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Due appunti nella mia agenda alla voce pizza: uno riguarda l’appena celebrato Salone del Gusto e la Piazza della Pizza, l’altro il simposio di Pizza up da lunedì nella sede del Molino Quaglia che la promuove.

Torino: uno stesso spazio per due mondi diversi, opposti tra loro. A seconda del calendario delle lezioni, uno poteva seguire un maestro della Verace Pizza Napoletana o un pizzaiolo della nuova generazione, quelli che, pur stimando a mille il lavoro dei collegi partenopei e campani, i tradizionalisti se vogliamo schematizzare, pensano che non esistano dogmi e che il pianeta pizza sia così vasto da potere accogliere tutti senza che si formi ressa. Splendido il giorno che queste due realtà riusciranno a intendersi, con maggiore attenzione alla sostanza e meno al folclore da parte di taluni.

Pizza up: Molino Quaglia ha chiesto a un gruppo di giornalisti, oltre al tipo di forno, elettrico o a legna, qual è il loro impasto preferito tra nove a iniziare dalla Pizza Stesa Croccante (versione con biga) alla Pizza con impasto tradizionale di Tremonti passando per la Pizza Stesa Croccante (versione con lievito madre), la Pizza Stesa Morbida (STG Verace Pizza Napoletana), la Pizza "alla romana", la Pizza "a metro" alla pala, la Pizza soffice in teglia, la Pizza in padellino (versione con biga) e, infine, la Pizza in padellino (versione con lievito madre). Io ho scelto quella “stesa croccante con lievito madre” visto che quello di birra più lo evito e meglio sto. Poi verrà la scelta degli ingredienti e via così, un lavoro che si annuncia interessante e importante, che va ben oltre ai gusti personalissimi dei presenti.
Paolo Marchi

Testi di Paolo Marchi, Luciana Squadrilli e Gabriele Zanatta
 

Pizza Up: da lunedì, sesta edizione a Vighizzolo

La sesta edizione di Pizza Up, Vighizzolo d’Este (Padova), 5-7 novembre, è alle porte. Quest’anno ancor più interessante, perché il dibattito acceso sulla pizza spinge sempre più pizzaioli nella direzione dei consumatori più esigenti, piuttosto che alla ricerca di primati sui palchi delle pizze volanti. (per un primo identikit della cd “pizza gourmet” vedi il sondaggio in corso). Il simposio tecnico sulla pizza italiana voleva essere sin dall’inizio ciò che oggi è: un percorso di ricerca e confronto che avvicina la pizza alla grande cucina italiana. Quella dei piatti sani, gustosi, identificabili per la loro diversità e tutti accomunati da un’idea di qualità che parte dalla spesa per arrivare intatta alla tavola. Partendo da lieviti e farine per arrivare a chiudere il cerchio con gli ingredienti che condiscono la pasta della base.

Nelle prime 5 edizioni di PizzaUp, e per la prima volta nel mondo della pizza, si è parlato di farine macinate a pietra e tecnica di lievito madre (quello vivo che dà gusto e leggerezza), di ingredienti freschi e di stagione che non si gettano abbondanti e alla rinfusa per coprire paste insipide e prive di struttura, di pulizia del pizzaiolo nel modo di presentarsi e nel modo di lavorare a vista, di un menu con meno pizze e più qualità, di gusto da costruire per non confondere il palato con miscugli senza storia.

«Se vogliamo un piatto di qualità, che sia nutrizionalmente bilanciato, di buona digeribilità, gustoso, ma soprattutto se vogliamo condurre il consumatore lungo un percorso di cultura gastronomica e di corretto abbinamento con i vini e le birre, allora base e farciture devono essere un tutt’uno, in armonia, appetibili, secondo una sequenza di portate che comunica l’idea e i valori del pizzaiolo. Sarete di fronte a un bivio. Da una parte ci si ferma a guardare. Dall’altra si va verso le tecniche e la sensibilità del cuoco, per essere attori di un cambiamento che non ha precedenti. E su questa seconda strada ricominceremo da zero».

