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Completo, è completo il programma di Identità di Pizza di lunedì 11 febbraio a Identità Milano 2013. Saranno sette le lezioni, tre la mattina e quattro il pomeriggio, e dieci i personaggi che si alterneranno sul palco a iniziare da Simone Padoan e Corrado Assenza che apriranno la giornata. Dopo di loro Franco Pepe, quindi Massimo Giovannini e Andrea Mattei. Dopo la pausa pranzo sarà subito la volta dei fratelli Salvatore e Francesco Salvo, seguiti da Gianfranco Iervolino, Stefano Callegari e Renato Bosco.

La novità di queste ultime settimane arriva dalla Toscana, dalla costa versiliese grazie a Giovannini e Mattei. Il primo è il proprietario dell’Ipogeo a Pietrasanta, telefono +39.0584.793394, il secondo lo chef del Magnolia, il ristorante del Lord Byron a Forte dei Marmi, +39.0584.787052. Il grosso del tempo lo passano, ovvio, ai fornelli e ai forni di casa loro, ma sovente si ritrovano nella pizzeria di Giovannini, lui che bada all’impasto e Mattei a ricoprirlo di bontà, un gran buon lavoro a due che racconteranno a Milano. Una bella storia italiana.
Paolo Marchi

Testi di Paolo Marchi e Luciana Squadrilli
 

Una nuova generazione di pizzaioli

Chiude il 2012 con tante novità per la pizza e si apre un 2013 carico di aspettative. Perché quando i tempi sono difficili la prospettiva del cambiamento fa nascere attese di miglioramento. E se guardiamo al mondo della pizzeria un grande cambiamento è in atto, e di volta in volta interessa il prodotto nel suo insieme o i singoli ingredienti, il servizio in sala o la carta dei vini e delle birre, la figura tecnica del pizzaiolo o la sua immagine in comunicazione.

In questo 2012 nel mondo della cucina sono venuti alla ribalta nuovi personaggi, emersi dal mondo della pizza, che hanno attirato l' attenzione dei consumatori più esigenti e raffinati, quel pubblico gourmet che pare stia aumentando in numero e diffusione territoriale, portando nuovi stimoli ai professionisti del forno e degli impasti. Ciò che è interessante è il fatto che questa nuova generazione di pizzaioli si presenta tecnicamente più ferrata e consapevole circa le dinamiche che trasformano semplici ingredienti nel piatto italiano più famoso del mondo. È una generazione nuova per cultura e non per età anagrafica, di professionisti che comprendono l'importanza di studiare le tecniche di impasto e lievitazione e di documentarsi sulle origini e caratteristiche degli ingredienti di base, per poter dare espressione concreta alla personale creatività.

Cadono la barriere del "si è sempre fatto così" a favore di un atteggiamento di curiosità e di interesse verso la conoscenza di metodi di lavorazione e di conservazione indispensabili per trattare con rispetto i migliori ingredienti della cucina italiana. In questi nuovi professionisti della cucina cresce la sensibilità verso la sperimentazione man mano che diventano consapevoli delle infinite potenzialità del loro mestiere.

Ecco che si spiegano, per citarne alcuni come esempio, la visione originaria e la maestria raffinata di Simone Padoan che elimina il limite tra pizza e alta cucina, l'eclettismo di Renato Bosco che lo spinge ad avventurarsi fino al panettone, l'avanguardia tecnica di Beniamino Bilali alla ricerca di vitalità che nascono dall'acqua, la contaminazione esperienziale di Lello Ravagnan (in foto) con la pizza sintesi dei suoi viaggi, la capacità di Roberto Ghisolfi di portare in casa profumi e fragranze della pizzeria lavorando di lieviti e tecniche di conservazione naturali. Ma i nuovi pizzaioli sono tanti, troppi per elencarli qui, ognuno con un'identità spiccata e tutti accomunati dalla stessa passione per la qualità. Li ascolteremo nel prossimo PizzaUp, protagonisti di un format completamente riscritto, dove bontà del prodotto e della comunicazione saranno i tasselli di una pizzeria dinamica che coinvolge il consumatore in esperienze di alimentazione sana e gustosa.
Piero Gabrieli
 

Tonno e cipolle, la mia pizza del cuore

Il mio lungo viaggio all’interno di PizzaUp, simposio di inizio novembre a Vighizzolo d’Este in provincia di Padova, si è concluso con le due ultime puntate di un viaggio in cinque tappe, quelle in cui ho raccontato la mia pizza preferita. Preferita non perché la mangio spesso e volentieri quando vado in pizzeria, per inciso questa è una classica al prosciutto cotto con l’extra delle acciughe, ma proprio quella che nasce dai miei ricordi.

