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Due settimane ancora di attesa e domenica 9 febbraio, nel centro congressi di via Gattamelata a Milano, avrà inizio la decima edizione di Identità Golose. Dieci anni è un arco di tempo che lascia un segno e tutti noi che lavoriamo dentro, dietro, attorno al congresso sentiamo una carica speciale. Ci siamo sempre spremuti a mille per offrire il meglio, ma ora sembra vi sia qualcosa in più. Anche a livello di Identità di Pizza.

Questa giornata si allarga e si sdoppia. Non solo la mattina di lunedì 10 parleremo di pane e di pizza il pomeriggio, ma due pizzaioli saranno tra i relatori domenica a Identità Naturali, Renato Bosco e Lello Ravagnan. Nel tempo, questo mondo è cresciuto al punto, ad esempio, da saper proporre intelligenti pizze vegane, che non vuole dire pomodoro, capperi, olive e null’altro, troppo facile. Ho provato le pizze di Bosco e se poi uno, magari condizionato da qualche preconcetto, ha nostalgia per partito preso di quelle con la mozzarella è da ricovero, tale l’equilibrata e brillante varietà di sapori e di consistenze delle sue pizze vegane. Prima provarle, poi commentarle evitando per favore le solite battute.

Paolo Marchi, testi di Luciana Squadrilli (Identità di pane) e Cristina Viggè (Identità di pizza)
 

L'identità della farina

Il tema dello spazio Molino Quaglia a Identità Milano 2014 sarà “L’Alimentazione del Futuro”, intesa come insieme di gusto e profilo nutrizionale equilibrato secondo i canoni della dieta mediterranea. In questo senso sarà evidenziata anche l’importanza del contesto nel quale avviene il consumo del cibo, organizzato per stimolare la convivialità e il dinamismo.

Nell’arco delle 3 giornate si alterneranno 18 nomi importanti della cucina, pizzeria e pasticceria italiane che presenteranno la loro interpretazione dell’alimentazione del futuro, dimostrando in concreto come sia possibile trasformare ogni morso in bocconi di salute grazie anche all’impiego negli impasti di Petra e dei Bricks di PetraViva germinati che apportano grande potere nutrizionale anche se usati in piccola quantità.

Da oggi, infatti, ognuno può preparare la “sua” farina, con infinite varianti di gusto e contenuto nutrizionale. Facciamo un esempio: è noto che re-introdurre i ceci nella propria alimentazione apporta benefici non trascurabili. Una ricerca apparsa sulla rivista Annals of Nutrition and Metabolism individua nei ceci la capacità di contribuire all'abbassamento dei livello di colesterolo "cattivo" nel sangue inserendoli di fatto tra gli alimenti che svolgono una funzione protettiva nei confronti del cuore. Le motivazioni di questi effetti benefici dei ceci sono da ricondursi alla buona presenza in questi legumi di magnesio e di folato: il primo apporta benefici alla circolazione sanguigna, mentre il secondo riduce i livelli di un aminoacido (l'omocisteina) la cui presenza in eccesso aumenta il rischio di infarti e ictus.

Nella pratica di ogni giorno, però, la preparazione casalinga dei ceci ha il difetto di richiedere tempi lunghi di preparazione (ore di ammollo e cottura lenta). Ecco perchè il Brick di PetraViva 7000 (farina di ceci germinati) : la germinazione assistita moltiplica fino a 8 volte la biodisponibilità di vitamine e sali minerali contenuti nei ceci (totale assorbimento durante la digestione) e la macinatura fine trasforma i ceci in una componente "invisibile" di pani, pizze e, perfino, anche dolci. In breve una quantità modesta di Brick 7000 associato alla farina Petra rispetta il gusto ed equivale in termini nutrizionali ad una quantità 8 volte maggiore di ceci secchi. (in foto il Brick 7000 - farina ci ceci germinati). Per informazioni, clicca qui
Piero Gabrieli
 

Assenza e Pavan: il pane più buono

Possono condividere il palco un pasticcere e un medico nutrizionista? Si se si tratta di Corrado Assenza del Caffè Sicilia di Noto (Ragusa), creatore di una linea “avanguardista” di pasticceria al confine tra dolce e salato, e di Pierpaolo Pavan, docente dell'Università della Pizza e sostenitore della possibilità di mangiare bene tutelando la salute. Piena sintonia dunque tra i due, anzi come racconta Assenza «una convergenza di comune interesse, e nell'interesse del cliente».

