Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Nelle pagine del libro La geometria della pasta, di cui scrivo in coda a questa newsletter, ha infilato un paio di ritagli, uno riguarda la Repubblica dello scorso 11 gennaio. Titolo: Fusilli, farfalle, trenette: questione di geometria. Curiosamente non ha nulla da spartire con il volume edito in Italia da Sperling & Kupfer. Si parla piuttosto di un saggio, Pasta by design, uscito l’autunno scorso presso Thames&Hudson curato da George L. Legendre, un architetto che, partendo da un piatto di spaghetti aglio e olio preparatogli da un collega, è arrivato a studiare i vari formati in chiave matematica. Ne ha individuati e pubblicati 92, con tanto di equazione matematica e consigli pratici se uno vuole cimentarsi al fornelli.

Il pezzo ricorda come “Legendre ha persino inventato un nuovo tipo di pasta - gli ioli -, una sorta di spirale avvitata su se stessa, come un nastro di Möbius tubiforme, a cui ha voluto dare il nome di sua figlia. Per realizzare gli ioli però ci vorranno probabilmente dei mesi: Legendre sta cercando di produrre i primi cinquanta chili, ma la forma si sta rivelando difficile da realizzare”.

Succede sovente, soprattutto quando uno esce dal suo campo di autentica competenza e si cimenta con qualcosa magari non nuovo in assoluto per lui, ma comunque di diverso. Nel campo del cibo è un’orgia di improvvisati, una corrida simil-cucinante nella quale tanti pensano che un buon palato e una corretta digestione siano sufficienti per acclamarsi chef, gastronomi, critici, maestri pastai... E’ vero che ci sono centinaia di forme diverse di spaghetti & Co. ma arrivano da lontano nel tempo, invece con architetti e designer può succedere che vogliano sostituirsi ai professionisti del food senza avere la sensibilità propria di chi ha a che fare stabilmente con il cibo. Ed è un peccato perché quando c’è sintonia attorno a un progetto i risultati non mancano, penso ad esempio alla Cintura di Orione con Alessi diversi lustri fa. Perché non riprovarci?
Paolo Marchi
Testi e foto di Gabriele Zanatta
 

Marchesi-Felicetti, incontro in bianco & nero

A tavola a Erbusco da Gualtiero Marchesi cala all’improvviso dalle manone del maître un piatto quadrato. La cornice nera chiude il fondo bianco. Al centro, il cromatismo taoista si replica in un intreccio di spaghetti bianchi e neri. «Sono i miei Spaghetti black & white, le piacciono?», incalza il Maestro. L’impatto è notevole: è espressione di purezza, il tarlo che divora i pensieri più recenti del cuoco milanese. E l'estetica cede presto al gusto, con quel nero di seppia al fondo, un piedistallo in emulsione fatto per essere travolto dalla forchetta, lesta a sporcare amalgamandosi alla pasta sovrastante.

Gli spaghetti sono di Felicetti e la liaison tra Marchesi e il pastificio trentino è storia recente. Ce la racconta proprio Riccardo Felicetti: «Nel maggio di un anno fa il Maestro ci chiamò in azienda: ‘i vostri campioni di pasta alla seppia mi piacciono molto. Vorrei farne un ordine’. Qualche giorno dopo ero da lui. Li aveva cucinati freddi, con crema di yogurt e uova di salmone. Un piatto splendido, come la persona». La fornitura è continuata nei mesi successivi: «Qualche giorno fa, dopo il suo compleanno, mi ha chiamato perché aveva bisogno di completare il lato white degli spaghetti bicolori. ‘Quale mi consiglia?' Gliene ho suggerito uno del nostro universo "speciale gastronomia", dello stesso diametro di quello alla seppia, 1mm e 75, prodotto con semola di grano kronos». Gli spaghetti sono entrambi trafilati al teflon: «danno lucidità e mantengono il colore. Inutile dire che il suo piatto mi ha conquistato». Un apprezzamento reciproco: «'Possibile che io non conosca la storia della vostra famiglia? Adesso si siede qua e mi racconta tutto', mi ha detto. Una splendida giornata».
 

