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Alla recente edizione delle Strade della Mozzarella, il bel lavoro che Barbara Guerra e Albert Sapere svolgono ogni primavera a Paestum in provincia di Salerno, Tommaso Esposito, medico psichiatra e direttore del Museo di Pulcinella di Acerra, mi ha fatto dono del suo secondo libro gastro-musicale. Dopo il volume nel quale ha raccolto canzoni e musiche composte per i maccheroni, ora è la volta di dieci melodie che rendono omaggio la sua maestà la pizza.

Fatica da applausi perché 'A pizza - Viaggio nella canzone napoletana copre un arco di tempo di quasi mezzo millennio perché la prima data 1500 e l’ultima 1966. Sono in verità molte di più, ne ha incisa una pure Silvio Berlusconi una dozzina di anni fa assieme con Mariano Apicella e, pur non avendola mai ascoltata, sono certo che non passerà alla storia della musica.

Le possiamo ascoltare nel cd, curato dal duo formato da Enzo Siletti (elaborazione musicale e orchestrazione) e Floriana D’Andrea (voce), allegato al libro a iniziare da ‘A pizza c’’a pummarola di Riccardo Pazzaglia e Domenico Modugno. Un lungo e meticoloso lavoro che va premiato.

Paolo Marchi, testi a cura di Carlo Passera e Luciana Squadrilli
 

Anteprima PizzaUp e il gusto dell'energia

Riaprono i lavori della nuova edizione di PizzaUp e, come ogni anno, un’ anteprima avrà il compito di legare gli argomenti dell’edizione precedente al tema che verrà nell’edizione di novembre. L’Anteprima 2014 si terrà il 12 giugno a due passi da Caserta con un dibattito sul rapporto tra pizza italiana e dieta mediterranea, dove la pizza, nelle sue versioni più semplici e popolari, sarà considerata nella duplice veste di alimento che esaurisce uno dei pasti principali della giornata e, nello stesso tempo, piatto che può valorizzare gli ingredienti nobili della cucina italiana, se preparata da chi sa sceglierli e lavorarli correttamente.

A distanza di 7 anni dall’avvio del progetto Università della Pizza, del quale il simposio annuale PizzaUp rappresenta ogni anno il momento di sintesi, la professionalità dei pizzaioli che seguono la strada dello studio e della conoscenza degli ingredienti e delle tecniche è riconosciuta e apprezzata da un pubblico crescente. Un pubblico di consumatori che identificano e apprezzano il pizzaiolo per il livello raggiunto nell’affinamento del gusto e nello studio delle farine e delle lievitazioni.

Ma cosa lega pizza italiana e dieta mediterranea ? La Nuova Piramide Alimentare (in versione italiana) cataloga gli ingredienti della dieta mediterranea sulla base della frequenza di consumo. Ho evidenziato nel grafico qui accanto le materie prime di origine vegetale e le uova collocandole nelle rispettive fasce di consumo, e, come è evidente, nel consumo giornaliero sono presenti tutti gli ingredienti più comunemente usati nelle diverse forme di pizza italiana. Eppure la grande diffusione della pizza negli ultimi decenni ha aperto la porta a ingredienti “generici” accomunati dal nome ma non dal contenuto nutrizionale. Così per le farine e per le tecniche di lievitazione. I cereali utili per una corretta dieta mediterranea devono essere presenti totalmente nel piatto, perché privarli delle parti esterne equivale a sottrarre preziosi apporti di fibre, vitamine e sali minerali dalla base della nostra alimentazione.

