Gentile {NOMEUTENTE}
Trovo belle e interessanti le riflessioni qui sotto di Piero Gabrieli che partono da una constatazione: “Ci sono due modi di mangiare la pizza: con la fantasia o con il gusto”. Il più diffuso è il primo che, come tale, è anche il più vecchio e il più facile da evocare quando viene servita una pizza che non rientra nella sfera del noto, e molto probabilmente ci obbliga a pensare per capirla.

Mi viene subito in mente l’editoriale del direttore della Stampa Mario Calabresi dopo l’eurosconfitta con la Spagna a calcio: “Non solo siamo «un Paese vecchio, con idee vecchie», come ha detto Cesare Prandelli ieri mattina, ma siamo anche tanto affezionati al mondo che abbiamo dietro alle spalle da spendere la maggior parte del nostro tempo nel rimpianto invece che nella voglia di futuro e di cambiamento”.

Vale in tanti campi, in pratica tutti, a iniziare dalla politica per arrivare alla cucina dove troppi vivono con lo sguardo perennemente rivolto all’indietro, a misurare il tasso di tradizione di una ricetta, come se i piatti che oggi consideriamo le nostre glorie nazionali non fossero figli di chissà quante intuizioni e novità e siano sempre esistiti uguali nei secoli. Errore, però è comodo vivere di nostalgie. Capire le novità invece, dialogare con i giovani richiede uno sforzo maggiore e magari va a finire che hanno ragione gli altri, i nuovi e uno non può più vivere di rendita. Purtroppo (e per fortuna) il mondo va avanti a prescindere da tutto.
Paolo Marchi

Testi di Luciana Squadrilli
 

Verità nascoste e falsi miti

Ci sono due modi di mangiare la pizza: con la fantasia o con il gusto. Il primo dei due è certamente il più diffuso, sia in Italia sia all'estero, perché le storie attorno alla pizza suscitano emozioni capaci di offuscare il senso del giudizio su ciò che è nel piatto. Le storie sulla pizza hanno costruito la storia della pizza, che con il tempo è diventata l'abito appariscente di un alimento impoverito nei contenuti nutrizionali e imbastardito nel gusto.

Le immagini di un'Italia che cresceva nel secondo Dopoguerra, associate anche alla pizza, hanno contribuito in modo determinante a costruire il culto della pizza, al punto che pizza è di per sé sinonimo di italianità. Purtroppo, e da lungo tempo, a prescindere da come è preparata. L'accoppiata pizza-personaggio famoso (attori del cinema e del teatro, personaggi politici, scrittori, eccetera) è spesso parametro di qualità più forte della qualità degli ingredienti utilizzati dal pizzaiolo. Prova ne è che anche oggi emergono pizzaioli di ultima generazione a caccia di scatti con personaggi di grido piuttosto che di ingredienti di valore per il piatto che servono ogni giorno nel loro locale.

Per fortuna (ma sappiamo tutti che la fortuna da sola non giustifica i grandi cambiamenti, come possono confermare i tanti pizzaioli che hanno costruito la loro attuale professionalità frequentando l'Università della Pizza) da un po’ di tempo vengono alla ribalta sempre più professionisti del forno e degli impasti che hanno riportato la pizza all'attenzione dei buongustai. Realizzando ricette con la meticolosità del cuoco, combinando una base ben lievitata e ben cotta dal gradevole profumo di grano (vedi per esempio le grandi innovazioni in pizzeria legate all'uso del lievito madre e della farina Petra, foto di Thorsten Stobbe) con ingredienti freschi e selezionatissimi, valorizzando il territorio con il rispetto della stagionalità.