E quando ci sono di mezzo emozioni e memorie tutto entra in una dimensione che va ben oltre le categorie del buono e del cattivo. La mia pizza del cuore non ha né il pomodoro né la mozzarella come ho raccontato qui lo scorso 7 dicembre, e vive di due ingredienti principali, il tonno e le cipolle. Mia madre la faceva in estate, alla casa al mare di Levanto, e il tonno era quello in scatola e le cipolle basse e bianche che prima passava nell’acqua corrente e poi disponeva sul disco di pane. Tonno sbriciolato, quindi olive nere - terzo elemento - a cui toglieva il nocciolo e un generoso trito di prezzemolo e basilico. Completava il tutto un giro d’olio prima di portarla a tavola.

Quarant’anni dopo, il team capitanato da Lello Ravagnan, supervisore Corrado Assenza, ha rivisto il mio passato. Tonno fresco cotto in olio a bassa temperatura, tocchetti di squacquerone qua e là… tutto riportato qui, quinta e ultima puntata il 14 dicembre. Chi volesse la ricetta codificata da Ravagnan non fa che richiedermela scrivendo all’indirizzo paolomarchi@identitagolose.it.
 

Gianfranco Iervolino, oltre gli stereotipi

Pizza, Vesuvio e mandolino: tre dei cliché più abusati su Napoli, ma tutto sta in come vengono usati. Prendete Gianfranco Iervolino: nato 38 anni fa a Torre Annunziata, paese dell'area vesuviana, di mestiere fa il pizzaiolo e quando non indossa la divisa da chef è per entrare nei panni di Pulcinella, per interpretare le canzoni del repertorio napoletano classico. Eppure, Gianfranco è quanto di più lontano ci sia dallo stereotipo. Diplomatosi all'alberghiero, dopo gli stage in Penisola Sorrentina va in Gran Bretagna dove si specializza nel lavoro di sala e fa il barman. Tornato in Italia, gli viene offerto di prendere in gestione una pizzeria.

Così, quasi per caso, nasce la sua passione per la lievitazione e inizia la sua carriera da pizzaiolo autodidatta: «Seguendo i consigli di pizzaioli esperti mi sono rimboccato le maniche e ho iniziato a provare, regalando molto spesso le pizze che uscivano storte o quadrate...». Dagli errori impara: tre anni dopo chiude il locale per lavorare come pizzaiolo in un ristorante turistico di Pompei, ma i grandi numeri non fanno per lui. Nel 2001 trova la sua collocazione ideale in un'altra pizzeria pompeiana dove iniziano ad arrivare soddisfazioni e riconoscimenti. Da quel momento la sua strada si fa chiara: pizza napoletana sì, ma “gourmet”, con buona pace di chi vi vede un ossimoro insanabile. Lasciata la pizzeria, torna a lavorare in Costiera incontrando grandi chef che gli svelano i segreti dell'alta cucina, da lui prontamente assimilati: «Ho capito che il modo culinario stava cambiando, e come cambiava la cucina poteva cambiare anche la pizza».

Dopo aver portato la pizza anche a bordo delle navi da crociera, Iervolino decide di tornare definitivamente a casa, alle falde del Vesuvio. Due anni fa l'incontro con Nino Prisco, proprietario del Lucignolo a Boscotrecase, segna l'avvio di un progetto votato alla qualità. Le sue pizze si basano su un impasto improntato sulla massima digeribilità (40 ore di lievitazione, 70% di idratazione) e ingredienti di prima scelta provenienti soprattutto dal territorio regionale, come le alici di Cetara e l'origano del Vesuvio. Nonostante la sperimentazione e l'uso di farine forti macinate a pietra Petra, che lo pongono fuori dall'ortodossia napoletana, la sua resta una pizza d'impronta partenopea: «Avrei potuto scegliere strade diverse – racconta – come la pizza salernitana o quella “stile Padoan”, ma per me la pizza del cuore è quella napoletana». Senza vincoli e con un solo fine: che sia buona.
 

Il calendario dell'Avvento di Stefano Callegari

Avete presente i “calendari dell'Avvento” in cui ogni giorno di dicembre fino al 24 nasconde una sorpresa, spesso golosa? Be', Stefano Callegari – famoso per le sue pizze “creative” e spesso eccessive, ma sempre buonissime - ha pensato di replicarne una versione molto particolare con la sua “pizza di Natale 24,25,26,31 e 1” che trovate in questi giorni sia da Tonda sia da Sforno. «L'idea di una pizza di Natale – racconta Stefano – è nata qualche anno fa, vedendo la grande attenzione che i produttori di birra dedicano a questa festa, realizzando non solo birre speciali ma anche altri prodotti legati. Mi è sembrato un segnale di “rinascita” del Natale e ho pensato di fare anche io una pizza ad hoc».

