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Questi sono giorni di vacanza per tanti, ma certo non per tutti. Non lo sono ad esempio per chi ha un ristorante o una pizzeria in una località turistica, altissima stagione per chi sta al mare o sui monti e noi di Identità certo non chiudiamo per ferie newsletter, sito e blog proprio quando è massima la richiesta di consigli. Conosciamo tanti ottimi posticini, perché non consigliarli anche ad agosto a chi crede nel nostro lavoro?

Tra le varie cose fatte da ben poco tempo, abbiamo caricato nell'home page la presentazione della nona edizione di Identità Milano, da domenica 10 febbraio a martedì 12 in via Gattamelata. Il tema? Il valore rivoluzionario del rispetto. Vale per tutti, a iniziare da se stessi nei confronti degli altri perché è vero che tutti abbiamo dei diritti, ma nel paese dei dritti troppi scordano i doveri. E’ l’Italia che non ci piace.

Il concetto verrà declinato in più sale e in più momenti, compresa Identità di Pizza, giornata che speriamo sempre meglio pensata e organizzata. pm

Testi di Paolo Marchi, Luciana Squadrilli e Gabriele Zanatta
 

La pizza: povera, sobria o gourmet?

La pizza è nata come piatto povero. Oggi diremmo con un termine di gran moda "sobrio", perchè tutto sommato questo aggettivo ha il pregio di vestire di valore un prodotto dal prezzo alla portata di tutti. "Povero" lascia intendere l'accettazione passiva di una situazione di disagio che nasce dal non poter spendere, mentre "sobrio" è segno di una scelta consapevole di prodotti essenziali spogliati dell'inutile per costare il giusto.

Che si voglia considerarla povera o sobria, la pizza è comunque un piatto di grande attualità, perchè la tendenza dei consumatori verso una spesa più responsabile e attenta è oramai una situazione di fatto. Nello stesso tempo, si parla sempre più di frequente di pizza "gourmet" per indicare tipi, varianti e interpretazioni della pizza che si distinguono per una maggiore ricercatezza nella scelta degli ingredienti e nella lavorazione degli impasti.

Ma come si concilia la sobrietà della pizza associata a un prezzo relativamente economico, con la qualifica di gourmet? Il controsenso apparente si risolve considerando che l'aggettivo "gourmet" deve più correttamente rifersi non alla pizza in sè quanto piuttosto alla tipologia di clienti che sempre più numerosi si orientano a una pizza realizzata con la cura e il gusto di un artigiano un po' cuoco e un po' fornaio. Come i pizzaioli che si formano nei corsi di Università della Pizza. (in foto, le 10 pizze di Corrado Assenza per Pizza per l'Italia, un viaggio compiuto con Molino Quaglia).
Piero Gabrieli
 

Lady Pizza, il mestiere si tinge rosa

Sarà per gli orari estenuanti o per la fatica che comporta lavorare di pala e forno, ma secondo molti quello del pizzaiolo non è un mestiere per donne, ancor meno dello chef. Eppure, si dice spesso che curare l'impasto e il lievito sia come accudire un figlio, e chi meglio di una donna potrebbe farlo? Insomma, anche se sono ancora in minoranza le donne pizzaiole in Italia ci sono, eccome, e adesso hanno anche un'associazione (e sindacato) a rappresentarle.

Si chiama Lady Pizza FIP, nata appunto come costola della FIP (Federazione Italiana Pizzaioli nel Mondo) con sede a Messina, presieduta da Simona Lauri (foto), grande esperta di panificazione, tecnologa alimentare, docente e autrice di volumi sull’arte bianca, nonché del blog simona-panificazione.blogspot.it. Racconta Simona: «L’organizzazione è stata fortemente voluta dal presidente federale Giovanni Mento e da me per dar risalto alla figura femminile nel settore dell'arte bianca, unica in Italia sia come organizzazione sindacale sia come gruppo femminile di socie, per il momento esclusivamente pizzaiole professioniste».

