Wine Tip

Signature Kitchen Suite

Gentile {NOMEUTENTE}
Tre giorni, ho appena lasciato alle spalle tre giornate intense nelle Fiandre per visitare ristoranti e conoscere cuochi in vista dell’edizione 2013 di Identità Milano a metà febbraio. Mi ha impressionato, a livello di cantine e di vini, vedere nelle carte degli stellati anche prodotti belgi, il regno della birra che comincia a vinificare. Non so quando mai i produttori di lassù riusciranno a convincere la gente a bere seriamente belga, con tutte le grandi realtà confinanti alle quali attingere, però intanto il Belgio si è messo in moto.

Secondo stupore proprio ieri a pranzo in un locale di Anversa dove mi è stato offerto del vino analcolico. Ho un vago ricordo di spremute improbabili e improponibili a metà anni Novanta in Norvegia, echi che non ho voluto aggiornare perché non ero nello spirito di fare da cavia. E poi nemmeno un bicchiere di vino autentico perché avrei dovuto guidare.

Terzo e ultimo appunto: a livello di bollicine, il 99% delle etichette sono francesi e quando non lo sono ecco spuntare il Cava, no Prosecco, no Metodo Classico. Davvero preoccupante anche perché a livello di vini fermi l’Italia c’è.
Paolo Marchi
 

Mauro Mattei the best: ricerca e racconto

Il trofeo di Miglior sommelier IG 2013 Mauro Mattei, classe 1977, inizia ad alzarlo a 6 anni a Olevano Romano, periferia capitolina orientale. Gira sempre con una fetta di pane in tasca per rigare l’interno dei pentoloni degli arrosti monstre che preparano i nonni, ristoratori della gloriosa Locanda Roma, chiusa nell’85 dopo aver sfamato nel secolo i D’Annunzio, i Marinetti e tanti scarabocchiatori anonimi.

La vena artistica ingrossa di riflesso nell'adolescenza di Mauro: studente di liceo classico, amante del buon scrivere, si iscrive a Lettere, facoltà abbandonata «che ancora oggi mia mamma mi rincorre con la lista degli esami da fare». Quelli dell’Ais li supera con brillantezza negli anni in cui tante carte dei vini iniziano a vedere l'invasione di referenze di suffisso –aia: Sassicaia, Ornellaia… Nel 2000, la svolta: incontra il manager da ristorazione Dario Laurenzi e scalpella la cantina del locale polifunzionale Gusto con 1.800 etichette: «Allora avevamo praterie sconfinate davanti», sospira.

Dopo l’Osteria della Freccia, cichetteria con bar-à-fromage alla romana, lo chiama il Gambero Rosso Holding a gestire il reparto vino della Città del Gusto. Gestione, formazione e scrittura finché non varca per la prima volta la porta di un gourmet: la Gazza Ladra di Accursio Craparo giù a Modica, Ragusa, periodo 2008-2010, l’anno in cui i Ceretto lo chiamano al Piazza Duomo d’Alba, un due stelle nel ventre del nebbiolo.

«La proprietà è illuminata: non m’impongono nulla», dice oggi. La libertà di scelta declina in un approccio no guru no idols, una carta dei vini democratica «e orizzontale», frutto di «ricerca e racconto», che si esprime in una sinfonia tenue, che asseconda le esplosioni baritonali di Enrico Crippa, il creativissimo cuoco. A scorrere i pdf della carta vini spiccano in cima i percorsi “Solo Piemonte”: nessuna etichetta è menzionata perché, se il tavolo concede spesso carta bianca allo chef, perché al sommelier no?

Fidatevi allora del Mattei, che disegnerà i suoi degustazione, frutto di lunghi screening vitati, con «meno Krug e Romanée Conti e più Timorasso. Calici riempiti da persone, territori, microaree». Degustazioni taylor-made che calzano una meraviglia prima di tutto al cuoco. Riflessi non solo del territorio che l’ha adottato: «Sono un ultras della Borgogna, della Champagne e della Mosella. I grandi Chenin Blanc e i Riesling mi mandano fuori di testa. Ma succede anche con certi Verdicchio o Fiano». Quando si ripiglia, ne scrive liricamente sul blog Intravino.
Gabriele Zanatta
 

