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Convention annuale martedì prossimo, 29 gennaio, a Napoli per l’Associazione Verace Pizza napoletana e, stessa giornata, corso all’Università della Pizza a Vighizzolo d’Este (Padova) dove il Molino Quaglia prosegue il suo viaggio di erudizione e divulgazione del progetto di Pizzeria Dinamica. Il mondo della pizza continua il suo viaggio per aumentare la qualità e rompere quella sorta di prigione costituita dall’eterno apparire (e sovente essere) cibo povero, cibo che riempie, cibi che deve sfamare, cibo che costa poco o nulla, una corsa al prezzo basso che alla lunga ha rovinato la pizza stessa.

A furia di sostenere che “tanto la gente mangia tutto, basta costi poco”, arriva il momento in cui si supera la soglia della qualità minima e appena uno ha due euro in più va in certa di qualcos’altro. Credo che tutta la ricerca sulla pizza, che inizia a investire anche la Napoli più illuminata e viva, dieci anni fa era improponibile perché ancora non erano maturi i tempi. Ai pizzaioli non si chiedeva di essere cuochi e chef specializzati in un aspetto ben preciso della cucina.

In fondo nei ristoranti c’è chi è un maestro della cucina di mare, chi della carne, chi ha la mano felice sui primi e non per questo uno ne esce sminuito. I pizzaioli no, la pizzeria è un ghetto. Per fortuna sempre più pizza-chef stanno spezzando le catene e questo sarà chiaro anche a Identità di Pizza, lunedì 11 febbraio a Milano. Come raccontato nelle notizie a seguire.

Paolo Marchi, testi di Luciana Squadrilli
 

Una pizza ricca di vita

Tanto parlare della pizza in questi ultimi anni ha ridefinito modelli di riferimento sia per il consumatore sia per tanti pizzaioli. Il popolo dei buongustai si è reso conto che questo piatto "popolare" si presta molto bene a essere il portabandiera di nuove scelte di ristorazione fuori casa che, sempre più numerose, si orientano verso proposte di buon rapporto qualità/prezzo. I passi indietro non sono spontanei, e i palati abituati dal cuoco a ingredienti di qualità pretendono bontà ed equilibrio di sapori anche se siedono alle tavole più economiche delle pizzerie.

La pizzeria, non importa se popolare o per raffinati gourmet, ha però una marcia in più: comunica qualità con maggiore semplicità, perché un impasto ben realizzato e gustoso valorizza gli ingredienti di pregio senza la formalità più o meno accentuata di una portata di alta cucina. L'imminente Identità di Pizza cade a proposito: buona occasione per suggerire un ponte tra il tema generale del rispetto e la virata verso il naturale della sala accanto. E perché non con la pizza, quest'anno anche con PetraViva, lieviti madre vivi, cereali e legumi germinati, interi o sfarinati; insomma la nuova frontiera dell'alimentazione volta al benessere della persona. Una pizza che andrà nel novero dei cibi naturalmente funzionali, in grado di aumentare l’assorbimento di elementi nutritivi che normalmente non lo sono.

Il progetto PetraViva, nato sulla base delle riflessioni emerse nel 2006 nell'ambito del convegno dal titolo Alimentazione e Salute organizzato nelle sale dell’antico Molino Quaglia, guarda nella direzione di un’alimentazione “integrata” in sostituzione di un’alimentazione basata prevalentemente su materie prime raffinate, che, invece, richiede dosi crescenti di integratori alimentari di origine non sempre naturale. Da qui in avanti nuova vita per la pizza, da piatto fast food a piatto ricco di energia biologica, da Petra che nasce da grani 100% italiani macinati a pietra fino ai vegetali germinati passando per il lievito madre. Naturalmente solo quello vivo come prevede il Manifesto della pizza italiana contemporanea.
Piero Gabrieli
 

Corsi di Università della Pizza al via

Prende il via lunedì 28 gennaio a Vighizzolo d'Este (Padova) il primo livello dei nuovi corsi di Università della Pizza, scuola di pizzeria dinamica che traccia un percorso formativo che in 7 anni ha rilasciato 600 attestati ad altrettanti pizzaioli.

