Gentile {NOMEUTENTE}
Stavo guardando la foto in basso della pizza patatine e wurstel che tanto sembra piacere agli americani e che, comunque, tanto piace agli italiani perché non c’è pizzaiolo che l’ami però tanti la propongono perché molti la chiedono. E’ la domanda che crea l’offerta, sono i clienti che impongono i loro gusti. Poi ci sono piazzaioli che si rifiutano di inchinarsi e tirano diritti per la loro strada e vanno ammirati perché non è facile rinunciare a una fetta di incasso, soprattutto di questi tempi.

Però non mi sono limitato alla foto. Mi sono pure chiesto perché a Roma, Napoli e via così furoreggia da sempre la pizza bianca con le patate e nessuno ha da ridire. Certo, patate e non patatine fritte, nessuna traccia di wurstel, può fare facilmente capolino la salsiccia, insomma altri top però una cosa è evidente: pizza e patate è un matrimonio che non scandalizza, anzi. E allora perché un pizzaiolo illuminato e attento non prova a ragionare attorno alla pizza patatine e wurstel? A far bene le cose costerebbe di più, non sarebbe più una pizza da battaglia la sera al mare, ma un Pepe o un Padoan certo non lavorano per il primo pezzo e allora perché non provarci? Perché la salsiccia sì e il wurstel no? Visto che comunque piace, almeno facciamola bene e non lasciamo che in America ci sputtanino ancora di più sua maestà la pizza.

Paolo Marchi, testi di Luciana Squadrilli
 

La pizza e il gioco della corda

Pizza, tradizione e innovazione sono tre parole che danno adito spontaneo a discussioni e dibattiti che difficilmente mettono d'accordo chi vi partecipa. E' come il gioco della corda che due squadre contendenti impugnano dai due estremi (tradizione e innovazione) per sconfiggere l'altra parte. La pizza è stata una grande invenzione. Così grande che, nel mondo, popoli diversi ne vantano la paternità. Così internazionale che i condimenti prescindono (ahimè) dalla genesi del piatto. Così versatile che la sua storia è fatta di continue tappe di innovazione che nel tempo l'hanno resa espressione di tradizione.

La pizza è l'ideale forma di comunicazione che tutti comprendono senza che si spieghi e in questo senso le sue varianti possono essere viste come segnali di cambiamento nel tempo e nello spazio dello stile di vita e delle abitudini alimentari. L'aggettivo "contemporaneo", attribuito alla pizza, significa proprio questo: lavorare i grandi ingredienti della tradizione con tecniche moderne, tramandare i sapori del passato cambiando il profilo nutrizionale del piatto secondo il mutare dello stile di vita. Chi innova in questo senso rispetta nello stesso tempo la tradizione e il benessere della persona.

Il prossimo simposio PizzaUp aprirà nuovi scenari nel mondo della pizza italiana contemporanea per dare forza alla tradizione del gusto con l'arma della sana alimentazione. Sei pizzaioli e un comitato tecnico-scientifico d'eccezione presenteranno i risultati di 6 mesi di lavoro con un focus inedito sulla genesi degli impasti. PizzaUp segnerà l'inizio di un nuovo corso nel quale la farina non la farà più solo il mugnaio, ma assieme a lui il pizzaiolo o il cuoco, chiamati a dare risposta a consumatori sempre più attenti alla propria salute. Come? Ovviamente con i Bricks (mattoncini) di PetraViva (vedi notizia appena sotto): non un'invenzione, ma una grande innovazione che farà riscoprire i sapori veri della tradizione.
Piero Gabrieli
 

Lieviti e grani: materia viva (e senza glutine)

La pizza – nelle sue varie forme - è uno dei cibi più antichi del mondo, eppure è anche un campo che si presta a ricerca e innovazione, come dimostra la nuova linea PetraViva di Molino Quaglia. Il progetto – che vede anche la collaborazione scientifica con l'Università di Milano, vedi sotto - si basa su un nuovo modo di intendere la farina, orientato non solo al gusto ma anche alla salute e alla sana alimentazione: non più sfarinato di grano ma assieme equilibrato di sfarinati di cereali e legumi, anche germinati.