Già, ma cosa metterci sopra, senza cadere nel banale? «Ho pensato che la cosa più carina fosse rappresentare i principali giorni di festa attraverso i piatti tipici che si mangiano nelle case romane: per esempio, nella mia famiglia l'occasione principale è la cena della Vigilia, per altri è il pranzo di Natale, mentre il 26 è una giornata più informale... e comunque, si mangia sempre!». Nasce così la pizza divisa in 5 spicchi: per il 24 c'e' il sugo della pasta con il tonno, con pomodoro e prezzemolo; per il 25 gli immancabili tortellini in brodo sono rappresentati da una crema di parmigiano, noce moscata e brodo di carne su cui a fine cottura aggiunge una julienne di mortadella e prosciutto; il 26 è tradizionalmente il giorno degli avanzi, e allora ecco il picchiapò, con il bollito usato per il brodo ripassato con cipolla e pomodoro. Il 31 è la serata dei brindisi e della festa: la crema di torrone bianco (sciolto in padella con un po' di latte, una sorta di mou con la frutta secca ancora croccante) ispirata a una ricetta di Adriano Baldassarre è accompagnata da un dado di panettone tostato a bocca di forno.

E l’1? La prima cosa che si mangia, ancora appesantiti dalla cena, è il cotechino con le lenticchie: «Stai ballando e festeggiando, non ci penseresti minimamente a ricominciare a mangiare dopo il dolce, eppure non si può dire di no perché porta bene, ed è pure buono!». Tutti gli ingredienti vengono messi sul disco di pasta prima della cottura, lasciando mescolare un po' sughi e sapori proprio come succede nella maratona gastronomica festiva. La pizza viene servita a tavola con uno spicchio volutamente lasciato in bianco, tagliato e messo accanto a quello con il tonno a o' di freccia: un'indicazione del senso orario in cui va mangiata la pizza, ma anche un'incitazione alla scarpetta.
 

Con Simone Calore alla Scuola del Molino

Il 9 e 10 gennaio La Scuola del Molino, voluta dal Molino Quaglia per diffondere la cultura della pizza di qualità e formare pizzaioli “consapevoli”, propone un corso preparatorio per quanti vogliano partecipare all'Università della Pizza. Due giornate intense con Simone Calore, pizzaiolo esperto (La Gustosa, Vigodarzere, Padova, +39.049.8841800) e docente dell'Università, per imparare i fondamentali della professione di pizzaiolo. Dopo una parte teorica dedicata a farine, lieviti, metodi d'impasto, lievitazione, bilanciamento degli ingredienti e macchinari e tecnologie, i partecipanti metteranno le mani in pasta realizzando le pizze dall'inizio alla fine: dall impasto diretto alla formazione dei panetti, dalla stesura alla messa in forno con diversi tipi di pala, senza dimenticare i segreti per una cottura perfetta.

Una sorta di corso intensivo per permettere anche a chi si avvicina per la prima volta alla pizza di acquisire le competenze teoriche e pratiche di base per poter poi intraprendere un percorso di crescita professionale con corsi più complessi come quelli dell'Università della Pizza, dando non solo un'ottima base di conoscenze teoriche ma sperimentando in prima persona la manualità necessaria per realizzare una buona pizza e prendendo dimestichezza con gli strumenti di lavoro del pizzaiolo. I corsi si tengono il presso il Laboratorio della Scuola a Vighizzolo d’Este (Padova). Unico requisito richiesto per l'iscrizione: la giacca da lavoro, perché anche in pizzeria ordine e professionalità sono essenziali.
 

La REvoluzione delle feste di Renato Bosco

Anche il “pizzaricercatore” di SapoRè – esperto di lievito madre applicato non solo alla pizza, ma anche a pane e pasticceria, dal 2012 fa parte dell’associazione Chic, propone delle pizze ispirate al periodo natalizio, anzi va oltre e ha studiato due interi menu dedicati alle due più importanti ricorrenze da festeggiare nel suo locale, utilizzando i diversi impasti da lui realizzati (da quello della “romana” in teglia, sottile e croccante, in versione sfoglia e imbottita, a quello ribattezzato REvoluzione, soffice e leggerissimo, a base di farina integrale Petra macinata a pietra e lievito madre) come base per dei veri e propri piatti che uniscono la tradizione alla creatività e all'uso di ingredienti decisamente insoliti per la pizza.

