Monograno Felicetti

Gentile {NOMEUTENTE}
Toccherà a Davide Scabin chiudere Identità di Pasta tra due settimane, domenica 30 gennaio in Sala Blu, un anno dopo il successo che lo stesso tema, la pasta, ha riscosso a Identità Golose. Nel 2010 tenne banco il punto cruciale, la cottura perfetta di spaghetti e maccheroni, quell’al dente che ci distingue dal resto del mondo e per raggiungere il quale noi stessi fatichiamo a metterci d’accordo. Proprio Alain Ducasse disse che non avrebbe mai aperto un ristorante gourmet da noi “perché siamo un popolo che ancora non si è messo d’accordo su quanto a lungo va cotta la pasta”. Però questa varietà di pensieri e di percorsi rappresenta una ricchezza che ci fa onore, sempre non sia frutto di improvvisazione e faciloneria. Questa volta, con Identità di Pasta si baderà più al gusto, alle combinazioni, alle forme e di questo ringrazio tutti coloro che vi prenderanno parte con entusiasmo e competenza.
Paolo Marchi

Testi di Gabriele Zanatta
 

Cracco e Baronetto per un piatto capolavoro

Non c’è piatto che negli ultimi mesi mi abbia emozionato più dei Rigatoni con mastica e funghi porcini crudi che possiamo ammirare in una foto come si deve. Ne ho già scritto, tra blog e newsletter pastaiola, perché è una pasta classicissima la tela sulla quale Carlo Cracco (qui raccontato da Roberto Perrone che ringrazio) e Matteo Baronetto (ecco qui invece il racconto di Alessandra Meldolesi, grazie anche a lei) sintetizzano due sapori all’apparenza lontani anni luce, la resina del lentischio e il re dei funghi, la resina che ci arriva dall’isola greca di Chios e un gioiello dei nostri monti.

Lontani all’apparenza perché nessuno, quando cammina nei boschi, si stupisce se si ritrova con le mani tutte appiccicose per averle appoggiate su qualche albero, ramo o tronco, ricoperto di resina, profumata e fastidiosa. Ma la mastica arriva da Chios, la Turchia subito al di là del mare, un fascino di onde lontane che Cracco ha portato a Milano, che non è certo una città naturale, dove tanto va sognato in una sorta di evasione mentale e di sentimenti. Per la lezione, domenica 30 gennaio, ore 11.30 in Sala Blu, spero che vi sia il modo di avere porcini all’altezza. Non è la loro stagione e non si tratta di scattare una bella foto ricorrendo a qualcosa di importato, ma proprio di andare alla sorgente di un piatto capolavoro.
pmar
 

La pasta fuori orario di Elio Sironi

All’executive chef di un grande albergo capita più spesso degli altri di alzare gli occhi al cielo. Il capriccio del cliente non conosce infatti orari: ogni minuto nel doppio giro di lancette è buono per ordinare l’impossibile. Elio Sironi del Bulgari di Milano conosce bene il meccanismo. Per questo aprirà la session di Identità di Pasta in Sala Blu alle ore 10.30 con un tema particolare: “La pasta fuori orario”.

Il cuoco milanese non parlerà di come assecondare le moine o la fame chimica notturna di clienti eccentrici, ma esplorerà una tesi precisa, suffragata dal parere scientifico di una nutrizionista: la pasta a colazione. No, non qual è il piatto di pasta perfetto da sbafarsi con l’accappatoio ancora addosso, ma la pasta da spalmare, un’idea tutt’altro che peregrina perché, anticipa Sironi, «è mutuata dalla cucina regionale classica nella quale alcuni piatti sono serviti con briciole di pane tostato. Qui il concetto viene ribaltato: ingredienti tradizionali sono ripensati e proposti in un modo inedito per mangiare la pasta secondo schemi differenti». Le ricette di pasta spalmabili a colazione saranno due: aglio olio peperoncino (e menta) e carbonara. Un intervento da non perdere.
 

Alfio Ghezzi e la fusion del canederlo sardo

30 gennaio, ore 15: scatta l’ora di Alfio Ghezzi: neo-stellato, neo-quarantenne, per la prima volta relatore a IG. Sono inediti anche i canederli che presenterà in Sala Blu, figli di una sorta di crossover sardo-trentino. Sono infatti realizzati con la fregola sarda, un piatto che gli aficionado della Locanda Margon conoscono bene: in inverno vengono con vongole brodo di broccolo rapa (foto); d’estate con vongole e brodo di pomodoro. In Sala Blu arriverà una terza versione che non riveliamo.

