Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
torna Identità di Pasta, ricca in questo numero di ricette dai toni estivi. E animata dallo spirito di Identità Golose in genere: cercare di vedere le cose da un'ottica sempre nuova perché la tradizione che si arresta non la puoi più definire tale. E' immobilismo, appassimento, resa. Vuoi mettere la verve di un Davide Scabin o di un Alfonso Caputo? Buona lettura.
Paolo Marchi

Testi di Gabriele Zanatta
 

Scabin e il soufflé di maccheroni verso l'ignoto

Davide Scabin e la pasta. Al solo sentire il binomio, i timorati scappano. Troppo avanti i lavori del cuoco di tana a Rivoli che quando esce allo scoperto a fare «buh!» i tradizionalisti fuggono atterriti mentre quello ghigna. Di qui in poi, astenersi allora conservatori du spaghi-lasagne-maccaroni.

Al centro del piatto in foto c’è un tondino che condurrà i più attenti all’evento Pure Monogram Pasta di Identità London 2010: fu lì che Scabin sollevò per la prima volta il velo dal soufflé di maccheroni. In carta oggi al Combal.Zero c’è l’evoluzione: il sufflè è condito con ragù ai 3 pomodori e al tavolo è cosparso di fonduta al Grana Padano 16 mesi “nostra riserva”. Il soufflé è l'isola al centro del quadro e galleggia su acqua di un blu curaçao, una tela dinamica inquadrata da una cornice discontinua, aperta. Un soggetto surrealista perché questo fu il tema del debutto del piatto così com’è ora. Successe a Düsseldorf, in occasione di un evento Luis Vuitton. E surrealista è il maccherone, onirico perché c’era ma non c’è. In più, la sua lievitazione, veicolata dal glutine e non dal burro o dalla panna, fa grattare il capo anche ai pasticceri.

Il piatto straborda dalla cornice ed è un buon riflesso dello stato di grazia che vive il cuoco, impegnato a oltrepassare di continuo le colonne d’Ercole del gusto con ardire sorridente perché a suo agio nell’ignoto. Un po’ come l’asino in piedi sulla barca a motore, il simpatico quadro alle porte della cucina del Combal.
 

Black is Black: evoluzioni di un cuoco-designer

E questa è una seconda evoluzione cospirata dal rivoluzionario Scabin. La matrice è riconoscibile: gli Spaghetti Pizza Margherita, simbolo del congresso Identità Milano 2011. Solo che è scomparso lo spaghetto bianco ed è rimasto quello nero. Si chiama Black is black e il sottotitolo “esploso” direbbe Spaghetti al nero di seppia con carbonara alla seppia e caviale (Calvisius, in questo caso).

Attingiamo dal lessico dall’ingegneria spaziale non a caso, perché ormai il ragazzo intende la pasta non come ingrediente, ma come materiale. Come il corian per un designer. Una cucina di concetti, non di ricette. Per esempio, il nero ha qui uno scopo semplicemente cromatico, dice lui, non organolettico (ma all’assaggio è supergustoso). Soluzioni e prototipi che manca solo la galleria del vento giacché, spiega il cuoco, «nulla è lasciato al caso, nemmeno il grado ottico con cui concepiamo i piatti, partoriti sempre in piedi, con angolo di visuale sempre tra i 42 e i 48 gradi».

In effetti colpisce che le portate arrivino sempre con allineamento “verticale” degli ingredienti. E che si noti uno sforzo «non indirizzato a come riempire il piatto ma a dove lasciarlo vuoto». Succede col black is black ma anche col filotto del Seafood Pasta, sushi all’italiana che sostituisce il riso coi Conchiglioni Matt Felicetti. A proposito, c’è un nuovo conchiglione ripieno di conserva ai ricci di mare del Cantabrico da sballo. Da mangiare con le mani. Una vera tempesta indecisa tra arcaicità e progresso.
 