Il battesimo dell'associazione – che ha tra i suoi obiettivi la diffusione e tutela della pizza tradizionale italiana, la lotta contro la discriminazione professionale e la promozione di attività di beneficienza e volontariato – è stato al Festival Internazionale Femminile della Pizza, tenutosi a giugno a Messina. Le pizzaiole si sono sfidate prima tra loro, e poi con i colleghi maschi della FIP nel Mondo. La “finalissima” ha visto trionfare (di poco) Gabriele D’Ignoti su Mirella Treviso, vincitrice della categoria "Pizza Classica Femminile". E di una pizzaiola in gamba – Claudia Tosello - potete leggere anche poco più in basso, a dimostrazione che questo è (anche) un mestiere per donne.
 

Masanti e la Capriata, la pizza tra le Alpi

I fratelli Masanti sono due, Stefano e Andrea. Per gustare i loro piatti bisogna raggiungere la Valchiavenna e puntare sulla Svizzera attraverso il Passo dello Spluga, 2114 metri sul livello del mare, più che sufficienti perché alla prima neve chi abita in quota serri tutto e scenda a valle, Canton Grigioni o provincia di Sondrio che sia. Se ne riparla a primavera.

Ora è il momento giusto per inerpicarsi fin lassù, a piedi o in bici, moto o auto. Con Stefano che da sempre a Madesimo, quindi più in basso, cura il Cantinone, telefono +39.0343.56120, Andrea dal 2005 segue La capriata a Montespluga, +39.0343.56046, oltre il lago artificiale e poco prima del confine italo-svizzero. In linea d’aria, è il fazzoletto d’Italia più lontano che vi sia dal mare, più o meno 240 km, e questo spiega perché Andrea presenti il suo ristorante-pizzeria come il più distante dalle nostre coste.

Quest’ultimo rilievo appartiene alla sfera delle curiosità. Io cerco sempre il meglio, il buono, il positivo e sono aspetti ben diversi. Però uno si potrà pure chiedere perché salire fin lassù per poi mangiare una pizza (e non qualche tipicità), ma quelle della Capriata sono buone e cotte bene, forno a legna, obbligo di lievito di birra (5 gr per 3 chili di impasto) perché quello madre subisce i troppi sbalzi di temperatura e in pratica non lavora, poche proposte e tutte curate.

Una curiosità: fino al ’98 si pizzava pure al Cantinone, poi il 27 dicembre Stefano decise, in viaggio il padre, di eliminare il forno. Il signor Franco, tra l’altro il sindaco in carica adesso, non la prese affatto bene perché capì che il figlio si era messo in testa di inseguire guide e stelle. Probabilmente oggi Stefano non lo farebbe più, ma è facile ragionare col senno di poi.
 

Buona e senza glutine. Ecco dove trovarla

Un altro pregiudizio dice che è difficile, se non impossibile, fare pizze buone senza glutine, assioma spesso associato a una componente punitiva tipica della patologia. Contro tutto questo si batte Alfonso Dal Forno (foto), autore del blog nonsologlutine.it e della sezione Senza Glutine dell'Associazione Degustatori Birre.

Amante del buon cibo e della birra artigianale, da quando ha scoperto di essere celiaco Alfonso non si è perso d'animo e ha iniziato la sua campagna per la “normalizzazione” dell'alimentazione senza glutine: «è una scelta salutistica oltre che medica. Offrire una cucina senza glutine, per i ristoratori, è più semplice di quanto venga fatto credere. Basta scegliere bene gli ingredienti ed evitare i rischi di contaminazione, facendo attenzione a lavorare in modo pulito. Per cui l'offerta di una cucina gluten free può diventare anche un indice di qualità per i clienti “normali”».

