Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Un paio di domeniche fa, il 22 giugno per l’esattezza, Pietro Leemann, chef-patron del ristorante di cucina naturale Joia a Milano, ha organizzato la prima edizione di The vegetarian chance, confronto che andava ben oltre il vegetarianismo perché in verità i concorrenti erano chiamati a pensare due piatti, un antipasto e un piatto principale, vegani (senza obbligatoriamente esserlo a loro volta).

Ha vinto Daniela Cicioni (qui la cronaca della giornata) con proposte vegane e pure crudiste, perfette anche per i celiaci, ma ora non mi preme la classifica bensì evidenziare un altro aspetto. Non è affatto detto che per cucinare vegano ci si debba limitare a escludere qualsiasi ingredienti di natura animale. Fosse così, basterebbero spaghetti pomodoro e basilico.

Il mondo della pasta è una prateria per chi evita anche burro, uova e latticini, un territorio da esplorare con sempre maggiore preparazione e intelligenza proprio perché una volta tolto, il cuoco deve aggiungere. L’obiettivo dev’essere una cucina vegana golosa. Sarebbe perfetto se gli onnivori arrivassero a scegliere un piatto vegano perché golosamente e pienamente buono, infischiandosene dell’etichetta. E la pasta può essere il cavallo di Troia per superare ogni diffidenza.

Paolo Marchi, testi di Gabriele Zanatta
 

Felicetti a New York tra Sofi Awards e Swiss Air

Vi scrivo da New York perché, tra le altre cose, eravamo candidati con due prodotti in nomination in altrettante categorie ai Sofi Awards, sorta di oscar del food e del beverage organizzato ogni anno dal 1972 dalla Specialty food association.

La serata non è stata molto generosa di soddisfazioni: Spaghettoni Monograno e Rigatoni Khorasan Kamut Monograno, le nostre due paste selezionate in nomination tra circa 2.700 altri prodotti candidati, non si sono aggiudicate il premio finale. Rimane però la grande soddisfazione di aver rappresentato l’unico caso di azienda non statunitense con due nomination. Per questo, anche se è mancata la consegna della statuetta, non sono poi tanto deluso.

La sensazione che ho ricavato osservando i prodotti premiati è che un item tradizionale ha poche chance di vincere se viene messo in competizione con prodotti nuovi e “trendy”. Ho consolidato però una certezza, costruita negli ultimi anni di esperienza: la bevanda xy al gusto di cetriolo biologico a breve scomparirà dagli scaffali, mentre la pasta vi rimarrà per sempre.

E l’anno prossimo ci riproveremo, magari con l’ingrediente principale del piatto che trovate in questa foto. Sono gli Spaghetti al nero di seppia di questo Trancio di salmone, pepe aromatizzato al limone, schiuma di curry, porro e cubetti di pomodoro. Swiss Air la servirà ai passeggeri della business class per tutta l’estate. Piccole soddisfazioni.
Riccardo Felicetti
 

Cannavacciuolo: se i francesi avessero inventato la pasta...

Il bello di Tonino Cannavacciuolo è che nei suoi emisferi cerebrali non esistono ricette scolpite nel granito dell’eternità. L'ombra nella foto dei Paccheri col ragù alla genovese qui accanto non rende giustizia al colore globale del piatto, che non è quello scuro, quasi limaccioso della pietanza classica napoletana (che più classica napoletana non si può). Ha toni decisamente più chiari, vi garantiamo, «perché c’è meno cipolla», svela il cuoco di Villa Crespi mentre lo porge, «non trovi sia più buono così?». In effetti è un piatto di bontà da leccare il medesimo, sovrastato da un sibillino gambero crudo che mamma mia aiutaci tu a riaverci.

E' l’ultimo dei grandi piatti di pasta secca con cui il cuoco ha aperto una breccia in Piemonte dal 1999, anni in cui il bullismo di plin e ravioli scoraggiava le intrusioni: «Quando iniziai a mettere in carta la secca», rievoca il cuocone, «mi guardavano tutti storto, incluso il mio direttore di sala dell’epoca: ‘è un controsenso puntare su paccheri e spaghetti’, mi disse. Io me ne fregai. Oggi non c’è un ristorante che non scommetta sul grano duro». Resistenze culturali che sono un freno al dilagare delle nostre primizie nel mondo: «Noi italiani primeggiamo su una cosa: l’ignoranza alimentare, io per primo eh. Ma abbiamo prodotti che il mondo ci invidia: l’avessero inventata i francesi o gli spagnoli, la pasta secca sarebbe diventata un simbolo mondiale, non una barzelletta come spesso è».

