Wine Tip

Signature Kitchen Suite

Gentile {NOMEUTENTE}
Novembre non sarà solo, per noi di Identità, il mese del Merano WineFestival, gran cerimoniere Helmuth Koecher, dal 7 al 10, da un venerdì a un lunedì, alla Kurhaus della città sudtirolese, ma anche del Roma food&wine festival da sabato 29 a lunedì 1 dicembre. Nella realtà di Eataly Roma all’Ostiense proseguirà così la collaborazione tra noi e il Merano, tra chi abita prevalentemente il pianeta cibo e chi ha la residenza in quello del vino. A ognuno il suo, e assieme ancora di più grazie anche al comune sentire che ci lega a Oscar Farinetti.

Sono sempre convinto che noi italiani non facciamo mai abbastanza per ottenere il massimo dai tesori di casa nostra, da qui il nostro continuo agire, fare, pensare. A Londra per il cambio di chef a Stelle di Stelle da Harrods, dai Cerea a Gennaro Esposito, ho ad esempio mangiato un boccone ieri a La Fromagerie Café in Moxon Street, a pochi metri da Marylebone High Street. Quattro differenti taglieri di formaggi: francesi, britannici, italiani, spagnoli e portoghesi, gli ultimi due assieme. Tanti e tanto vari.

Più passa il tempo e più si affacciano, nel vino e nel cibo, nuovi protagonisti. Lo stesso evento meranese vedrà in prima fila il vino prodotto in Romania. A noi italiani suona come una curiosità e difficilmente lo vedremo mai nelle nostre enoteche e nei nostri ristoranti, ma sarà così in nazioni che non hanno la nostra stessa antica storia agroalimentare?

Paolo Marchi
 

Ais, degustazione monstre domani a Milano

Lunedì 3 novembre, al Magna Pars Event Space di via Tortona 15, a Milano, va in scena un grande evento dedicato al vino italiano che, per qualità e dimensioni, non è fuori luogo definire “la degustazione dell’anno”. Organizzato da Associazione Italiana Sommelier in occasione dell’anteprima nazionale di “VITAE - la guida vini 2015” (2000 aziende raccontate in un volume di 2054 pagine), l’evento propone ai visitatori i 439 migliori prodotti premiati in guida (Piemonte e Toscana faranno la parte del leone con rispettivamente 100 e 90 grandi vini in degustazione).

Fra questi c’è una nutrita pattuglia di Barolo – la denominazione in assoluto più rappresentata in guida – del millesimo 2010 giudicato fra i migliori degli ultimi anni. In Toscana si conferma lo strapotere dei vitigni a bacca nera, Sangiovese in primis, con 15 Brunello di Montalcino, 9 Chianti Classico, 1 Rufina e 4 Vino Nobile di Montepulciano. Ben rappresentata anche Bolgheri, con 6 premiati, senza dimenticare oltre una quarantina di vini di elevato spessore, da singole varietà o da uvaggi, che non rivendicano le tradizionali denominazioni. Seguono il Friuli Venezia Giulia con 43 vini premiati, la Lombardia con 31 fra cui numerosi Franciacorta e il Veneto con 27 grandi etichette. Ma anche il Centro sud, dall’Umbria alla Sardegna, è rappresentato da 98 vini che raccontano un’area geografica complessivamente in grande stato di forma.

La degustazione proporrà fra gli altri i 25 vini a cui Ais ha attribuito il premio speciale Tastevin. Si tratta di prodotti che hanno fatto la storia del vino in questi ultimi anni. Fra loro denominazioni meno note e certamente meno rappresentate sulle carte dei vini fra cui la Malvasia di Bosa, il Moscato di Scanzo, il Torchiato di Fregona, la Tintilia del Molise o la Biancolella di Ischia. L’ingresso per i soci è di 20 euro, per i non soci 40 euro. Info al numero verde 800.825144.
 

Supercalici per Gennaro Esposito da Harrods

Se siete a Londra, quartiere Knightsbridge e passeggiate nei dintorni di Brompton Road, fate tappa a Stelle di Stelle , il pop up restaurant nel Wine shop di Harrods. Per tutto il mese di novembre, il protagonista sarà Gennaro Esposito, chef della Torre del Saracino di Vico Equense (Napoli), con un menu stellare, figlio di una sequenza di piatti ricchi di sapori del sud contaminati da tartufo bianco e accompagnato, interamente, da vini 100% italian.

Si parte con le Bollicine Ferrari sia per l’aperitivo con il Metodo Classico Ferrari Trento Doc Maxim Brut sia in seguito con il Perlé 2007, la bollicina italiana d’eccellenza, premiata recentemente come miglior vino spumante italiano a livello mondiale, battendo 649 etichette del pianeta. A Londra il Perlè è abbinato alla Zuppetta di olive Nocellara del Belice e mandorle, purea di finocchi e pesce bandiera ‘anni 80’.