Ecco dunque che il pasticcere – che all'opulenza tipica della tradizione dolciaria siciliana sostituisce un raffinato equilibrio di sapori che nulla toglie al gusto – dopo aver fatto incursione nel mondo della pizza si cimenta ora anche con il pane, «elemento di vita, simbolo e realtà alla base della cultura e dell'alimentazione umana» nella lezione di apertura di Identità di pane (lunedì 10 febbraio, ore 10.15, Sala Blu 1). Ma, naturalmente, Assenza affronta l'argomento con l'approccio del pasticcere.

Sul palco presenterà due particolari interpretazioni del pane che nascono dall'evoluzione di due prodotti alla base della gastronomia siciliana e dell'offerta da bar, quale è (anche se la definizione sembra davvero limitativa) il suo Caffè Sicilia. Il pubblico potrà quindi assaggiare due anticipazioni - golose ed equilibrate al tempo stesso - della prossima stagione del locale: le mini-brioche salate e le “pizzette”, tutte da scoprire.
 

Racinelli e Pezzella: stregate dal saraceno

In comune hanno la propensione per i tagli di capelli sbarazzini e una grande passione per lieviti e farine. La mente (Federica Racinelli, consulente in R&D e docente nel campo della panificazione e della pasticceria) e la mano (Roberta Pezzella, pasticcera e chef boulangère de La Pergola di Roma, nella foto), verrebbe da dire, se non fosse che entrambe sono donne tanto di teoria che di pratica. Si sono conosciute alla scorsa edizione di PizzaUp – il simposio tecnico sulla pizza organizzato da Molino Quaglia – e da allora è nata la loro collaborazione.

Sul palco di Identità di pane (lezione alle ore 11.10) ne presenteranno i risultati: un lavoro sull'utilizzo dei Bricks di PetraViva, “mattoncini” di prodotti germinati (cereali, pseudo-cereali e legumi) che grazie a un attento processo di germinazione assistita ed essiccazione garantiscono la massima concentrazione di minerali e vitamine.

In particolare, Roberta è stata conquistata dal grano saraceno, pseudo-cereale appartenente alla famiglia delle Poligonàcee. «Stiamo lavorando a una ciabatta con lievito naturale, farina Petra1 e germinato di grano saraceno – racconta – il mio preferito per gusto e struttura del prodotto finito». Ma le due potrebbero riservare anche altre sorprese al pubblico della Sala Blu 1.
 

Pane e companatico: Spigaroli e Piantoni

Circa 100 km separano Brescia da Parma, attraverso il confine tra Lombardia ed Emilia. Ma come spesso accade, quando si parla di sapori le frontiere contano poco. Il duetto tra Paolo Piantoni, panettiere bresciano figlio d'arte, e Massimo Spigaroli (foto), chef e autore di grandi salumi all'Antica Corta Pallavicina di Polesine Parmense – nonché presidente del Consorzio del culatello di Zibello – celebrerà dalle ore 12.05 anche una tra le più riuscite unioni della tradizione italiana: il pane e i salumi, a cominciare appunto dal nobile culatello.

Proprio dalla tradizione parte il lavoro di Piantoni, che mira al recupero della semplicità delle origini, al congresso ma anche quotidianamente (per esempio con Panadì, il pane del passato diffuso nelle famiglie della Franciacorta, presentato a Franciacortando 2013 e riproposto a oltre 1000 partecipanti alla Maratona della Franciacorta). Ecco quindi i pani “antichi” a pasta dura - le mantovane (sorta di chioccioline da circa 50 grammi), la biova, pagnotta che alterna parti piene e vuote, e la classica ciabatta - pronte ad accompagnare (non per forza in versione imbottita) i grandi salumi della tradizione emiliana senza paura di passare in secondo piano rispetto al companatico.

Ponendo grande attenzione anche all'aspetto nutrizionale, Piantoni ha scelto di lavorare con farina Petra1 arricchita da Bricks PetraViva di grano saraceno germinato. E per la ciabatta, ha portato l'impasto con biga all'80% di idratazione per ottenere un pane fragrante ed estremamente croccante. Il culatello troverà degni compa(g)ni.
 

Simone Padoan e la circolarità del gusto

La parola d’ordine dell’intervento di Simone Padoan, primo intervento di Identità di Pizza (ore 14.10) sarà “congiunzione”. Fra salato e dolce, dolce e salato. In un concettuale continuum di sapori. Assottigliando il confine esistente fra i due e rendendo omaggio a un’auspicabile circolarità culinaria. Che, per patron Padoan de I Tigli di San Bonifacio (Verona), vanta varie accezioni. Perché se tonda è la pizza, a tutto tondo è pure l’idea che le sta intorno.