PetraViva include lieviti “vivi” (grazie a MamaPetra, una macchina incubatrice di piccolissime dimensioni sviluppata dal molino in collaborazione con una nota casa costruttrice italiana), legumi e cereali con caratteristiche di digeribilità e valori nutrizionali unici, ottenuti nel nuovo stabilimento dedicato alla germinazione di cereali, pseudo-cereali e legumi con un processo industriale brevettato in esclusiva europea. Principale caratteristica dei prodotti germinati – denominati PetraViva Bricks – è la capacità di ritenere la massima concentrazione possibile di minerali e vitamine biodisponibili grazie al processo di essiccazione che blocca la germinazione nel momento di massima espressione delle dinamiche di modifica del seme e ne permette la conservazione al riparo da fenomeni di irrancidimento.

«Una base di farina Petra miscelata opportunamente con i PetraViva Bricks – spiega Piero Gabrieli di Molino Quaglia - trasformerà la pizza e il pane in veicoli quotidiani di quei nutrienti che mancano negli ingredienti raffinati e dei quali oggi esiste generale carenza. Un modo naturale per ridare sostanza ai piatti di ogni giorno con il solo uso dei migliori ingredienti della tradizione gastronomica italiana». E sempre cercando di unire benessere e gusto, Petra pensa anche a chi ha problemi di intolleranza verso il lievito o il glutine: Beniamino Bilali e Federica Racinelli (consulente e docente del Molino, esperta in panificazione) stanno lavorando su impasti per la pizza senza lieviti aggiunti, con strutture che crescono sfruttando esclusivamente l'interazione dell'acqua con grano e farina. Mentre grazie anche all'uso di alcuni dei PetraViva Bricks negli impasti, è possibile realizzare basi per la pizza senza glutine dal gusto e dalla consistenza che non presentano differenze significative rispetto a quelle con glutine.
 

Il rosettone di Stefano Callegari

Stefano Callegari, pizzaiolo-creativo romano, continua nella sua ricerca sulle forme (e i contenuti) della pizza. Dopo la cacio e pepe, i trapizzini e la pizza-lasagna, è finalmente riuscito a mettere a punto un progetto che aveva in mente da due anni a questa parte: il rosettone. Liberamente ispirato al popolare “panino del muratore” - il più classico dei pani romani farcito con quel di più sostanzioso che avanza dalla cucina – è una pizza che nella forma ricorda appunto la rosetta con i suoi “petali”, servita con diverse farciture costantemente work in progress: Stefano è partito da quella classica con mortadella per poi sperimentare varianti sempre più golose, da ricotta e ventricina a provola affumicata e speck ma anche frittata di zucchine, fettina panata con cicoria fino a quella con pollo e peperoni presentata a Festa a Vico.

Anche in questo caso, un'idea apparentemente semplice nasconde trucchi ingegnosi e lunghe prove. Il rosettone viene realizzato sovrapponendo due pallette di impasto (da 250 grammi) che vengono appena spianate con il matterello, in modo da avere una stesura uniforme ma senza far andare via tutta l'aria che deve gonfiare i petali, sulla cui superficie Stefano spalma una cremina a base di farina di riso, acqua e olio in modo che l'impasto rimanga umido ed elastico. Con un apposito stampo in alluminio – fatto realizzare da una fabbrica specializzata sulla base di un prototipo artigianale realizzato da un amico, partendo dal classico stampo per rosette, più piccolo e concavo - imprime sulla pizza il tipico disegno a fiore, poi dà una prima cottura molto veloce (meno di un minuto), fa raffreddare e taglia per il largo.

Al momento dell'ordine, leva la mollica in eccesso (come si fa anche per le michette non soffiate) e ripassa a bocca di forno: così l'esterno diventa bello croccante mentre l'interno rimane morbido. A questo punto non resta che farcire... e mangiare! Il Rosettone si può assaggiare da Tonda e da Sforno, insieme ad altre pizze incredibili tra grandi classici e novità. Da non perdere anche la pizza scarpetta con il sugo della domenica, quello ricco e saporito, con sui si condisce la pasta e a cui è impossibile resistere per la scarpetta finale. E infatti sulla pizza Stefano mette anche qualche rigatone e un pezzetto di pane: nel piatto non rimane nemmeno quello.
 