Il modello didattico dei corsi ricalca il formato sperimentato con successo nelle ultime due edizioni di PizzaUp: partecipanti divisi in squadre, corsi pratici con sessioni teoriche di supporto. A turno, poi, una squadra in cucina e le altre saranno coinvolte in seminari teorico-pratici su temi che aggiungono valore al lavoro del pizzaiolo, come gli aspetti nutrizionali degli alimenti, semplici forme di comunicazione in sala e nel web, le tecniche indispensabili per la gestione del personale e dei collaboratori, le modalità organizzative per migliorare l'esperienza di consumo della pizza, i "trucchi" per scegliere e lavorare in cucina gli ingredienti più adatti secondo le stagioni, la costruzione di una cantina di vini e birre per la pizzeria, l'origine dei grani e la loro lavorazione, e altro ancora.

Tra i docenti, quest’anno compaiono per la prima volta firme importanti del giornalismo enogastronomico italiano: Francesca Romana Barberini, Eleonora Cozzella, Renato Malaman, Paolo Marchi, Paolo Massobrio, Gianluca Mazzella, Luciano Pignataro… I livelli di formazione sono 3 in 7 settimane, con la formula “3 giorni 2 notti”. Le lezioni si terranno dalle 14 del lunedì alle 13 del mercoledì. Ogni settimana 24 ore di corso e solo due notti di pernottamento.
 

Padoan e Assenza: gli opposti si attraggono

La prima lezione di Identità di Pizza segnerà il ritorno della magnifica coppia formata dal pizzaiolo-chef veneto Simone Padoan e dal pasticcere-poeta siciliano Corrado Assenza. Nord e Sud, dolce e salato, pizza, ristorazione e pasticceria sono categorie che perdono di senso quando a incontrarsi sono due figure simili, difficili da inquadrare dentro gli stretti confini di una definizione o di un albo professionale.

Simone e Corrado sono due creatori, e le loro creazioni rientrano sempre e indiscutibilmente nella sfera del buono (e anche del bello, ma questo è solo uno dei tanti aspetti della cosa), che ciò significhi pizza dolce, pasticceria salata e molto altro. Due anime affini i cui percorsi si incrociano spesso e volentieri perché nessuno dei due ha paura di invadere il campo dell'altro, o viceversa, visto che sono i primi a sconfinare continuamente in ambiti diversi e a cimentarsi con materie prime solo apparentemente estranee.

Così quest'anno, invece di scegliere un solo oggetto di sperimentazione (l'anno scorso era la materia lattica) hanno deciso di usare un ampio bouquet di ingredienti per insaporire delle basi molto particolari, nel cui impasto sono utilizzati i "germinati" di frumento, pisello giallo e ceci. All'origine, l'idea del Rispetto della materia, del ritornare a utilizzare prodotti sani e “germinali”, appunto: «Occorre studiare l'origine degli alimenti e il loro modo per poterci dare tutto l'apporto nutrizionale di cui abbiamo bisogno: da questo piccolo inizio possiamo aprire un mondo di cose».
 

Franco Pepe e il perché delle cose

Il 2012 è stato un anno importante per Franco Pepe, a Identità di Pizza per la seconda volta consecutiva, presente in ben due lezioni: Identità di Pizza in Sala Blu ma anche in Auditorium il giorno prima, per una lezione congiunta sulla pizza italiana al fianco di Simone Padoan. Si può dire che proprio il palco della Sala Blu sia stato il trampolino di lancio di Pepe, o forse semplicemente lo sprone definitivo alla svolta che lo ha visto lasciare la pizzeria di famiglia – sempre in attività nella piazza del paese – per lanciare il suo Pepe in Grani, un bel progetto racchiuso in un antico palazzo nel centro storico di Caiazzo.

Al cui centro, naturalmente, resta sempre la pizza, che nel suo caso è un'affascinante commistione tra tradizione familiare e continua ricerca su farine, impasti e condimenti. Grazie alla sua esperienza unita a umiltà e dedizione, Franco ha reso in pochi mesi il suo nuovo locale un punto di riferimento per la gastronomia campana e non solo, luogo di ritrovo e scambio di conoscenza di cuochi ed esperti.

Pepe torna dunque da solista al congresso portando due pizze rappresentative del territorio caiatino e regionale, ma anche qualche risposta a diversi perché: perché una pizza fatta in quel modo, perché un nuovo progetto, perché proprio lì... Il tutto, tenendo sempre presente il tema portante di Identità Milano 2013, il rispetto. Rispetto per il proprio lavoro, per chi ama la pizza, per il territorio e per chi ha lavorato duro per farlo crescere, inclusi quei contadini che un tempo, nei campi della zona, rimediavano il pasto mettendo insieme quel che c'era: come i ceci delle colline caiatine, protagonisti di una delle sue pizze.
 

