pepe è il primo a dichiarare che quando tutto il progetto sarà a regime, potrà coprire con tutto il territorio il 10% dell’intera sua produzione lì a Pepe in grani. Non ci sarà insomma mai abbastanza grano caiatino piuttosto che pomodori. Teniamo anche conto che ogni sera, per sei sere a settimana – lunedì il giorno di riposo -, vengono sfornate almeno 360/400 pizze in tre turni, con i clienti divisi in tre distinti ambienti, due nei mesi freddi perché in giardino fa freddo.

Per me questo programma ha un altissimo valore perché, partendo da una pizza, si fa impresa sul territorio e si dà uno sbocco economico a produzioni minime, che altrimenti non starebbero in piedi. Parlare è sempre facile, fare lo è meno e farlo bene ancora meno. E Pepe si scontra contro tanti. Chi lavora al massimo mette in difficoltà chi non va oltre il tran tran quotidiano. Un somaro non vola e, in più, farà facilmente di tutto per tagliare le ali all’aquila.

Paolo Marchi, testi di Luciana Squadrilli e Carlo Passera
 

La forza è della farina o dell'impasto?

La letteratura e la formazione rivolte a chi si occupa professionalmente di impasti e lievitazioni sono “infarcite” di storie, leggende e segreti sul misterioso “W” della farina. Tecnicamente il W è l’indice che misura l'energia spesa per riempire una bolla d’impasto d’aria fino alla rottura. Maggiore il W, maggiore l’energia spesa e, di riflesso, maggiore la forza con cui l’impasto resiste alla rottura della bolla.

Ma è corretto parlare di forza della farina se è l’impasto a esprimere tale forza? Direi di no, a causa anche della non totale attendibilità dei test di laboratorio che definiscono l’indice W nel quale per convenzione la quantità di acqua inserita nell’impasto è sempre uguale a prescindere dal tipo di farina utilizzato. Ma quando facciamo un impasto, per esempio per il pane o per la pizza, avviene che "Più un prodotto richiede lievitazioni lunghe, più serve una farina con un W elevato, in modo da trattenere meglio l’anidride carbonica prodotta nella fermentazione. Il glutine è in grado di assorbire acqua per una volta e mezza il suo peso, quindi più è forte la farina e più è alta la sua idratazione. Si passa da una idratazione inferiore al 50% per le farine 'deboli' da biscotti sino a valori superiori al 70% per farine forti...e il volume finale del prodotto è correlato al contenuto proteico della farina.” (Dario Bressanini, "La Forza della farina", Le Scienze Blog del 28 gennaio 2009 - ed. italiana di Scientific American).

Lo stesso Bressanini afferma nel medesimo articolo che il W è "spesso un po’ impropriamente chiamato forza della farina”. Fuori dalla convenzione, quindi, maggiore qualità e quantità di proteine della farina = maggiore capacità di assorbire acqua nell’impasto = maggiore sviluppo di glutine = maggiore capacità di trattenere i gas della lievitazione = fermentazioni più intense = maggiore forza dell’impasto. Ai fini pratici, possiamo dire che impasti di maggiore forza permettono lievitazioni più lunghe nel tempo e sviluppo di prodotti con alveoli più ampi. Prodotti che, a parità di volume, sono più leggeri, con minore presenza di carboidrati e con vario grado di digeribilità a seconda del tenore di fibre. (la digeribilità dei prodotti lievitati come conseguenza della forza degli impasti e del tenore di fibre sarà il tema della edizione 2014 di PizzaUp).
Piero Gabrieli
 

Qualità e digeribilità: l’anteprima di PizzaUp

La pizza come alimento cardine della dieta mediterranea. Ma la pizza anche come “vittima” potenziale del Teorema della catena, in base al quale una catena è debole quanto il suo anello più debole: e dunque basta un ingrediente base di bassa qualità per rovinare tutto. Inoltre, focus sulla relazione tra componente alimentare e quella di movimento, cardini essenziali della stessa dieta mediterranea. Di questo si è discusso lo scorso 12 giugno nell’ambito dell’Anteprima di PizzaUp, terzo prologo campano dell’evento che da 8 anni riunisce pizzaioli da tutta Italia. Al tavolo dei relatori, i professionisti del settore Gianfranco Iervolino, Federica Racinelli, Ciro Salvo e Luigi Acciaio.

