Gentile {NOMEUTENTE}
Un anno fa invitai un cuoco spagnolo, che ha avuto a lungo una quota in una pizzeria di Barcellona, a venire a Milano a spiegare la sua visione del piatto durante Identità di Pizza, febbraio 2013. Mi rispose di no perché si sentiva inadeguato visto che la pizza è italiana. Per me sbagliò perché più voci più idee, ma non aveva tutti i torti. Sarebbe un po’ come spiegare la birra a un bavarese o l’hamburger a un americano. Devi averne di carattere e di verità.

Mi sono ricordato di lui leggendo il Financial Times del fine-settimana che ci siamo appena lasciati alle spalle. Nella sezione Life & Arts, Rowley Leigh, chef-patron del Le Café Anglais a Londra, dedica la sua rubrica proprio alla pizza. Per farne una perfetta i segreti del successo sono tecnica e forno. Per me vengono prima ingredienti e lievitazione, ma non è questo il punto. Alla pizza napoletana, Leigh preferisce quella alta e ben lievitata che gli preparava sua madre e che “you can still get in the south of France”, che puoi ancora trovare nel sud della Francia.

Cribbio, ma come fa un 60enne inglese tutt’altro che sprovveduto, sia in cucina che nello scrivere, a prendere sua madre come termine di riferimento per la pizza? Possibile non sia sfiorato dal dubbio che un conto è mamma e un altro la storia? Se volessi farmi una cultura sul Fish & chips, è un esempio, prima chiederei nel Regno Unito, mi sembra scontato.

Però, ragionandoci un po’ sopra, è anche vero che noi italiani, conciati come siamo, ci meritiamo ogni affronto. La mia è una provocazione, sia chiaro, ma cosa abbiamo davvero fatto negli ultimi decenni per non essere svillaneggiati e derisi di continuo? Il rispetto è per chi se lo merita e se a Milano, per dirne una senza uscire dal tema di questa newsletter, una buona pizza è un’utopia, a Londra si può tranquillamente consigliare quella che ancora si può trovare nel sud della Francia.

Paolo Marchi, testi di Luciana Squadrilli
 

Pizza e dieta mediterranea

La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali di 4 paesi del bacino mediterraneo: Italia, Grecia, Spagna e Marocco. Questo modello nutrizionale è stato abbandonato nel periodo del boom economico degli anni Sessanta e Settanta, perché ritenuto troppo povero e poco attraente rispetto ad altri modelli alimentari, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando l'interesse dei consumatori e sta conoscendo una sempre maggiore diffusione.

La piramide alimentare è la rappresentazione grafica di questo insieme di regole alimentari e di vita (perché la parola “Dieta” deriva dal termine greco dìaita che significa “stile di vita”, cioè quell’insieme di pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze, abilità, saperi e spazi culturali con i quali le popolazioni del Mediterraneo hanno creato e ricreato nel corso dei secoli una sintesi tra l’ambiente culturale, l’organizzazione sociale, l’universo mitico e religioso intorno al mangiare (fonte: Unesco).

Il nostro Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione nel 2009 ha riformulato la piramide alimentare per adeguarla a stili di vita contemporanei (vedi l'illustrazione) riportando alla base gli alimenti (preferibilmente integrali) a base di cereali, assieme a frutta e verdure di stagione. Nella fascia del consumo giornaliero rientrano inoltre semi, spezie, latticini a basso contenuto di grasso e olio di oliva. Ci sono tutti gli ingredienti per dare alla pizza italiana contemporanea (che la si voglia chiamare pittorescamente “gourmet” o meno poco importa) il ruolo di portabandiera della dieta mediterranea. Qui una ricetta di esempio.
Piero Gabrieli
 

Una pizza per l’estate: Antonio Pappalardo

«Io vengo dal forno», dice Antonio Pappalardo, giovanissimo pizzaiolo sapiens de La Cascina dei Sapori, ottocentesca casa-bottega rustico-chic dove lui vive, pensa e impasta. In quel di Rezzato, nel Bresciano. Anche se in realtà le origini di Antonio sono ben più complesse. Visto che lui, classe ’88, è nato nella napoletana Castellammare di Stabia, è cresciuto in Lombardia, mantiene la veracità campana e soprattutto porta sulle spalle una gerla colma di esperienza. Fatta di ore di lezione all’istituto alberghiero e giorni di lavoro fra cucina, pizzeria (quella che i genitori avevano in paese) e di pasticceria. Per poi capire che il disco di pasta era la sua vera missione.