Si ride, ma solo di gioia, per i grandi piatti di pasta scritti in un decennio e mezzo da Cannavacciuolo sul Lago d'Orta: le Linguine di Gragnano, calamaretti spillo e salsa al pane di Fobello sono ormai il suo simbolo («Ma non ho fatto nulla di straordinario», si sminuisce, «solo messo assieme pasta e pane, due cardini della nostra cucina»). Ma attenzione, non è che sul genere fresco il suo talento sui primi si afflosci. Provare prego la Pasta e fiori, pasta all’uovo con dentro crema di capra galleggiante su acqua di pomodoro. L'ennesimo capolavoro di un cuoco totale.
 

Coxinas/Il raviolino impalpabile di Petza

Domenica scorsa, fuori e dentro le mura del ristorante S’Apposentu di Casa Puddu a Siddi, 60 km a nord di Cagliari, si è tenuta un’edizione scoppiettante di “Coxinas: grano duro, territorio e altro", un inno ai protagonisti e alle grandi materie prime della regione della Marmilla, della Sardegna e d'Italia. Ne abbiamo parlato ampiamente qui. Ora ci concentriamo su genesi e ragioni di due grandi piatti di pasta che nel fine settimana hanno dato forma al picco di altrettante cene last minute, orchestrate sull’improvvisazione dal padrone di casa Roberto Petza, Mauricio Zillo (vedi il piatto sotto) e Roberta Pezzella, impastatrice dei (grandissimi) pani della serata.

Il piatto (nella foto di Pietro Pio Pitzalis) si chiama L’orto di Marmilla e racchiude in un cerchio il meglio che cresce e pascola in questo periodo nella regione che ha ospitato l’evento. È un brodo di pecora con verdure (ceci verdi, fagiolini, zucchine, rucola selvatica, bietoline spontanee, foglie di cavolo rapa), erbe aromatiche (basilico, nasturzio, coriandolo, sedano selvatico) e due raviolini che racchiudono delle scorzettine d’arancia e del casu axedu, un formaggio che si ottiene facendo cagliare il latte e aggiungendo del siero acido del giorno prima, in una sorta di yogurt.

Interessante era la consistenza a velo del raviolino, sottile fino a sfiorare l'impalpabilità. «È perché», ha spiegato il suo autore, «il raviolo di un brodo per me è soprattutto il suo ripieno e la pasta l’involucro che occorre per trattenerlo». Una presenza evanescente ma necessaria a fare dei Ravioli in brodo coi fiocchi, «che poi è il pasto principe della nostra tradizione, la pietanza migliore per far felice l’ospite». Per assaggiarlo bisogna fare in fretta perché la pecora ha una sua precisa stagionalità che inizia ora e si conclude a fine agosto, l’arco temporale dell’erba secca che regala alla carne ovina una bella consistenza grassa. E per tutto il resto dell’anno? C'è il brodo di gallina.
 

Coxinas/L'arriccia al burro di pecora di Zillo

La pasta, il fieno e un pizzico di quello che mancava. Una dicitura divertente per un piatto di pasta cucinato in jam session da Mauricio Zillo del Rebelot del Pont di Milano, in trasferta a Siddi per farsi abbagliare da una straordinaria cascata di materie prime mai sentite fino a ieri. La pasta, in particolare, ha sempre regnato sovrana in questa porzione di Sardegna, regione un tempo serbatoio d’Italia di grano duro, ma oggi retrocessa di rango per una progressiva conversione delle colture.

Ma in Marmilla il triplo imperativo «resistere, resistere, resistere» i piccoli produttori se lo ripetono ogni giorno per mantenere in vita formati come marraconis filaus, tallutzas, lorighittas, pillus di semola. E la arriccia ddedasa della Cooperativa Demetra di Siddi della foto, sorta di reginetta che Zillo ha pensato bene di cuocere al dente in un brodo di fieno tostato, cioè di erbe di stagione raccolte lì per lì «perché questa pasta assorbe benissimo gli aromi di cottura». Un formato semplice, di pasta essiccata con semola di grano duro Senatore Cappelli, il campione dell’isola.

Pasta che viene mantecata con il burro di pecora, che sarebbe poi «quel pizzico che mancava» che il collega Petza è dovuto andare a cercare su commissione del brasiliano («mica facile trovarlo, nemmeno da noi», si è lamentato col sorriso il sardo). E spolverata con caglio di capretto (callu de crabittu), sorta di “bottarga animale” dal sapore molto gentile che dà un piacevolissimo connotato ruffiano al gusto finale. «Anche se», chiude Zillo la spiegazione, «l’architrave di questo piatto è la pasta, non il sugo. L’esatto contrario di quello che mi sarei aspettato prima di venire in Italia. Meno male che è così». (foto Pietro Pio Pitzalis)
 

Christian Milone omaggia Marchesi e l'Italia

Pasta alle erbe al doppio pomodoro. Un doppio dativo con cui Christian Milone della Gastronavicella della Trattoria Zappatori di Pinerolo (Torino) si rivolge in omaggio al piatto principe della cucina italiana – la pasta al pomodoro – e al Raviolo aperto con la foglia di prezzemolo in filigrana di Gualtiero Marchesi.