In termini nutrizionali significa impoverire il 60% della nostra fonte di energia giornaliera assunta attraverso l’alimentazione. In termini di percezione sensoriale significa invece togliere gusto all’ energia e far dimenticare che il cibo, oltre ad essere un carburante per il nostro corpo, è un piacere che nasce dalla giusta cultura alimentare. Ne parleremo il 12 giugno assieme a (in ordine alfabetico) Gianfranco Iervolino, Federica Racinelli e Ciro Salvo con la partecipazione di Luciano Pignataro. Per scoprire il gusto dell’energia, clicca qui.
Piero Gabrieli
 

Antonio Pappalardo protagonista a Parigi…

Chiamatela pizza de degustazione, o pizza gourmand, o come preferite: il modo nuovo di preparare il più classico disco di pasta italiano varca i confini e inizia a farsi conoscere anche all’estero. Merito della “nidiata” di giovani pizzaioli che hanno imparato ad abbinare tradizione e tecnica: come Antonio Pappalardo, campano ormai di stanza a Rezzato. Dalla profonda provincia di Brescia farà un bel salto Oltralpe, perché è atteso come ospite d’onore a una serata-evento organizzata a Parigi dal Consortium Paris, in collaborazione con Molino Quaglia.

«Siamo attivi da tempo nella capitale francese – spiega il lucano Mauro Bochicchio, che di Consortium è l’ideatore – per la promozione dei prodotti e della cultura italiana», non solo in campo gastronomico, ma anche nel design e nel fashion. Recente è l’evento firmato insieme a Unesco per la cultura alimentare, la filiera corta e a sostegno delle economie locali, così come gli appuntamenti con Bruno Verjus, già critico gastronomico ora diventato apprezzato chef, o con un altro “scienziato” della pizza come Gianfranco Iervolino della pizzeria Villa Giovanna, a Ottaviano nel cuore del Parco Nazionale del Vesuvio. Ora sarà la volta di Pappalardo. Ma perché proprio lui? «Perché lo seguo e lo apprezzo da tempo. Perché vogliamo mostrare a Parigi la nuova cultura della pizza gourmet, che qui è del tutto assente. Perché vogliamo far vedere che la pizza buona, in Italia, non si mangia solo a Napoli», risponde Bochicchio.

Tre buone ragioni che daranno vita a una giornata fuori dal comune, il 3 luglio prossimo, ospitata dal ristorante La Taverna, due passi dalla Tour Eiffel. Il programma prevede una sorta di “lezione” iniziale, durante la quale verranno raccontate le materie prime usate e soprattutto le tecniche di lievitazione e cottura, oltre che la ricerca e la cultura che stanno dietro alla “nuova pizza”. Si passerà quindi alla degustazione vera e propria, con l’abbinamento con prodotti grandi agroalimentari.
CP
 

…e le sue pizze sono doppiamente buone

Nella foto, la pizza Ant, con fiordilatte, carciofo saltato alla romana, ricotta affumicata e roast beef all'inglese, una delle recenti invenzioni di Antonio Pappalardo. Si chiama come l’omonima fondazione bolognese impegnata da oltre trent'anni nell’assistenza socio-sanitaria gratuita a domicilio ai malati di tumore, in nove regioni d'Italia, e infatti la creazione dello chef-pizzaiolo ha fatto il proprio esordio proprio nel corso di una serata tutta dedicata alla raccolta di fondi per questa nobile causa.

Ancor più recentemente, Pappalardo ha bissato il proprio impegno umanitario, creando anche una pizza Emergency – ovviamente, si trattava di cercare contributi a favore dell’associazione fondata da Gino Strada – protagonista di un altro evento organizzato all’interno della Cascina dei Sapori di Rezzato (Brescia). Bella la motivazione, buono il condimento: il disco lievitato al “Pappalardo style” era infatti guarnito di fiordilatte di Agerola, insalata di puntarelle e ravanelli, arista, pecorino di Pienza e aceto di lamponi.
CP
 

Franco Pepe e la Bufala Incavolata

Ce ne vuole a far arrabbiare Franco Pepe, grande pizzaiolo di Caiazzo che conquista tutti non solo con le sue fantastiche pizze ma anche con il suo carattere mite e riflessivo, sempre pronto a spendersi per il suo territorio. Ma quando è troppo è troppo e allora – dopo tutte le polemiche, gli attacchi e le brutte storie, spesso non del tutto fondate – alla “Terra dei Fuochi” e a uno dei prodotti più amati della Campania intera, la mozzarella di bufala, Franco ha deciso di far “incavolare” almeno una delle sue pizze.