Da questa corrente di novità è nata la figura del pizzaiolo contemporaneo, a cavallo tra il cuoco e il fornaio, capace di emozionare con il gusto e non solo con la fantasia, consapevole che una pizza d'eccellenza sana e gustosa può aprire le porte della buona cucina a sempre più consumatori che vogliono mangiare bene a prezzi ragionevoli.
Piero Gabrieli
 

PIZZE DA CHEF 1/ Per la Marziale è al rovescio

Ambasciatrice della Mozzarella di Bufala Dop (e campana Doc) Rosanna Marziale – chef-patronne delle Colonne di Caserta - non poteva mancare la sfida con la pizza, inserendola nel suo menu in maniera decisamente orginale e lasciando la parte da protagonista appunto al latticino.

La sua “pizza al rovescio” è una pizza di mozzarella ottenuta da una mozzarellona da 1 kg. Rosanna ne taglia una fetta che, perfettamente tonda, diventa la base per la “pizza”. Il cornicione è ottenuto riscaldando altra mozzarella al microonde, per riportarla ad una consistenza lavorabile come durante la filatura, in cui inserisce dei cubetti di pane. Perfino l'effetto “leopardato” è riprodotto alla perfezione, lavorando di cannello per ricreare le “bruciacchiature” tipiche della pizza e anche per far attaccare meglio il cornicione alla base.

Gli altri ingredienti? Quelli classici di una (super) margherita: pomodoro San Marzano al centro, olio extravergine di oliva, crostini di pane sbriciolati (per apportare la giusta di dose di carboidrati, immancabili in una pizza!) e basilico n'copp. «Come per una vera pizza – puntualizza la cuoca – va mangiata appena fatta».
 

PIZZE DA CHEF 2/ La metamorfosi di Scarallo

Altro chef campano, altra interpretazione della pizza, questa volta servita in bicchiere – anzi, più precisamente in una coppa Martini - come aperitivo o benvenuto prima di passare ai piatti del menu. È la “metamorfosi di pizza” - solo una delle trasmutazioni di ricette e prodotti tipici della tradizione napoletana rivisti da Lino Scarallo, chef del Palazzo Petrucci, vedi anche la metamorfosi di rococò o la stratificazione di pastiera – creata nel 2002 e riproposta di recente per la della manifestazione Wine&TheCity, il Fuori Salone di Vitigno Italia.

In occasione dell'evento, prima dell'apertura serale Palazzo Petrucci ha offerto ai partecipanti un aperitivo a base di vino o prosecco accompagnato da questa insolita rivisitazione “fluida” della pizza: salsa di pomodoro nature, senza addensanti di alcun genere, crema di mozzarella (quasi una fonduta), salsa e foglie di basilico e sopra delle “palline” di pasta da pizza a lievitazione naturale, cotte in forno ad alta temperatura per ricreare l'effetto “bruciacchiato” del cornicione nella consistenza e nel profumo. «È un piatto quasi da bere – dice lo chef – ma prendendo tutti gli ingredienti è come se si mangiasse un boccone di pizza».
 

PIZZE DA CHEF 3/ Guida e la margherita dolce

Terza e ultima interpretazione della pizza a opera di una chef campano, questa volta in chiave (poco) dolce. Fedele alla sua filosofia di cucina che attinge senza remore dalla tradizione – quella campana in generale e quella di famiglia, a cominciare dal patrimonio di ricette e conoscenze tramandategli dalla mamma – lo chef Peppe Guida non poteva ignorare la pizza.

Nel menu dell'Antica Osteria Nonna Rosa però la ritroviamo nella carta dei dessert, sotto forma di Omaggio alla Pizza Napoletana. La divertente reinterpretazione del famoso disco di pasta – che lo chef ha in carta da diversi anni anche se viene apprezzata più da critici e giornalisti che dai clienti “normali”, poco inclini alle sperimentazioni - nei riprende aspetto e ingredienti: alla base una frolla bretone sablée, golosa e burrosa come si deve, appena salata e farcita con uno strato sottile di ricotta di pecora poco zuccherata, quenelle di gelato al fiordilatte, pomodori canditi (in questo periodo, i saporiti ciliegini che crescono nell'orto di Peppe), foglioline di basilico, olio extravergine (anche questo proveniente da un oliveto locale appena rilevato dallo chef) e scaglie di sale Maldon.