Nell’impasto, metà tuorli e metà farina, della doppia lasagna miloniana si vede però tutto tranne che il prezzemolo: finocchietto, abrotano, levistico, geranio odoroso, santolina, basilico, menta, acetosella, acetosa… Le erbe del suo orto in trasparenza. Ma è pure volatile a suo modo il pomodoro, che si sente ma non si vede. È perché la pasta la si finisce di cuocere nell’acqua bianca di pomodoro (grappolo o cuore di bue in stagione) ottenuta per percolazione e cotta assieme a un poco di tapioca.

Il pomodoro riapparirà al cliente in forma di “cuore”, cioè i semi e la pasta gelatinosa, nascosti sul fondo del piatto con spolverata di pesto liofilizzato. Un gioco vedo-non-vedo, sento-non-sento. Un omaggio che il cliente alla fine già si è dimenticato qual era lo spunto di partenza, perso come narcotizzato in una spirale di grande gusto.
 

RICETTA/ L'incredibile insalata di pasta di Gilmozzi

Prende sempre più forma il menu del pic-nic di Identità Cortina, domenica 13 luglio a El Brite de Larieto, con una schiera di cuochi d’eccezione: Massimo Bottura, Alfio Ghezzi, Riccardo Gaspari, Gigi Dariz, Mauro Brun e Bruno Rebuffi, Massimo Alverà e Alessandro Favrin. La parte pasta è affidata ad Alessandro Gilmozzi, un genio della cucina di montagna e della pasta, interpretate entrambe con il piede sempre ben premuto sull’acceleratore della creatività.

Cortina non fa eccezione perché il cuoco del Molin di Cavalese firmerà un’insalata di pasta tutta particolare, evoluzione del piatto che tiene in carta come Olio extravergine del Garda e la montagna, con l’aggiunta rispetto a questo delle eliche Matt di Felicetti e la sottrazione dei licheni. Un grandissimo concentrato di freschezza, profumi e acidità che arrivano soprattutto da 18 erbe spontanee (la foto di Carlo Baroni ci dà solo un'idea). Chissà che dopo non si possa cominciare a invertire la tendenza italiana tra insalata di riso (d’estate cucinata 9 volte su 10) e insalata di pasta (1 su 10, se va bene).

Eliche di Matt con olio extravergine d’oliva, erbe e fiori di montagna

Ricetta per 15 persone

per la mousse d’olio
1 l latte
2 g pectina X58
3 g agar agar
250 g olio extravergine d’oliva del Garda trentino
300 g panna
sale e pepe q.b.

Ridurre il latte fino a 400 g e dividerlo in due parti. Aggiungere insieme sia l’agar agar e la pectina in una delle due parti. Unire la seconda parte e portare a bollore. Aggiungere l’olio, la panna, il sale e il pepe. Passare il composto con etamina e mettere in sifone caricando due bombolette. Mantenere a una temperatura di 5-6 °C.

per il gelato al crescione
100 g crescione di alpeggio
Olio extravergine di oliva del Garda trentino q.b.

Versare il crescione e l’olio in un barattolo del paco jet, congelare e pacossare al momento dell’uso.

per il gelato alle sarde del lago di Garda
3 uova
130gr pane bianco tagliato a dadi
100gr di sarde di lago
300gr di panna
8gr stabilizzante

Montare le uova a bagnomaria, aggiungere le sarde, il pane, la panna e lo stabilizzante. Versare in un barattolo del paco jet e congelare.

le erbe
Estevia, acetosella, crescione, finocchio selvatico, melissa selvatica, pimpinella, salvia officinalis, silene volgaris, timo silvestre, achillea millefolium, achillea argentata, alliaria petaiola, menta selvatica, cerfoglio silvestre, spinacio selvatico, borsa del pastore, germogli di muschio, piantaggine.

Bulbi, radici e boccioli
I boccioli dei fiori (prima di aprirsi) di tarassaco e borragine: scottati diventano “ falsi capperi”. Radice di liquirizia selvatica. Radice di borsa del pastore. Grattugiate una da dolcezza e l'altra assomiglia allo zenzero.

Fiori
Violetta, nasturzio, achillea, alliaria petaiola, fiore della melissa selvatica, geranio odoroso.

le 4 consistenze d’olio
1 olio extravergine d'oliva
2 Mousse all'olio extravergine d'oliva (emulsionata in una parte casearia)
3 Gelato all' olio extra vergine d'oliva e crescione
4 Candy: caramella di zucchero con olio extravergine d'oliva

per le eliche di Matt Felicetti
1 l acqua
5 bacche di ginepro schiacciata
5 fiori sambuco
sale di Cervia
q.b. olio di canapa
Portare a bollore l’acqua, aggiungere il sale, le bacche di ginepro, la pasta e cucinare per 4 minuti. Spegnere il fuoco, aggiungere i fiori di sambuco, lasciare a riposo per 7 minuti. Scolare e raffreddare. Condire con un filo di canapa.