Ideata e presentata alle Strade della Mozzarella – congresso gastronomico dedicato ai mille usi della bufala in cucina e sulla pizza – la sua “Bufala Incavolata” nasce dalla collaborazione con Imma Migliaccio, giovane contadina e titolare dell'azienda biologica Abim a Nocelleto di Carinola (Caserta), la cui filosofia è “coltivare con coscienza e in prima persona”. Dall'“orto antico” di Imma arrivano ortaggi di varietà quasi scomparse e prodotti sempre freschissimi che mantengono i sapori intatti di una volta. Tra questi, il cavolo rapa messo appunto sulla nuova pizza insieme alla mozzarella di bufala. Entrambi gli ingredienti sono presenti sia in versione cotta (una crema di cavolo rapa e Mozzarella di Bufala Campana Dop che si fondono in forno durante la breve cottura) sia cruda, con degli “stick” di croccante cavolo rapa e di morbida mozzarella di bufala fresca, con l'aggiunta equilibrante della rucola selvatica e il tocco finale dell'extravergine di olive caiazzane.

Tante cose in una pizza: una piccola provocazione, la capacità di fare rete, l'esalatazione e valorizzazione del territorio e dei suoi prodotti, una riflessione intelligente sul tema del congresso – l'eccezione e la regola, dunque il passaggio dal crudo al cotto come “regola” alimentare e culturale con il passare dei secoli – e soprattutto tanto gusto. Come in ogni pizza di Franco Pepe che il premio Pulitzer Jonathan Gold, critico gastronomico per il Los Angeles Times, ha recentemente definito “probably the best pizza in the world”.
LS
 

Morazzini, il mago dei lieviti di Ciotti

«Stefano Ciotti da bambino sognava di diventare lo chef di un importante ristorante», scrive Andrea Grignaffini narrando la storia di questo romagnolo brillante che, classica trafila dall’Alberghiero ai primi lavori importanti, è riuscito a far nascere da poco meno di due anni la propria creatura, rilevando e rivitalizzando un ristorante in profondo rosso e portandolo al successo, in quel di Urbino, all’interno dell’area acquatica della Tenuta Ss. Giacomo e Filippo. L’esito felice di questa scommessa deve però non poco alla ben delineata proposta di pizze da degustazione che completano l’offerta del menu. Nello spiegare il perché della scelta di far convivere ristorante d’alta gamma e pizzeria gourmand, Ciotti utilizza un’efficace metafora: «Mi sentivo come un artista che dipinge bei quadri, ma poi poca gente può vederli. Ecco, ho pensato a un progetto che consentisse di avvicinare più persone. Ci siamo tolti la cravatta, ci siamo messi a impastare e abbiamo fatto nascere Urbino dei Laghi, all’insegna dell’ecosostenibilità».

Parla al plurale, lo chef, perché se in cucina il dominus incontrastato è lui, al forno è stato necessario un lavoro d’equipe con Antonio Laudati, che in seguito ha aperto un proprio locale, e soprattutto con Tomas Morazzini, mago dei lieviti e della panificazione, con cui continua il sodalizio. C’è in realtà un quarto nome da citare, quello di Eleonor, che però non è una persona ma un lievito madre di ben 66 anni, Morazzini lo nutre amorevolmente dal ’97: ecco quindi uno dei segreti. Gli altri? Il doppio impasto con farine macinate a pietra in mulini ad acqua e basate tutte su grano locale, varietà Bolero e Bologna: non solo una scelta km zero, come molte altre qui (le materie prime provengono in larga parte dall’azienda Urbino Agricola, interna alla tenuta), «queste farine, che utilizziamo sempre di fresca macina, mi consentono di ottenere una consistenza friabile, croccante, per nulla “appiccicosa”», spiega Morazzini. Insomma, cornicione alto ma pizza diversa da quella napoletana, per nulla gommosa e «si sente il gusto del grano».

