Gentile {NOMEUTENTE}
A me spaventano coloro che si credono depositari di chissà quale verità e invece di confrontarsi, parlare e discutere, sputano sentenze, urlano e si chiudono nelle loro posizioni lanciando anatemi che a me sovente fanno ridere perché appaiono vuoti e retorici. Chi abbaia difficilmente morde, per fortuna.

In tal senso una giornalista che non cito per non darle la soddisfazione di ottenere quello che cerca, pubblicità, ha sentenziato, tra tante frasi educate e garbate, che “La pizza non può essere un cibo gourmet”. La pizza, nata povera, tale dovrebbe restare, povera. E perché mai? I cosiddetti cibi poveri hanno valore assoluto se uno non è obbligato dalla vita a consumarli. Vai a dire quant’è buono il pane con la cicoria a chi non ha altro. Lo offenderesti.

La vera sfida è far sì che coesistano pizza classica e pizza d’autore, che vi siano ottime pizze a buon prezzo e pizze di ricerca per chi ama sperimentare, quelle investigazioni che fanno tanto discutere. Perché arrabbiarsi con coloro che non stanno nel gregge e seguono sentieri tutti loro? Fanno paura perché rischiano di mettere in discussione gli equilibri esistenti? Il mondo è così grande che c’è spazio per le opinioni di tutti. E poi ci fu un tempo durante il quale anche la pizza era una novità. O vogliamo credere che sia arrivata sulla terra con una cicogna o in groppa a un meteorite? O il problema è meramente geografico e tutto il nuovo avrebbe avuto un eco diverso se fosse partito da Napoli?
Paolo Marchi
 

Rivoluzioni in corso

"Pizza. Non si parla d'altro. Tutti i maggiori gastronomi rivolgono la loro attenzione alla pietanza più amata del mondo. È accaduto qualcosa. I pizzaioli hanno preso coscienza dell'importanza della propria arte. Ma qualcuno si è pure accorto di loro. Come un improvviso colpo di fulmine tra due persone che si conoscono da sempre. È incredibile cosa e quanto è accaduto in questi ultimi due anni. Ripensiamoci." Parole che aprono un post pubblicato il 27 marzo da Monica Piscitelli sul suo blog. Un post che effettivamente mi ha fatto ripensare a quanto abbia inciso, evidentemente anche su Napoli, il movimento della pizza italiana contemporanea nato nel 2007 con l'avvio del progetto Università della Pizza.

La prima pagina web, pubblicata appunto nel 2007, metteva già allora in evidenza che "aumenta la domanda di chi vuole consumare pizze con ingredienti genuini di alta qualità, perché la pizza può diventare un'alternativa rispetto al ristorante, perché chi non conosce gli impasti giusti si pregiudica la possibilità di servire anche la seconda pietanza o il dolce”. Dal 2007 ad oggi Università della Pizza ha "diplomato" più di 600 pizzaioli e sono nate in tutta Italia pizzerie che curano il prodotto e il servizio al pari di un buon ristorante e pizzaioli che antepongono ai volumi da fast food la ricerca della qualità e la conoscenza degli ingredienti. E ogni anno i migliori di loro hanno animato i lavori di PizzaUp, il primo simposio tecnico sulla pizza italiana, ancora oggi espressione unica di un evento che alle "gare di pizza" ha sostituito il dibattito tecnico tra pizzaioli ed esperti di alimentazione, tecnologia, materie prime, marketing e comunicazione.

Dibattito tecnico e test di laboratorio su argomenti fondamentali per la realizzazione di una pizza buona e sana, quali le tecniche di impasto e di lievitazione con pasta madre e biga che esaltano la digeribilità della pizza (2007), la scelta della farina più adatta per caratterizzare il gusto, la struttura e il profilo nutrizionale della base della pizza (2008), l'effetto dei tempi di lievitazione e di maturazione sulla digeribilità della pasta (2009), gli effetti di diverse tecniche di stesa e di cottura (2010), la pizza servita a spicchi in degustazione secondo una sequenza logica che dipende dagli ingredienti di farcitura (2011) e, infine, la pizza 100% italiana dal grano ai condimenti e il Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea (in collaborazione con alcune tra le più importanti firme del giornalismo enogastronomico italiano (2012).

