Gentile {NOMEUTENTE}
Ho avuto, di recente, la fortuna di essere invitato in due giurie, la prima nella lontana Mauritius e la seconda nella più vicina Parigi. In nessuno dei due posti ho cercato di mangiare una pizza. Già sono severo quando sono in patria al punto che, al prodotto dozzinale e frettoloso, preferisco di gran lunga altro, figuriamoci all’estero.

Però è praticamente impossibile non parlare di pizza, il suo linguaggio è universale anche se a sentire certe cose sobbalzi. A Mauritius incrociamo una coppia di brasiliani, belli, curiosi e rilassati. Sono di San Paolo e amano la buona tavola. Vanno fieri di Alex Atala come di Helena Rizzo. Quando ancora non stavano insieme, hanno girato l’Italia in lungo e in largo. Quasi l’amano “ma la pizza non ci è piaciuta tanto, preferiamo quella di San Paolo, alta e con sopra di tutto”. E per tutto ci sta anche la frutta del Sud America. A conferma che i gusti abbracciano l'intero universo.

A Parigi invece, evento a tutto pesto sabato scorso con epilogo a cena. Alla domanda “qual è la migliore pizzeria della capitale?”, è seguita una risposta che ha scatenato l’inferno. Chi preferiva le pizze di una certa insegna, che ha sempre sventolato la bandiera della quantità e della simpatia, e chi puntava su un pizzaiolo che fa ricerca su farine e lieviti. Il passato che piace ai più contro il futuro fatto di attenzioni, entusiasmo e spirito di sacrificio. E più parlavano e meno si capivano anche perché chi si riscalda il cuore con la tradizione, vive la ricerca come un violentare il suo mondo. Eppure parlano sempre di pizza, quella di San Paolo o quella di Napoli, quella di ieri e quella di oggi.

Paolo Marchi, testi di Carlo Passera e Luciana Squadrilli
 

L’alimentazione del futuro

Identità Milano 2014 ci ha permesso di presentare un’idea di “Alimentazione del futuro", intesa come insieme equilibrato di gusto e apporto nutrizionale. Protagonisti, i migliori ingredienti della tradizione italiana, scelti per salvare la purezza del gusto e, nello stesso tempo, lavorati evitando processi di raffinazione per recuperare la ricchezza nutrizionale dei piatti di una volta ma in chiave contemporanea (meno calorie). Partendo dalla farina (la nostra Petra).

Perché nei piatti in cui la farina la fa da padrona (pani e pizze in primo luogo), la scelta e la lavorazione del grano è determinante più delle tecniche di impasto e di lievitazione. Pani e pizze (ma anche dolci lievitati e non) con Petra hanno molti meno carboidrati e molte più fibre e vitamine rispetto alle versioni realizzate con farine raffinate. Se poi impastiamo assieme a Petra quantità anche modeste dei nostri Bricks germinati, ecco assumere di importanza la presenza di vitamine e sali minerali normalmente non presenti, o presenti in misura trascurabile, nei prodotti da forno. Infine la lievitazione con la tecnica della pasta madre “viva” aumenta il tasso di “vitalità” dei lievitati a tutto vantaggio del minore picco glicemico del pasto nel suo complesso e della biodisponibilità dei nutrienti in esso contenuti.

Maggiore biodisponibilità significa trasformare il cibo in energia con il minore accumulo di grasso corporeo possibile. L’idea di “Alimentazione del futuro” sulla quale stiamo lavorando dopo la presentazione al congresso milanese è un modo di alimentarsi costruito attorno agli stili di vita più comuni, che vanno da una prevalente sedentarietà fino alla pratica intensiva degli sport più diffusi. Profilo nutrizionale del cibo e grado di movimento della persona diventano così ingredienti della ricetta importanti quanto quelli necessari per preparare l'alimento stesso e condizionano il peso della razione per trasferire a ciascuno la riserva di energia richiesta dal tipo di vita.