Queste parole aprivano il simposio dello scorso anno e chiudevano 5 anni di lavoro sulla ricerca di una proposta “contemporanea” della pizza italiana. E per ricominciare da zero quest’anno i pizzaioli scriveranno il Manifesto della Pizza Italiana Contemporanea con il fondamentale contributo di idee di 9 firme prestigiose della nostra enogastronomia. Una traccia etica e un messaggio di qualità ai pizzaioli che vogliono aprire una porta di accesso semplice, e per tutte le tasche, alla buona cucina italiana.
Piero Gabrieli
 

Salone del Gusto, una Piazza molto affollata

Inaugurata con successo in occasione di Cheese 2011 a Bra, La Piazza della Pizza ha avuto un posto di riguardo anche al Salone del Gusto. I forni allestiti nella zona dedicata al cibo da strada hanno sfornato le pizze preparate dai pizzaioli che si sono avvicendati anche al forno della sala accanto, che ospitava i laboratori sulla pizza. Ventitre pizzaioli in 5 giorni, scelti tra i massimi esponenti delle diverse correnti della pizza italiana, dalla grande tradizione della Pizza Napoletana alla nouvelle vague della pizza di ricerca. Correnti rappresentate dai due sponsor principali della Piazza, l'Associazione Verace Pizza Napoletana e il Molino Quaglia con l'Università della Pizza, uniti nell'obiettivo di valorizzare questo grande patrimonio gastronomico italiano ma sempre più senza confini, come ha dimostrato la partecipazione del pizzaiolo giapponese Akio Nishikawa, il primo ad essere ammesso all'AVPN. Un bel modo per dar voce a tutte le espressioni odierne di un settore in crescita, nei numeri e nella qualità.

Al centro degli incontri, l’”Alleanza" tra i pizzaioli e i Presìdi Slow Food, nata sulla scia di quella ormai consolidata con i cuochi. Chi meglio dei pizzaioli può infatti riuscire nell'impresa di far conoscere prodotti eccellenti ma a rischio d'estinzione a un pubblico allargato, e nello stesso tempo garantire consumi elevati di tali prodotti? Testimonial dell'alleanza, Salvatore Salvo della Pizzeria Salvo di San Giorgio a Cremano, che ha addirittura “adottato” un'intera Comunità del Cibo, acquistando svariati quintali di patate interrate del Taburno per la preparazione dei crocché da qui a Natale.

Ma tutti i pizzaioli – da Ciro Salvo, Guglielmo Vuolo e Raffaele Surace, esponenti della AVPN, a Renato Bosco, Emiliano Aureli ed Emanuele De Vittoris, giovane pizzaiolo laureato a Pollenzo, coordinatore tecnico della Piazza della Pizza, rappresentanti dell'Università della Pizza - hanno proposto pizze a base di Presidi Slow Food e di prodotti d'eccellenza, dai pomodori San Marzano alla Mozzarella di Bufala Campana Dop, senza dimenticare le farine: le raffinate "0" e "00" del Molino Quaglia per le pizze "veraci" napoletane e Petra per le pizze dell'innovazione. Un bel gioco di squadra ad avvalorare la definizione di pizza data dall'antropologo Marino Niola e spesso citata dal giovane Antonio Puzzi, Consigliere nazionale di Slow Food Campania e moderatore della Piazza: un hardware su cui poter caricare qualsiasi software. Metafora poco poetica, forse, ma efficace e molto attuale.
 

Monogrammi divini a Firenze

C'era anche Graziano Monogrammi tra i 23 protagonisti della Piazza della Pizza al Salone del Gusto di Torino. Con la sua simpatia tutta toscana, ma soprattutto con la grande competenza acquisita in 11 anni di esperienza e continuo studio, ha dimostrato come dallo stesso impasto – realizzato usando farina Petra e lievito madre, con due giorni di fermentazione naturale tra biga e impasto – sia possibile ottenere prodotti diversi per forma, consistenza e concetto. Il tutto, riuscendo a trasmettere – anche con l'aiuto della moglie Roberta e del figlio Gabriele – la passione per un mestiere iniziato quasi per caso, frequentando un corso organizzato dal Comune dove comincia a capire quello che c'è dietro una buona (o una cattiva) pizza.