E allora sotto a studiare e a frequentare l’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. E avanti tutta con la ricerca, la sperimentazione e il costante aggiornamento. «Avendo, in primis, una profonda conoscenza della materia prima», sottolinea il bravo Pappalardo. Per cui la farina è una filosofia (Petra di Molino Quaglia), la biga è il punto di partenza e i topping sono l’arrivo. Onorante tanto la qualità quanto la stagionalità. Et voilà dunque L’Estate, radiosa espressione tonda e classica (ma sempre un po’ provocatoria) della pizza, summa di fior di latte, fiori di zucchina, cipolla in carpione, pomodoro datterino confit e stracchino delle Pertiche Alte. Per una pietanza fresca e fragrante. Pronta a comparire in un summer menu sbocciato tra lievitazioni, fermentazioni, maturazioni e sagge cotture.

Perché le delizie siano buonissime e digeribilissime. Come accade pure per la pizza con polpo al forno, sedano verde e carota nera; e per quella con peperoni grigliati agrodolci, confettura di pompelmo rosa e mandorla di Noto tostata. Senza trascurare le pizze da degustazione, cotte nel “padellino”. Ad esempio quelle in red: con tagliata di tonno rosso, burrata, insalata di finocchio e cipolla; con crudo di gambero rosso, burrata, crema di mango e mandorla di Noto; e con tartare di manzo, datterino, granella di pistacchi di Bronte, cappero confit e maionese al caffè. Per assaporare spicchi di sole.
Cristina Viggè
 

La disfida dei cuochi di Aimo e Nadia

Apriamo facebook e sul profilo di Alessandro Negrini, cuoco di Aimo e Nadia assieme a Fabio Pisani, scorgiamo la foto di un foglio con appunti sulle quattro partite della cucina del ristorante. Sopra alla composizione delle squadre, l’annuncio del co-cuoco: «Da oggi inizia la sfida della pizza per il personale, chi vincera? Stay tuned!». Incuriositi, chiamiamo lo stesso Negrini: «È un concorso che facciamo per divertirci tra di noi alla fine della stagione. Per i 4 ultimi giovedì del servizio pre-estivo – conclusione giovedì 1 agosto – ogni partita cucina la sua pizza, dei bei quadratoni al forno elettrico».

Siamo al secondo anno del contest intra-cuochi: «L’anno scorso ha vinto la partita del pasticcere Mario Peqini (a sinistra in foto): lui, Viviana Perucconi e Marco Campagnolo (a destra in foto) hanno vinto con una Pizza melanzane e cipollotto (un po’ l’ingrediente simbolo di Aimo Moroni) e quindi quest’anno toccherà a loro iniziare per primi. A sfidarli saranno i giovedì successivi la squadra degli antipasti/pesce, io con Matteo Fontana e Riccardo Minghin; il team carne di Fabio Pisani e Rudi Takagi e chiusura col team primi di Naoki Vajima e Nicolò Rizzi». Chi vota? «Noi stessi con palette da 1 a 10. Ma il massimo è convincere Aimo perché il suo voto vale doppio». E in palio? «L’anno scorso abbiamo messo un giorno di ferie, il sabato sera. Quest’anno ci aggiungiamo un pranzo da Lady Bu». Vinca il migliore.
GZ
 

I migliori indirizzi in Sardegna

Buone notizie per gli appassionati di pizza che hanno scelto la Sardegna come meta per le vacanze estive, e non solo. Anche sull'isola, da Nord a Sud, non mancano gli indirizzi interessanti. A Sant’Antioco, il Rubiu Brew Pub è un birrificio artigianale e brew pub che affianca alle buone birre alla spina della casa delle pizze altrettanto valide, di stile croccante e perfettamente digeribili, frutto di un attento studio su farine e lievitazione; gli ingredienti locali e di stagione condiscono le pizze tradizionali e quelle più creative come la Tabarka con pesto, pomodoro fresco e tonno sott’olio.