Se vi abbiamo fatto venire voglia di assaggiarlo, dovrete aspettare la riapertura del Nonna Rosa a metà settembre. Per l'estate Guida e il suo staff si sono trasferiti di qualche centinaio di metri, alle terrazze dell'hotel Scrajo Terme, dove propongono una cucina volutamente semplice e tradizionale.
 

Premio Grand Cru: la birra nella pizza

Cresce l’attenzione del mondo dell’enogastronomia verso la pizza d’autore. Testimone ne è l’apertura del Premio Birra Moretti Grand Cru, giunto quest’anno alla sua seconda edizione. Già nella passata edizione, era stata presentata da Angelica Galon di Saporé a San Martino Buon Albergo, Verona, una pizza bianca in versione kebab, farcita con pollo arrosto e salsa Birra Moretti Grand Cru.

Il concorso, di cui troverete regolamento e scadenze sul nostro sito, parte quest’anno con una marcia in più annoverando tra i giurati lo chef-pizzaiolo, Simone Padoan. Il patron de I Tigli di San Bonifacio (Verona) è il testimone perfetto di come la birra possa diventare un vero ingrediente e non solo un’ottima bevanda di accompagnamento. Anzi, lo stesso Padoan consiglia ai candidati di scegliere quella tipologia di birra che meglio si sposa coi propri gusti personali, esattamente come ha fatto nella sua Focaccia al Pepe Bianco della foto.

Nel suo caso, la scelta era ricaduta su una Grand Cru, una gustosa versione dolce dell’abbinamento pizza e birra, presentata nel corso del congresso di Identità Milano 2011. Anche il cuoco-pizzaiolo veronese confida che siano tanti i colleghi under 35 a rispondere alla sfida lanciata dal concorso. Per superare la prima necessaria eliminatoria, c’è tempo fino al 20 luglio. Buona fortuna.
 

Una pizza per ricominciare

La speranza di un futuro diverso una volta fuori dal carcere, la conoscenza di un mestiere solitamente maschile per ricominciare: la pizza sa essere anche questo. Tra le diverse iniziative per il recupero e il reintegro delle detenute, la Casa Circondariale Femminile di Pozzuoli (Napoli) ha ospitato nei mesi scorsi anche un corso di pizza, coordinato dall’Area Educativa dell’istituto e tenuto a rotazione da protagonisti della pizza napoletana: Gino Sorbillo, Enzo Coccia e Attilio Bachetti della pizzeria Da Attilio di via Pignasecca 17 a Napoli, +39.081.5520479 (gli ultimi due nella foto di Positano News).

Le 12 allieve hanno affrontato tutti i temi e le fasi della preparazione di una pizza, dall'impasto al forno, dalla selezione degli ingredienti alla frittura perfetta, scoprendo un mestiere duro ma affascinante. Per qualcuna è nata una passione che forse un giorno si potrà trasformare in un lavoro, e in una nuova vita. Il corso ha potuto contare sul contributo della dottoressa Adriana Tocco, Garante dei Detenuti presso il consiglio regionale della Campania con il progetto Carcere Amico e dell'associazione Il Carcere Possibile onlus - che con una raccolta fondi hanno permesso l'acquisto di un forno realizzato da Stefano Ferrara – e di diversi sponsor che hanno fornito le materie prime, Consorzio della Mozzarella di Bufala Campana Dop incluso.

Iniziato il 7 maggio, il corso si è concluso il 15 giugno con un'insolita conferenza stampa all'interno del carcere e con la consegna dei diplomi, seguita da numerosi assaggi ad opera delle novelle pizzaiole.
 