Di pizze e pizzerie: i fratelli Salvo

Al centro dell'intervento dei fratelli Salvatore e Francesco Salvo (nella foto di Monica Piscitella) - che di recente hanno inaugurato il loro nuovo locale a San Giorgio a Cremano e soprattutto un nuovo concept di pizzeria che non volta le spalle alla tradizione partenopea, ma cerca intelligentemente di traghettarlo verso un futuro all'insegna della qualità - i due punti fondamentali del loro lavoro: la pizza e la pizzeria, appunto. «Il concetto di pizza napoletana fine a se stessa – racconta Salvatore – non ci interessa, per noi rientra in un discorso più ampio sulla storia della pizzeria napoletana e la sua evoluzione».

I due fratelli parleranno dunque della loro esperienza e della filosofia che li ha visti trasformare il locale di famiglia da una classica pizzeria no-frills in un locale moderno, curato, dove all'attenzione all'ambiente si accompagna quella alle materie prime utilizzate e al modo di proporle, con una ricerca sui prodotti del territorio che abbinati tra loro esaltano la qualità della pizza – di impronta rigorosamente napoletana - a tutto quello che la accompagna: dalla carta degli oli a quella delle birre artigianali, fino all'adozione di un'intera comunità del cibo Slow Food – quella della patata interrata del Taburno – per la realizzazione dei loro fantastici crocché. Ma ci sarà spazio anche per parlare di tecnica di impasto e di lunghe lievitazioni... senza dimenticare un assaggio della golosissima pizza fritta.
 

Giovannini e Mattei: tra forno e cucina

Ancora un intervento in coppia, che vede protagonisti Massimo Giovannini, pizzaiolo di Pietrasanta, e il giovane chef Andrea Mattei. Già qualche mese fa i due avevano presentato il loro progetto di “pizza gourmet” nel corso di una serata nata dal desiderio di Massimo di valorizzare la sua pizza seguendo l'esempio di Simone Padoan. Lui, dal canto suo, ci mette un impasto super frutto di una lunga lavorazione: «Lo preparo a partire dalla biga, poi aggiungo il risultato della gelatinizzazione degli amidi ottenuta con l'idrolisi a caldo, aggiungendo acqua a 90°C a una farina Petra 9, ricca di germe di grano. Questo mi permette di avere una buona lavorabilità della pallina con un'altissima idratazione, e una grande digeribilità visto che gli amidi sono già scomposti».

Quello che gli mancava per realizzare il suo sogno era il tocco di uno chef: «Volevo portare i sapori tipici toscani sulla pizza, anche quelli di pesce, ma non avevo le tecniche di cucina». Così nasce la collaborazione, e così nascono pizze come il Calzone con il cacciucco, quella con la tagliata di tonno, fave di cacao e purea di finocchi all'arancio o quella dolce a base di farina di castagne, purea di uva fragola, ganache al cioccolato e ricotta di pecora. Oltre a Identità di Pizza, la collaborazione continua a dare frutti: due sere a settimana, le pizze “a quattro mani” vengono proposte come fuori menu dell'Apogeo, e qualcuna è entrata a far parte del menu. Mentre Mattei sta studiando l'idrolisi per il cesto dei pani del suo ristorante.
 

Le farine integrali di Gianfranco Iervolino

Gianfranco Iervolino è abituato alle apparizioni in pubblico, ma solitamente lo fa accompagnato da un mandolino e una maschera di Pulcinella per cantare canzoni napoletane. Salire sul palco della Sala Blu, invece, gli mette un po' di agitazione. Ma siamo sicuri che quando inizierà a parlare di farine, impasti, lievitazioni lunghe e digeribilità, gli ci vorrà poco per riacquistare sicurezza e parlantina. Perché alle esperienze in diversi settori della ristorazione – in sala, come barman (a Milano arriverà fresco di diploma Aibes e pronto a mettersi a studiare da sommelier) e infine in pizzeria – unisce una grande passione e il coraggio di sperimentare.