Il Vino Libero di Oscar Farinetti

A metà settembre, il patron di Eataly Oscar Farinetti ha presentato nel suo super-store capitolino un progetto che, in poco più di due settimane, ha già fatto parlare molto. Si chiama Vino Libero ed è un’iniziativa che mira a unire vignaioli che vogliono sgombrare il loro enocosmo da 3 elementi: 1. i concimi chimici: «Vogliamo solo usare merda», ha spiegato Farinetti con un lessico colorito e incisivo, «ma quella vera, non quella delle mucche che hanno mangiato schifezze» 2. gli erbicidi: «Noi zappiamo sempre, anche con le macchine» 3. l’eccesso di solfiti: «Per ora ne aggiungiamo il 40% in meno della soglia massima prevista dalla legge. Entro il 2013 vogliamo arrivare al 50%, nel 2014 al 60% e nel 2015 al 75%, il traguardo perfetto. Ma al prossimo Vinitaly, 7-10 aprile, porteremo già due vini con zero solfiti. Abbiamo fatto un lavoro pazzesco».

Vino Libero raggruppa nella sua fase embrionale 12 cantine di 7 regioni d'Italia: Fontanafredda, Casa E di Mirafiore, Borgogno, Santa Vittoria, Brandini, San Romano, Monterossa, Serafini & Vidotto, Le Vigne di Zamò, Fulvia Tombolini, Agricola del Sole, Calatrasi & Miccichè. «Per ora, 180 ettari vitati per un totale potenziale di 1 milione di bottiglie». Ma il progetto mira a raggiungere «400 luoghi di vendita, 600 punti di ristoro e 100mila clienti. Una rete non a compartimenti stagni ma in cui produttori, fornitori e consumatori possono dialogare senza filtro alcuno». Non è stata una conferenza stampa canonica né a considerare i contenuti, né lo stile dell’oratore, un vero fiume in piena, tracimato in un’arringa appassionata, mirata a scuotere le coscienze burocratizzate del mondo del vino.

I fornitori, in particolare, vogliono essere in tutto 1.000, «un numero chiuso raggiunto il quale ci fermiamo: chi c’è, c’è». Ottenuto il quorum, ci racconterà a microfoni spenti Oscar Farinetti, tra pochi giorni padrone di casa di Identità New York nell’Eataly della Grande Mela, «potremo pensare al mercato americano, che tuttavia risponde a logiche tutte sue, in primis quella dei prezzi, più elevati». Per leggere i passaggi più salienti della conferenza stampa, clicca qui.
 

Identità NY: grandi vini per grandi cuochi

Identità New York, 12-14 ottobre: con i grandi cuochi sono schierati vignaioli emozionanti. A partire dai padroni di casa, i friulani Bastianich, che coi piemontesi di Fontanafredda allieteranno i piatti delle lezioni di Alain Ducasse e Massimo Bottura e le due cene in Birreria di Eataly. Come l’anno scorso, ci sarà la celebre famiglia dell’Amarone, gli Allegrini, ambasciatori di passione, rispetto per il territorio, qualità assoluta: se Valpolicella e Soave saranno abbinati alle lezioni di White e Cracco, il re Amarone verrà con l’agnello di Pino Lavarra. La Poja 2007 sarà servito con il piatto di Massimo Bottura per la cena di venerdì sera e il Vermentino Solosole 2011 della loro tenuta toscana Poggio al Tesoro abbinato al piatto di Apreda per la cena del giorno seguente.

Restiamo in Veneto per l’itinerario spumeggiante di Mionetto e i suoi splendidi prosecchi: accompagneranno lezioni e aperitivo inaugurale della prima cena in Birreria oltre a essere il Prosecco di benvenuto nel menu di ottobre del ristorante La Piazza di Eataly. Scendiamo al sud per ufficializzare che l’olio di Identità NY 2012 è quello prodotto dalla famiglia Ceraudo di Strongoli Marina, località del crotonese. Si potrà degustare nello store di Eataly e accompagnerà con una bruschetta di pane gli aperitivi delle due cene in Birreria. Il loro Gaglioppo Rosè Grayasusi etichetta argento sarà abbinato al piatto creativo di Scabin con pasta Felicetti mentre il Petraro 2007 servito alla cena di sabato 13 con il pesce di Antonio Guida.