Per la sera della Vigilia, il menu prevede la sfoglia romana con carciofi, robiola di capra Malga Faggioli e olive taggiasche, l'imbottita romana con purè di lenticchie, fiordilatte, coste rosse e cavolo verza speziati con Biryani Masala, la REvoluzione con burrata, gratin di patate e filetto di baccalà al timo e per finire il lievitato dolce di Renato (prodotto che nasce dalla sua grande passione per ogni forma di lievitazione, e che è sempre presente in menu nelle varie declinazioni stagionali) farcito con crema di ricotta all'arancio. Il Menu di San Silvestro prevede invece la sfoglia romana con salmone affumicato, bufala Dop e crudité di agrumi e mela Granny Smith, ancora la foglia romana con gorgonzola Dop, pere e pistacchio, l'imbottita romana con purea di lenticchie, fiordilatte, cotechino selezione Carlo Alberto e misticanza fresca e la REvoluzione con carciofi, burrata pugliese e petto d'anitra scaloppato all'arancio.

Chiusura dolce sempre con il lievitato, questa volta farcito al caffè. Se l'idea di festeggiare il Natale in pizzeria fino a ora vi sembrava triste, le proposte di SapoRè sapranno decisamente farvi cambiare idea. Renato Bosco sarà tra i protagonisti – insieme anche a Gianfranco Iervolino, Stefano Callegari, Franco Pepe e Simone Padoan – della giornata Identità di Pizza a Identità Milano 2013, dove applicherà il tema principale del Congresso – il rispetto – ai tempi di lievitazione per ottenere leggerezza e digeribilità del prodotto.
 

Da Simone Padoan il lievito si fa dolce

Simone Padoan, apripista della “pizza gourmet” ma anche chef a tutto tondo, nella rinnovata scenografia de I Tigli porta sempre oltre il suo lavoro di studio e sperimentazione sulla lievitazione. Un percorso che va ormai ben oltre la pizza, tanto che lui stesso precisa di non voler più definire il suo locale una pizzeria. E tanto che tra le sue proposte “di stagione” o espressamente dedicate alle festività, una sola si può far rientrare nell'ambito della pizza, per quanto decisamente allargato e spostato verso il filone gourmet: si tratta del “Dolce Orto”, versione dolce – all'impasto con farina Petra viene aggiunta una piccola quantità di miele che crea un piacevole contrasto con il salato di base – della pizza “Dall'orto”, i cui condimenti variano in base alla stagione.

Per i mesi invernali, il “Dolce Orto” si arricchisce quindi di un insolito topping a base di cremoso al cioccolato bianco con carote e scorza d'arancio su cui vengono adagiati peperoni e zucca candita. Il dessert viene servito al tavolo sotto forma di spicchio, accompagnato da un sorbetto alla mandorla e da un biscotto al cioccolato modicano che ricrea l'effetto della terra, naturale compagna dei prodotti dell'orto. Sono invece tutti dedicati alle feste gli altri due dolci più classici, un panettone monoporzione realizzato con lievito naturale e il Pan Dolce, una focaccia dolce ispirata al Pan dei Morti, dolce tipico romagnolo per la ricorrenza novembrina.

In questo caso, però, Simone ha deciso di modificare la ricetta originale – appresa qualche anno fa durante un corso sulla lievitazione naturale – facendo un impasto un po' più alto e sostituendo il latte previsto con il Recioto. Il Pan Dolce viene servito accompagnato da uno zabaione realizzato con lo stesso vino dolce e una purea di cachi, in una presentazione raffinata che esalta la semplicità della focaccia. Proprio come nel suo locale, dove la cornice raffinata non distoglie dalla bontà delle pizze.
 

Pepe-Bilali andata e ritorno

Cos'hanno in comune Franco Pepe e Beniamino Bilali? Più di quante potrebbe sembrare a prima vista, nonostante la differenza d'età (Franco è del 1963, Beniamino del 1985) e di origini (il primo è casertano, il secondo albanese). Entrambi infatti vengono da una famiglia di fornai e panettieri (il nonno di Franco aveva iniziato così, e i genitori di Beniamino avevano un forno a Durazzo), ed entrambi hanno un approccio “scientifico” alla pizza, pur se applicato in maniera diversa. Pepe continua a portare avanti il suo impasto a mano nel nome della tradizione, ma nel suo laboratorio – una stanza dedicata del nuovo locale Pepe in Grani - studia e sperimenta senza sosta su farine e lievitazioni. Bilali (che attualmente collabora con diverse pizzerie tra cui principalmente 'O Fiore Mio di Faenza) è uno specialista di lieviti e un appassionato di chimica applicata all’impasto, famoso per le sue pizze senza lievito, leggerissime e alveolate, ottenute con l'idrolisi dell'amido.