Per esempio, è uno dei pochi pizzaioli dell'area partenopea a cimentarsi con le farine Petra 9, integrali macinate a pietra, ricche di germe di grano e con una componente proteica più alta rispetto alle farine deboli usate per la pizza napoletana. «Il mio obiettivo è la salute del cliente – spiega – per lo stesso motivo, usando lievito di birra, faccio una lievitazione lunghissima per scomporre tutti gli amidi rendendo la pizza super-digeribile».

Al Congresso, oltre al suo percorso da chef-pizzaiolo a 360°- «per me la cucina e la pizza sono due rette parallele che non si incontrano mai ma che hanno molte cose in comune, a partire dalla scelta delle materie prime» - Gianfranco presenterà tre “forme” della pizza: una sorta di “tronchetto” farcito, una napoletana tradizionale e una focaccia più croccante da farcire a crudo con ingredienti gourmet. E se poi dovesse finire col far cantare tutta la sala, non ci stupiremmo più di troppo.
 

Stefano Callegari, mister trapizzino a Milano

Più che un pizzaiolo, Stefano Callegari potrebbe essere definito l'”inventore matto” della pizza. Perché nessuno più di lui – passato qualche anno fa dall'alta quota dei voli aerei a forni e fornelli, ma da sempre appassionato di pizza e cucina – ha contribuito negli ultimi anni a innovare e “ripensare” il mondo della pizza contemporanea. Non si tratta solo di messa a punto dell'impasto (ottimo il suo, proposto da Sforno e Tonda, un godurioso “né napoletano né romano”) o di cotture sempre sul filo del rasoio.

Quello che Stefano è riuscito a fare è spostare un po' più in là l'asticella, reinventare forme, usi e funzioni – vedi i famosi trapizzini (foto Parlafood)], uno dei più lampanti esempi di food design degli ultimi anni -, giocare con la pizza e con i suoi ingredienti con la stessa ardita sperimentazione degli chef più creativi, senza mai perdere di vista gusto e sostanza. Sua fonte d'ispirazione prediletta è la cucina romana, quella popolare, verace, opulenta che sulle sue pizze o dentro i vuoti accoglienti dei trapizzini trova una nuova, insospettabile dimora.

E proprio a Roma sarà dedicato il suo intervento a congresso: dalla scelta di alcune tra le sue pizze più strettamente legate alle ricette della cucina romanesca, ad un ingrediente fondamentale dell'impasto: l'acqua. «Anni fa – racconta – quando organizzavamo aperitivi improvvisati, andavo a prendere l'acqua per fare il ghiaccio per i Martini cocktail dalle fontane della città». Ecco, se qualcuno avesse avvistato uno strano figuro raccogliere l'acqua della fontana della Barcaccia a piazza di Spagna, adesso sa chi fosse e perché.
 

Bosco: il rispetto dei tempi (di lievitazione)

Il Rispetto secondo il pizzaiolo veneto di Saporé, artefice di uno degli impasti più clamorosi della “nuova pizza italiana”, che riesce a declinare in ogni sua forma? In primo luogo è quello che riguarda i tempi di lievitazione e, per esteso, della materia prima in generale e di chi la pizza la mangia. Perché solo una grande attenzione alle fasi di maturazione e lievitazione può portare a ottenere un impasto digeribile, e di conseguenza una pizza davvero buona.

É questo l'obiettivo primario di Renato Bosco, e se a dirlo vi sembra semplice sappiate che a farlo non lo è poi così tanto. «Al tema della lievitazione ho dedicato gran parte del mio lavoro negli ultimi due anni – racconta – solo con una lievitazione ben fatta si può ottenere un prodotto che una volta cotto risulti buono e digeribile, che si tratti di pizza in teglia, imbottita o a metro. In particolare, mi sono dedicato a mettere a punto un impasto ad alta idratazione, che grazie ai giusti tempi di lievitazione abbia tra le sue caratteristiche un'alveolatura importante, croccantezza e naturalmente una perfetta digeribilità».

Come riconoscere quando un impasto è perfettamente lievitato? Questione di logica (o meglio, di conoscenza delle farine utilizzate, di come lavora il lievito etc) e di esperienza. Di questo parlerà Renato a Identità di Pizza, cercando di trasmettere il primo punto con parole semplici e comprensibili a tutti, in quella che lui spera sia per tutti “un'ora rilassante”. Riguardo all'esperienza, quella si impara solo sul campo.
(Nella foto, la sua Romana: bufala, fiori di zucca, datterino, basilico)