Tra i più attenti all'argomento, pizzaioli e panificatori. Impossibile fare una buona pizza senza glutine? Tutt'altro, basta scegliere bene le farine (o meglio gli sfarinati) a base di cereali naturalmente senza glutine come il riso, idrocolloidi come il guar o altri addensanti e fibre vegetali come lo psyllium, spiega Francesca Morandin, figlia del pasticcere Rolando Morandin e tecnologa alimentare con una specializzazione sul lievito madre senza glutine.

«Idrocolloidi e fibre servono per simulare il glutine e dare struttura all'impasto, che avrà bisogno di molta idratazione e risulterà quindi molto liquido. Per questo io consiglio una cottura più lunga ma a temperatura più bassa, e per questo è più facile fare pizze in teglia che alla pala, anche se con l'esperienza si riesce a fare anche quella tonda». Francesca ha in programma corsi sull'argomento presso La Scuola del Molino Quaglia – che produce 3 farine senza glutine della linea Glutinò, adatte anche alla lavorazione casalinga – e presso Casolaro Hotellerie.

Qualche indirizzo per pizze, pani e dolci gluten free a prova di sapore? Claudio Paduano (nel 2006 Campione Mondiale della Pizza senza glutine) da oltre 18 anni propone pizze senza glutine nella pizzeria di famiglia Madison a Nocera Inferiore (Salerno). La Fabbrica dei Sapori a Battipaglia, stessa provincia, propone numerose varianti di pizze tonde senza glutine che non fanno rimpiangere le “normali”. Da Le Ben a Roma, Luis Livdi sforna pani, pizze in teglia, quiche e pasticceria fresca e secca secondo il motto “piacere si, glutine no”, mentre il laboratorio Liberi dal Glutine di Vittorio Bazzano a Cinisello Balsamo (Milano) offre tutti prodotti gluten free e a base di ingredienti genuini, dalla prima colazione alle focacce.
 

Mozzarella o fiordilatte? Tutt'e due

Bufala o fiordilatte? Nel mondo della pizza la querelle sembra infinita, tra i sostenitori della prima a tutti i costi – possibilmente Dop, contemplata dal disciplinare della pizza napoletana STG ma non dalla più antica tradizione partenopea - e i fautori del fiordilatte. Più ricca e “piena” la prima, ma con il rischio di diventare acquosa e allagare la pizza (dei trucchi per evitarlo abbiamo parlato nella newsletter di maggio), più compatto e asciutto il secondo, sapido e buonissimo se di qualità, ma più spesso anonimo.

Dunque, quale preferire? A sciogliere la questione ci hanno provato due pizzaioli – Pasqualino Rossi della Pizzeria Elite Rossi di Alvignano (Caserta) e Massimiliano Ceccarelli de I Lazzaroni di Roma (via Tommaso Fortifiocca 68/70, +39.06.7811772), insieme a Mimmo La Vecchia, titolare del caseificio Il Casolare di Alvignano che produce sia mozzarella di Bufala Dop sia fiordilatte vaccino. Scopo della serata intitolata "Ti racconto una Bufala", che si è svolta il 3 luglio nella pizzeria romana, mettere a confronto i due prodotti e gli “affini”. E quindi: assaggi al piatto di bocconcini di mozzarella di bufala di giornata, mozzarella di bufala di pezzatura più grande, mozzarella affumicata e “fiordilatte misto bufala”.

Il prodotto proposto da La Vecchia come salomonica soluzione della diatriba: un latticino realizzato con l'80% di latte vaccino e il 20% di latte bufalino, che mantiene la consistenza asciutta del fiordilatte e il sapore della mozzarella. Se all'assaggio “nudo e crudo” la bufala in grande pezzatura ha vinto, alla prova della pizza – anzi delle pizze, tra cui la margherita classica con fiordilatte, basilico e parmigiano e quella con fiordilatte, bufala affumicata, radicchio rosso e porchetta di Ceccarelli e la “super marinara” con pomodoro, origano, basilico e mozzarella di bufala in fette e quella con fiori di zucca e provola affumicata di Rossi – ha convinto di più il misto. Provare per credere.
 