Nel senso che al centro stanno la naturalità del lievito e la perfezione del lievitato e, a far da corona, si pone il resto: il fuoco, il forno e le cotture; la selezione degli ingredienti e la loro lavorazione; nonché l’intellettivo e attento assaporare di un disco pop che si esprime in spicchi al top. Ovvero, portatori sani di topping d’eccezione. Capaci a loro volta di creare una spirale del gusto, in grado di andare dalla colazione al dopocena. Come? Inanellando tre basi differenti (ricche di virtù e povere di grassi) e pescando ingredienti fieri di privilegiare il ritornello vegetale del cibo. In una fitta trama di frutta e di verdura. “Utilizzate singolarmente o mescolate insieme, in maniera tradizionale o meno classica”, spiega Simone. Che a Identità partirà da un assaggio salato (ma in nuce già dolce), per poi percorrere un orto-ponte fra sapido e delicato e, infine, approdare alla dolcezza. Incarnata in un lievitato da ricorrenza, da spezzare con le mani e dal cuore croccante, dato dall’impiego del grano saraceno germinato.

Ambasciatore di naturalità e di bioassimilabilità. Perché circolarità vuol dir anche alimentazione salutare ed eticamente sostenibile.
Della serie: mangiare meno ma meglio. Alimentandosi secondo stagionalità e preferendo prodotti a elevato valore nutrizionale. Dopotutto, l’energia per la vita, umana e del pianeta, passa anche da un impasto intelligente.
 

Franco Pepe e la scienza perfetta

Sul palco di Identità ha già portato il rispetto dei gesti antichi e i profumi d’altri tempi, la maestria artigiana e l’abilità di creare mirabili impasti. Figli di tatto, intuito e massima sensibilità per la forza della farina, la purezza dell’acqua, la perfetta umidità e le lunghe lievitazioni naturali a temperatura ambiente. Miscelando esperienza e sperimentazione. E rimanendo ben radicato al suo territorio. Anzi, divenendo una finestra apertissima sul territorio: l’Alto Casertano.

Il che significa valorizzazione della tradizione, della stagionalità e delle eccellenti realtà produttive locali. Per ripieni e farciture fieri di sublimare in messaggeri di sapori e saperi. Sì, così ha fatto Franco Pepe. Al congresso milanese e nel settecentesco palazzo caiatino che porta l’insegna di Pepe in Grani, in vico San Giovanni Battista. E così continua e continuerà a fare.
Ma con una marcia in più. Data dalla stretta collaborazione con l’agronomo Vincenzo Coppola. Al fine di garantire una golosità suggellata dall’oggettiva qualità della materia prima.

“Dopotutto, io posso solo fare un’analisi sensoriale dell’ingrediente, mentre Vincenzo è in grado di approcciare il prodotto scientificamente. Assicurandone l’assoluta genuinità”, spiega Pepe. Che, da puro empirista sposerà il punto di vista razionale e rigoroso. Perché la pizza, oltreché “buona, pulita e giusta”, per dirla con Slow Food, sia pure controllata e verificata sotto ogni aspetto: chimico, fisico e nutrizionale. E il commensale possa finalmente assaggiare, in tutta calma e serenità, il suo spicchio di bontà.
 

La pizza democratica di Beniamino Bilali

L’idea è semplice. E notevolmente intelligente. Proporre una pizza classica, quale la Margherita, ma in versione senza glutine. Affinché la possa gustare anche chi soffre di celiachia. La sfida? Realizzarne una molto simile a quella tradizionale, sia nell’aspetto estetico sia nel gusto. Per dirla tutta: non bassa e secca, ma vaporosa e fragrante. Una mission non certo facile. “Ma nemmeno impossibile”, aggiunge il volitivo e propositivo Beniamino Bilali.

Che parte dalla sperimentazione avviata nel corso dello scorso simposio di PizzaUp per volare verso nuovi confini dell’impasto. La capacità? Starà nel creare la perfetta alchimia fra acqua e farina di grano saraceno germinato, ricco di principi nutritivi ma assolutamente gluten free. In modo tale da dar vita a una biga in grado di acquisire (e, in un certo senso, sostituire) il ruolo del lievito. Per poi procedere nella lavorazione come per un impasto “normale”.