La self-made pasta del capitano Caputo

Un giorno di qualche anno fa, Alfonso Caputo, uno che quando non cucina il cibo se lo sogna, si sveglia con una folgorazione: «e perché mai dovrei continuare a mettere in acqua bollente la pasta prodotta da altri?». Vuole farsela da solo. Però emanciparsi in principio significa praticamente saltare nel buio. Per fortuna la distanza tra Nerano e Gragnano è breve: «Sono riuscito a scovare questa trafila vecchia di 80 anni per fare vermicelli, rigatoni, linguine o eliche». A quel punto il problema era essiccare: «mi sono costruito un bancone con due ventole. Il processo dura 12 ore circa, durante le quali essicco a 35°C. Oggi produco 5 chili di pasta al giorno». Tutto così semplice? Naturalmente no: «ho impiegato un anno a capire le giuste percentuali di acqua e semola». Semola la quale gli viene recapitata da amici in Puglia, «da un grano molto adatto a realizzare una pasta grezza e ruvida».

Ma, alla fine, perché tutto questo? Perché dietro a quei panni di cuoco-pescatore, Caputo è in fondo un filologo alimentare: «Volevo capire a fondo il concetto dell’al dente, espressione della quale si è perso il significato originario: si diceva così della pasta che si attaccava ai denti, quella lieve consistenza gommosa che consente di sentire meglio il sapore della semola». In effetti il risultato di quei “semplici” Vermicelli trafilati ai frutti di mare, con pomodorini e prezzemolo (con extravergine anche lui autoprodotto da un appezzamento sorrentino), assaggiati un pomeriggio tardo-primaverile, fu quello di voler assaggiare anche gli altri piatti self-made-pasta. Per esempio le Linguine semola e alghe rosse con fegato e crudo di polpa (ingrediente per cui il cuoco va matto) e osso di seppia, oppure i Tagliolini bianchi e neri lavorati a mano con seppie e zucchini. Tutti a Nerano, allora. Per i nuovi piatti e perché la spiaggia più remota della Costiera Sorrentina è anche una delle più tranquille.
 

Christoph Bob e il mezzo pacchero sfigurato

Cotta, stracotta. Disidratata, violentata, straziata. Il prodotto pasta è versatile e piuttosto arrendevole: puoi fargli ciò che vuoi. L’istinto killer serpeggia pure in Costiera sorrentino/amalfitana, base dei più antichi pastifici del Paese ma non per questo di cuochi che non osano metter piede fuori dal cerchio della tradizione. Già citammo lo spaghetto soffiato di Ernesto Iaccarino: stracotto nel bollitore per mezzora, disidratato e fritto a 180°C.

Al plotone dei “violentatori” di pasta ora aggiungiamo Christoph Bob del Relais Blu di Massa Lubrense, lato sorrentino della Penisola. Il piatto in foto recita esattamente: Triglie di Nerano su cremoso di piselli, salsa e nocciola di Giffoni, e quello che si vede in alto è un pacchero supercrispy perché disidratato: stracotto 80 minuti, disidratato per 12-14 ore a 52°C, fritto per 3-4 minuti a 160-170°C e poi asciutto in forno per togliere quel lieve residuo d’olio. «Volevamo rivisitare la classicissima Pasta e piselli», ripercorre la genesi Bob, «abbiamo provato con la crema di piselli e con la spuma di pancetta ma alla fine uno non aveva mai la sensazione di avere a che fare con quel piatto: troppo distante dall’originale. Allora abbiamo deciso di croccantizzare il pacchero, sulla falsariga del riso soffiato o dei fried noodles, tecniche antiche e convertibili ad alcuni tipi di pasta».

Esperimento riuscito: la testura crispy diverte occhio e palato. Ma attenzione: «Secondo me la disidratazione mal si sposa con altri formati di pasta come gli spaghetti o le penne. L’impasto dev’essere infatti voluminoso, ma non troppo. E il mezzo pacchero è perfetto allo scopo». Da settembre lo vedremo far di nuovo capolino con altri nuovi compagni di piatto.
 