Vicino a Cagliari, a San Sperate, Ada (via Cagliari, 21, +39.070.9600972, nella foto di Epulae News) è un indirizzo storico, ma non tutti sanno che oltre all'ottima cucina genuina qui si sfornano anche buonissime pizze fragranti e leggere. Il segreto è nel curato impasto a lievitazione naturale, nella cottura perfetta e nella scelta di ingredienti locali e di stagione. A Orotelli (Nuoro), da S’Arzola si possono assaggiare le squisite pizze di Franco Pilotto. C'è l'imbarazzo della scelta tra gli oltre 70 tipi diversi, tra cui anche quelle senza glutine (su prenotazione) o a base di diversi cereali: tutte buonissime grazie all'impasto frutto di lievitazione naturale e una lunga maturazione, che lo rende estremamente fragrante, saporito e digeribile. La cottura al forno a legna e l'uso di ingredienti di qualità completano il quadro. Da provare le “pizze di territorio” come la Oroteddesa con pomodoro, mozzarella, pecorino, lardo, pomodori secchi e purpedda (la polpa delle salsicce) o la Nuoresa con pomodoro, mozzarella, salsiccia e casizolu.

Nei pressi di Sassari, a Bancali, Fainé (strada provinciale Sassari - Argentiera 193a, +39.079.309773) merita il breve viaggio per un'ottima pizza a base di farine di qualità e lunghissima lievitazione a partire da "sa madrighe" (pasta madre), non usata tutti i giorni però. Anche qui, oltre all'impasto “normale” ci sono quello agli 8 cereali, quello senza glutine e la fainè, versione locale della farinata di ceci. Per i più temerari, tra le tante pizze in menu c'è la Zuppy, sulla quale in tavola viene versata una saporita zuppa di cozze e vongole. (con la collaborazione di Giuseppe Carrus)
 

Dry, Milano finalmente mangerà una signora pizza

Si chiama Dry Cocktails & Pizza, è a Milano, in via Solferino 33 (l’ultimo blocco in direzione Melchiorre Gioia per chi è pratico della zona), telefono +39.02.63793414, ha aperto al pubblico il 28 giugno, un venerdì, e salvo qualche giorno centrale del mese, ad agosto non chiuderà per continuare nel rodaggio. Il periodo di tirocinio è fondamentale per tutti, qui a maggior ragione perché il pizzaiolo, già cuoco in giro per l’Italia e il mondo, deve prendere la mano con l’oggetto della sua passione e del nostro desiderio: la pizza. Un conto infatti è avere i mezzi per sfornare centinaia di pizze (due i forni, uno a legna e l’altro elettrico) e un altro averne le capacità pratiche.

Precisato questo, va anche detto che già ora Dry propone la miglior pizza di Milano. Non che la corsa sia affollata, in pratica è solitaria, ma proprio perché nella città del Duomo mangiarne una davvero buona, gustosa e digeribile, è pressoché impossibile se non da Pizzabig in viale Brianza 20, telefono +39.02.2846548, tanti erano arrivati al punto da rifiutare il capolavoro che Napoli ha donato al mondo.

Con Andrea Berton supervisore (e uno dei quattro soci assieme con Giovanni Fiorin, Tiziano Vudafieri e Diego Rigatti), ecco Simone Lombardi in cucina e Guglielmo Miriello capo barman.

Nota importante: Lombardi, padovano, è un cuoco provetto, con un sogno: diventare pizzaiolo. Per realizzarlo è rientrato in Italia visto che lavorava a Città del Messico. Idem Miriello: da Shanghai a Milano. In questo periodo sono rari i casi di professionisti della ristorazione che, invece di lasciarsi il Buon Paese alle spalle, lasciano indientro il mondo e tornano a lavorare in patria. Una gran bella cosa.