Nette le conclusioni: oggi si presta sempre più attenzione agli ingredienti usati per la guarnizione, ancora troppo poca per quelli della base. Quando la farina dell’impasto è di bassa qualità, quest’ultimo risulterà mediocre e la pizza non sarà migliore. Per non parlare dei tempi di lievitazione spesso insufficienti... «Su una base non idonea non c’è topping che tenga. E non c’è nottata che tenga: nel senso che un cattivo impasto risulterà sempre poco digeribile», ha sintetizzato il giornalista Vincenzo D’Antonio. Non solo: una farina il cui cereale sia stato privato delle parti esterne perde il 60% in termini nutrizionali, un vero “furto” di fibre, vitamine e sali minerali. Dunque il grado di qualità finisce coll’essere proporzionale a quello di “integralità” della farina stessa, che è tanto migliore quante più parti del medesimo chicco di grano contiene.

Infine, la vera e propria anteprima su PizzaUp, “svelata” da Piero Gabrieli, di Molino Quaglia, nel corso del suo intervento: la digeribilità dell’impasto non più valutata a prescindere dal contesto, bensì intesa come relazione armonica e salutare tra ciò che mangiamo e il momento in cui lo facciamo, «per cui un’alimentazione che precede un’attività fisica intensa o che accompagna momenti di sedentarietà deve avere gradi di digeribilità differenti», spiega Gabrieli. Insomma: si approfondisce sempre più lo studio scientifico della miglior alimentazione attraverso la pizza, concetti che saranno protagonisti del prossimo PizzaUp, la cui edizione 2014 è in programma dal 3 al 5 novembre prossimi a Vighizzolo d'Este (Pd), nella sede di Università della Pizza della quale è una sorta di sintesi annuale. Info www.pizzaup.it. (foto MyChef.tv).
CP
 

Collisioni a Barolo: letteratura, musica e...

Letteratura, musica e… grande pizza da degustazione. Un felice connubio con Bread Religion – dunque con tutto il mondo dei lievitati di altissima qualità – caratterizzerà la prossima edizione del festival Collisioni, in programma a Barolo (Cn) dal 18 al 21 luglio. Ricco il cartellone degli eventi, ricchissime le pizze e le focacce che saranno sfornate dai ragazzi dell’Università della Pizza e servite anche di fronte al palco dei grandi concerti (Deep Purple, Elisa, Caparezza e Neil Young, per fare qualche nome). Molino Quaglia proporrà inoltre, venerdì 18 luglio, una carrellata di pizze gourmet all'interno dell'Area Autori di Collisioni e parteciperà il giorno successivo, presso l'Enoteca Regionale del Barolo, all'appuntamento "Un incontro inaspettato. Metti una sera a cena... pizza e vino" che si terrà alle ore 16.30 alla presenza di Fabio Turchetti (Il Messaggero), Alessandro Bocchetti (Gambero Rosso), Bernard Burtschy (Le Figaro), Brian St.Pierre (Decanter), Massimo Giovannini (Pizzeria Apogeo).

Si dibatterà anche all’interno dello stand dell’azienda di Vighizzolo d'Este (Pd), in piazza Cabutto, grazie alla presenza di giornalisti e web reporter, a iniziare dal nostro Paolo Marchi, per proseguire con Manuela Conti, Paolo Massobrio, Mariachiara Montera, Anna Prandoni, Sandra Salerno. In questo “circolo della comunicazione” potrà entrare su richiesta anche chiunque vorrà farsi fotografare abbinando un proprio messaggio di sensibilizzazione a stili di vita che uniscono più movimento a un’alimentazione con più gusto e meno calorie.