A Ciotti l’onere/onore di “vestirla”, prima che venga servita a spicchi da degustazione: e qui si va dalla proposta classica – pomodoro fiordilatte e basilico, per una clientela in cerca di certezze – alle più creative: fior di latte, squacquerone, cipollotti, misticanza al balsamico e prosciutto crudo dell'Alta Val Metauro; oppure fior di latte, puré di ceci al rosmarino, mortadella dop (grattugiata sulla pizza) e insalata di sedano; oppure, ancora, fior di latte, radicchio trevigiano, taleggio, mandorle e origano di Pantelleria. In tutto undici proposte, una più golosa dell’altra. (foto Silvano Bacciardi)
CP
 

Emma, Roscioli e il segreto della “romana”

Si chiama Emma la nuova pizzeria romana aperta in via Monte della Farina (toponimo che deriva dall'antica sede del Monte Frumentario, che offriva prestiti in grano ai contadini) da Francesco Roscino in collaborazione con l'amico fraterno Pierluigi Roscioli. Francesco ha rilevato una decadente trattoria romana a due passi dal forno Roscioli per farne – con l'aiuto e il know how di Pierluigi - l'avamposto della riscossa della pizza romana, quella bassa e croccante fatta a regola d'arte, ormai soppiantata da “napoletane” o aspiranti tali, pizze gourmet e versioni scadenti della romana al piatto.

«Il segreto di una buona romana – spiega Pierluigi – è la surmaturazione dell'impasto, che nessuno fa più». In pratica, spiega, è la lavorazione lunga e attenta senza shock termici (puntatura a temperatura ambiente per qualche ora, passaggio in frigo a 8°C per 18-26 ore, divisione in panetti e maturazione a 12-14°C per altre 12 ore almeno) e con pochissimo lievito, che permette di rompere i legami glutinici dell'impasto rendendolo estremamente croccante e digeribile. Le palline così ottenute, anche se rispettano i canoni di peso della romana, sembrano più grandi perché tendono a “cedere”, richiedendo una grande abilità nella stesura fatta prima a mano e poi con il matterello. La fragranza prolungata è garantita anche dalla cottura attenta nel forno a legna e da un breve risposo sul piano di abete all'uscita dal forno.

Fondamentali anche le materie prime utilizzate naturalmente, che per l'impasto – un mix di farina di farro bio (20%) e Manitoba con forza limitata - come per i condimenti sono in gran parte di origine laziale, con qualche eccezione. Si va dalla Napoli&Cantabrico con le pregiate alici spagnole a quella dedicata ai Fratelli Salvo (pomodoro del piennolo, pancetta arrotolata di cinta e caciocavallo podolico) ma fiordilatte ed extravergine, ad esempio, sono del Lazio. Ad accompagnare le pizze (e le focacce, più alte e spianate a mano) ci sono i prodotti del bancone “roscioleggiante” ma anche fritti, bruschette e qualche piatto di cucina tradizionale, una carta dei vini intelligente e una selezione di birre artigianali accanto a quelle di grandi marchi italiani.

«Oltre a riportare in voga la “romana” – dicono Francesco e Pierluigi – vogliamo anche fare un locale per tutti, dove venire in tranquillità, restituendo alla pizza la sua connotazione popolare: la pizza, per noi, deve tornare ad avere “i piedi per terra”». E questo moderno locale con circa 100 coperti, dove volendo si possono spendere anche 28 euro in due per pizza e birra (o molti di più, naturalmente, in base a gusti e possibilità) sembra il posto giusto.
LS
 

Bread Religion a Rimini, pane e sport

È stato un Bread Religion particolare quello andato in scena sulla riviera romagnola, doppio appuntamento a Riccione e Rimini, in quest’ultimo caso all’interno di Rimini Wellness con una novità assoluta: panini col perfetto bilanciamento di carboidrati e vitamine/sali minerali a seconda del tipo di “carburante” che i vari sport richiedono.