Puntando su una buona idratazione e rispettando la personalità e le peculiarità della farina. “Certo, l’importante è saper toccare, ascoltare e conoscere gli ingredienti, per poterli utilizzare al meglio”, spiega il pizzaiolo. Il cui intento è quello di ideare una pizza ben alveolata. Alla Bilali, insomma. Nonostante manchino la forza e la spinta proteica. Per un prodotto davvero democratico, orgoglioso di piacere a tutti. A chi celiaco lo è, ma pure a chi non lo è. Per non far sentire nessuno di serie “b”. Parola di BB.
 

Il bianco e il rosso secondo Ciro Salvo

Il perfetto impasto? Corrisponde al numero cinquanta. Almeno secondo la Smorfia napoletana. Dove tutto ha un significato codificato. E se gli si aggiungesse la parola greca kalò, che vuol dir buono? L’equazione deliziosa sarebbe subito fatta. E l’insegna portavoce di golosità sarà presto aperta: 50 Kalò di Ciro Salvo , nel cuore della città di ’O sole mio, in piazza Sannazzaro. E così, il trentaseienne Ciro, originario di San Giorgio a Cremano e sinora al Massè di Torre Annunziata, inizierà una nuova avventura, in collaborazione con Maurizio Cortese.

“Le mie specialità continueranno a essere le pizze e i calzoni fritti e al forno”, dichiara Salvo. Che, a Identità (ore 16.40), porterà alla ribalta i suoi celeberrimi ripieni, veri concentrati del partenopeo territorio. “La farcitura richiede molta tecnica e una particolare abilità. Ed è lì che si intuisce la bravura del fornaio”, svela Salvo. Pronto a proporre le sue fragranti mezzelune in due versioni. Bianca, con ricotta di bufala, ciccioli di maiale, provola di Agerola, pecorino romano e pepe nero.

Rossa, più tradizionale, sempre con ricotta di bufala - “visto che non può esistere ripieno senza ricotta”, dice, salame Napoli, fiordilatte agerolese, Pomodoro San Marzano Dop, pecorino romano grattugiato e pepe nero. Fatte salde alcune regole di base. Perché se un ottimo impasto deve vantare un’idratazione ideale, farine a basso tenore proteico e una lunga lievitazione a temperatura ambiente, la virtù di un’eccellente imbottitura sta nell’avere la consistenza del bignè. Per una sensuale sensazione di sofficità.
 

Senza lievito: Roberto e Fiorella Ghisolfi

Fare una rivoluzione partendo dal nulla si può. A dimostrarlo, nell’ultima edizione di PizzaUp, sono stati Roberto e Fiorella Ghisolfi, poeta e musa de Lo Spicchio di Cremona. Che, a Identità (ore 17.30), riconfermeranno la loro teoria lievito free. Preparando una squisita focaccia.

Come? Miscelando esclusivamente acqua, farina, sale e olio. Per creare “una biga molto biga”, come dice Roberto. Ossia, una biga piuttosto grezza ma alquanto evoluta. Insomma, con un quid in più. Dato dall’utilizzo di una minima percentuale (l’1%) di farina di grano saraceno germinato su un chilo di Petra 1 by Molino Quaglia. Per poi proseguire fra riposo, rinfresco, massima idratazione e quattro-cinque ore di lievitazione.

Sino alla cottura di una focaccia in pala di nuova generazione, nata senza lievito ma preziosa del poliedrico germinato. Che porta in dote grandi potenzialità. Non solo nutrizionali. Visto che una delle sue capacità è proprio quella di migliorare le prestazioni stesse dell’impasto, creando un habitat ideale e un terreno di coltura ottimale per i lieviti. Pronti ad alimentarsi e a moltiplicarsi con facilità. E ad arricchire la fragranza? Due possibili farciture: crema di zucca, finferli e ricotta, lavorata e resa soffice; oppure sgombro (cotto sottovuoto a bassa temperatura, insieme ai suoi aromi), cime di rapa (saltate in padella con acciughe, aglio e peperoncino) e stracciatella autoctona, figlia del latte di bufale di un allevamento di Izano, vicino a Crema.

Ma non finisce qua. E Roberto è già riuscito a dare il là a un lievito naturale utilizzando crusca, grano saraceno e grano tenero germinati. Con ottimi risultati. Tant’è che sta applicando la formula pure ai piselli germinati. Per un lievito madre che ha forza, grinta e acidità controllata. “Siamo solo all’inizio”, commenta Ghisolfi.
 

Pina Toscani, dolcezze di pane

Non solo è la pasticcera della pizzeria Grigoris di Mestre. Pina Toscani è anche la moglie e la compagna di lavoro e di viaggio di Lello Ravagnan. Una donna dolce e tenace, addetta alla preparazione di quelli che lei chiama “i piccolini”. Giusto a raccontare il gusto in bocconi dal volume ridotto. Siano essi bicchierini, granite e golosità in taglia small. Per dirla tutta: non i classici mignon, ma mini ghiottonerie che risultano perfette anche dopo una pizza.