Effettivamente una rivoluzione, non solo nella pizza intesa come prodotto della cucina italiana, ma soprattutto nel modo di intendere il lavoro da parte di quei pizzaioli che hanno messo da parte espressioni di puro narcisismo per concentrarsi sulla ricerca e sul miglioramento continuo. Sono d'accordo con Monica Piscitelli quando scrive (non essendo né l'unica né la prima) che sono "forse destinate a morire, le manifestazioni di massa, quelle che sono state per decenni la via privilegiata per comunicare la figura di taluni pizzaioli. Un'impostazione dell'attività delle associazioni che aveva come target un popolo indifferenziato e che, lentamente, sta passando in secondo piano, per fortuna. Con tutto il corredo delle pizze acrobatiche colorate e i piatti in plastica. A tutto vantaggio di eventi più selezionati e raccolti. Dove la pizza si degusta e non si mangia".
Piero Gabrieli
 

Eataly Roma, sfida all'ultimo spicchio

Se per panini, piadine e pasticceria Eataly Roma ha scelto di affidarsi a grandi nomi del panorama italiano (rispettivamente Alessandro Frassica di 'Ino a Firenze, foto, i fratelli Maioli e Luca Montersino), la pizza è stata affidata a un “pizzaiolo residente” - il giovane Davide Barucco, in questo video alle prese con una prova di velocità di stesura superata brillantemente – come già accade nelle altre location, da Torino a New York. Questo non vuol dire però che non ci sia spazio per ospiti, anche illustri.

Come già accade per altri ristorantini dell'ex Terminal Ostiense, nei mesi di febbraio e marzo la pizzeria di Eataly Roma ha aperto le porte ad alcune delle migliori pizzerie della città per le serate a 4 mani La pizza si fa in due. “Sfide all'ultimo spicchio” decisamente amichevoli: i clienti infatti potevano assaggiare entrambe le pizze ed esprimere il proprio voto. Accanto a Davide si sono alternati i pizzaioli di Sforno, Gatta Mangiona, Tonda e Bir&Fud con le loro pizze creative, Lazzaroni con la sua interpretazione purista della pizza napoletana, Porto Fluviale che nel locale a poca distanza da Eataly propone la versione “romana” e “napoletana”, La Tavernaccia – da poco riaperta dopo la ristrutturazione - e Il Grottino, uno dei punti di riferimento per la pizza romana classica.

Per il momento il ciclo di “sfide” è concluso, ma nel frattempo Eataly apre lo spazio della Friggitoria per ospitare i rappresentanti di un'altra grande tradizione partenopea: quella della pizza fritta. Dopo Franco Pepe, il 10 aprile è il turno di Salvatore Salvo che porterà a Roma uno dei vanti della casa proponendo tra gli altri crocché e frittatine, accanto alla montanara con la genovese di tonno di Gaetano e Pasquale Torrente.
 

Parma e il Salone internazionale della pizza

Dal 15 al 17 aprile, il Quartiere Fieristico di Parma ospita il Salone Internazionale della Pizza che si propone di diventare il primo appuntamento internazionale interamente focalizzato sulla filiera della pizza. Oltre a numerosi espositori, dimostrazioni e la mostra Tranci di Storia, la manifestazione ospiterà anche due eventi particolari: Birra Nostra, area espositiva dedicata alle birre artigianali, e la 22° edizione del Campionato Mondiale della Pizza, che fino all'anno scorso si svolgeva a Salsomaggiore Terme.

Diverse le categorie in gara, dalla pizza classica a quella in teglia, dalla pizza in pala a quella senza glutine. Altra gara: il Trofeo Heinz Beck “I primi...in pizzeria” per il miglior primo piatto servito in una pizzeria giudicato da una giuria presieduta dallo chef de La Pergola (foto). Tra le notizie di spicco, l'accordo con il prestigioso Pizza Expo di Las Vegas - dove il pizzaiuolo napoletano Enzo Coccia ha recentemente presentato la sua pizza Gorella con Gorgonzola e Mozzarella di Bufala Campana - che prevede la partecipazione di una delegazione di buyer e americani, e la collaborazione con l'Associazione Verace Pizza Napoletana e i Consorzi della Mozzarella di Bufala Campana Dop e del Pomodoro San Marzano Dop. La tradizione partenopea e i suoi prodotti di eccellenza saranno protagonisti di un seminario esaustivo, dalla preparazione degli impasti alla lievitazione alla scelta dei condimenti.