Grande è la struttura del Gavi Monterotondo 2012 Villa Sparina, 100% uve cortese, una selezione superlativa in cui le note citrine che caratterizzano il cru si fondono perfettamente con la Minestra di pasta mista con piccoli pesci di scoglio e crostacei. Intrigante poi il wine pairing con la Polenta con fonduta di Grana Padano, uova di quaglia, broccoli e tartufo bianco: rosso Palazzo della Torre Corvina Veronse Igt 2011 Allegrini, un vino muscoloso che ben contrasta tutti gli ingredienti del piatto.

Dal Veneto approdiamo in Toscana con il Vermentino Solo Sole 2012 Poggio al Tesoro, un vino fresco, immediato, ricco della solarità che gli è valso il nome, abbinato alla Triglia in crosta di pane, salsa all’aglio di Nubia e pesto d’uvetta e pinoli. E sul dessert una delicata provocazione: calici colmi di Birra Moretti La Rossa, speziature e note tostate per la Passeggiata Vicana- Olio extravergine d’ oliva, limoni e noci.
Cinzia Benzi
 

Merano Wine Festival, ancora pochi giorni

Merano WineFestival si avvicina rombando alla 23esima edizione. L’edizione che, dal 7 al 10 novembre prossimi affollerà come sempre la Kurhaus, il palazzo liberty situato nel cuore del borgo altoatesino, si preannuncia più ricca di sempre. Basti dire che sono oltre 500 le aziende vinicole selezionate tra Italia ed estero, cui quest’anno si aggiungono oltre 100 company di alta gastronomia tricolore.

La novità assoluta tra tutte le mini-kermesse contenute nella maxi-kermesse si chiama Cult2014: fortemente voluta dal patron Helmuth Koecher, quest’iniziativa presenterà in simultanea 40 produttori di vino tra i più carichi di storia e prestigio del nostro paese. Ma sarà nuovamente bio&dynamica ad anticipare di un giorno (7 novembre) i lavori del MWF: sugli scudi, tutti i migliori vini biologici, biodinamici e naturali, etichette che negli anni hanno assunto profili e identità sempre più precisi.

Che a Koecher piaccia sempre più il lato gastronomico della medaglia è confermato dai sempre più numerosi food&wine festival che co-organizza con Identità Golose (il prossimo è a Roma il 29 e 30 novembre ma c’è già Milano alle porte a febbraio 2015 e si è chiusa da poco la prima edizione di Chicago) e dalle numerose iniziative legate al cibo che arricchiranno Merano. Ci sarà infatti Culinaria, un viaggio tra i grandi prodotti della tradizione gastronomica italiana ed internazionale. E Chef’s Challenge: cooking show firmati da grandi cuochi

Ma il vino darà di gomito anche alla birra di Beer Passion, con una selezione di grandi prodotti artigianali. E ancora, Club Excellence (grandi prodotti dalla produzione vinicola mondiale), Wine Master Classes (degustazioni guidate che sono la vera cifra del MWF) e GourmetArena. Tutti mattoni che hanno edificato una casa di successo.
 

Ricerca Nomisma: nani italiani e mercati global

Con 521 nani al cospetto dei giganti. Tra i dati più significativi di Wine Monitor, l’osservatorio di Nomisma sul mondo vitivinicolo, presentati nel corso di Taormina Gourmet, c’è la discrasia tra i numeri di quei mercati che assorbono quantità crescenti dell’export italiano e la frammentazione che caratterizza il comparto nel nostro Paese: «Abbiamo 521 denominazioni, troppe – sottolineava Riccardo Ricci Curbastro, presidente Federdoc – Le 76 maggiori fanno il 90% dell’export». Il resto? Quisquilie.

La varietà è una ricchezza, pone però il problema di come comunicarla. Specie se si considera che il mercato interno è depresso e aumenta la concorrenza su quello estero: le “nuove patrie” del vino (Argentina, Cile, Sudafrica, Australia, Nuova Zelanda e Usa) sono passate dal 2 al 27% di quota export. E se le posizioni italiane negli Usa sono consolidate, non così accade in altre realtà: l’import di vino è cresciuto del 38% negli Usa tra il 2003 e il 2013, ma in Russia del 242% e in Cina del 3.800%, evidenziava Denis Pantini, direttore Agricoltura e Industria alimentare di Nomisma. Il colosso asiatico può diventare un problema, autoproduce l’80% dei propri consumi; a concorrere a quel 20% restante (business da 1,2 mld) sgomitano in parecchi.