Il fusillissimo fresco di Agostino Iacobucci

Checché ne dica la cronaca, la passeggiata per il lungomare di Napoli rimane impareggiabile. Anche in questi giorni. Un percorso ideale parte da Mergellina un’oretta prima di pranzo, costeggia tutta via Caracciolo e si arresta in via Cuma a Santa Lucia, due passi oltre Castel Dell’Ovo. Al civico 42 c’è la Cantinella, una delle due insegne stellate (l’altra è Palazzo Petrucci) della città. Ti siedi, apri il menu e alla voce primi leggi: “Fusilli a ferretto”.

Ferretto? Vediamo di che si tratta. Prima, però, togliamoci il pregiudizio settentrionale: tradizionalmente il fusillo non è corto ma lungo un bel po’, anche 10 centimetri. Così piace a noi, ma soprattutto al cuoco Agostino Iacobucci, allievo di Gennaro Esposito, un legame evidente nell’identica foga di ricerca di prodotti buoni e poco noti. Ferretto dicevamo. Deriva dal modo in cui è preparata questa pasta fresca, con lo stesso attrezzo con cui si fa la maglia: «Fatto l’impasto fresco, questo viene attorcigliato per un po’ attorno a un ferretto identico a quello con cui si fanno le calze», spiega il cuocone, «l’importante è consumare la pasta in tempi brevi: non più di una settimana da quando scende dai ferretti».

Chi te la porta? «Olga del minuscolo pastificio Aliberti di Gragnano, +39.081.8733085, una signora ultra-ottantenne che la fa così da decenni. Fa anche paccheri, scialatelli, orecchiette e mezzi paccheri, ma io uso solo i suoi fusilli, perfetti perché si amalgamano benissimo ai vari sughi». I fusilli della foto vengono con un grande ragù bianco e la sua tartare profumata allo zenzero, pinoli, uvetta e olive verdi. Fantastici perché per nulla scontati, un crossover asiatico-campano che regala gioia anche per la masticazione prolungata: libera sapori altrimenti trattenuti. Ma in carta da settembre si troveranno anche con genovese di cipolle di Montuoro con braciolina classica napoletana di vitella. E chissà in quante altre varianti.
 

Primi d’estate: gli orizzonti della pasta fredda

E ora che il caldo torrido comincia ad affilare le armi, mettiamo la pasta in soffitta? Nemmeno per sogno. Sentite Riccardo Felicetti del pastificio omonimo di Predazzo in Trentino: «Statisticamente può anche essere vero che d’estate i primi piatti lasciano spazio ad altre portate. Ma la pasta può tranquillamente essere consumata fredda, un espediente piacevole, magari non proprio tradizionalissimo ma di certo non contrario alla tradizione, né al pensiero di nostri grandi cuochi come Gualtiero Marchesi».

Ricordiamo tutti, infatti, la celebre espressione del Maestro: «Meglio fredda che riscaldata». Tra i tanti corollari dell'espressione, le insalate di pasta o il suo lavoro di riconversione del sushi, che nella versione “all’italiana” ha sostituito il riso con la pasta fredda. Una mossa che qualche decennio dopo avrebbe convinto anche cuochi come Davide Scabin (vedi anche prima notizia di questa newsletter), «per esempio», ricorda ancora giustamente Felicetti, «con il conchiglione ripieno di seafood». Del quale ricordiamo tre varianti: con riccio e nori di aglio prezzemolo e peperoncino, con ostrica lemongrass olio e pepe e con seppa e nero di seppia. Perfetti da gustare con l'acqua salata ancora addosso.

Ma l’universo della pasta fredda conta su infiniti interpreti italiani. Per ricordarne solo altri due, pensiamo al piatto di Michele Rotondo: diversi tipi di pasta(paccheri, conchiglie, calamarate, maccheroni…) con pesci crudi del Tirreno: gamberi, polpo, ricci, vongole… Oppure i Rigatoni freddi con olio alle acciughe, verdure croccanti e gazpacho di pomodoro di Andrea Berton, non a caso allievo di Gualtiero Marchesi. Solo che, mentre il secondo suggeriva di raffreddare la pasta semplicemente sciacquandola sotto l’acqua corrente, l’allievo si spinge oltre: la immerge appena in acqua e ghiaccio, un minuto prima del raggiungimento della cottura.
 