Sarà un’occasione per registrare con 1.000 foto altrettanti buoni propositi che alla fine di Collisioni, insieme ai volti degli estensori, costruiranno un grande web-wall. Da segnalare infine, sabato 19 alle ore 17, in piazza Blu l'evento "Il nuovo dizionario delle cose perdute" moderato da Emilio Targia cui prenderanno parte Francesco Guccini e Carlin Petrini.
CP
 

Franco Pepe e la prima pizza tutta a km zero

È stata una festa di tutto l'Alto Casertano, quella organizzata il 4 luglio scorso da Franco Pepe e Vincenzo Coppola – con la collaborazione dei fornitori locali di Pepe in Grani che contribuiscono a rendere questo angolo di Campania una piccola oasi di biodiversità e bellezza rurale – per celebrare la fine della mietitrebbiatura del Grano Nostrum. Così è stata ribattezzata questa antica varietà autoctona di grano – chiamata Autonomia durante il Ventennio perché doveva sfamare gli abitanti di queste zone, e poi abbandonata – di cui l'agronomo Coppola ha ritrovato i semi grazie agli anziani contadini custodi di queste terre, e che è stata rimessa in produzione dai contadini 2.0, giovani pieni di entusiasmo che sono tornati a coltivare queste terre.

Con la farina ottenuta dal Grano Nostrum, Pepe realizzerà a partire dalle prossime settimane la prima “pizza del territorio”, con l'obiettivo di arrivare a usarlo per almeno il 10% delle (numerose) pizze sfornate ogni sera incentivando gli agricoltori locali e reimpiantarlo. Con il grano si chiude il cerchio del progetto a Km 0 del pizzaiolo, che ha reso le sue pizze un manifesto del territorio condendole con i grandi prodotti locali e mettendo in rete contadini, allevatori e artigiani: dal Conciato Romano di Manuel Lombardi alle cipolle di Alife di Antonietta Melillo, dalla mozzarella di bufala di Mimmo La Vecchia al pomodoro riccio coltivato dai fratelli Domenico e Michele Barbiero, altra varietà autoctona recuperata, ricco di polifenoli e resistente alle malattie ma dalla buccia così delicata da poter essere consumato solo in loco.

Erano tutti lì, nel campo sperimentale di Contrada Spinosa - per l'occasione invaso da enormi pizze sulle balle di fieno e sul terreno - dove al tramonto si è svolta l'ultima, simbolica fase della trebbiatura delle spighe sorvegliate da un insolito “spaventapasseri” (una pala da pizza) con la maglia di Pepe in Grani. Ed è proprio questo il messaggio della giornata, e delle pizze di Franco Pepe che si fanno portatrici di valori, persone e territorio oltre che di sapori: un invito a venire a scoprire quest'area bellissima e orgogliosa del suo silenzio e dei suoi campi.
LS
 

Le pizze estive di Ciro Salvo al 50kalò

Fedele alla linea improntata alla stagionalità – oltre che naturalmente alla qualità – delle materie prime utilizzate per condire il suo impasto superstar, Ciro Salvo ha messo a punto un nuovo menu delle pizze per il 50kalòpensato per la bella stagione. Presentato in occasione della consegna della targa n.500 dall'Associazione Verace Pizza Napoletana, il menu “primavera-estate” predilige infatti ingredienti freschi e di stagione, spesso reinterpretando alcuni classici del locale in chiave più leggera, ma certo non meno gustosa.

Così ad esempio la pizza con salsiccia di maiale nero casertano e friarielli viene sostituita da quella con pesto di zucchine, mentre la celebratissima Pizza dell'Alleanza viene proposta in un'inedita versione estiva – la Tonno e Cipolle - che in questo caso non utilizza Presìdi SlowFood ma prodotti legati al territorio campano o del Sud Italia: sugo di pomodorini datterini e cipolle ramate di Montoro, tonno pugliese Colimena, fior di latte di Agerola, origano del Monte Saro e olio extravergine di Don Alfonso dalla Penisola Sorrentina. I pomodori datterini hanno poi un posto speciale nel nuovo menu sposandosi con diversi altri prodotti d'eccellenza, dal San Daniele Dop 18 mesi al Grana Padano Dop 24 mesi, ma anche con la provola di bufala nel nuovo ripieno fritto, per chi non vuole rinunciarvi nemmeno con il caldo.