I francesi da tempo con la formula delle joint venture; i cileni seguono a ruota e non pagano dazi (che invece bastonano gli italiani: 14%); così il Belpaese perde quote, siamo al 7%, la metà rispetto al 2001. Troppo piccoli, frammentati, copiati (nel 2013 i consorzi hanno speso 1,2 mln per la protezione dei marchi) e poco affiancati: Cile e Nuova Zelanda mandano i loro ministri a trattare, da noi c’è rimpallo tra dirigenti dei ministeri. Così nella conquista dei mercati emergenti, l’Italia ha speso più di quanto abbia ottenuto. La Spagna dilaga in Giappone dove si moltiplicano i winebar che offrono copas y tapas. La formula vincente è l’abbinamento cibo-vino: noi non la sfruttiamo abbastanza.
Carlo Passera
 

Cinque imperdibili champagne bio

Il 26 ottobre si è tenuta a Roma la rassegna Les Champagnes Bio. Abbiamo chiesto ad Alfonso Isinelli, storico con la passione per il vino e lo champagne e curatore della guida 99 Champagnes - di guidarci alla scoperta dei 5 prodotti più rappresentativi o, semplicemente, imperdibili.

1) Sonate n° 9 Extra-brut sans Soufre ajouté di Fleury Père et Fils
Grande (anche per estensione, con 25 ettari di vigneti) maison dell'Aube, Fleury è stato il primo a lavorare in maniera biologica in questa zona, negli anni Ottanta. Con la raccolta 2009 inizia a lavorare senza solforosa con questa cuvée 100% pinot nero chiamata così in omaggio alla passione per la musica classica. Netto e complesso nelle sue note minerali e dall'acidità decisa, non si dimentica facilmente. Dal 2010 diventa Sonate n° 9 Opus 10.

2) Fidèle di Vouette & Sorbée
Betrand Guatherot è stato tra i primi, nell'Aube, a seguire Fleury&Co. Lavora le sue vigne con grande amore e dedizione, secondo agricoltura biologica e Demeter seguita in modo rigoroso. I suoi vini sono sinceri e diretti. Ne è un esempio questo champagne da sole uve di pinot nero, sapido e minerale, radicale e quasi prepotente, che alterna note floreali e di malto e cereali, alla sensazione di schiacciare in bocca un frutto rosso appena colto.

3) Violaine di Benoit Lahaye
Nel 1993 Lahaye ha lasciato l'azienda di famiglia e si è messo a coltivare le sue vigne a Bouzy, nella Marna, per seguire la sua strada: niente diserbanti chimici ma animali che ”puliscono” naturalmente i filari e compostaggio dei residui, conversione alla biodinamica, naturalità e personalità dei suoi vini affiancate a un'estrema pulizia dei sapori. Ne è una testimonianza questo uvaggio 50% e 50% di chardonnay e pinot noir senza aggiunta di solforosa, profondo e nitidissimo, con note di salvia e frutta bianca.

4) Cumières 1er Cru Brut Nature di Georges Laval
Vincent Laval segue le orme del padre Georges, passato al biologico nel lontano 1971. Questo uvaggio dei tre vitigni (50% chardonnay, 35% pinot noir e 15% pinot meunier) coltivati sul territorio di Cumières - classificato Premier Cru e a poca distanza da Epernay – senza dosaggio è allo stesso tempo dritto e ampio, minerale, quasi sapido ed estremamente fresco.

5) Rosé di Pascal Doquet
Anche Doquet, come Lahaye, ha lasciato la maison di famiglia nel 2004 per seguire la sua azienda personale a Vertus, nella Marna: 8,6 ettari di vigne certificate biologiche, vinificazione separata dei singoli terroirs e uso di lieviti autoctoni contribuiscono alla personalità dei suoi vini, come questo Rosé de macèration, frutto di un uvaggio di pinot nero (67%) e chardonnay (33%) delle raccolte 2011 e 2010, con un dosaggio estremamente basso (6g/l). Il risultato è un rosé piuttosto intenso tanto nel colore che al naso, del tutto privo delle note “confettate” e floreali spesso tipiche dei rosati ma dalla struttura densa e corposa. (foto Andrea Federici)
Luciana Squadrilli
 

XXL e Bolasco: Me lo sono tirato giù in una notte

In libreria da una settimana, giovedì prossimo, 6 novembre, Oscar Farinetti e Roberto Perrone presenteranno alle 18.30, da Eataly Smeraldo a Milano, XXL, 50 piatti che hanno allargato la mia vita. La vita e il girovita del sottoscritto, Paolo Marchi, che coglie l’occasione offertami dall’uscita di questa newsletter per ringraziare Marco Bolasco per la sua recensione.