Nel frattempo, l'Avpn ha organizzato una sorta di “pizza tour” di riscaldamento: un calendario di serate ludico-didattiche condotte dalla giornalista Laura Gambacorta, alla scoperta dei trucchi del mestiere: prima tappa il 12 marzo alla pizzeria Umberto di Napoli, con Ciro Salvo (Massé) e Vincenzo Mariniello, dedicata a Lieviti e fermenti. Secondo incontro il 26 marzo a Casalnuovo, presso la pizzeria dei fratelli Vuolo, per parlare dei segreti della cottura nel forno a legna con Guglielmo Vuolo e Salvatore Santucci della pizzeria Totò Sapori. È il caso di dire: mangiando s'impara.
 

A Firenze la pizza sale sul ring di Taste

La pizza – nelle sue diverse tradizioni e interpretazioni – ha fatto il suo ingresso anche a Taste, la manifestazione fiorentina organizzata da Pitti Immagine insieme al Gastronauta Davide Paolini che da 8 anni riunisce nel capoluogo toscano squisitezze dell'enogastronomia italiana. Quest'anno dunque spazio anche alla pizza nel Taste Ring, l'arena in cui i protagonisti della cultura gastronomica contemporanea si confrontano sui temi “caldi" legati al cibo.

Emblematico il nome scelto per l'incontro organizzato in collaborazione con il Molino Quaglia, a cui hanno partecipato 8 pizzaioli provenienti da tutta Italia, più Piero Gabrieli del Molino e lo stesso Paolini come moderatore: “Si fa presto a dire pizza”. «Interventi e riflessioni a ruota libera – racconta Gabrieli - interrotti solo per accendere i riflettori su spicchi di pizza che hanno raccontato i territori, gli ingredienti, le tecniche e le inclinazioni estetiche di ciascun pizzaiolo. Non più pizzaioli-acrobati, ma pizzaioli consapevoli di rappresentare una fascia emergente della gastronomia di qualità. "Si fa presto a dire pizza" ha espresso compiutamente il senso degli interventi, tutti svolti con un linguaggio semplice, da consumatore e non da tecnico degli impasti, per indicare percorsi di giudizio di un prodotto popolare ma non per questo relegato all'alimentazione fast food».

A salire sul ring per il dibattito-degustazione, importanti nomi della pizzeria italiana contemporanea: i veneti Simone Padoan e Renato Bosco, Gianfranco Iervolino e Luigi Acciaio dalla Campania, i toscani Paolo Pannacci, Massimo Giovannini e Graziano Monogrammi, il romano Giancarlo Casa e il globetrotter Beniamino Bilali. Tutti concordi nell'affermare che la selezione accurata degli ingredienti, il rispetto di tempi lunghi di lievitazione e maturazione degli impasti e l'utilizzo, per quanto possibile, di lievito madre vivo vanno a tutto vantaggio del consumatore finale che finalmente può degustare la pizza come un piatto di alta cucina, gustoso, digeribile e culturalmente riconducibile al territorio.
 

La Cascina dei Sapori: croccante e non gommosa

Antonio Pappalardo, 24 anni, fa il pizzaiolo da quando ne aveva 16 ed è originario di Castellammare di Stabia (Napoli) ma parla con netto accento lombardo. I genitori avevano una pizzeria da asporto, gli zii hanno una pizzeria a Gragnano, il paese de panuozzo. Insomma, impasti e lievitazioni sono nel suo dna, anche se lui si era iscritto all'Alberghiero con l'obiettivo di lavorare come cuoco, facendo diversi stage in cucina e pasticceria.