Perché poco impegnative, fresche, conviviali e informali. Amuse-bouche in versione dessert. E così Pina, sul palcoscenico di Identità (ore 18.20), terrà fede alla sua filosofia, proponendo delizie in formato super piccino.

Partendo da un aromatico e profumato paninetto, prezioso di scorze d’arancia e rum, nonché pronto a celare una pallina di gelato alla cassata, dal verace spirito palermitano. Per poi andar Oltralpe e creare una Sacher sostenibile. Virtuosa di una ganache al cioccolato, di una farcitura alla confettura d’albicocche e di un pan di spagna realizzato con il pane recuperato. All’origine, realizzato con farine macinate a pietra e lievito madre.

E, in seguito, grattugiato e utilizzato nella messa a punto del “biscotto”. Per un cake pop simpatico, leggero e di grande valore. Perché capace di prendere spunto dalla semplicità per elevarsi alla nobiltà di una “tortina” dall’allure mitteleuropea.
 

Renato Bosco: la classe è acqua

Vi è un non so che di primordialità nell’acqua. “Perché senza di lei non c’è grano, non c’è uomo e non c’è vita”, ricorda Renato Bosco, l’illuminato capitano di Saporè, nella veronese San Martino Buon Albergo, che quest’anno varca la soglia di Identità di Pizza per approdare nella Sala Blu 1 delle Identità Naturali (domenica 9, ore 11.10). Portando con sé un carico di purezza e trasparenza.

E facendo focus sull’acqua, quale elemento indispensabile per l’esistenza. Di ogni impasto. E non solo di quello. “A pensarci bene, stiamo nell’acqua sino alla nostra nascita. E, andando su Marte, per prima cosa abbiamo cercato l’acqua”, continua Bosco. E allora, che acqua sia. Utilizzata in tutte le sue potenzialità. Per dar forma a un lievitato ideato partendo dall’idratazione come base di sperimentazione. Per una sorta di evoluzione sulla scia della farina. Ecco allora la presentazione di una tecnica messa a punto grazie a lunghi studi e accurate ricerche. Senza la pretesa di voler mostrare una rivoluzione, ma con l’umiltà di comunicare semplicemente alcuni dati e buoni risultati.

Per poi passare a un altro procedimento, forse più tradizionale ma sempre riverente il liquido elemento. Fruito nella giusta quantità e alla temperatura perfetta. Complici il sale, un determinato germinato e farciture dall’anima duplice: onnivora e vegana. Intesa non come privazione ma come valore aggiunto. Nutrizionale, in primis. Dialogo onnivoro-veg pronto a proseguire fuori sessione, presso lo stand di Molino Quaglia, in due lezioni red & green.
 

I veg burger di Lello Ravagnan

L’hamburger farà l’assolo durante la lesson di Lello Ravagnan, pizzaiolo patron della mestrina Grigoris. Sì, proprio così. Dopo aver fatto la star nel bel mezzo di Bread Religion, in occasione della manifestazione Comunipane di Vighizzolo d’Este, il morbido panino tornerà a trionfare sul palco delle Identità Naturali (domenica 9, ore 15). Nella sua forma più sana e gioiosa. Fatta su misura per esser consumata nel contesto di un concerto. Allontanandosi però dallo stereotipo del fast food per avvicinarsi all’idea di un assaporare più slow. Capace di mantenere un food cost low, senza per questo tradire qualità, digeribilità e valori nutrizionali.

Insomma, un panino giovane e intelligente quello firmato Ravagnan. Fiero di piacere ai consumatori, ma in grado di soddisfare pure l’economia dei gestori di un chiosco. Presentato in sala con tanto di sound rock di sottofondo. “Per un prodotto ritmico che arriva all’orecchio, oltreché al palato”, spiega Lello.

Ecco allora la duplice versione della leggerezza in concerto: due burger veg, virtuosi di germinati, sia nell’impasto che nella farcitura. Il primo è proponibile tutto l’anno: pane a base di farina di grano tenero germinato e “polpetta” di ceci germinati, con corredo di salsa vegetale. Il secondo rigorosamente stagionale: pane a base di crusca di grano tenero germinato e “polpetta” di piselli germinati, complice il broccolo fiolaro di Creazzo. Per genuine creazioni smart, preziose di fibre, proteine, vitamine e sali minerali.