In questi giorni stiamo disegnando 4 degustazioni di pizze e panini dedicati al mondo di chi fa sport per passione, con minore apporto di carboidrati, più fibre e più vitamine. 4 menù a lento rilascio di energia che saziano più a lungo mangiando di meno e con più gusto. Li presenteranno 4 volti noti della pizzeria a giugno a Rimini Wellness dove per la prima assaporeremo il "gusto dell'energia".
Piero Gabrieli
 

Bosco 1/Un marchio per la pasta madre

Lievita che è una meraviglia il progetto Figli di pasta madre, lanciato proprio con un articolo sul sito di Identità Golose da Renato Bosco, il pizzaricercatore – come non disdegna definirsi – di San Martino Buon Albergo, due passi da Verona. «Abbiamo avuto un riscontro incredibile, molti professionisti di livello si sono messi in contatto con me, vogliono condividere l’idea», spiega. Già compiuti i due passi successivi, necessari, ossia la registrazione del marchio e la stesura di un disciplinare, «poche regole, semplici, chiare, rigorose, che tutelino il lavoro dei professionisti seri». Obiettivo: nel mare magnum delle finte lievitazioni naturali – perché è diventata una moda: e ogni moda ha i suoi imitatori mediocri e i veri e propri taroccatori, si sa fin troppo bene – creare un associazione che abbia statuto e norme per spiegare cos'è la pasta madre attiva e come si deve lavorare per poterla davvero definire così.

Ben intesi: nessuna ostilità nei confronti di chi usa (anche, o persino esclusivamente) lievito di birra. Legittimo (forse, o forse no…) che pure l’industria alimentare abbia iniziato a cavalcare l’onda e proponga bustine con la contraddittoria dicitura “pasta madre essiccata”, che in realtà è la negazione della vera pasta madre, è qualcosa di “morto” mentre l’originale è vivo, «risultato di un processo che richiede attenzioni e cure costanti, tempi di lavorazione e lunghi periodi di riposo. Oltre, naturalmente, a tanto, tantissimo amore».

Insomma, per farla breve: ognuno lavori come può, vuole e/o sa, l’importante è poter riconoscere chi opera con attenzione e cura e che questi non venga confuso coi soliti furbi che ne scimmiottano l’attività, «questo non tanto a beneficio di noi addetti ai lavori, maneggiamo farine e lieviti ogni giorno e viviamo in una naturale intimità con l'arte bianca, ma soprattutto dei nostri clienti e di tutti i consumatori», conclude Bosco. Un marchio di qualità da apporre ai prodotti preparati con il vero lievito madre: più chiaro di così…
 

Bosco 2/La Torre, nuova insegna a Verona

E a proposito di Renato Bosco: sforna già che è una meraviglia la sua seconda insegna, nuova nuova e ancora in attesa dell’inaugurazione ufficiale. Si chiama [mailto=pizzacaffelatorre@gmail.com]La Torre[/mailto] (si trova infatti in un’antica torre in sasso e già lì esisteva una pizzeria con quello stesso nome) e sta in centro a Verona, stradone Scipione Maffei 1, +39.045.2525464; già segnalate file per gustare pizza, pane e dolci. Diverso il concept rispetto a Saporè, la “casa natia” di San Martino Buon Albergo: là un vero e proprio ristorante-pizzeria anche per una degustazione completa, qui un locale easy, serrande alzate dalle 7 alle 23 (chiuso il martedì: ma dall’estate sarà probabilmente aperto sette giorni su sette), pochi tavolini e un vasto campionario delle specialità di Bosco da gustare sul posto o portare a casa.

Dei 7 impasti che caratterizzano l’offerta targata Saporè, a La Torre ne sono disponibili due, il Crunch e Doppio Crunch di pizza, insomma spazio soprattutto alle croccantezze. In più, però, c’è un format completo da pizzeria-caffè: colazioni con i lievitati abbinati alla caffetteria di qualità (Torrefazione Giamaica), poi brunch, piccolo pranzo, aperitivi e gran finale la sera a cena (attenta selezione di birre: Baladin alla spina, Birrificio del Forte in bottiglia), sempre con possibilità di take away. Oltre ai due tipi di pizza e ai lievitati dolci (ora la colomba, il panettone invece tutto l’anno), sono disponibili anche il pane a lievito madre, i club sandwiches, i biscotti…