Alla fine la passione di famiglia ha preso il sopravvento, e grazie al suo impegno e allo studio costante, la pizzeria di Rezzato (a poca distanza da Brescia), la Cascina dei Sapori è diventata un locale accogliente e curato e un punto di riferimento per la pizza in zona. Il “segreto” sta nella selezione delle materie prime - dalle farine Petra ai latticini che arrivano direttamente dalla Campania e alle verdure di stagione – e in una lavorazione attenta dell'impasto, che parte dalla biga e viene seguito con grande cura in tutte le fasi, dalla fermentazione alla lievitazione. L'impostazione base è quella della pizza napoletana, che però Antonio ha leggermente modificato: «La pizza napoletana di per sé è ottima, e ne mantengo il cornicione alto e la sofficità, ma talvolta risulta gommosa. Io invece le ho voluto dare più di croccantezza, cambiando un po' l'impasto e allungando la cottura».

Tre le tipologie di pizza proposte da Antonio, a cui si affiancano i fritti preparati dalla mamma e alcuni piatti di pesce e di carne: la classica pizza tonda “napoletana” nelle varianti classiche e stagionali, la pizza in teglia alla romana, perfetta come aperitivo, che fa prima un passaggio nel forno statico a temperatura controllata e poi diventa croccante nel forno a legna, e la pizza “stile Padoan” cotta nel padellino, con condimenti più complessi a base di prodotti di pregio (e prezzi un po' più alti). Qualche esempio dal menu di stagione? “La mia primavera” con pomodoro San Marzano, fiordilatte di Agerola, piselli, fagiolini, carciofi violetti e stracchino delle Pertiche Alte e la “Parmigiana 2.0” con melanzana viola grigliata, burrata e pomodoro datterino confit.
 

L'inarrestabile Beniamino Bilali

Dove sta Beniamino Bilali? Il giovane pizzaiolo di origini albanesi esperto in lievitazione naturale, che l'anno scorso aveva presentato alla prima edizione Identità di Pizza la sua tecnica dell'idrolisi dell'amido è al momento (magari in attesa di trovare una collocazione tutta sua) consulente free-lance con base a Rimini, oltre ad essere tra i docenti presso l'Università della pizza del Molino Quaglia. Ed è così impegnato – e instancabile – che riuscire a seguirne le tracce è un po' come una caccia al tesoro i cui indizi sono croccanti e profumate briciole di pizza.

Le sue tappe sono rappresentate da locali con un'attenzione particolare alla qualità e che condividono la sua filosofia di base, legata alla passione e all'attenzione per la lievitazione. Ecco un breve riepilogo: dopo aver terminato la collaborazione con Berberé a Bologna, Beniamino ha curato pizze e menu di 'O Fiore Mio a Faenza per poi approdare a Pesaro, alla pizzeria Farina dove oltre ad aver messo a punto l'impasto (introducendo gradualmente anche il lievito madre) è stato protagonista di interessanti serate di degustazione “a tema”. Successivamente eccolo a Torino, al Tegamino, nuovo concept di pizza contemporanea ideato dallo chef Gabriele Torretto, dove Bilali ha reinterpretato la tradizione piemontese della pizza in tegamino con un impasto a base di lievito madre e farine macinate a pietra, cotte in un tegamino monoporzione dall'insolita forma di “rettangolo aureo”.

Ultima tappa (per ora) a Spoleto, dove ha affiancato Fabio Venturini nella svolta della sua pizzeria da asporto Al Quarantaduesimo verso la pizza contemporanea - impasto “alla Bilali” e condimenti curati - per dimostrare che è possibile fare qualità anche in questo campo, contenendo i prezzi grazie alla riduzione degli sprechi e a un menu ristretto ma di tutto rispetto. E adesso? A quanto pare presto ci saranno novità nella Capitale.
 

Non c'è pizza senza mozzarella (Dop)

A maggio, dal 6 all'8, tornano a Paestum Le Strade della Mozzarella, e questa volta ci sarà anche la pizza, che proprio nella Mozzarella di Bufala Campana Dop – oggi messa in pericolo dalla prevista attuazione della legge 205/2008, che obbliga gli operatori inseriti nel sistema di controllo della Dop ad avere stabilimenti esclusivamente dedicati a tale produzione - vede un alleato di primo piano. Insieme ai grandi chef ogni si cimentano nella sfida di interpretare un prodotto talmente buono che dà il suo meglio mangiato “assoluto”, ci saranno dunque i migliori pizzaioli d'Italia a cui sarà consacrato il pomeriggio dell'ultima giornata.