Buona e leggera la pizza con carpaccio di Marchigiana Igp (quella della macelleria Cillo di Airola), rucola e scaglie di Grana stagionato mentre la freschezza dei fiori di zucca, altro delizioso prodotto di stagione, incontra il sapore intenso del Conciato Romano. Cambia solo nome invece la fantastica Marinara con Scarole (pomodorini del Piennolo del Vesuvio Dop, scarole cotte al vapore, aglio dell'Ufita, olive nere Taggiasche, capperi di Salina) che a fronte di tanto successo è stata “promossa” diventando la Pizza 50kalò. Intanto Ciro non smette di studiare anche sull'impasto, ed è da poco stato in Veneto per andare a trovare due amici e colleghi “sperimentatori”, Simone Padoan e Renato Bosco.
LS
 

Emergenti 1/Gigi Pipa a Este

Il Veneto è sempre più epicentro italiano della cosiddetta “pizza gourmet”, come ha certificato anche l’ultima edizione della guida edita dal Gambero Rosso (vedi notizia appena sopra). Tre gli indirizzi incoronati con il massimo punteggio (I Tigli di San Bonifacio, Ottocento Simply Food di Bassano del Grappa e Saporè di San Martino Buon Albergo), discutibile che a fianco dei celebrati pizza-chef Simone Padoan, Riccardo Antoniolo e Renato Bosco non trovi posto anche Lello Ravagnan con la sua Grigoris di Mestre. Ma accanto a questi punti di riferimento ormai consolidati si fanno strada altre pizzerie che puntano tutto su qualità degli impasti ed eccellenza delle guarnizioni.

Come la Gigi Pipa di Este (Pd), un nome un po’ così (si trova nell’hotel Beatrice d’Este e Gigi Pipa era il nome della discoteca interna), nata nel 2002 ma che da cinque anni ha sposato il credo della “nuova pizza italiana” grazie da Alberto Morello (foto), 26 anni a ottobre, uno dei primissimi laureati all’Università della Pizza. Figlio d’arte (il padre era lo chef del ristorante del Beatrice d’Este), propone pizze in due versioni. C’è quella tradizionale alla napoletana, col cornicione alto, impasto a lunga lievitazione (30-48 ore) con la biga, dunque pre-impasto di acqua, farina e lievito di birra che nelle successive 16/18 ore viene rimpastato con il resto degli ingredienti. Poi c’è la pizza da degustazione, a spicchi, impasto lievitato fino a 48 ore, con lievito madre. Alberto Morello ha scelto per tutti gli impasti la farina Petra 3, risultato della macinazione a pietra di grano italiano tracciato fino ai vicini campi di origine coltivati con tecniche di agricoltura integrata e sostenibile.

Tra queste ultime, oltre alle classiche del Gigi Pipa(bufala; burrata e prosciutto crudo veneto), vanno fortissimo alcune proposte stagionali: quest’inverno la pizza con radicchio tardivo di Treviso, scamorza di bufala affumicata, vellutata di ceci e speck; ora la pizza Quasi parmigiana con pomodori pelati Petrilli, fiordilatte, melanzana al forno, origano, rosmarino, basilico, parmigiano riserva 24 mesi e pomodoro confit. E l’uso delle verdure nei condimenti non potrà che aumentare: è ormai allestito il bell’orto all’interno del parco dell’hotel, attorno al quale sarà possibile mangiare per tutta l’estate e che sta già iniziando a fornire i primi prodotti freschi “a metro zero” che poi finiscono direttamente in forno. Previsti, a regime, radicchio, verze, cavolfiori, zucchine, pomodorini, erbe aromatiche, spinaci…
CP
 