Nel 2003 apre la prima pizzeria a Panzano e inizia a lavorare con il lievito di birra ma presto passa a quello naturale, che oggi considera il suo secondo figlio. Nel 2008 fa il primo corso all'Università della Pizza e da lì inizia un percorso nuovo, nel mondo “complicato ma bellissimo” della pizza d'innovazione, aprendo nel cuore di Firenze La Divina Pizza (via Borgo Allegri 50r, +39.055.2347498). Al centro delle sue pizze, oltre al lievito madre e alle farine selezionate ci sono la stenditura rigorosamente a mano e l'uso di pochi ingredienti (freschi e di stagione, a eccezione del pomodoro in latta ma sempre di qualità) ma ben bilanciati tra loro, proprio come in un piatto di alta cucina. Graziano si cimenta con diverse varianti di pizza, che sia tonda, alla pala, focaccia o altro come ha dimostrato appunto al Salone.

I suoi assaggi: una pizza tonda con Mozzarella di Bufala Campana (ma di solito in cottura predilige il fiordilatte) pomodorini del Piennolo e olio extravergine bio, leggera ma friabile; un focaccino dalla stenditura più soft, levato dal forno prima di giungere a cottura, tagliato e farcito con friarielli (cime di rapa) e mortadella di Prato Presidio Slow Food, poi rimesso in forno per completare la cottura, croccante fuori e morbido dentro; e infine il divin corbello in cui l'impasto viene steso nello stampo di alluminio fino a prendere la forma di un “cesto” soffice ma ben cotto da farcire a piacere, in questo caso con carciofi crudi marinati con vinaigrette all'arancia, soppressata toscana e fette d'arancia a bilanciare grasso e freschezza. Caso limite in cui l'impasto diventa contenitore universale da riempire di contenuti che ne esaltino il gusto o, come dice scherzando Graziano, un trucco per far mangiare anche il cornicione.
 

Franco Pepe, e la pizza diventò in Grani

Secondo qualcuno la pizza deve restare cibo povero e popolare e andrebbe mangiata in un ambiente a tono, quindi spartano se non al limite del tristanzuolo. Per altri, invece, il grande lavoro di ricerca e attenzione alla qualità che oggi alcuni pizzaioli dedicano al disco di pasta meriterebbe un contesto consono, e magari anche un servizio attento e una carta di vini e birre da cui scegliere con cosa accompagnare la pizza. Sinceramente, a patto che non si esageri (anche per quel che riguarda la ricaduta sui prezzi) e che non si tratti di privilegiare l'apparenza a scapito della sostanza, siamo tra i secondi.

Non può quindi che piacerci tantissimo la nuova sede di Franco Pepe, grande pizzaiolo casertano, che dopo aver lasciato la storica attività di famiglia nelle mani dei fratelli lo scorso 14 ottobre ha inaugurato il suo nuovo progetto, Pepe in Grani (vico San Giovanni Battista, 3, Caiazzo, +39.0823.862718). Gestito con la moglie Rita e i figli Stefano e Francesca, il nuovo locale – che oltre alla pizza propone salumi e formaggi dell’Alto Casertano, fritture e a breve anche piatti della cucina povera – è stato ricavato dall'attento restauro di un palazzo del Settecento nel centro storico di Caiazzo, in cui l'architetto Beniamino Di Fusco è riuscito a far convivere linee moderne e materiali antichi per un risultato di grande fascino: due piani, una romantica terrazza panoramica con un unico tavolo dove è possibile cenare solo su prenotazione, alcune camere per la notte, un centro di formazione e un laboratorio per portare avanti sperimentazioni e ricerca su impasti e farine.