E persino la Mozzarella di pane, capolavoro presentato all’ultima edizione di Identità Golose, ma non tra le pizze, nella sezione Identità Naturali: un panino il cui impasto è imbevuto di acqua di governo della mozzarella e cotto al vapore, poi farcito di burrata pugliese, acciuga di Sciacca, olio extravergine e germogli vari. Insomma: bontà a 360°, una strada verso il gusto, la stessa che ha percorso Bosco, classe 1967, a 14 anni già cameriere, a 18 appassionatosi al mondo della pizza - lieviti, farina e impasti -, nel 1996 la scoperta piena del lievito madre e, scrive Paolo Marchi, «una continua voglia di apprendere, capire, provare anche a livello di pasticceria. Non capita spesso». (nella foto di Federica Gasparoni, Renato Bosco con le colombe di Torre)
 

Bonci&Pezzella, uniti per il pane

Dopo aver lasciato le cucine della Pergola del Rome Cavalieri, ed essersi presa una pausa (sempre lavorativa) in Australia per seguire come consulente il progetto di un panificio di Sidney, Roberta Pezzella – che abbiamo visto sul palco di Identità di Pane insieme a Federica Racinelli - è tornata a Roma e ha rimesso subito le mani in pasta nel panificio di Gabriele Bonci, il suo primo “maestro” di panificazione. Dopo il tour de force pasquale con le colombe, Roberta affiancherà infatti il pizzaiolo romano nel progetto di ampliamento del Panificio.

L'attuale laboratorio del negozio di via Trionfale 36 entro settembre dovrebbe diventare molto più grande e dedicare più spazio alla panificazione. Oltre al pane biologico in pezzature grandi, sfornato nelle ore notture, grazie all'arrivo di Roberta – che sarà responsabile in particolare di tutto il “pane tecnico”, a base delle farine del Molino Quaglia già utilizzate con soddisfazione – ci saranno anche baguette, ciabatte e panini di piccolo formato che verranno sfornati durante il giorno, garantendo quell'irresistibile profumo di pane appena uscito dal forno a cui è difficile resistere. La Pezzella, che si occuperà pure dei grandi lievitati, coordinerà anche il personale addetto alla pasticceria, che rimane comunque legata all'offerta classica di un forno: largo dunque a ciambelloni, crostate e biscotti, ma tutti preparati ad arte.

La conclusione del progetto dovrebbe poi vedere, a dicembre, l'apertura di una vera e propria attività di ristorazione, con tavoli per il consumo, una grande vetrata affacciata su forno e cucina e diversi prodotti (e artigiani) di alto livello che andranno ad affiancare pizze e pani. Non si tocca, per il momento, la ricetta della pizza di Bonci ma, essendo Gabriele sempre curioso di provare farine e ingredienti, non è detto che non decida di sperimentare qualcosa di nuovo insieme a Roberta.
 

Palazzo Petrucci apre alla pizza

Altra novità “pizzaiola” nel centro di Napoli, dopo la recente apertura del 50 Kalò di Ciro Salvo. Questa volta però si tratta del centro storico della città, a due passi da via dei Tribunali e dalle più storiche pizzerie partenopee, e ad aprirla è Edoardo Trotta, proprietario del noto ristorante stellato Palazzo Petrucci. Trotta ha voluto affiancare al ristorante affacciato sulla bella piazza San Domenico un locale più easy, ma che ne mantenesse gli alti standard qualitativi creando anche in questa zona della città una pizzeria gourmet.

A seguire gli impasti e le operazioni al forno ha chiamato Michele Leo, bravissimo pizzaiolo allievo di Gabriele Bonci che negli ultimi anni si era fatto apprezzare per le ottime pizze della Città del Gusto del Gambero Rosso, prima a Bagnoli e poi a Nola. Michele proporrà il suo impasto di scuola napoletana con influssi “bonciani” (lievito di birra e lievitazione a freddo di 48 ore) vestito di condimenti sia tradizionali sia originali - messi a punto anche in collaborazione con lo chef di Palazzo Petrucci Lino Scarallo - sempre basati su ingredienti stagionali e “di mercato”: niente scatolame, pur se di qualità, e spazio a materie prime fresche. Tra le prime pizze in carta, a fianco delle classiche, ci saranno dunque quella con carciofi, mozzarella di bufala, pecorino e guancia di maiale e la pizza “vegana” con crema di patate, verdure di stagione e “formaggio dei poveri”: mollica di pane tostata al basilico. Lo zampino della cucina si vedrà anche nei fritti finger food: mini-porzioni dei classici della friggitoria partenopea (arancini, crocchette e montanare) con aggiunte creative, in formato mignon per non guastare l'appetito e non distogliere dal vero fulcro: la pizza.