Tre sessioni di lavoro dedicate agli step principali per una pizza eccellente: impasto, farcitura e cottura. A parlare del primo ci saranno Franco Pepe, Renato Bosco, Beniamino Biliali e Gianfranco Iervolino con il contributo di Tommaso Esposito del Luciano Pignataro Wine Blog, moderati da Paolo Marchi. Di ingredienti e condimenti discuteranno Enzo Coccia, Simone Padoan, Ciro Salvo, Lello Ravagnan e l'outsider Corrado Assenza, insieme a chi scrive e al moderatore Enzo Vizzari, mentre di forni e cotture saranno chiamati a parlare Giancarlo Casa, Guglielmo Vuolo, Pierluigi Roscioli e Francesco e Salvatore Salvo con il contributo di Maurizio Cortese della Gazzetta Gastronomica, introdotti da Luigi Cremona.

I pizzaioli presenteranno il loro quotidiano rapporto con le materie prime e la personale ricerca del buono, e non mancheranno golosi assaggi, un'anticipazione dei quali è stata data nella giornata di presentazione svoltasi a Roma a fine febbraio da Romeo Chef and Baker, il nuovo locale di Prati dove oltre alla grande cucina di Cristina Bowerman ci sono anche i formaggi e gli affettati del banco di Roscioli, storico forno (e molto altro) cittadino famoso per la squisita pizza bianca.
 

La collezione primavera/estate di Vico

Lo scorso anno ci avevano pensato i Fratelli Salvo a proporre in anteprima le pizze del rinnovato menu. Quest'anno, la “collezione Primavera/Estate” - con le tendenze per la nuova stagione, proprio come le sfilate d'alta moda determinano colori e modelli - è stata invece lo spunto per la serata Una pizza per l'estate, organizzata da Molino Caputo il 25 marzo alla pizzeria 'O Saracino di Seiano. Padrone di casa e padrino d'eccezione, lo chef Gennaro Esposito (foto) che già da qualche anno invita i pizzaioli alla sua Festa a Vico.

19 Maestri Pizzaioli provenienti da Piemonte, Emilia Romagna, Lazio e Campania - Francesco Aiello, Claudio Bono, Maria Cacciali e Felice Messina, Salvatore Di Matteo, Ernesto Fico, Giuseppe Giordano, Enrico Lombardi, Giovanni Mandara, Tommaso Palombo, Pasqualino Rossi, Salvatore Salvo, Gino Sorbillo, Ferdinado Vesi, Salvatore Vesi e i tre maestri della Pizza a Metro Raimondo Cinque e i due omonimi Valentino Russo - suddivisi in squadre, hanno presentato le loro proposte a base di prodotti come pomodorini del piennolo del Vesuvio, puntarelle fresche, Mozzarella di Bufala Campana, caciocavallo podolico, olive nere caiazzane e molti altri.

Le sei pizze - Marinara con scarole (scarola, olive di Gaeta, capperi, pomodoro, aglio fresco e origano), Poppy (mozzarella, papavero fresco e in semi, guanciale croccante di maialino sardo al mirto, olive taggiasche e caciocavallo podolico), Campagna (formaggio campano e pera campagna), Estate al mare (asparagi, cozze, mozzarella e pomodorini), Orchidea (provola, pomodorini, radicchio, melanzane, ricotta e basilico), Garum Apicium (fior di latte, olive nere caiazzane, puntarelle fresche, alici di Cetara, colatura di alici, pomodorino del piennolo) - sono state valutate in base alle seguenti categorie: leggerezza, freschezza, territorialità, genuinità e saporosità. Ma non si trattava di una gara, dunque niente vincitori a parte i fortunati che hanno potuto assaggiare tutte le pizze seguite dai dessert di Salvatore De Riso. Niente paura però, ognuna delle sei pizze si può mangiare nelle pizzerie della rispettiva squadra, indicate sulla pagina facebook dell'evento. Prossimo appuntamento con “Una pizza per l'inverno”.