Coppola campione del mondo a Parma

È un italiano - Leone Coppola, pizzaiolo e patron del ristorante Vecchio Ottocento di Gavirate (Varese) - il campione mondiale della pizza incoronato a Parma nel 22° World Pizza Championship ospitato durante il Pizza Word Show, la cui prima edizione si è tenuta lo scorso aprile a Parma. Coppola ha conquistato il titolo con una pizza a base di pomodoro, stracciatella, carpaccio, Grana e valeriana. Sul podio anche il francese Gregory Edel, arrivato secondo, e il lituano Besir Limani, terzo (foto). Ma il Campionato prevedeva diverse “discipline”, oltre alla Pizza Classica, e dunque sono molti altri i premi: la migliore Pizza in Teglia è quella di Laura Meyer, da San Francisco, prima americana a vincere in questa categoria. Gianni Calaon di Padova – già campione del mondo per la pizza classica nel 2009 - ha vinto invece il titolo per la Pizza in Pala, mentre la migliore Pizza Napoletana STG è quella di Fausto Ruocco, giovane di origini salernitane che però lavora nella pizzeria di famiglia a Orzinuovi, in provincia di Brescia, che porta quanto meno Napoli nel nome (Bella Napoli). Migliore pizza senza glutine quella di Luigi Apicella, pizzaiolo de La Pace di Biella.

E ancora: la pizza più larga (sic) è stata realizzata da Daniele Pasini da Imola, specializzato in pizza acrobatica, mentre il pizzaiolo più veloce è stato Giuseppe Amendola (detto Mario), originario della provincia napoletana ma da anni trasferitosi a Reggio Emilia, che ha steso 5 panetti di pizza in dischi del diametro minimo di 30 cm in soli 36 secondi, polverizzando il record precedente che si era fermato a 43. Campione di Stile Libero (pizza acrobatica Free Style) Giuseppe Lapolla, lucano che però vive e lavora in Sardegna, al Cotton Club di Cannigione.

Il Trofeo Heinz Beck per i primi piatti in pizzeria è stato assegnato a Mara Mancosu dell’Enosteria Lipen di Triuggio (Mi) che ha proposto un’inedita arrabbiata al mango con gambero di Mazzara al pistacchio croccante. Premio “Pizza a due” - per l'accoppiata tra un pizzaiolo e un cuoco – ai francesi Pascal Poupon e Olivier Perrot: sarebbe interessante organizzare un “doppio misto” tra la squadra francese e i toscani Massimo Giovannini e Andrea Mattei, chef de La Magnolia de l'Hotel Byron di Forte dei Marmi, già visti insieme all'opera all'Apogeo di Giovannini a Pietrasanta e sul palco di Identità di Pizza a Milano.
 

La salute vien mangiando

Solitamente è lo “sgarro” più agognato quando si segue un regime alimentare, ma la pizza – così come un buon pane – può diventare parte integrante di una sana alimentazione. L'importante è partire da buone materie prime a cominciare da quelle di base, come le farine. È infatti mirato a ottenere una pizza che non sia solo buona al gusto, ma anche per la salute, il nuovo progetto del Molino Quaglia che sarà presentato al prossimo simposio Pizza Up, in programma per novembre a Vighizzolo d'Este.

Sul fronte scientifico, l'Università della Pizza in collaborazione con la prof.ssa Ambrogina Pagani della facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Milano, Dipartimento Distam, ha creato un gruppo di ricerca sulle relazioni tra lieviti, impasti e strutture della pizza per indagarne le caratteristiche organolettiche. «L'analisi della struttura di diversi impasti a livello molecolare, ripetuta in tutte le fasi dall'impasto appena terminato alla lievitazione, alla cottura – spiega Piero Gabrieli di Molino Quaglia - permetterà di capire le dinamiche degli elementi nella loro interazione e nel tempo e quindi di valutare e stabilire, su base scientifica, come e quanto una ricetta e un processo di produzione determinino la struttura organolettica del prodotto finito».