Al centro del progetto di Franco – esponente di una personalissima linea incentrata sul privilegiare profumi e sapori dell'impasto rispetto ai pur buonissimi ingredienti di farcitura, in omaggio alla tradizione panificatrice di famiglia - resta infatti la pizza, frutto appunto della lavorazione a mano nella madia in legno, di una lievitazione naturale per oltre 12 ore e della grande esperienza del pizzaiolo. Che sia tonda o a calzone (superbo quello con la scarola), fritta o a libretto (quella più piccola, da mangiare ripiegata su sé stessa, che un tempo veniva venduta per strada a Napoli e oggi Franco propone nella stufa in acciaio (in foto), realizzata appositamente per lui da Franco Ferrara, utilizzata per consegnare la pizza a domicilio o per ingannare l'attesa del tavolo), super-classica o con farciture in omaggio al territorio, la pizza di Pepe mette tutti d'accordo: è strepitosa.
 

Molino Quaglia: italiana da capo a piedi

Una piccola ma importante rivoluzione nel mondo delle farine italiane viene dal Molino Quaglia. L'azienda veneta ha introdotto anche nel settore del grano lo slogan “100% Italiano”, che ha già preso piede nell'olio extravergine e in molti altri ambiti dell'agroalimentare. Un motto di successo perché basato non su una forma di autarchia o una difesa a oltranza del “km zero”, ma sull'attenzione alla provenienza delle materie prime e alla loro completa tracciabilità, con un occhio al rispetto dell'ambiente. Dal primo settembre scorso, dunque, tutti i prodotti targati Petra - la linea di farine macinate a pietra, ideali per preparare pane, pizza, dolci e pasta fresca - sono esclusivamente a base di grano coltivato in Italia.

Molino Quaglia estende quindi l’attenzione per la sicurezza alimentare che contraddistingue tutti i suoi prodotti fino ai campi dove cresce e si miete il grano che diventa farina. Le coltivazioni - condotte con tecniche di agricoltura integrata conformi al disciplinare Qualità Controllata della Regione Emilia Romagna - sono a meno di un'ora di macchina da Vighizzolo d'Este (Padova), sede del Molino. Dopo la mietitura il grano destinato a Petra riposa in silos appositi, separato dal grano proveniente da coltivazioni convenzionali e in un ambiente a temperatura controllata sfruttando il più possibile le proprietà antiparassitarie del freddo invece di sostanze chimiche. Ogni partita da macinare ha la sua “carta d’identità” che ne garantisce provenienza e tracciabilità. Le pizze realizzate con il grano 100% italiano sono state al centro della serata del 18 settembre scorso alla pizzeria Grigoris a Venezia Mestre , mentre il 20 e 21 ottobre sono state presentate alla manifestazione Milano Golosa, con le pizze “100% italiane” di Roberto Ghisolfi, pizzaiolo di Cremona.
 

La pizzaiola di Cuttaia, omaggio al cornicione

Anche Pino Cuttaia, il bravissimo chef siciliano della Madia di Licata (Agrigento), ha inserito la pizza nel suo menu. In realtà, non si tratta esattamente di una pizza, ma in qualche modo è un omaggio al disco di pasta più amato al mondo e in particolare alla sua parte più bistrattata, il bordo o cornicione. Il piatto di Cuttaia – il cui nome completo, Pizzaiolamerluzzo all'affumicatura di pigna (foto), in realtà rimanda più al tipico sugo siciliano a base di pomodoro, olive e origano – della pizza ha l'aspetto, e il profumo, anche se nasconde un antipasto a base di pesce, cotto appunto “alla pizzaiola”.

«Il nome di questa ricetta, con cui in Sicilia si prepara la carne o anche il pesce, mi faceva sempre venire in mente la pizza. Così un giorno, dopo varie evoluzioni, ho deciso di dargli l'aspetto visivo della pizza, di cui riprende anche diversi ingredienti. E così questo piatto è diventato pizza» racconta il cuoco. Il merluzzo viene affumicato al fumo di pigna e condito con olive e pomodoro confit, poi ricoperto da una spuma di patate che replica l'effetto della mozzarella, con tanto di foglia di basilico a completare.

Il tutto viene sistemato dentro un anello di pasta da pizza poco lievitata, che però viene passata alla sfogliatrice e stesa molto sottile. Cuocendo, si alza facendo da “contenitore” per la pizza, proprio come se fosse un cornicione. Passato alla salamandra prima di servire il piatto, assume anche il profumo della pizza appena sfornata, ma una volta messo in bocca si rivela friabilissimo, e si dissolve in bocca. Insomma, una “pizza che non c'è” servita addirittura prima di portare il pane in tavola, per far sì che venga gustata in tutto il suo sapore, facendo venire l'acquolina come una pizza vera.
 