Ruben Sarli, una ricetta contro la crisi

La definisce «pizzeria atipica», la sua Tommy Pizza ad Abano Terme (Padova), Ruben Sarli, perchè anche se ci sono tavoli e sedie e lui sforna pizze tonde, calzoni e “baguette” (sempre fatte con la pasta da pizza, ma farcite e chiuse due volte, una prima della cottura e una dopo) che non esiteremmo a definire gourmet, l'ambiente e la formula sono quelli no frills tipici delle pizze a taglio o delle tavole calde: tovagliette di carta, posate di plastica e self service, per non incidere sui costi con voci come coperto e servizio.

Una “ricetta” piuttosto indovinata visto il difficile momento economico del Paese, che troppo spesso alla sostanza preferisce l’apparenza. Qui si usa impasto indiretto con biga con una lievitazione di minimo 16 ore, farine selezionate (sia per l'impasto tradizionale che per quello ai 5 cereali) e ingredienti scelti attentamente per le farciture, che sono tante e golose ma sempre equilibrate e attente alle stagioni. Per esempio, la baguette Estate con mozzarella di bufala, brie, pomodorini e bresaola aggiunta a fine cottura, o le pizze Tommy, che variano ogni settimana (anche se la Tommy 1 con pomodoro, pomodorini datterini in cottura e burrata e crudo di Parma a fine cottura è ormai fissa) come la nuova e freschissima Tommy3 con mozzarella in cottura e un'insalata di pomodorini datterini conditi basilico aggiunta fuori dal forno.

Che, per scelta, è elettrico: «Lavorando con Molino Quaglia, prima all'Università della Pizza e poi come docente e in occasione di diversi eventi, ho visto che il forno elettrico ha molti vantaggi, tra cui quello di una cottura uniforme, senza sbalzi di temperatura, e quello di non essere 'invasivo' dando alla pizza altri profumi: io voglio che si senta la pasta, con i suoi aromi e il suo sapore!». A Ruben, figlio di pizzaioli e panificatori e da sempre con le mani in pasta, resta un sogno da realizzare: aprire a Venezia un locale gemello del Tommy Pizza. Formula vincente non si tocca.
 

Claudia Tosello, un Arcobaleno di bontà

A proposito di pizzaiole donne, se qualcuno pensa che sia un lavoro poco conciliabile con la vita femminile, parli pure con Claudia Tosello, madre di due figli e titolare-pizzaiola-tuttofare della pizzeria Arcobaleno (via Santuario 188, +39.0426.504295) a Pettorazza Grimani, in provincia di Rovigo. «È vero che per una donna è difficile conciliare lavoro e famiglia, ma succede in tutti mestieri. Io ho lavorato per vent'anni in fabbrica – racconta Claudia, che da 3 anni ha aperto la sua pizzeria da asporto - e gli orari erano decisamente peggiori, ero fuori tutto il giorno, ma sono andata avanti comunque. Oggi arrivo in pizzeria nel primo pomeriggio e capita di restarci anche fino a mezzanotte, ma ogni tanto posso portare i miei figli con me; e poi vedere la gente che prima non mangiava la pizza tornare e dirmi che non ha avuto problemi a digerirla, per me è una grandissima soddisfazione».

Lei, che aveva già iniziato da qualche anno a lavorare in una pizzeria del paese, fa tutto, dall'impasto al forno a legna, e solo nel week-end c'è il fratello ad aiutarla. Ma a impastare e a stendere no, non si fida di nessuno. «Mi sembrano tutti troppo aggressivi, l'impasto va trattato con gentilezza». Per lei la svolta è arrivata grazie a un corso al Molino Quaglia, e a un articolo letto su una rivista «Prima non mi sentivo mai sicura, non sapevo se il giorno dopo l'impasto sarebbe venuto bene o meno e non capivo perché succedevano certe cose. Con il corso, e con il confronto con altri colleghi, ho imparato tantissimo». Oggi Claudia sperimenta anche più impasti, quasi sempre indiretti, da quello “standard” fatto maturare per 72 ore a quello integrale senza lievito, ottenuto con un procedimento simile all'idrolisi dell'amido presentata da Beniamino Bilali all'ultimo congresso di Identità Milano.