Oltre ai tavoli della pizzeria, il locale – inaugurato il 16 aprile – ospiterà una zona wine bar dove poter ingannare l'attesa o bere un bicchiere di vino scegliendo dalle etichette della cantina del ristorante accompagnate da salumi e formaggi. Una bella novità anche questa, in una città dove la formula del wine bar non ha mai preso piede in maniera significativa e sono pochi gli indirizzi davvero validi.
 

La Dea Bendata di Coccia junior

Mentre Enzo Coccia continua a essere un punto di riferimento per il “nuovo corso” della pizza napoletana portando la sua eccellenza in tutto il mondo (e continua naturalmente anche a sfornare ottime pizze nei due locali partenopei targati La Notizia), anche il fratello minore Ciro sale alla ribalta facendosi notare per l'alto livello di pizze e fritti de La Dea Bendata, sul lungomare di Pozzuoli (corso Umberto I, 93 telefono +39.081.19189636). Ciro, unico tra i fratelli Coccia a essere rimasto a lavorare nella pizzeria di famiglia Fortuna alla Duchesca – quartiere popolare di Napoli a ridosso della stazione Centrale – da meno di un anno ha infatti aperto questo piccolo locale decisamente moderno, tutto giocato sui toni del bianco e del rosso, dove è possibile trovarlo tutte le sere (mentre a pranzo resta alla guida della pizzeria alla Duchesca). Di 8 anni più giovane di Enzo, Ciro è più schivo del fratello ma come lui ha decisamente un'ottima “mano”.

Le pizze sfornate alla Dea Bendata – evidente il rimando “scaramantico” alla casa madre - sono davvero ottime, con un impasto soffice e leggero arricchito da condimenti di qualità come l'extravergine della Penisola Sorrentina, i pomodori del piennolo e mozzarella e provola di bufala campana Dop, che si tratti di quelle classiche o di quelle che si rifanno alla “tradizione della nonna” tra cui il ripieno Dea Bendata (con verdure stufate dentro e fiordilatte, pomodorini e rucola sopra). Prima di addentarle, però, conviene lasciarsi tentare dai fritti, strepitosi: nella cornucopia di pasta fritta arrivano arancini, crocchette di patate, zeppole di cavolfiore e i buonissimi fiori di zucca farciti di ricotta di bufala e prosciutto, ma merita l'assaggio anche la saporita montanara.

E per chiudere in bellezza, le zeppole fritte (stesso impasto della pizza) “condite” con cioccolato fuso o crema di pistacchi. Alle pareti, le scritte nero su bianco ricordano i leit motiv del locale: “tra tradizione...e innovazione”, da una parte, e “pizza fortuna... e qualità” dall'altra. Contano entrambe, ma sempre di più senza la seconda non si va da nessuna parte, e Ciro lo sa bene.
 

Girasoli, grandi cuochi per beneficenza

La Locanda dei Girasoli è un locale romano (pizzeria e ristorante) con una storia particolare. Nato nel 2000 con l’obiettivo di promuovere la formazione professionale e l’inserimento lavorativo di persone con sindrome di Down (oggi anche con sindrome di Williams e X fragile), ha attraversato momenti difficili con ricorrenti rischi di chiusura - scongiurata anche grazie all'attivazione di un tamtam tra stampa e clienti - e poi il trasferimento all'attuale sede in via dei Suplici, al Quadraro.

Fortunatamente dal 2103 la Locanda è entrata a far parte di un'organizzazione più grande, il Consorzio Sintesi, una onlus e cooperativa sociale che ha l'obiettivo di promuovere l’inserimento lavorativo di disabili. Ciò ha consentito non solo il raggiungimento di una stabilità lavorativa per il locale e i suoi lavoratori (che sfornano e servono pizze di stampo “romano” cotte al forno a legna, ma anche piatti semplici e saporiti come le mezzemaniche con datterini, melanzane, mozzarella e rosmarino o i saltimbocca alla romana) ma anche l'avvio di attività e progetti collaterali. Tra questi, l'imminente apertura di una nuova sede a Palermo anche grazie alla convenzione attivata tra Sintesi e l’Istituto Sperimentale Zootecnico per la Sicilia (I.S.Z.S) che concede al Consorzio circa 10.000 mq di terreno agricolo e frutteto in comodato d’uso gratuito.