Shiqin, il mago della pasta ripiena di Langa

La foto immortala i Tortelli di coniglio grigio di Carmagnola con carciofi di Albenga (in crema sotto, a scaglie sopra), un piatto che in terra di Langa, più classico di così non si può. Lo ha firmato nella domenica di Pasqua un cuoco dai natali cinesi, Chen Shiqin da Shanghai, classe 1980. È lui il timoniere del La Rei del Boscareto, di Serralunga d’Alba, un resort che guarda dall’alto i cru più cru di Barolo.

A Shiqin non è mai interessato il dumpling, la pasta di farina ripiena cinese. Anzi, non ha proprio fatto in tempo a conoscere la cucina di casa perché è in Italia da 12 anni, un lasso di tempo che lo ha visto a lungo allievo di Giampiero Vivalda dell’Antica Corona Reale di Cervere. «È lui che mi ha insegnato a chiudere i Ravioli del plin - racconta - Questi devono contenere l’arrosto di 3 carni: manzo, maiale e coniglio. A differenza dei dumpling cinesi, che hanno un contenuto crudo, in Italia il ripieno della pasta è sempre già pre-cucinato». Verità che confermò anche in un fondamentale stage dai Santini: «Tutti facevamo tutto in quella cucina», ricorda, «Dalla capostipite Bruna ho capito che la grande pasta ripiena la distingui dal dettaglio. I loro splendidi Tortelli di zucca, per esempio, contano su un ingrediente di cui si parla meno rispetto a zucca e amaretti: la mostarda di anguria bianca fatta in casa. Ma è fondamentale perché regala un tono agro unico».

Nel suo caso, le materie prime da intercettare per i ripieni arrivano dalla Liguria, un serbatoio fondamentale per ogni cuoco del Basso Piemonte (vedi lo scorfano che accompagna i suoi mezzi paccheri), che deve guardare lontano dall’orticello soprattutto nelle stagioni più calde, «perché la cucina langarola è forte soprattutto in autunno e inverno». È così che possono nascere soluzioni frutto di testacoda italiani: tortelli e ravioli chiusi con precisione langarola con, dentro, materie del Sud come la burrata di Battipaglia o le mandorle di Sicilia. Impasti a loro volta figli di un trucco importante: «L’aggiunta di una percentuale attorno al 10% di tuorlo d’uova d’anatra. Regala più sapore e consistenza delle uova di gallina».
 

Gli spaghetti risottati al cavolfiore di Mancino

Nella foto, gli Spaghetti del Mancini, bottarga, cavolfiore e arancio, un piatto di grande eleganza firmato Giuseppe Mancino, cuoco da pochi giorni 32enne, gli ultimi 7 dei quali spesi in sella al Piccolo Principe, l’ultimo piano con splendido roof garden dell’Hotel Principe di Piemonte di Viareggio (Lucca), una stella Michelin dal 2006. È un esempio molto felice di pasta risottata, con gli spaghetti che vengono cioè cotti come un risotto, un espediente che le vecchie volpi dei fornelli utilizzano per mantenere l’amido - normalmente in fuga oltre i fori dello scolapasta – e ottenere così un sugo più cremoso.

In questo caso Mancino non usa un semplice brodo per cuocere gli spaghetti ma dell’acqua di cavolfiori, uno stratagemma che ricorda quello dell’acqua di pomodoro in cui Heinz Beck cuoce i suoi spaghetti alle vongole al pomodoro-senza-pomodoro. Il cuoco salernitano di Sarno mette a bollire i cavolfiori, li passa al Greenstar (robot da cucina, estrattore di succo) e poi manteca con burro e olio ghiacciato. L’arancio arriva poi ad amplificare il cavolfiore e la bottarga arricchisce di metallico lo spettro dei sapori. Un grande piatto da far su in due forchettate per poi magari chiedere il bis, questa volta però con gli Spaghetti in acqua di fave e poi con pecorino e guanciale, altra freccia all’arco delle paste risottate del ragazzone. Che peraltro non disdegna il genere fresco ripieno, che disegna a partire dal suo indimenticato entroterra campano: esplodono in solarità i Ravioli farciti di cime di rapa (i friarielli delle origini), spuma di mozzarella di bufala e pomodorini confit. Cromatismi sgargianti almeno quanto la vivacità dei sapori.
 