Roberta's di Carlo Mirarchi, il nuovo re di Brooklyn

A New York da qualche tempo si fa un gran parlare della Brooklyn Reinassance, la nouvelle vague gastronomica che sta investendo il quartiere tradizionalmente meno yeah-yeah del dirimpettaio Manhattan. A guidare il plotone dei ribelli, gente come Cesar Ramirez, il 3-stelle Michelin più veloce della luce, a bordo dello Chef's Table al Brooklyn Fare. E un personaggio fantastico, che già incrociammo qualche anno fa sul palco di Omnivore a Deauville. Si chiama Carlo Mirarchi ed è nato 32 anni fa nel Queens da madre panamense e padre calabrese. Cresciuto a Long Island, a un certo punto ha deciso di aprire con due soci (ex musicisiti) Roberta’s a Brooklyn, quartiere Bushwicks, in breve tempo assurto a tempio della pizza (anche itinerante, vedi foto qui sotto) della Grande Mela nella sua interezza.

Una tenda apparentemente anonima nasconde un ex garage, ora vero laboratorio da tavoli e panche in legno dove ragazzi con tatuaggi e cappelli di lana estraggono pizze dal forno a legna che è un piacere, e a qualsiasi ora del giorno. Pizze in stile napoletano ma con cornicione più basso e meno "largo". Quella archetipale si chiama Rosso: pomodoro, origano e aglio (aglio che, come dice Scabin, gli americani ancora apprezzano…), una marinara. Poi, oltre a una splendida Margherita, arrivano quelle sormontate da topping singolari: Caponata (mozzarella, melanzane, olive) con speck e soppressata, foie gras e coppa, ricci di mare (la vera ossessione di Mirarchi), con nomi che strappano anche il sorriso (quella ai formaggi si chiama Cheesus Christ).

Ma non c’è solo la pizza perché dalla cucina in fondo escono mini-delizie di cucina sfrontatamente creativa, con vegetali e pesci a primeggiare: Carote, ciliege, ricotta e aneto; Bietole, tuorlo e creme fraiche o Capesante, pistacchio, carote e yogurt. Tutti piatti in menu segnalati dall’ingrediente principale scritto in grosso, abitudine molto diffusa in Usa anche tra i ristoranti più à la page. Ma anche qui a Buscwick non si scherza in tal senso perché il Mirarchi è da poco impegnatissimo anche con Blanca, aperto in un altro ex garage accanto a Roberta’s nel giugno scorso e già con una stella Michelin. Dodici soli coperti e un concept unico scritto in un setting elegante: solo menu degustazione da 22 portate e 180 dollari, in una formula che può ricordare quella del Ko di Davide Chang o lo stesso Chef’s Table di Ramirez. Che con Mirarchi divide la corona di re della nuova Brooklyn.
 

Mirarchi e un geniale forno a legna

Il geniale forno a legna a ruote parcheggiato a Madison Square Park, Manhattan, dai ragazzi di Carlo Mirarchi, pizzaiolo italo-americano patron di Roberta's (vedi sopra). Si chiama mobile wood fire oven ed è prodotto da Fire Within, azienda del Colorado. Ha sfornato pizze per un mese, dal 21 settembre al 19 ottobre, in occasione della rassegna dedicata allo street food e chiamata Mad. Sq. Eats. C'era pure Stefano Callegari con i trapizzini, ma questa è un'altra storia.
 

La svolta del pane di Gabriele Bonci

Gabriele Bonci è famoso per le sue fantastiche pizze al taglio – impasto soffice ma importante, alveolatura spinta, lunga maturazione a freddo e farciture estreme che rasentano la cucina d'avanguardia - sfornate quotidianamente da quasi 10 anni al Pizzarium, minuscola “pizzetteria” di via della Meloria a Roma, che gli sono valsi la nomea di Michelangelo della pizza sulle pagine di Vogue Usa. Dopo le diverse collaborazioni con alcuni locali della Capitale – dall'Open Baladin al nuovo No.au – e le incursioni nel mondo dell'alta cucina internazionale (Bonci è da poco rientrato dall'Australia, dove ha partecipato al Crave Sidney International Food Festival, sempre per parlare di pizza, e ha presentato le sue pizze anche al Salone del Gusto di Torino accanto agli hamburger della Granda) la sua nuova ossessione è il pane.