Da qui al novembre 6 grandi pizzaioli (Ravagnan, Bosco e Padoan nella foto più Bilali, Giovannini, Ghisolfi ) saranno impegnati a sperimentare 6 tipologie di basi e condimenti inediti sulle base delle indicazioni nutrizionali fornite dal team di ricerca. La presentazione ufficiale dei risultati avverrà al prossimo PizzaUp con 6 relazioni tecniche e 6 degustazioni affidate a ciascuno dei 6 pizzaioli.
 

Le Strade della Mozzarella (e della pizza)

I migliori pizzaioli italiani – da tutte le latitudini – a raccolta per Le Strade della Mozzarella. La manifestazione dedicata alla Mozzarella di Bufala Campana Dop e al suo territorio, che si è svolta a Paestum dal 6 all’8 maggio, ha infatti affiancato quest’anno alla grande cucina italiana – rappresentata da chef come Massimo Bottura, Niko Romito e Gennaro Esposito - anche la pizza. La terza giornata è stata dunque l’occasione per una sorta di “stati generali della pizza”, i cui protagonisti si sono incontrati per fare il punto sui tre passaggi fondamentali per un risultato eccellente. Primo step (anche se durante la giornata è slittato al secondo, per esigenze tecniche) naturalmente l’impasto, e dunque l’importanza delle farine scelte e di una perfetta lievitazione e maturazione, a prescindere da quale tipo di lievito si prediliga; a parlarne Renato Bosco, Gianfranco Iervolino e Beniamino Bilali.

Altro passaggio chiave, la farcitura: finita (si spera) l’epoca della pizza come ricettacolo di qualsiasi perversione gastronomica o scarto alimentare, oggi si punta a ingredienti di qualità sia che si tratti di pizze classiche e minimaliste sia che si parli delle varianti gourmet: prova ne sia la scelta di Simone Padoan, che ha portato a Paestum un’altra delle “creazioni a due teste” con Corrado Assenza e le farine del Molino Quaglia - focaccia a lievitazione naturale con fave, cipollotto, aglio fresco, peperone candito e topping di yogurt di bufala - ma anche la sua superba pizza con pomodoro datterino di Sicilia e Mozzarella di Bufala Campana Dop (foto). A parlane con lui anche Ciro Salvo, Franco Pepe e Lello Grigoris, assente all'ultimo momento Enzo Coccia.

Ultimo step, la cottura: un gioco millimetrico di secondi e temperature, dove tutto è letteralmente nelle mani dell’addetto al forno, spesso spalla silente ma fondamentale del pizzaiolo. A parlare di temperature e “polso”, Salvatore Salvo, Giancarlo Casa, Stefano Callegari (amante delle cotture estreme) e Massimo Giovannini che ha portato un'insolita Margherita impastata con acqua di mare. Insomma, ancora una bella occasione per dare dignità al lavoro e alla ricerca dei pizzaioli che, a prescindere dal territorio in cui operano e dallo stile di pizza che realizzano, sono uniti da un comune obiettivo sottolineato proprio da Corrado Assenza, assiduo outsider del mondo della pizza: quello di ovviare alla quotidiana banalità.
 

Provocazioni americane: wurstel e patatine

La notizia, apparsa sul web proprio a ridosso della giornata sulla pizza a Le Strade della Mozzarella (vedi notizia sopra) e ai discorsi sulle farciture di qualità, era di quelle da far venire il nervoso. Mentre in Italia tanti pizzaioli cercano di far capire alla propria clientela l'importanza della scelta degli ingredienti di qualità anche sulla pizza, puntando su piccole produzioni artigianali e rinunciando spesso anche con difficoltà a mettere in carta le pizze simbolo del junk food come quella con wurstel e patatine (effettivamente molto amata e richiesta pure a Napoli e dintorni), il New York Magazine sbatte in prima pagina (o insomma, su uno dei suoi blog) proprio la “americana” con hot dog e patatine come emblema di una nuova “era illuminata della pizza napoletana”.