Originale la carta: ecco tre pizze base, Marinara (5 euro), Margherita (7) e Margherita con bufala (8), libero ognuno di aggiungere questo o quello pagando un extra. Parma 24 mesi? 4 euro. Cotto nel forno a legna? 5, come la Ventresca di tonno e così via. Poi ci sono sei pizze d’autore, alcune della tradizione come il Calzone bianco (=calzone alla scarola, 10 euro) e le Acciughe del Mar Cantabrico (Pizza pomodoro, fior di latte e alice a 9), altre secondo la cifra del pizzaiolo come quella al salmone affumicato, a 10.

Un consiglio: si fa peccato a non ordinare una Focaccia al vitello tonnato.
Paolo Marchi
 

Mimmo Caporusso, missione bambini a Sanremo

Le mamme lo sanno bene: il modo migliore per far mangiare ai bambini cibi salutari è che siano appetitosi e divertenti. E cosa c'è di più goloso della pizza? È questa l'idea di Mimmo Caporusso, pizzaiolo pugliese trasferitosi ormai da oltre trent'anni a Sanremo. Dopo aver gestito per molti anni un locale in centro, nel 2009 ha aperto con la moglie Alessandra Salsadrena, moderno e accogliente ristorante lungo la “passeggiata” a due passi dal mare. Una svolta non solo professionale, ma anche umana. Frequentando i corsi dell'Università della Pizza, ha preso nuova consapevolezza sull'importanza di un'alimentazione sana.

«Ho sentito l'esigenza di ridurre i numeri e alzare la qualità – racconta – partendo dalla ricerca dell'ingrediente: prima pensavo che sulla pizza dovessero andarci prodotti grassi, ricchi; ora invece preferisco usare poca roba, ma buonissima». Ne è un esempio il Fagotto (pasta della pizza schiacciata a rettangolo, farcita e richiusa) con brandacujùn e zucchine trombette, tra le pizze di stagione. Il suo impasto parte da una biga con lievito madre di 18-24 ore e ha una fermentazione di almeno 40 ore, con un'idratazione del 70%, per ottenere una scissione degli amidi quasi completa e dunque un'altissima digeribilità, ma anche una scomposizione degli zuccheri che abbassa l'indice glicemico rendendo pizza e pane più salutari. L'utilizzo di una farina come Petra 9, ricca di germe di grano, ne completa il profilo nutrizionale e organolettico.

La partecipazione a Pizza Up, poi, lo ha convertito alla lievitazione naturale e lo ha spinto a coinvolgere le scuole di Sanremo: «Chi ha a che fare con il lievito madre – dice - viene catapultato in un mondo di condivisione: la “madre” non si vende, si regala... così è nata anche la necessità di trasferire il bagaglio di conoscenze acquisite riguardo a una cucina più naturale; ho proposto dei laboratori di educazione alimentare, mostrando la differenza tra lievito madre e di birra, tra farine raffinate e integrali e l'importanza di prodotti locali e di stagione. Il tutto stimolando anche la creatività e la curiosità dei bambini, esortandoli ad assaggiare gli ingredienti e a creare sulle pizze un'armonia di colori e sapori, e dando a ognuno di loro una pallina di impasto per rifarla in famiglia». Il primo passo verso un consumo consapevole passa anche per una (buona) pizza.
 

Sara Papa e la focaccia rustica fatta in casa

Senza nulla togliere ai grandi maestri della pizza – premiati o meno, e di qualsiasi tipologia – è possibile mangiare una ottima pizza, o meglio focaccia, anche in casa. Lo sanno bene i maniaci della lievitazione casalinga, che si “passano” il lievito madre di mano in mano e si scambiano ricette, foto e pareri sul web. Tra i loro principali punti di riferimento c'è Sara Papa, noto volto televisivo e autrice di tre libri di successo, in questo momento in tour per l'Italia a insegnare l'arte bianca per tutti.