Quattro in particolari le degustazioni, dedicate ad altrettanti tipologie di sport, introdotte da Pierpaolo Pavan, medico nutrizionista e specialista in medicina dello sport, e che hanno visto protagonisti cinque chef-pizzaioli d’eccezione. Giulia Miatto e Roberta Pezzella hanno “inventato” il panino perfetto per chi pratica ciclismo su strada (una ciabatta farcita con salicornia, ceci croccanti, crema piccante di ceci, zucchine al forno e crema di noci verdi); Massimo Giovannini ha pensato agli appassionati di pilates e yoga, con una focaccia con crema di piselli, sgombro marinato, salsa di cacao e granella di arachidi; Gianni Dodaj si è dedicato a chi preferisce il running e il nuoto, per loro un panino ai fiocchi d’avena con bresaola, ricotta, miele, parmigiano, ananas, valeriana e zenzero, infine Simone Padoan per chi ama la mountain bike ha ideato un pandolce con ricotta di bufala, piselli, asparagi, rapa candita in sciroppo di miele e ciliegie.

Tutte proposte sane e buone, grazie a farina Petra che nasce dalla macinazione integrale di grano 100% italiano ad alto contenuto proteico e di fibre alimentari; impasti a base di lievito madre fresco (vivo) che contribuisce all'abbassamento dell’indice glicemico; farciture realizzate con ingredienti a base di proteine altamente digeribili; elevato contenuto di acqua per favorire la corretta idratazione del corpo; porzioni calibrate per fornire la quantità di energia a lento rilascio; minore presenza di carboidrati e maggiore presenza di fibre. Insomma, con Bread Religion il panino non è più cibo spazzatura e diventa portavoce di messaggi di una alimentazione sana e attenta al benessere della persona.

«Trovo assurdo che proprio chi fa sport e tiene di più al fisico si nutra spesso con gli integratori, invece di avere a disposizione una proposta buona e naturale – spiega Piero Gabrieli, direttore marketing di Molino Quaglia – Per questo abbiamo pensato a questa tappa riminese, che è diventata anche uno step del nostro progetto ”Il Gusto dell'energia"». Quanto a Bread Religion, prossimo appuntamento a Brescia il 14 e 15 giugno nell’ambito di Franciacortando. Foto di Sarah Scaparone (Dodaj, nuoto-running).
CP
 

Conferme romane: ProLoco e Open Country

La “scuola romana” della pizza conta molti nomi eccellenti spesso alla ribalta della cronaca gastronomica nazionale, che si tratti di pizza in teglia o pizza tonda d'autore. Ma se avete un po' di curiosità e volete assaggiare qualcosa di diverso, ecco due indirizzi “periferici” da tenere in considerazione. Ha aperto quasi un anno fa ProLoco a Centocelle, nato dall'evoluzione di Dol-Di Origine Laziale, il progetto di selezione e distribuzione delle eccellenze gastronomiche laziali di Vincenzo Mancino.

ProLoco è insieme bottega e ristorante, tutto nel nome dei prodotti laziali – in primis formaggi e salumi ma non solo – presi da piccoli coltivatori e artigiani regionali o realizzati e affinati in proprio. Di sera ci sono anche le pizze, impastate e sfornate da Simone Salvatori utilizzando farine bio laziali (di cui 30% farro) e lievitazione minima di 24 ore. Si tratta di una fragrante pizza in teglia “alla romana”, proposta in versione base bianca o rossa e arricchita con sughi e ingredienti local, dalle “tradizionali” gricia e amatriciana alle proposte “di stagione” come quella con ciliegie di Fara Sabina e pancetta affumicata al naturale o con zucchine e ricotta di capra.

A Casetta Mattei, nel verde della Valle dei Casali, c'é invece l'insolito Country Rome. Un bel casale ospita le stanze di un b&b e un grazioso ristorantino dove ogni sera si alternano proposte diverse, dalla carne al pesce, alla pizza. Che è quella di scuola “nordica”, alta e soffice, a base di farine di qualità e arricchita da condimenti golosi come prosciutto crudo e burrata o mozzarella, pomodorini, olive, acciughe e capperi. Tecla Sera – dopo aver lasciato la pasticceria di famiglia a Monteverde - ha “studiato” all'Università della Pizza del Molino Quaglia e ha deciso di proporre anche a Roma questa tipologia di pizza con una formula “degustazione” accompagnata da sfiziosi antipastini e gustosi dessert.
LS
 

'A pizza, il libro musicale di Tommaso Esposito