Ancora bollicine lombarde della storica casa franciacortina Guido Berlucchi che presenterà un calice di benvenuto alle lezioni con il Franciacorta 61 Rosè. Lo ritroveremo con un insolito ed elegante abbinamento al dolce di Fortunato Nicotra per la cena di sabato. Quest’anno ci sarà il Gruppo Italiano Vini con le cantine Bolla e Fontana Candida e i loro vini veneti e laziali. Bolla, 125 anni di storia tramandata in quattro generazioni, ci presenterà il Valpolicella Superiore Ripasso “Le Poiane” 2009 con il piatto di Francesco Apreda nella lezione di domenica 14 mentre il loro Amarone si abbinerà, nella cena di sabato, al piatto di Pino Lavarra. Il Frascati doc Luna Mater 2010 sarà servito alle lezioni di Antonio Guida e in abbinamento al piatto Batali/Ladner della cena di venerdì sera.

Last but not the least, i grandi distillati della Bonaventura Maschio con le loro acqueviti Primeuve e il Pratum, l’amaro dai prati stabili, che si degusteranno nell’enoteca di Eataly e serviti in chiusura dei menu delle due cene in Birreria.
Cinzia Benzi
 

La 50best dei mammasantissima

La foto accanto ritrae, microfono in mano, il sommelier Luca Gardini con Mario Scarponi de La Madonnina del Pescatore di Senigallia, premiato nell'occasione come miglior collega d’Italia. È stata scattata il giorno della prima edizione del Best Italian Wine Awards, i 50 migliori vini d’Italia. A metterli tutti in fila, con l’ex iridato Gardini e il coideatore dell’evento Andrea Grignaffini (direttore di Spirito di Vino), una schiera di mammasantissima dell’eno-critica nazionale e internazionale: Daniele Cernilli, Enzo Vizzari, Pierluigi Gorgoni, Raoul Salama e Tim Atkin. Palati di formazioni e idee diverse, un’eterogeneità di orizzonti che avvalora il risultato finale.

Certo, come in ogni classifica è impossibile che tutti siano d’accordo sulla distribuzione del podio finale (non lo erano nemmeno gli stessi giurati): per la cronaca, primo posto al Trebbiano d’Abruzzo 2007 di Valentini, secondo il Barolo Riserva Monprivato Ca d’Morissio 2004 di Giuseppe Mascarello e figlio, terzo il Sassicaia 2009 della Tenuta San Guido (la lista esatta con tutti gli altri 47 si legge qui). Ma come si fa a discutere la grandezza dei produttori? Semmai, per capire ancora meglio i valori assoluti, sarebbe stato bello trovare nei 50 un vignaiolo citato con due etichette diverse, che magari, per dire, per lo stesso panel la Barbera d’Alba superiore Codana di Mascarello era meglio del Primitivo di Manduria di Gianfranco Fino, ultimo della lista.

Ma le 50 bottiglie di 50 vignaioli diversi offrono uno spaccato fedele dell’enomondo italiano. Più che chi-occupa-quale-posto è bello studiarsi i pesi regionali: vincono naturalmente Toscana (13 presenze) e Piemonte (12, di cui 8 barolo); escono bene Friuli (5), Campania (4) e Lombardia (4, di cui 3 Franciacorta). Poi Le Marche (3), Puglia (2 primitivi, nelle ultime posizioni), Sicilia (2) e Veneto (2 Amaroni nei primi 13 posti). Una sola referenza per Abruzzo (che però ha il primo posto di Valentini), Trentino (la Riserva del Fondatore 2011 Giulio Ferrari, prima bollicina in classifica) ed Emilia-Romagna (il grande Albana Passito Scaccomatto di Fattoria Zerbina). Sorprendono gli zero di Alto Adige, Umbria e Sardegna.
GZ
 

NPU, Paillard tra utopia e follia

Che pranzo speciale l’altro giorno al Trussardi alla Scala di Luigi Taglienti, cuoco a supporto di una verticale lunare di champagne. A disporre del contenuto nei calici, monsieur Bruno Paillard da Reims, elegante metonimia di una maison giovane (1981) ma già super-cult per la sua capacità di sbattersene del mainstream.

Era soprattutto l’anteprima mondiale del N.P.U. 1999, il nec plus ultra della gamma Paillard, «più che una bollicina, una follia», ha esordito calice in mano lo stesso BP, «perché stappare un vino 13 anni dopo la vendemmia, di questi tempi è una pazzia». Fa onore all’uomo l'aver cercato e trovato il luogo fisico a un’utopia. Lo champagne migliore possibile, prodotto solo di annate fuori dal comune (1990 il primo esemplare, poi 1995, 1996 e proprio il 1999), da uve solo Grand Cru (appellativo dei 17 villaggi più vocati della regione, su 320) e solo di prima spremitura, fermentazione in piccole botti di quercia e un élevage in cantina che quasi ci si dimentica di averlo.