Enrico Bartolini e un libro da mangiare

Gli affezionati di questa newsletter avranno già colto la notizia: Enrico Bartolini, cuoco del Devero di Cavenago Brianza - e da poco anche della trattoria toscana Perillà in val D’Orcia – ha firmato un libro che titola semplicemente “Pasta” (editore Reed Gourmet, 288 pagine, 62 euro), primo anello della collana Mono, pronta a scrivere il secondo di qui a poco (sarà “Riso” dei fratelli Cerea). La Pasta di Bartolini include 120 ricette con belle foto, divise in 3 categorie: pasta fresca, ripiena e secca. Sono pietanze sia della tradizione, sia figlie del solido estro del ragazzo pistoiese, classe 1979 e un talento sulla cui cristallinità nessuno eccepisce.

«Volevamo fare un percorso sulle preparazioni e le basi delle varie categorie», racconta lo stesso Bartolini, «Sono tutti piatti che mangio volentieri, con tecniche ragionate secondo il mio punto di vista e grande attenzione agli ingredienti». Ogni ricetta è corredata da un dettaglio chiave: «Nello Spaghetto all’amatriciana, ad esempio, spiego con cura quale tipo di guanciale selezionare (la cinta senese del Podere Forte, ndr) e la temperatura a cui va fatto fondere per ottenere un certo risultato. Di un piatto più creativo come i Bottoni di olio e lime con salsa al caciucco illustro invece il tipo di farina necessaria per ottenere un impasto elastico, adatto a contenere un ripieno di emulsione come questa oleosa. E mi dilungo anche su come ottenere il massimo dal pesce del cacciucco». Segreti importanti, corredati da note precise su impasti, farciture, tempi e modalità di cottura ed essicazione.
 

RICETTA 1/La pasta "di" piselli di Francesco Sposito

La Pasta e piselli di Francesco Sposito della Taverna Estia di Brusciano, Napoli, piatto presentato a Identità Milano 2012 (foto Brambilla/Serrani). La pasta in realtà è "di" piselli perché le fettuccine sono composte al 35% da farina di legumi disidratati e per il resto da farine di grano tenero e semola.

Ricetta per 4 persone

Per le fettuccine
160 g farina
40 g semola
100 g farina di piselli
3 rossi d’uovo
3 uova intere

Mondare i piselli, sbollentarli in acqua per 1 minuto e farli asciugare in forno a 60°C per 4 ore. Successivamente frullarli per ricavarne la farina.
In un cutter, miscelare prima le farine e poi le uova alla massima velocità per 15 secondi. Formare delle sfere omogenee e metterle sottovuoto per eliminare l’aria dall’impasto.

Per lo scalogno confit
12 scalogni
1 l olio extravergine d’oliva

Mettere in un tegame lo scalogno e ricoprilo d’olio, portarlo a 70°C e cuocerlo per 5 ore.

Per la pancetta
100 g pancetta a fette

Disporre le fette di pancetta in una teglia, infornarle e lasciarle appassire per 30 minuti a 80°C, infine tritarle grossolanamente.

Per il brodo di vongole
1 kg vongole
2 coste di sedano
30 g prezzemolo
30 g lattuga di mare
4 l di acqua
Olio e aglio

Preriscaldare l’olio e l’aglio, successivamente aggiungere gli odori e le vongole. Far rosolare e versare l’acqua, infine al primo bollore filtrare e abbattere.

Presentazione
Pulire e tagliare lo scalogno, unirlo a 4 cucchiai d’olio di cottura e scaldarlo. Cuocere la pasta, scolarla e mantecarla con il brodo e infine un filo d’olio allo scalogno. Aggiungere la pancetta croccante e una spolverata di caciocavallo podolico ben stagionato.
 

RICETTA 2/ Il Gelato alle tagliatelle di Alessandro Gilmozzi

Il Gelato alle tagliatelle di kamut, burro, cardamomo e farro di Alessandro Gilmozzi del ristorante El Molin di Cavalese, Trento (foto Brambilla/Serrani). Le tagliatelle sono prima cotte e poi frullate.

Ricetta per 4 persone

Per il gelato
4 uova intere
100 g zucchero
4 grani di cardamomo pestato
20 g burro

Montare le uova con lo zucchero a caldo senza superare i 65°C. In una souté sciogliere il burro, aggiungere il cardamomo e le tagliatelle precedentemente cotte per 9 minuti. Frullare il composto con un mixer a immersione e porlo in un contenitore Pacojet.