E visto che non si smette mai d'imparare, ha in progetto di seguire un corso sul lievito madre, con cui sta facendo i primi approcci. Intanto, si diverte a creare pizze sempre diverse che per la stagione estiva diventano fresche e leggere, tradendo un occhio tutto femminile alla linea e all'alimentazione: vedi la pizza estate con zucchine, pomodorini e carote cotte forno senza olio e con l'aggiunta di robiola all'uscita del forno, o quella integrale con mozzarella bufala e, a crudo, melone e prosciutto, un grande classico dell'estate servito sulla pizza.
 

Roberta Pezzella e la focaccia della Pergola

Un'altra donna dalle mani d'oro: Roberta Pezzella, 30 anni, si è diplomata al liceo artistico di Cassino ma poi ha deciso di seguire la sua passione per la cucina e, in particolare, per l'arte bianca. Una folgorazione tardiva – il primo corso al Gambero Rosso a 26 anni - ma intensa, che l'ha portata a bruciare le tappe e ad approdare in pochissimo tempo a traguardi importanti e a una delle cucine più blasonate d'Italia, quella della Pergola del Rome Cavalieri a Roma, con Heinz Beck. Nel mezzo, tanti corsi di perfezionamento, stage in tutta Italia, lavori nel settore della panificazione e interminabili prove “casalinghe”, per migliorarsi, sempre.

Con qualche nome importante a fare la differenza, a dare gli stimoli giusti e a contribuire a metterla sulla strada dell'arte bianca: prima Gabriele Bonci, che le ha fatto scoprire la poesia della panificazione e del lievito madre, poi Rolando Morandin (foto) da cui ha appreso tutti i segreti della lievitazione naturale anche in pasticceria, l'incontro con Beck, che l'ha scelta per la sua squadra e, ultimo ma non ultimo, il maestro panificatore Piergiorgio Giorilli, grazie al quale nel gennaio 2012 Roberta ha partecipato agli Europei di Panificazione e si appresta ad entrare nel Club Richemont Italia.

Ma torniamo alla Pergola: da quando, circa 2 anni fa, Roberta è entrata definitivamente nella brigata come responsabile della panificazione, ha rivoluzionato il cestino del pane puntando su farine pregiate e lievitazione naturale e impasti indiriretti. Dopo tante prove e una attenta selezione da parte dello chef Beck, adesso nel cestino della Pergola rientra – accanto a diversi panini, da quello integrale con semi di girasole e lino alla baguette – anche una fantastica focaccia “secondo Bonci”: farina bianca con una forza di w260 ad alto assorbimento, con altissima percentuale di idratazione (80%), quasi 24 ore di lievitazione e cottura al forno statico. Il risultato è una focaccia leggerissima e saporita, molto apprezzata da clienti e critici, che tra tutte le prelibatezze del menu della Pergola non mancano di notare anche il pane.
 

Il Viccio alla maniera cilentana di Anna

Il boccone della foto è chiamato viccio ed è figlio di una tradizione remota tuttora presente in certo Cilento, splendida e lunghissima (centinaia di chilometri di costa) porzione della provincia salernitana. In questo caso l’autrice è Anna Maio dell’agriturismo Anna dei Sapori di Castelnuovo, in pratica una cattedrale nel deserto. La cuoca è svelta a valorizzare gli scarti delle panelle di pane che faceva la mamma. L’impasto è quindi di farina, acqua e lievito madre («criscito», in dialetto cilentano) e la frazione non utilizzata per il pane viene fritta nell’olio e poi arricchita da una cucchiaiata di salsa di pomodoro (San Marzano, considerato il territorio). Un bell'ariete per spalancare un bel pasto, principalmente di terra (ci torneremo).