RICETTA/La Fojade con misticanza di Chiara Rizzi

La Fojade con misticanza dei prati, quenelle di salamella e fiori di malva di Chiara Rizzi, cuoca del Caput Mundi di Castellucchio in provincia di Mantova, +39.0376.439441.


Ricetta per 6 persone

per la pasta
300 g semola rimacinata
150 g farina 00 per pasta fresca
50 g farina di mais integrale
5 uova intere
sale


per la misticanza
un mazzetto di foglie di silene
un mazzetto di foglie di tarassaco
un mazzetto di foglie di piantaggine
una decina di germogli di luppolo
uno spicchio di aglio
uno scalogno
olio d’oliva, sale, pepe q.b.

per la quenelle di salamella
300 g salamella mantovana
50 g burro
50 g mascarpone

per la decorazione
una decina di fiori di malva e qualche filo do erba cipollina

preparazione della pasta
preparare la pasta impastando tutti gli ingredienti sulla spianatoia, formare un panetto e lasciare riposare in frigorifero per un’ora circa. Tirare la pasta con un mattarello, arrotolare e fare delle tagliatelle
tenendole grezze.

preparazione della misticanza
Lavare e mondare tutte le erbe, sbollentare velocemente in acqua salata e passarle in acqua fredda. In una padella rosolare aglio e scalogno tritatati fini, aggiungere le erbe e cuocere, aggiustare di sale e pepe.

preparazione della salamella
in un tegame rosolare brevemente la salamella con il burro e ridurre a pezzetti con la forchetta. Mettere in un bicchiere per il Pacojet alternando con il mascarpone, raffreddare e pacossare. In alternativa, frullare fino a ottenere una crema omogenea.

Composizione del piatto
Cuocere al dente la pasta in abbondante acqua salata, scolare e passare nella padella con la misticanza, aggiungere mezzo mestolo di acqua di cottura della pasta e saltare per un minuto; adagiare la pasta nei piatti. Formare delle quenelle con la crema di salamella e adagiarle sulla pasta. guarnire con i fiori di malva e i fili di cipollina.
 

Otto ricette per il caldo feroce. Dal www

Il 9 maggio 2011 è partito il nuovo corso di www.identitagolose.it, web molto potenziato nei contenuti, aggiornato quotidianamente. Tra le sezioni più cliccate da subito dagli utenti, c’è quella delle Ricette e non poteva essere altrimenti, considerato il gran patrimonio di ricette accumulato in tante edizioni di Identità a Milano, Londra, New York, San Marino...

Le ricette possono essere consultate per parole chiave: A tavola (cioè il piatto o l’ingrediente), Nome chef o Evento. Di seguito ne riportiamo alcune inedite a base di pasta. Perfette per l’estate che bussa già feroce là fuori.



Aglio, olio, peperoncino e menta di Elio Sironi

Fagottino di pasta fresca ai frutti di mare di Ezio e Maurizio Santin

Melanzane alla parmigiana di Andrea Berton (nella foto di Brambilla/Serrani)

Pasta e cavolfiore con ostriche e pecorino di Gennaro Esposito

Spaghetti alla trafila di bronzo, cacio, pepe, ginepro e cioccolato di Enrico Crippa

Spaghetti di scorzonera, lardo d’Arnad e tartufo bianco di Emmanuel Renaut

Tagliatelle con scampi di Niko Romito

Tagliolini alle vongole di Moreno Cedroni
 

Gli Spaghetti verdi di Paolo Lopriore

Spaghetti freddi, bottarga di tonno & anice di Paolo Lopriore, cuoco del Canto della Certosa di Maggiano, Siena. Attenti, è un piatto assolutamente freddo. L'idea, di derivazione marchesiana, è quella di rinfrescare il palato. Una spiazzante piacevolezza.