Marco ha usato parole che lasciano il segno come “Leggendo XXL è subito chiaro quanto questo mondo dell’enogastronomia abbia un bisogno vitale di sincerità, di uscire dai suoi confini, di aprirsi e contaminarsi. Guardare avanti, alla faccia di chi contrappone identità ed evoluzione, tradizione e futuro”. Un formidabile grazie.
 

Pasquale Forte festeggia 10 anni di Petrucci

Lunedì scorso, 27 ottobre, verticale al Luogo di Aimo e Nadia a Milano, delle prime dieci annate di un vino che amo non solo per la sua qualità, ma per lo spessore di chi lo ha voluto, Pasquale Forte, in un angolo di Toscana, la Val d’Orcia, carica di storia (vista la regione è ovvio) e leggera di lustrini inutili (meglio). Tanto basta il riconoscimento Unesco del 2004 come sito Patrimonio dell’Umanità.

Ammiro questo sessantenne industriale comasco perché seppe fondare una realtà industriale nel campo dell’elettronica, la Eldor a Orsenigo (Como), per poi dotarla di un nuova, seconda anima quando la prima venne superata dalla storia. Oggi i dipendenti sono tremila, mondo compreso. Però in via Montecuccoli i riflettori erano puntati sulla seconda attività di Pasquale Forte, sul podere che a Castiglione d’Orcia porta il suo cognome: Podere Forte. Sono 168 ettari, 15 quelli vitati con altri 7,5 pronti all’impianto, info al numero +39.0577.8885100.

Il Podere Forte, che esiste dal 1997, ha ottenuto la certificazione biologica nel 2008 e quella biodinamica nel 2011. Tre i vini e sono i gioielli più evidenti, poi l’olio e le cinte senesi, il frumento e il miele, le pecore e le vacche chianine, un arcobaleno di bontà. I vini, pensati secondo lo schema francese del Grand Cru e del Premier Cru vede svettare il Petrucci, Sangiovese in purezza giunto con la 2010 alla decima annata, su Guardavigna (Cabernet Franc 60%, Merlot 25 e Petit Verdot 15) e Petruccino (70 Sangiovese e 30 Merlot).

Delle dieci annata degustate, quattro sono state riunite sotto la voce Vivacità (2001, 2002, 2004 e 2005), tre si distinguono per Setosità (2003, 2007 e 2009) e altre tre per Complessità (2006, 2008 e 2010). Come sempre, il nuovo millesimo, il 2011, verrà messo in commercio il 1° marzo, meno di 5mila bottiglie. Forte questo podere.
 

Livia, Camilla e Anna: Donne di spirito

Donne e grappa, un binomio insolito per l’immaginario comune; un matrimonio ben riuscito se le protagoniste sono Livia Bertagnolli di Distilleria Bertagnolli, Camilla Lunelli di Segnana e Anna Marzadro di Distilleria Marzadro. Sotto il cappello di Donne di Spirito, è nata un’iniziativa che vuole divulgare la cultura della grappa e avvicinarsi al mondo femminile e giovanile. Senza dimenticare l’invito a un consumo responsabile, il messaggio è fortemente legato al territorio e alle tradizioni. Al Trentino, nel quale sono presenti tutte e tre le aziende, si deve la produzione del 10% di quella nazionale con aziende per lo più, di stampo familiare e spesso avviate alla fine dell’Ottocento.

Marzadro, Bertagnolli e Segnana trovano la loro chiave di volta nella selezione delle vinacce (ossia la buccia degli acini d’uva eliminate della polpa), nella loro qualità e nella predilezione dei vitigni autoctoni (Teroldego, Marzemino…). Le caratteristiche aromatiche di questi uvaggi si ritrovano perfettamente nel prodotto finale, grazie alla distillazione a bagnomaria. All’assaggio le grappe di Marzadro e Bertagnolli ritroveranno i profumi dei boschi trentini e un’inaspettata morbidezza, che porta questi prodotti ad essere più versatili rispetto al passato e quindi approcciabili da un pubblico nuovo come quello femminile e giovanile.

Segnana, forte della sua tradizione che risale al 1860 e grazie al lavoro della famiglia Lunelli, che la rileva nel 1982, si rinnova grazie all’esperienza maturata con Cantine Ferrari. Le vinacce di Chardonnay e Pinot Nero vengono distillate due volte in modo da rendere il prodotto più puro, mentre l’invecchiamento in 5 tipi di barrique diverse come per lo sherry dona profondità e carattere. Livia, Camilla e Anna (nella foto con Andrea Aprea, chef del ristorante Vun del Park Hyatt di Milano, cui si deve la cena di Donne di Spirito) : tre donne diverse, tre diverse grappe ma il comune intento di disegnare un nuovo orizzonte per un prodotto che è in grado di esprimere grandi potenzialità.
Claudia Orlandi