E se qualche mese fa un nuovo “allarme chiusura” girato su Facebook (in realtà relativo all'anno precedente) aveva fatto di nuovo attivare la gara di solidarietà, adesso scendono in campo anche gli chef stellati a dare il loro supporto, comunque sempre utile, con un ciclo di pranzi o cene solidali: una volta al mese uno chef laziale cucinerà in Locanda a fianco della brigata residente, per raccogliere fondi per il nuovo progetto palermitano. Si parte il 23 aprile con i fratelli Serva de La Trota di Rivodutri, seguiranno Angelo Troiani del Convivio (14 maggio), Agata Parisella di Agata e Romeo (15 giugno), Luciano Monosilio di Pipero al Rex (16 settembre) e Antonello Colonna del Vallefredda Resort (20 ottobre). Uno, anzi cinque buoni motivi in più per andare a trovare i Girasoli e sostenere la loro attività. (foto Andrea Di Liddo)
 

Bread Religion tour 2014

Non avrai altro panino all’infuori di me. Perché se il pane è vita, la sua versione imbottita diventa Bread Religion quando si trasforma in eccellenza golosa. E proprio Bread Religion si chiama l’evento itinerante, giunto alla sua seconda edizione, che dopo essere partito dal Vinitaly toccherà nei prossimi mesi alcune delle principali mete turistiche della Penisola, in attesa del gran finale “a sorpresa” il 20 e 21 settembre. Ma cos’è dunque il Bread Religion tour 2014? Il risultato di un lavoro di squadra, intanto: agricoltori, mugnai, panettieri, cuochi, nutrizionisti, esperti accademici, tutti insieme per dimostrare che anche uno degli esempi più comuni di junk food, il panino imbottito, può diventare un pasto gustoso, che racconta il territorio e in linea con una corretta dieta mediterranea. Poi, un evento che trasforma la popolare michetta in leccornia d’autore. Tanto per capirci: si parte dal lievito madre e da Petra, la farina macinata a pietra nel Molino Quaglia utilizzando grano 100% italiano, poi si aggiungono gli abbinamenti creativi degli chef, a Verona sono stati protagonisti “professionisti dell’impasto” (e non solo) del calibro di Antonio Pappalardo, Renato Bosco, Gianni Dodaj e Roberto Porcu.

Ancora top secret i nomi dei prossimi alfieri di Bread Religion, anche se i magnifici quattro del Vinitaly torneranno certamente a proporre le loro creazioni; possiamo però appuntare in agenda alcune date. Il tour proseguirà infatti con la propria seconda tappa, programmata il 17-19 maggio a Roma, nell’ambito di Culinaria; un paio di settimane più tardi ci si sposterà sull’Adriatico, per un doppio appuntamento contemporaneo a Riccione, all’interno di Golosaria (dal 31 maggio al 2 giugno), e nella vicina Rimini, con inizio però già il 30 maggio, in occasione di Rimini Wellness, con workshop, degustazioni e la presentazione dei Bricks di PetraViva miscelati con Petra nei pani e nelle pizze per i diversi tipi di sportivi (quindi pani e pizze con minore o maggiore bilanciamento di carboidrati e vitamine/sali minerali a seconda del tipo di “carburante” che ogni sport richiede). Quinta tappa a Brescia, il 14 e 15 giugno, sesta a Barolo, dal 18 al 21 luglio, come corner gourmand all’interno del festival Collisioni.

Infine, si andrà anche a Este (in agosto, ancora da fissare la data precisa), prima dell’accennato finale. Insomma: ingredienti della tradizione di territori diversi + tecniche antiche di preparazione ripensate per la vita d'oggi + interazione sociale stimolata da musica e dibattiti nella piazza di un paese, ecco l’addizione per i prossimi mesi da buongustaio, grazie alla collaborazione di Molino Quaglia con la web-tv Il Mangiadischi e la rivista Rolling Stones.