Emergenti 2/Forcellini 172 a Padova

E’ sufficiente spostarsi di 35 chilometri da Este per trovare un altro locale che si è votato recentemente – il nuovo impasto “gourmet” ha poco più di un mese – alla pizza da degustazione. Siamo a Padova al Forcellini 172 (indovinate l’indirizzo…), locale doppiamente buono. Innanzitutto perché fa parte di Officina Giotto, un consorzio di cooperative che impiegano 450 dipendenti dei quali un terzo socialmente svantaggiati (in 120, ad esempio, sono reclusi del carcere di Padova, dove lavorano tra le altre cose in una pasticceria – la pasticceria Giotto – diventata famosa e premiata, specie per i suoi panettoni).

Buono poi perché lo chef Francesco Comerci, 36 anni, altro “figlio” dell’Università della Pizza, ha deciso di recente di proporre nuovi impasti per le pizze, oltre a quelli classici. L’idea è piaciuta a Matteo Florean, che è il coordinatore di tutta l’area ristorativa di Officina Giotto, ed ecco che da poco più di 30 giorni al Forcellini 172 non si ha che l’imbarazzo della scelta. Si può certo optare per una pizza tradizionale (comunque fatta come dio comanda: farina di grano tenero, almeno 24 ore di lievitazione, impasto diretto, piccole percentuali di lievito di birra) o per la Napoli (stesse caratteristiche ma richiede almeno 36 ore di lievitazione e il peso dell’impasto è superiore del 30 per cento. Impreziosito con l’olio di oliva, si presenta più morbido e la pasta viene normalmente tirata meno rispetto al tradizionale, conferendo un diametro più piccolo e un cornice più soffice).

Ma lo “storico” pizzaiolo Moulazim Said, egiziano, può anche sfornarvi una Metro172 (l’impasto è realizzato con biga con almeno 48 ore di lievitazione e viene preparato nella pasticceria Giotto. La pizza viene servita in tagliere fino a 172 cm) o la regina, la Petra: impasto con Petra del Molino Quaglia (che fornisce anche tutte le altre farine), almeno 24 ore di lievitazione e basse percentuali di lievito di birra. Sapori unici, profumi del grano “come una volta” (la Petra è una farina integrale completa, macinata a pietra), arricchiti da una selezione di prodotti di farcitura di alto livello: pomodoro, bufala, porcini e crudo veneto berico euganeo, ad esempio, oppure mozzarella, stracchino veronese, alici di Marzamemi e pomodorini Pachino. Per i celiaci c’è anche una proposta gluten free.
CP
 

Fenomenologia della schiacciata fiorentina

Mentre qualcuno ancora discute sulle distinzioni tra pizza napoletana, gourmet, focaccia e quant'altro, anche altre tipologie annoverabili nell'universo “pizza&affini” rivendicano il proprio posto. È il caso della schiacciata fiorentina – o schiacciata all'olio – vero e proprio simbolo della tradizione gastronomica toscana. Proprio per rivendicarne l'importanza, sancirne le diverse varianti e mapparne la diffusione nel territorio regionale, l'Aset (Associazione Stampa Enogastroagroalimentare Toscana) e Vetrina Toscana hanno organizzato un vero e proprio censimento di questa specialità i cui risultati sono stati presentati il 26 giugno presso l’Accademia dei Georgofili.

Avviato nel gennaio 2014, il censimento - che ha coinvolto oltre 200 fornai toscani e circa 100 campioni esaminati organoletticamente da giornalisti specializzati - ha catalogato le 5 principali tipologie di questo prodotto: sottile, da farcire, tradizionale, con pasta di pane e con farina di grani speciali. Pur contando pochi e semplici ingredienti di base (acqua, farina, olio, sale, lievito), questo prodotto conosce infatti nel'ambito regionale un gran numero di declinazioni diverse: alta o bassa, morbida o croccante, più o meno salata, unta o asciutta. E ancora, a seconda delle zone e delle tradizioni la troverete friabile o compatta, con il bordo alto o basso, più o meno cotta, da farcire o nature.