Ingredienti: si fa presto a dire pomodoro

Il pomodoro è uno degli ingredienti principali della pizza, con buona pace degli amanti delle “bianche”. Ma c'è pomodoro e pomodoro, e la scelta sbagliata – troppo acido, troppo dolce, poco saporito... - può decisamente compromettere il risultato finale.

Quasi all'unanimità, i migliori pizzaioli d'Italia scelgono di fare la loro “spesa rossa” in Campania, affidandosi a piccole aziende familiari, cooperative di fiducia o alla garanzia della Dop, come nel caso dei pomodori San Marzano (foto sopra, tutelati da un apposito consorzio) per esempio quelli della DaniCoop, società cooperativa con sede a Sarno (Salerno) che raccoglie oltre 100 soci votati principalmente alla coltivazione del San Marzano Dop, anche presidio Slow Food, e che propone anche interessanti food tour alla scoperta delle “Strade del San Marzano”. Qualcuno predilige i pomodori del piennolo che crescono sulle pendici del Vesuvio (tra i più rinomati quelli di Casa Barone).

C'è poi chi preferisce i Corbarini dei Monti Lattari, i piccoli e saporiti pomodorini a forma di lampadina che prendendono il sapore iodato del mare e chi per alcune pizze sceglie cultivar più particolari provenienti da altre regioni, come i pomodori Fiaschetti di Torre Guaceto in Puglia (altro presidio Slow Food) utilizzati al Berberé da Beniamino Bilali e Matteo Aloe per accompagnare fiordilatte, capperi di Salina, pepe, origano e basilico in una delle pizze nel menu dell'estate 2012. Scelta “autarchica” infine per Marzia Buzzanca da Percorsi di Gusto, che per le sue pizze spesso a km zero sceglie i pomodori e le conserve di Dora Sarchese, azienda agricola al femminile di Ortona, in Abruzzo.
 

La lasagna di pizza di Stefano Callegari

Spesso le idee migliori – per lo meno in cucina – nascono da errori, dimenticanze o semplici casualità. È andata pressappoco così anche per la “lasagna di pizza” creata da Stefano Callegari, già artefice di alcune delle migliori pizze della “scuola romana” da Sforno e Tonda, nonchè dei mitici trapizzini di cui abbiamo già parlato.

«Stando al forno mi sono accorto che le pizze 'scartate' perché magari troppo cotte o bucate a causa dell'impasto troppo morbido, che accumulavamo una sull'altra accanto al forno, quando andavamo a prenderle a fine serata erano ancora calde, e nella parte centrale l'impasto era diventato cremoso, quasi burroso, per effetto del vapore. Proprio l'umidità che cerchiamo in ogni modo di eliminare dalle pizze “buone”, facendole sostare per qualche minuto su una griglia appena uscite dal forno (un segreto che ho appreso dal mio passato da panificatore, da giovane) dava questo risultato interessante. Così ho iniziato a ragionarci su e a fare delle prove».

Il risultato è una super-pizza formata da 4 o 5 pizze (possibilmente Margherita, ma viene bene anche con versioni a base di ingredienti “morbidi” come la ricotta o il prosciutto cotto, che richiamano la lasagna di pasta), alta e compatta ma morbidissima – solo la parte più esterna, quella del cornicione, viene penalizzata – che Stefano serve a spicchi o anche a quadrotti, belli pure da vedere. Naturalmente, per motivi “tecnici” la lasagna di pizza non è abitualmente in menu ma dev'essere ordinata in anticipo. E bisogna rassegnarsi a mangiarne solo “uno spicchio” che vale quanto una pizza intera!
 

La pizza che non troverete mai al Reale. Forse

La migliore pizza in teglia a sud di Roma? La trovate a Castel di Sangro, e più precisamente al Casadonna. Non sui tavoli del Reale – dove comunque, grazie alla sempre più travolgente passione di Niko Romito e del suo pasticcere/panificatore Adriano Del Mastro per i lievitati, arrivano in tavola pani e focacce da sballo – ma servita durante le serate e gli eventi ospitati dalla bellissima struttura che per l'estate apre la sua terrazza anche per serate “easy”.