La pizza in questione viene proposta dalla pizzeria Ribalta, dove da poco sono arrivati i napoletanissimi Rosario Procino - manager della Barilla, prima, e poi socio della pizzeria Kesté nel West Village, adesso rilevata dal pizzaiolo - e Pasquale Cozzolino, già pizzaiolo da Pizza Arte. Ma come, tra tutte le pizze proposte nelle migliori pizzerie partenopee, proprio sulla peggiore dovevano puntare i due per attirare l'attenzione? In realtà, spiega Procino, si tratta di una provocazione (anche se la pizza è effettivamente in menu e riscuote un buon successo) volta a far capire agli Americani che ci può essere altro oltre alla Margherita: «Qui in America – spiega - si sta sviluppando un'idea a dir poco minimalista, quasi come se una pizza se non è Margherita o Marinara allora non è napoletana. Volendo sfatare questo mito si è arrivati alla provocazione della pizza con patatine e wurstel – che noi scegliamo di ottima qualità - che si trova spesso anche nelle pizzerie napoletane».

Effettivamente le pizze “2.0” proposte da Procino e Cozzolino – che sono finite anche sul Wall Street Journal - sono molteplici, realizzate con un impasto a lievitazione naturale e con ingredienti di qualità a cominciare da mozzarella di bufala, pomodoro dell'Agro Nocerino Sarnese e olio extravergine di oliva, e sono accompagnate da piatti tipici come gli ziti alla genovese o le zucchine alla scapece. E oltre a quelle in menu, per sollecitare la creatività sulla pizza i clienti possono comporle anche scegliendo diversi ingredienti, dai capperi siciliani al tartufo nero, dal provolone al pollo grigliato. Niente ananas, per fortuna.
 

Mary Valeriano, grinta carioca sugli Appennini

Spesso si dice che quello del cuoco sia un mestiere più adatto agli uomini che alle donne, e quello del pizzaiolo ancor di più. Per fortuna però ci sono le eccezioni che smentiscono i luoghi comuni, e in Italia di pizza-ladies brave non ne mancano, da Marzia Buzzanca a Claudia Tosello. C'è anche Mary Valeriano - 45 anni portati con grinta italo-carioca - che a fare la pizza in Italia è arrivata addirittura dal Brasile. La storia che l'ha portata a Spinello, piccola frazione del comune di Santa Sofia, sull'Appennino tosco-romagnolo, dove oggi gestisce con il socio Cristian Crociani (ex ragioniere convertitosi alla cucina) l'Accademia del Tartufo, ristorante, pizzeria e laboratorio di arte bianca, è lunga: in Brasile, dove è nata e cresciuta, studia presso il Consolato italiano e inizia a frequentare la comunità degli expat italiani, e la loro cucina.

Nel 1990 arriva in Italia al seguito del fidanzato dell'epoca, poi diventato suo marito, e inizia a lavorare nei ristoranti della costiera romagnola. Ma è in Toscana, dove va lavorare in un agriturismo di campagna, che scocca la vera scintilla con la cucina: «prima era solo un lavoro, lì invece è cambiato il mio rapporto con il cibo, è diventato vero piacere perché c'era un modo diverso di lavorare». Da lì sono venute altre esperienze, due figli e molto altro fino all'arrivo all'Accademia del Tartufo, 8 anni fa, dove nasce anche la passione per la pizza: «nel locale c'era un forno a legno e così mi sono fatta insegnare da un anziano pizzaiolo della zona a fare la pizza, ma il suo metodo non mi convinceva del tutto e volevo capire meglio. Allora ho iniziato a studiare e a frequentare corsi».