Saranno infatti filoni e pagnotte – fatti a regola d'arte, naturalmente – i protagonisti del nuovo Panificio Bonci che aprirà agli inizi di novembre in via Trionfale 36, sempre a Roma, a poca distanza dal Pizzarium (ma il forno è già attivo per la fornitura di negozi e ristoranti). Una vera e propria boulangerie dove dalle 7.30 del mattino fino alle 22 si sforneranno oltre 60 varietà diverse di pane a base di farine biologiche (ma non le rosette, perché, dice Bonci, «quelle che piacciono alla gente non sono buone, io voglio fare un pane naturale e vero») e anche le pizze al mattone (cioè cotte direttamente sul piano del forno) della tradizione romana, da farcire a piacimento con salumi e formaggi di qualità.

Al panificio si potranno ordinare anche gli hamburger (a pranzo) e le carni in crosta (alla sera) tutto da asporto, mentre la domenica mattina, in omaggio a un'altra grande tradizione romana, si potrà scegliere la base (da 2, 4 o 8 persone) per il millefoglie espresso, farcito al momento. Dal laboratorio del nuovo negozio usciranno pure tutti gli impasti per il Pizzarium, che vedrà anch'esso un'importante evoluzione. Mentre le farine e i pizzaioli si trasferiranno in via Trionfale, a via della Meloria faranno il loro ingresso i cuochi, trasformando il retro del negozio in un laboratorio gastronomico dove si lavoreranno verdure, carni, formaggi e altri ingredienti per le pizze, tutti seguiti dall'inizio alla fine in prima persona grazie alla stretta collaborazione con allevatori, agricoltori e contadini.
 

Marzia Buzzanca e L'Aquila a tutto gas

È una notizia che a prima vista potrebbe non avere molto a che fare con la pizza, anzi per qualcuno potrebbe persino non sembrare una notizia. Invece lo è, ed è una cosa bella per la città de L'Aquila, per Marzia Buzzanca, maître, patronne e pizzaiola di Percorsi di Gusto, e per tutti gli amanti della pizza “stile Padoan” che gravitano nell'area del Centro-Italia. Finalmente è stato riattaccato il gas nel centro storico del capoluogo abruzzese, ancora martoriato dalle conseguenze del terribile terremoto del 6 aprile 2009, e anche al locale di via Leosini.

A tre anni dalla disgrazia (e dopo tante false promesse e qualche polemica, sempre garbata, con le istituzioni) finalmente adesso Marzia potrà fare a meno di dover uscire sotto la neve per cambiare la bombola lasciando a metà cottura la pasta, per dirne solo una. Oltre alle ottime pizze cotte al forno elettrico per la sera, infatti, Percorsi di Gusto propone anche gustosi piatti e molti degli ingredienti delle pizze stesse sono cucinati, senza contare il riscaldamento – anche quello a gas - che da queste parti nei mesi invernali è fondamentale. Sempre piena di energia ed entusiasmo, Marzia ha festeggiato l'allaccio del gas con una serata con amici e collaboratori.

Per i festeggiamenti “ufficiali” si aspetta la sera del 14 novembre, quando Ernesto Iaccarino sarà il primo chef ospite delle “cene a quattro mani” organizzate da Marzia a cucinare senza le bombole. Sollevata dalla novità la Buzzanca – che negli ultimi mesi aveva preferito restare nel suo locale per coccolare i clienti e riprendere le energie – ricomincerà anche le sue trasferte, come quella del 9 dicembre ad Eataly Roma per l'appuntamento "Un Pan'Ino con lo Chef" insieme a mister Ino Alessandro Frassica. Ma a noi la notizia sembra soprattutto un buon pretesto per tornare a L'Aquila.