Il risultato è tutto in questo splendido chardonnay-pinot nero, un extrabrut di fatto (4-5 g/l), che si esprime con un oro profondo, subito liberato a naso e palato in aromi di frutta matura, pan di spezie e un legno più importante dei fratelli maggiori (fratelli di sangue ma non di carattere). I quali, va aggiunto, esibiscono un nerbo che gli anni tonificano: la superba complessità via via meno timida del 95, la potenza acida del 96 e la prospettica classicità del 90, primo padre di ogni utopia reale. In Italia li distribuisce Cuzziol.
GZ
 

Osf, vini solidali per San Francesco

Il titolo della locandina che promuove questa importante iniziativa benefica esprime al meglio l’invito che Opera San Francesco per i poveri di Milano fa a tutti noi. Ottimo suggerimento per mettere in agenda il pranzo di domenica 21 ottobre in viale Piave 2. Un menu straordinario creato da grandi cuochi il cui ricavato andrà a sostenere le attività relative alla mensa di poveri. Si partecipa donando almeno 100 Euro a persona e per prenotare occorre telefonare al numero +39.02.49455885.

Piatti straordinari per iniziare il pranzo: dai Mondeghili di sanato alla milanese, cartoccio di pelli di patate e peperoni in polvere, carne cruda di fassona al coltello in cucchiaio di cipolla e terra d’olive, ganascino di vitello bollito con sale affumicato e salsa verde e un pane raffermo con latte cagliato, rapa rossa alle spezie e pancetta croccante. La carrellata di questi assaggi creati da Cesare Battisti del Ratanà di Milano e i mitici macellai dell’Annunciata sarà abbinata alle bollicine di Prosecco Brut Millesimato 2011 di Tenuta Sant’Anna e al Trento Doc Altemasi Cavit 2008. L’antipasto di pesce di Marcello Leoni e Valentina Tepedino: Alici gratinate in salsa di carote e cialda ai porri e tartufi e pomodori confit saranno accostate all’eccellente selezione dei vini selezionati da Ersa Friuli e il Friulano 2011 di Torre Rosazza.

Il passaggio alla splendida Zuppa Etrusca di Aimo e Nadia Moroni e la nuova generazione Al Luogo con Stefania Moroni, Fabio Pisani e Alessandro Negrini vedrà nei calici il Müller Thurgau doc Bottega Vinai 2011 di Cavit. La famiglia Cecchi offrirà il loro Chianti Foriero docg 2010 abbinato al piatto dei fratelli Cerea: carne di manzo stufata al valcalepio e polenta bergamasca, un insolito matrimonio enoico, tosco lombardo, ben equilibrato dall’elegante struttura di questo vino rosso. Per finire bollicine piemontesi di casa Gancia con la Cuvée 36 Altalanga Millesimato 2007 e il dolce di Viviana Varese: Mostacciolo con gelato alle spezie. Prenotatevi numerosi per celebrare assieme il gusto della solidarietà.
CB
 

Il Merano Wine Festival scalda i motori

Wine-lover, attenti: dal 9 al 12 novembre è di scena la XXI edizione del Merano WineFestival, evento che ogni anno arruola i migliori vini del mondo e mette in fila degustazioni uniche nel loro genere. La particolarità di quest’anno è il risvolto solidale di tutte le degustazioni: l’intero ricavato della vendita dei biglietti sarà devoluto alle vittime del terremoto de L’Aquila e dell’Emilia, un gesto significativo e fortemente voluto da Helmuth Köcher, fondatore del festival meranese e ideatore con Identità Golose del Milano Food&Wine Festival, prossima edizione 9-11 febbraio.

Il programma vinicolo del Festival meranese è più ricco che mai e degno di gran nota: tra sabato 10 e lunedì 12 sono 12 le degustazioni in scaletta, e tutte coordinate da Ian Domenico D’Agata, responsabile per l’Italia dell’International Wine Cellar di Stephen Tanzer. Si parla di grappe di Nonino Distillatori non ancora in vendita ma appositamente estratte dalle cantine, una verticale di Masseto nelle annate 1995-1998-2001-2002-2006-2007-2008-2009 guidata da Luca Gardini, un'altra verticale in prima mondiale di Amarone Romano Dal Forno (1990-1993-1996-2000-2003) con presente lo stesso Dal Forno e una di Magnum Giulio Ferrari a partire dal 1987 guidata dalla famiglia Lunelli.