I due – che si erano già incontrati a Faenza lo scorso 5 novembre – hanno replicato la collaborazione a Caiazzo, con una serata per pochi fortunati (gli 85 posti sono andati sold out in pochi giorni dalla pubblicazione) svoltasi il 18 dicembre. Anche in questa occasione Franco e Beniamino si sono alternati al bancone proponendo due impasti e quattro pizze: non una sfida, ma un'occasione di confronto tra due generazioni e due mondi gastronomici, ognuno con una sua precisa identità ma pronto a mettersi in gioco e soprattutto a far godere i commensali. Chi era seduto in sala ha potuto assaggiare quattro grandi pizze, mentre scorrevano le immagini di quanto accadeva in cucina grazie a una telecamera posizionata in corrispondenza della bocca del forno.

Franco Pepe ha proposto due pizze legate al territorio casertano: il Calzone del Casolare (con mozzarella di bufala, scamorza affumicata, salamino di nero casertano, ricotta di bufala, paté di oliva caiazzana e un po' di pomodoro sulla mezzaluna chiusa) e la pizza bianca Ceci delle colline Caiatine con mozzarella, scamorza affumicata e ceci. Beniamino Bilali ha risposto con la pizza Crema di cavolfiore, alici, limone e arancia (alici fresche, mozzarella, cavolfiore, limone, arancia) e l'Orto in autunno (con bietole, mozzarella, cavolfiore, carote, friarielli). Un tripudio di sapori per celebrare la pizza, grande piatto del passato e del futuro.
 

Le pizze a tutto maiale dai fratelli Rossi

Strano luogo, Alvignano: in questo piccolo paese di 5mila anime in provincia di Caserta, a breve distanza da Caiazzo e dunque dalla pizzeria di Franco Pepe, conta una concentrazione gastronomica notevole. Qui, nel giro di pochi chilometri, sorgono il birrificio artigianale Karma, il caseificio Il Casolare (ottima mozzarella di bufala e una ricotta che è poesia) e la Pizzeria Elite. Il locale della famiglia Rossi è il bar del paese fin dal 1927, ma è da circa 12 anni che i fratelli Pasqualino (al forno e agli impasti) e Gianluca (in sala) hanno deciso di avviare anche la pizzeria, puntando con sempre più convinzione sulla qualità negli ultimi anni.

Qui si fa pizza “napoletana”, con un impasto nel solco della tradizione, a cui Pasqualino sa dare profumi e leggerezza notevoli grazie ad un'attenta lavorazione e maturazione, e con il contributo della cottura nel forno a legna di recente modificato con la consulenza di Stefano Ferrara, uno dei più noti artigiani specializzati nella realizzazione di forni per la pizza napoletana. Grande attenzione anche alla qualità dei condimenti, a partire dalla selezione di oli extravergine usati per le diverse pizze e dalle materie prime utilizzate per molti dei topping, dai pomodorini del piennolo Casa Barone al Conciato Romano, altra eccellenza gastronomica del territorio.

E proprio alle tradizioni locali e ad un altro grande prodotto della zona – il maiale Nero Casertano – è dedicata la nuova pizza Cubulteria, dal nome di un'antica città sannita e poi romana che sorgeva in prossimità del fiume Volturno, nei pressi dell'attuale comune di Alvignano. Protagonista di questa pizza tipicamente invernale è appunto il maiale di razza casertana, sotto forma di saporitissima salsiccia, che si unisce a pomodoro San Marzano, fiordilatte affumicato, origano, basilico e olio extravergine. «L'idea nasce dal fatto che questo è il periodo dell'uccisione del maiale, - spiega Pasqualino -e tradizionalmente nelle case locali si mangiano tutti i prodotti ricavati dall'animale».
 

Pizza, tutto il mondo di Alba Pezone

Alba Pezone è una signora italiana, napoletana per la precisione, che otto anni fa, nel 2004, ha aperto a Parigi Parole in Cucina, una scuola di cucina tricolore, il nostro tricolore, quello con il verde, non il blu, prima del bianco e del rosso.

Per le edizioni Marabout, ha da poco firmato Pizza, libro dedicato a un capolavoro che i francesi ci invidiano e contro il quale non sanno proprio cosa contrapporre.

Le foto portano la firma di Laurence Mouton e le pizze raccontate, in francese, sono quelle di Enzo Coccia, Franco Pepe, Ciro Coccia, Gino Sorbillo e Enzo Piccirillo. Non è il racconto della pizza in Italia, ma un omaggio a sua maestà la pizza napoletana.