Per la crema di farro
300 g spaghetti di farro
3 l acqua
30 g melata di abete
100 g latte
10-15 g zucchero a velo

Porre l’acqua e la melata in una pentola, portare a bollore e cucinare gli spaghetti per 2 minuti a massimo bollore. Successivamente lasciare in infusione per 7 minuti per permettere una lieve canditura della pasta. Scolare e frullare leggermente con il Bimby aggiungendo 200 g di acqua di cottura. Porre nel barattolo del Pacojet e congelare. Pacossare e passare al setaccio, aggiungendo il latte e lo zucchero a velo fino a ottenere una consistenza cremosa.

Per la cialda di calendula e camomilla
1 l acqua
5 g camomilla
5 g calendula
50 g maizena

Portare a bollore l’acqua e mettere la camomilla e la calendula in infusione per 10 minuti. Successivamente legare con la maizena, stendere un silpat e seccare in forno a 60°C per 7 ore.
 

Massimo Bottura: tagliatelle al ragù revisited

Due forchettate di Tagliatelle al ragù di Massimo Bottura, ormai un rito che all'Osteria Francescana si consuma tra un'Anguilla laccata al Balsamico e una Compressione di pasta e fagioli. Nella preparazione del cuoco modenese, la pasta si discosta dalla tradizione per una percentuale superiore di tuorli e l'utilizzo di uova embrionali, le cosiddette "ballotte" che conferiscono alla sfoglia un aspetto più calloso. Il ragù ce lo sintetizza invece il maître-sommelier Giuseppe Palmieri: «Il 30% del ragù è di salsiccia di maiale, cotta senza grassi in padella. Il resto sono guancia, pancia, coda e lingua cotte separatamente sottovuoto, battute al coltello e legate con il midollo che sostituisce così il burro». Olè.
 

E il Dripping diventò un dessert (di pasta mista)

Il Dripping di pasta di Gualtiero Marchesi a Erbusco, Brescia. La pietanza, servita come dessert, è un'evoluzione del celebre Dripping di pesce marchesiano, omaggio al pittore americano Jackson Pollock. In questo caso il piatto fa leva sulla pasta mista, «un genere che mi ha sempre affascinato», racconta il Maestro. Questa viene cotta in acqua non salata, raffreddata e adagiata su un letto di crema inglese su cui poi vengono fatte sgocciolare salse al lampone, menta e cioccolato caldo. Il piatto è completo con l'aggiunta di pistacchi caramellati.
 

Il libro: La geometria della pasta

Caz Hildebrand è un’acclamata graphic designer che firma con Jacob Kenedy, una enne sola, cuoco, comproprietario di Bocca di Lupo a Londra, quartiere di SoHo, quasi la perfezione della cucina italiana nella capitale britannica per il Times, il libro La geometria della pasta, edito in Italia da Sperling & Kupfer, con la foto recuperata nel blog Gorgelous.com.

“Forma perfetta – Salsa perfetta”, è riportato a mo’ di occhiello sulla copertina di un volume intrigante, un’idea di lei, coltivata per un lustro fino a coinvolgere una mente cucinante per arrivare ad abbinare al meglio forme e condimenti, lei fulminata dalla lettura di Pellegrino Artusi e lui da “secoli di creatività italiana, di attività industriale e agricola, di fame e politica”, tutto il tempo necessario per forgiare “la pasta in una miriade di formati e sapori”. Con una considerazione importante: “Poche tipologie sono il risultato di una sola mano e una sola mente, e lo stesso vale per i sughi che le accompagnano. (…) La sorprendente diversità che ammiriamo in natura si specchia nel microcosmo della pasta”.

Si inizia con un pugno di informazioni utili, sale, grassi, quantità, cottura, poi alcuni informazioni base, la pasta di semola piuttosto che all’uovo, tre tipi diversi di sughi al pomodoro, quindi disco verde per 270 pagine di “La pasta dalla A alla Z”, dagli Agnolotti agli Ziti, tutte ricette spiegate bene, chiare, illustrate da disegni essenziali in bianco e nero, tutto che si fa leggere andando oltre il mero ricettario, c’è intelligenza e fa piacere sapere che una simile fatica arriva da Londra, dove certo la pasta non è un vangelo come da noi.
pm