Composizione finale
In un bicchiere Martini, o in un piatto di vetro, mettere la pasta, spruzzare la mousse, mettere una pallina di gelato di sarde e una di crescione e creare un bouquet di erbe aromatiche. Creare le perle d’olio, utilizzando 100 g isomalto. Sciogliendo l’isomalto a 121°C si riesce a lavorarlo utilizzando uno stampino per la formazione delle perle per goccia: lasciando cadere una goccia d’olio all’interno dello stampino, cadrà ingabbiata dal caramello.
 

RICETTA/Pasquale Palamaro e il tortello bicolore

Pasquale Palamaro è ischitano fino dentro alla farcia. Ogni suo piatto deve serbare un ricordo dell’isola, un profumo di mare, una radice che affonda nel suolo vulcanico. In questo caso il tortello è bicolore perché il cuoco del ristorante Indaco dell'hotel Regina Isabella ha voluto sintetizzare Ischia in un impasto: il verde dei campi e il sole che vi picchia sopra. La striscia più scura è un insieme di erbe di campo (borragine, cicoria, spinacini e bietoline) lessate e impastate con quella più chiara, che è pasta all’uovo di soli tuorli e farina.

Il ripieno del tortello è parmigiana di melanzane frullata, la fonduta interviene ad aggiungere grassezza e il nero delle olive taggiasche a imprimere la sua tetra forza cromatica a un piatto che più solare non si potrebbe. Attenzione: se vi interessa il lato secco, prevalente in Palamaro, scommettete invece sulle Linguine con acquapazza di murena, radici di spinaci e limone. Un altro grande riepilogo isolano.

Tortello bicolore in parmigiana di melanzane, fonduta di provolone podolico e polvere di olive nere

Ingredienti per 4 persone

per la pasta bianca
100 g farina 00
40 g tuorlo d'uovo
10 g olio evo
10 g acqua

per la pasta verde
100 g farina 00
40 g tuorlo d'uovo
10 g per tipo di erbe sbollentate (bietola, borragine, spinaci, cicoria)

per il ripieno
400 g parmigiana di melanzane cotta il giorno prima

per la salsa di provolone podolico
80 g provolone
200 g latte
30 g panna al 50% grassa

per la terra di olive
80 g olive taggiasche
50 g pane grattugiato
10 g semola rimacinata
1 g cacao
0,5 g caffè macinato

Procedimento
Impastare la pasta all'uovo inserendo tutti gli ingredienti in una planetaria, mentre per quella verde lessate tutte le verdure e raffreddate. Frullare le verdure con i tuorli d'uovo e trasferire il tutto in una planetaria impastando come la pasta gialla. Stendere le due paste allo spessore di 1-2 cm. Senza aggiungere farina, sovrapporre una all'altra. Arrotolare le due sfoglie ottenendo un rotolo di circa 10 cm di diametro, avvolgere il rotolo in carta film e trasferire in frigo per almeno 4 ore. Nel mentre, preparare il ripieno dei tortelli.

Il giorno precedente cucinare una parmigiana di melanzane in modo classico e raffreddare. Con un bimby frullare la parmigiana affinché diventi una crema consistente ma vellutata e trasferire il tutto in un sacchetto per pasticceria. Preparare la fonduta di formaggio, portare a bollore il latte e la panna e aggiungere il provolone, coprire con carta film e lasciare la pentola su un banco affinché scenda di temperatura lentamente. Quando la fonduta sarà sui 40°C, passare al Turbomix per 10 minuti alla massima potenza, trasferire la fonduta in un bagnomaria a caldo.

Per la terra di olive, denocciolare le olive e tritare grossolanamente, poi passare il trito su una carta assorbente per eliminare l'acqua in eccesso. Mischiare il restante degli ingredienti e passare il tutto in forno a 75°C per 2 ore. Trascorso il tempo, passare il tutto al Bimby il meno tempo possibile fino a creare una sabbiolina croccante. Tenere in luogo caldo e asciutto.

Prendere la pasta dal frigo e tagliare delle fettine molto sottili all'affettatrice. Farcire a mo’ di tortello con la farcia precedentemente preparata al momento di servire i tortelli. Lessare i tortelli in acqua calda e salata. A cottura ultimata passarli in padella a freddo con un filo di olio extravergine e dell'acqua di cottura. Mettere al centro dei piatti la fonduta di formaggio, adagiare sopra i tortelli, spolverare con la terra di olive e servire tutto ben caldo.