Al centro delle sue lezioni c’è la focaccia rustica "fatta in casa", a base di ingredienti scelti con cura per i condimenti e una base impastata con Petra e lievito madre (o anche lievito birra, purché pochissimo, per chi proprio non vuol dedicarsi a tenere in vita il lievito madre), rinfrescato a mano secondo il metodo semplice e sicuro di Sara. La sua forza è infatti quella di saper coniugare il rigore tecnico necessario per un risultato eccellente con metodi di lavorazione semplici, che rassicurano il principiante così come il professionista della cucina che di mestiere non fa il pizzaiolo. La sua ricetta base per la pizza è un connubio tra gusto e alimentazione salutare, espressione della sua costante attenzione a indicare quali ingredienti utilizzare e come trattarli per non distruggerne le qualità nutrizionali. Quindi poco sale, tanta acqua, olio solo se extravergine di oliva, lunga maturazione degli impasti (anche in ambiente a bassa temperatura per fare l'impasto una volta e usarlo a distanza anche di qualche giorno).

Tra gli altri “segreti” svelati nelle sue lezioni, le temperature (inferiori) e i tempi (più lunghi) ideali per la cottura nel forno di casa, magari attrezzato con pareti refrattarie e pietra ollare. La pizza "fatta in casa" (e perché no, anche nella cucina di un ristorante) di Sara apporta quindi alla nostra alimentazione meno zuccheri, sale e grassi anche perché usa una farina Petra con tutto il chicco di grano, e non una generica farina raffinata tipo "00".
 

Chiusure e riaperture: Lazzaroni e Iervolino

Periodo di gran fermento nel mondo delle pizzerie, con cambiamenti, chiusure e nuove sedi. A Roma, Massimiliano Ceccarelli e Giancarlo Casa hanno deciso di lasciare almeno per il momento la pizzeria Lazzaroni – che aveva portato la “vera” pizza napoletana nella Capitale con lo slogan «una pizza pensata a Napoli ma sfornata a Roma» – a causa del periodo economicamente difficile che non ha aiutato a ingranare nel modo giusto, nonostante gli ottimi successi di critica. Il locale è stato ceduto a una nuova gestione che ne ha cambiato nome e formula, ma il progetto Lazzaroni non tramonta. Sulla sua pagina Facebook Massimiliano ringrazia soci, collaboratori, giornalisti e clienti e dà loro un arrivederci: «spero di rivedervi presto alla nuova apertura di Lazzaroni in data X».

In provincia di Napoli, invece, Gianfranco Iervolino – che aveva da poco lasciato il locale Lucignolo Bella Vita a Boscotrecase, come avevamo raccontato nella scorsa newsletter – ha già trovato una nuova sede: Francesco Formisano lo ha voluto con sé (come pizzaiolo e braccio destro nella direzione della cucina) a Villa Giovanna, una bella struttura a Ottaviano, sempre all'ombra del Vesuvio (l'indirizzo, di ottimo auspicio è in via Valle delle Delizie lungo la Strada Provinciale 259). Qui Gianfranco ha portato la sua filosofia di pizza gourmet a base di farine Petra e ingredienti campani di prima scelta – a cui il 17 luglio è dedicato un incontro con ospiti illustri tra grandi chef e giornalisti – a cominciare dal fiordilatte di Agerola, l'extravergine e i pomodori San Marzano Dop che sono protagonisti della sua pizza Vesuviana. Eccellenza e semplicità anche a base della cucina, con ottimi fritti e i piatti della tradizione partenopea realizzati a regola d'arte.
 

A settembre si torna a Scuola (del Molino)

Dopo la pausa estiva – che ci prendiamo anche noi – a settembre si torna ai banchi dell'Università della Pizza, con i nuovi corsi di Pizzeria Dinamica organizzati dalla Scuola del Molino. Si parte subito, il 4 e 5 settembre, con il corso preparatorio di due giornate di lezioni teoriche e pratiche con Simone Calore, per apprendere le basi fondamentali della professione di pizzaiolo - dalla messa a punto dell’impasto alla stesura e cottura - per intraprendere con successo un percorso di formazione e crescita professionale.