Noi l'abbiamo assaggiata la termine della cena di apertura del Consiglio Nazionale di Slow Food e nonostante arrivasse dopo un menu con i grandi classici dello chef e le immancabili (e squisite) bombe fritte di Niko, è stata presa d'assalto. Lievito madre “home made” e una perfetta maturazione erano alla base di un impasto perfettamente fragrante, gustoso e leggero. Condimenti semplici ma golosi – pomodoro e mozzarella, pomodoro e alici o una grande mortadella – hanno fatto il resto. Ci sarebbe quasi da sperare di veder comparire prima o poi la pizza nel menu del Reale, tra un Assoluto di cipolla e un Agnello....
 

Il campione olimpico dei pizzaioli è giapponese

Non abbiamo preso un abbaglio: sappiamo bene che i XXX Giochi Olimpici Estivi prenderanno il via a Londra il 27 luglio. Ma in questo caso parliamo delle Olimpiadi della Verace Pizza Napoletana, organizzate dall'omonima associazione, che si sono appena svolte a Napoli, dal 3 al 5 luglio, presso la Città della Scienza di Bagnoli (foto).

Una tre-giorni di incontri, seminari e assaggi che ha visto la partecipazione di grandi pizzaioli partenopei – Franco Pepe, Enzo Coccia, Ciro Salvo e Guglielmo Vuolo fra gli altri – e che ha avuto naturalmente il momento clou nella sfida “olimpica”, concorso internazionale incentrato sulla pizza partenopea.

I concorrenti – circa 100 provienienti da quattro continenti – si sono fronteggiati a colpi di margherita e marinara (grandi classici della tradizione napoletana) o anche di pizze più fantasiose, a patto però di rimanere nell'ambito della gastronomia partenopea. 5 le discipline della competizione, una per ogni cerchio olimpici: 1) Pizza Napoletana Classica (secondo l'antica tradizione), 2) Pizza Fantasia (innovazione della tradizione secondo il disciplinare AVPN), 3) Pizza Artistica (sculture e pizze scenografiche realizzate con ingredienti commestibili), 4) Pizza Fritta, 5) Mastunicola (omaggio all'antenata di margherita&co, pizza condita con strutto o olio extravergine, basilico, cacio e pepe).

A presiedere la giuria lo chef Alfonso Iaccarino. Il vincitore nella disciplina "Pizza Classica" è stato proclamato ieri sera: è Ohoka Shushei, classe 1979, giapponese di Hiroshima, dove lavora alla pizzeria Pizza Riva. Secondo e terzo posto per il napoletano Alberto Arino (La Caraffa), e per Noda Hironori del ristorante Magazzino di Kashiba (Giappone). È l'Italia il Paese che, invece, si aggiudica il maggior numero di medaglie, posizionandosi al primo posto nel Medagliere Internazionale. In seconda posizione il Giappone, terzi gli Stati Uniti.
 

I lievitati da trasferta di Emanuele Scarello

C’è anche Emauele Scarello degli Amici di Udine tra i fan dei lievitati, e non è una passione lastminute. Da tempo, quando lo chiamano a far servizi esterni, il cuocone fa uso abbondante di questi triangoli da lievito madre con farina integrale Molino Quaglia. Alte circa 1 centimetro, dopo la lievitazione al ristorante, le fette vengono abbattute e poi rigenerate in trasferta con 2 minuti di forno. Multiformi i topping: quella in foto è con Ricotta, zafferano, lardo dei suoi maiali e caffè. Ma c’è anche con mascarpone e San Daniele. O Mozzarella di bufala, alici del Cantabrico e lime. Se non Asparagi, maionese e polvere di liquirizia. Croccantezze da deliquio.
GZ