Oggi Mary è un'esperta di farine macinate a pietra e grani antichi e protagonista di PizzaUp - «ma ho ancora tanto da imparare» dice con umiltà, la stessa con cui lei e Cristian preparano anche il pane, la pasta e la biscotteria per il locale e per terzi. La pizza, sottile e croccante come piace da queste parti, è realizzata con un impasto a lievitazione naturale e condimenti semplici, con ingredienti locali e di stagione. Tutta da guardare e da mangiare, per esempio, la coloratissima Margherita estiva con diverse varietà antiche di pomodori, da quelli gialli a quelli ramati, coltivati nel proprio orto, mentre in inverno c'e' il raviggiolo fresco e in autunno, naturalmente, il tartufo.
 

La moltiplicazione dei pizza-protagonisti

Ancora eventi dedicati alla pizza in Campania, uniti da fil rouge di Festa a Vico, la manifestazione ideata da Gennaro Esposito. Sempre più la regione patria per eccellenza della pizza apre le sue porte anche agli esponenti di altre scuole e altre regioni, per parlare di pizza senza confini. Cominciamo proprio da Napoli, che ha ospitato il concorso di Miglior Pizzachef Emergente d’Italia 2013. Vittoria ex aequo per Enrico Lombardi e Toto Sorbillo. Spazio anche alla pizza d’autore con i grandi nomi di tutta Italia (tra cui Renato Bosco in foto, Franco Pepe, Enzo Coccia, Gino Sorbillo, Stefano Callegari, Davide Fiorentini) protagonisti del The Great Pizza Show, sempre sulla terrazza del Cenacolo Belvedere.

Vico Equense risponde con le pizze fritte e a libretto preparate rispettivamente dalla Masardona di Napoli e di Pasqualino Rossi di Alvignano (Caserta, ma anche con la grande frittura dei fratelli Salvo) sul lungomare di Seiano il lunedì, ma soprattutto con la jam session al Bikini durante la Serata delle Stelle del martedì, che oltre a pizzaioli come Franco Pepe, Enzo Coccia, Salvatore Salvo, Giuseppe Giordano, Gino Sorbillo, Ciro Salvo e Stefano Callegari ha visto mettere le mani in pasta anche chef come Marianna Vitale. Infine mercoledì 5 giugno l'ormai consueto appuntamento della Pizza centimetro x centimetro ospitata presso la Pizza a Metro di Vico Equense di Raimondo Cinque.
 

I fratelli Salvo e le pizze a due stelle

Francesco e Salvatore Salvo hanno chiamato tre chef di origine partenopea (tutti due stelle Michelin) per mettere a punto tre pizze gourmet da inserire nel menu della Pizzeria Salvo: Gennaro Esposito, Nino Di Costanzo e Antonino Cannavacciuolo. Sono nate così le tre “pizze stellate” da qualche tempo in menu (allo stratosferico prezzo di 9 euro, considerati quelli super popolari delle altre proposte) al locale di San Giorgio a Cremano e proposte anche in abbinamento a vini campani di eccellenza selezionati da Pasquale Brillante dell'Ais Comuni Vesuviani.

Questo il tris: scarola, burrata e alici per quella di Antonino Cannavacciuolo. Burrata di provola, alici, crema e germogli di basilico e pomodori per la pizza di Nino Di Costanzo (foto). Molto legata al territorio, campano in generale e soprattutto vicano, quella di Esposito: pomodorino di Corbara (quello trasformato direttamente da lui), cipollotto nocerino, caciocavallo "moscione", pancetta di suino nero casertano, origano selvatico di montagna e olio extravergine delle colline vicane.
 

Gianfranco Iervolino cambia orizzonti

Gianfranco Iervolino lascia Lucignolo La Bella Vita. Il bravo pizzaiolo della zona vesuviana - che oltre a fare ottime pizze è anche grande interprete della canzone napoletana – con il suo lavoro era riuscito a trasformare il locale di Boscotrecase, grazie anche alla fiducia e collaborazione del patron Nino Prisco, da cocktail bar in pizzeria gourmet. Iervolino non ha ancora comunicato quale sarà la sua prossima sede, ma conferma di voler seguire la strada della “pizza gourmet” che ha riscosso tanto successo all'ombra del Vesuvio. Per seguire le sue tracce dovremo tenere d'occhio il sito www.gianfrancoiervolino.it.