Dal 9 settembre partono infatti i nuovi corsi dell'Università della pizza organizzati su tre livelli propedeutici (base, avanzato e gourmet per 20 giornate di aula totali), ognuno suddiviso in laboratori di cucina e di impasti con grandi pizzaioli come Lello Ravagnan e Renato Bosco, in seminari tecnici sugli aspetti merceologici e nutrizionali ma anche sugli abbinamenti con vini e birre, sulla gestione del team di lavoro e sulla relazione con il cliente, e in incontri con giornalisti ed esperti, tra cui anche Paolo Marchi, per essere da stimolo al miglioramento continuo e alla creatività dei pizzaioli, più un esame finale con degustazione aperta al pubblico. Un percorso formativo a 360°, dunque, in cui si impara non solo a sfornare ottime pizze ma anche a gestire al meglio un locale e ad affrontare un mercato che cambia rapidamente.

Chi esce dai corsi del Molino diventa un Maestro della Pizza Italiana in grado di applicare appieno tutti i valori del Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea redatto lo scorso anno in occasione della sesta edizione di Pizza Up, ovvero le 10 regole alla base della Pizza Italiana per eccellenza. Una scommessa sul futuro che vale la pena di fare, se è vero che quello del pizzaiolo è uno dei mestieri più richiesti, e che oggi più che mai in questo settore la qualità paga.
 

Tutti gli Spicchi d'Italia del Gambero Rosso

È stata presentata il 1 luglio all’Interporto di Nola – dove sorge la nuova sede campana della Città del Gusto – la guida "Pizzerie d'Italia del Gambero Rosso". Il volume recensisce oltre 400 locali consacrando così l'ingresso della pizza nell'empireo della gastronomia nazionale. A dare la misura della bontà delle pizzerie selezionate, gli Spicchi (da zero a tre) attribuiti in base ai seguenti criteri: impasto e lievitazione, materie prime, cottura – indipendentemente dal tipo forno usato – assaggio e degustazione (profumo, leggerezza, sapore, solubilità, consistenza e aromi).

Tre le categorie in cui sono state suddivise le diverse tipologie: pizza napoletana, pizza italiana (nelle diverse interpretazioni regionali) e pizza gourmet, con tutta l'inevitabile aleatorietà di una simile definizione che pure è ormai comunemente usata per definire pizze con condimenti “da alta cucina”. Tra i premiati, molti nomi noti – da Simone Padoan e Renato Bosco a Franco Pepe, Enzo Coccia e Massimo Giovannini – e qualche volto nuovo come quello di Patrick Ricci di Pomodoro&Basilico (San Mauro Torinese) e la squadra al completo di 'O Malomm di Coriano. Valutazione a parte – questa volta in Rotelle – per le migliori pizze al taglio, e alcuni premi speciali: “maestri dell'impasto” Franco Pepe e Gabriele Bonci (che però ha ceduto la targa a Angelo Iezzi, capostipite della pizza in teglia romana di qualità), migliore carta dei vini e delle birre quella della Gatta Mangiona di Roma, miglior ricetta quella di Ciro Salvo del Massé (pizza dell'Alleanza con fiordilatte di Agerola, Conciato Romano, cipolla ramata di Montoro e lardo di Colonnata).

Proprio il “trispicchiato” Ciro – le cui pizze mettono davvero d'accordo tutti - campeggia sull'ultima copertina del Gambero Rosso anche in quanto docente del nuovo corso professionale per pizzaioli, mestiere del futuro. Ricordiamo infine qualche grande assente: Guglielmo Vuolo non ce l'ha fatta a entrare nella “quota campana” dei locali recensiti, mentre manca per un evidente conflitto d'interesse Michele Leo, il bravissimo pizzaiolo della Città del Gusto di Nola che con la sua pizza con pomodorini e friggitelli – insieme a quelle di alcuni premiati - ha deliziato il pubblico al termine della presentazione.