Ma non si parlerà di solo vino: alla GourmetArena 13 grandi chef – da Alfio Ghezzi a Tomaž Kavcic - ruoteranno attorno al tema dell'ecosostenibilità, preparando i loro piatti con il supporto dell'Arca di Inoxpiù; lo spazio Culinaria presenterà più di 100 artigiani del gusto e per il dopo festival si potrà contare sulle cene organizzate nei ristoranti locali del Fuori Festival.
Giulia Corradetti
 

Roma caput champagne

Nonostante il crescente successo – e gli ottimi livelli – della produzione di Franciacorta, gli italiani restano grandi amanti dello champagne e si lasciano sedurre sempre con piacere dal perlage delle Maison più rinomate d'Oltralpe. In particolare, in Italia sono molto apprezzati i millesimati, vini di particolare pregio ottenuti da uve di una sola vendemmia, e le cuvée speciali, il top di gamma di ogni produttore. I più smaliziati preferiscono invece andare alla scoperta dei piccoli vignerons recoltants che coltivano in proprio le uve usate per produrre piccole quantità di champagne che si rivelano spesso eccezionali e a prezzi più abbordabili, a patto di sapere bene come scegliere.

Che si tratti di piccoli o grandi marchi, con 7,6 milioni di bottiglie distribuite sul mercato italiano nel 2011 (+6,3% rispetto al 2010, e con valori pressoché stabili per il 2012) l’Italia rappresenta per lo champagne il sesto mercato a volume per le esportazioni, seguendo di poche posizioni il Regno Unito (in cima alla lista degli appassionati di champagne con 34,5 milioni di bottiglie), gli Stati Uniti e la Germania.

Per gli amanti delle bollicine francesi, lo scorso 2 ottobre il Paradiso era dunque racchiuso nelle belle sale del Complesso Monumentale Santo Spirito in Sassia - a cui si accede varcando uno splendido portale in marmo quattrocentesco detto appunto “del Paradiso” - che hanno ospitato la Giornata Champagne organizzata dal Bureau Champagne in Italia, rappresentante italiano del Comité Champagne - l’organismo che riunisce tutte le Maison e i viticoltori della Champagne – con sede a Epernay, uno dei più rinomati centri di produzione della regione.

La più grande degustazione di champagne in Italia - seconda al mondo solo a quella che si tiene a Londra – ha permesso ai numerosi sommelier, ristoratori e giornalisti invitati di assaggiare 190 cuvée di 64 maison e vigneron, rappresentati dai rispettivi importatori, ognuno dei quali ha presentato un brut sans année, un millesimato e un rosé, altra tipologia molto amata dagli Italiani.
Luciana Squadrilli
 

A Milano, la meglio produzione d'Abruzzo

Lo scorso 24 settembre, negli spazi meneghini del Museo dei Navigli, 35 produttori vinicoli del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo hanno incontrato oltre 160 ospiti tra giornalisti, ristoratori, proprietari di wine bar ed enoteche del Milanese. L'occasione? Un pranzo placé organizzato dal Movimento Turismo del Vino d’Abruzzo insieme al webmagazine Milanodabere.it.

Il menu è stato studiato e preparato da Claudio Sadler, che ha appositamente voluto reinterpretare alcune ricette lombarde abbinabili alla produzione vitivinicola abruzzese. Questa le sequenza del pasto: Terrina di lombi di coniglio con insalata di funghi porcini e raspadüra; Risotto con zucca, crema di Gorgonzola e spinaci; Guancia di vitello cotta a bassa temperatura con purea di sedano rapa e tartufo nero e Budino di uva fragola con crema allo yogurt e sbrisolona.

Le etichette in assaggio? Ben 70, tutte rigorosamente numerate e da scegliere a proprio piacere, in relazione alle portate servite. A ogni desco, c'era un sommelier Ais pronto a esaudire e assistere le richieste dei presenti. In degustazione, i bianchi autoctoni Cococciola, Pecorino e Passerina – oggi molto di moda – ma anche il classico Trebbiano D’Abruzzo Doc e la piccola doc Tullum. E ancora, i rossi a base Montepulciano (Colline Teramane Docg e Montepulciano d’Abruzzo Doc) oltre al rosato Cerasuolo d’Abruzzo Doc. Interessante la presenza di vini da agricoltura biologica e biodinamica, sempre più richiesti sulle tavole italiane.
Mirta Oregna