A dir la verità, proprio l'ultimo punto sarebbe cruciale per differenziare quella toscana dalle altre schiacciate e focacce diffuse in Italia: nasce infatti non come accompagnamento di un companatico ma come prodotto che può – o secondo qualcuno deve - essere consumato da solo, street food ante litteram e completo in sé. Insieme ai risultati del censimento è stato presentato anche uno studio dell’Accademia della Crusca sulle varianti dialettali per indicare la schiacciata – ben 617, da schiaccia a fugassa, a coaccino – sulla loro origine etimologica e sul radicamento di questo prodotto nella cultura popolare locale.
LS
 

Spicchi e Rotelle secondo il Gambero Rosso

Sale il numero di Tre Spicchi e Tre Rotelle – massimi riconoscimenti attribuiti a diverse categorie di pizza al piatto e al taglio – della guida Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso, presentata il 30 giugno alla Città del Gusto di Roma. Su oltre 450 locali recensiti dal Piemonte alla Sicilia, ben 45 – rispetto ai 30 della scorsa edizione – hanno conquistato il massimo livello nelle rispettive tipologie. In crescita i “campioni” della Pizza Napoletana (presenti soprattutto in Campania, naturalmente, con 12 Tre Spicchi) dove tra nuove aperture e cambi di guardia si registra gran fermento.

Per quanto riguarda la Pizza all'Italiana che abbraccia diverse varianti regionali, guida la classifica il Lazio (3 locali Tre Spicchi, e altrettanti Tre Rotelle) mentre il Veneto ottiene lo stesso risultato per quel che riguarda la Pizza Gourmet, caratterizzata da lievitazione naturale e condimenti d'eccellenza. Non mancano sosprese anche in regioni meno blasonate: per esempio l'umbro Spirito Divino e il toscano Palazzo Pretorio si aggiudicano Tre Spicchi per la pizza napoletana e l'abruzzese La Sorgente per la Pizza all'Italiana. Piemonte (Pomodoro&Basilico) e Marche (Urbino dei Laghi) vantano Pizze Gourmet da premio, ma ci sono pure pizze a taglio da Tre Rotelle in Calabria (Pizzamore) e Sardegna (Pizzeria Bosco) oltre all'eccezione partenopea della pizza fritta della Masardona.

Per completare il panorama delle migliori pizze d'Italia per il Gambero Rosso, i premi speciali: Maestri dell'Impasto Enzo Coccia e Renato Bosco. Pizze dell’anno la “nuvola” con carciofi sardi, culaccia, mozzarella di bufala, pomodoro corbarino, origano di Pantelleria e Parmigiano Reggiano Riserva 30 mesi di Orlando Bortolani al Mediterraneo di Brugnera (Pn), la pizza con orapi, mozzarella e speck di Mario De Vittoris al Bellavista di Picinisco (Fr) e la pizza con crema di cavolfiore, gamberi, lardo di Colonnata e scorza di limone sfusato di Amalfi di Gianfranco Iervolino a Villa Giovanna, Ottaviano (Na). Migliori carte dei vini e delle birre quelle de I Tigli di Simone Padoan a San Bonifacio (Vr) e del locale dei fratelli Francesco e Salvatore Salvo a San Giorgio a Cremano (Na).
LS
 

Il Cravot di De Rosa a Legnano: magnifico

Bruno De Rosa è un uomo schivo e silenzioso, non lo troverete mai sul palcoscenico, per conoscerlo bisogna proprio andare a Legnano (Mi), alla sua pizzeria Montegrigna by Tric-Trac (via Girgna 10, +39.0331.546173). Ma i suoi impasti sono straordinari, le sue pizze squisite. Eccone una, nella foto, si chiama Cravot: impasto rustico (mais ottofile e grano saraceno), poi pomodoro San Marzano, pomodorini, fiordilatte a fette, prosciutto cotto di Parma, alici del mar Cantabrico, formaggio di capra a latte crudo, origano di montagna, olio extravergine. Golosissima.
CP