Possiamo però ascoltare dal cuoco la genesi dell’idea di fondo: «Un giorno, rientrando a casa, mia moglie e le bimbe mi dicono, tanto per cambiare, ‘cucina tu’. Avevo della fregola da parte, mi sono messo a cucinarla come fosse una risottata. In fase di mantecatura mi sono distratto, lasciandola un po’ bagnata. Così ho deciso di asciugarla e legarla con del pane secco frullato e passarla con aglio e grana. Quando mia figlia mi ha detto ‘fammene una montagna’, ho preso una tazzina da caffè, inserito la fregola e l’ho scodellata nel piatto. Lì mi sono accorto che i pezzetti avevano la parvenza del pane che solitamente dà forma al canederlo. Così ho deciso di proporlo al ristorante, dentro al menu degustazione “bollicine”, in abbinamento a un Riserva Lunelli 2004».

Un secondo piatto sarà tutto centrato su chiocciole di kamut ripiene e farcite. Anche qui, avremo a che fare con un piatto regionale che però, prima di tornare a Trento, effettua fermate in Puglia, Campania e Piemonte.
 

Grano duro e tria: la Puglia di Michele Rotondo

Il piatto nella foto, Lasagnette con zucchina in fiore, è firmato da Michele Rotondo[/link] della Masseria Petrino di Palagianello, in provincia di Taranto, un cuoco le cui evoluzioni sono riassunte bene dal nostro Vincenzo Rizzi qui.

Pasta dalle sue parti vuol quasi sempre dire fresca, dalle orecchiette della domenica ai maccheroncini, che laggiù assumono le impercettibili (per i forestieri) varianti di minchiareddi, pizzarieddi o maccaruni, dalle sagne ‘ncannulate alla tria, una pappardella a forma di rombo che la tradizione cristiana vorrebbe a riproduzione dei trucioli di legno di Giuseppe, santo la cui festa è celebrata il 19 marzo con vagonate di Ciciri e tria, pasta coi ceci. Dalle ore 16, Rotondo presenterà una rivisitazione particolare della stessa, con gnocchi di polpo e ceci al posto della pappardella, per i cui particolari vi rimandiamo alla performance live. E una sola anticipazione: dell'assaggio possono gioire anche i celiaci.

Il secondo piatto è invece già eloquente dal titolo: “Un mare di pasta all’italiana”. Sbirciando nella ricetta, troviamo assieme paccheri, conchiglie, rigatoni e calamarate. E una serie di pesci dallo Ionio che il nostro cuoco sembra conoscere come un tirchio ogni anfratto delle proprie tasche. Slurp.
 

L’autocoscienza e la pasta nel dolce: Gianluca Fusto

Accade che Gianluca Fusto sia autore di ben tre interventi nella tre giorni di Identità. Domenica 30 alle 17 dirà la sua su un argomento che abbiamo trattato anche nei numeri precedenti: la pasta nel dolce. Lo chiamiamo per avere un'anteprima della lezione e scopriamo che è a Brescia da Cast Alimenti per allenare Andrea Bergognoni e Antonio D’Aloisio, due italiani attorno ai 20 anni che parteciperanno ai Campionati mondiali di pasticceria juniores, previsti al Sigep di Rimini domenica 23 gennaio.

La pasta, dunque. Quale filosofia dietro all’intervento Paccheri, zucca, nocciole e zafferano? «Intanto», spiega Fusto, «vorrei dimostrare che non è solo la pasta fresca a ricavarsi un ruolo importante nei dessert, ma può esserlo anche la pasta secca, una sfida culturalmente più complessa perché l’amido tendiamo per abitudine ad associarlo al mondo salato». Ciò precisato, «non parlerò tanto di gusto e di pasta, ma di sensazioni termico-tattili-boccali: cosa succede, da un punto di vista della struttura, quando mangi un pacchero? Perché la masticazione di un pezzo di pasta in acqua salata ha una struttura amidacea, come una gomma che si ritrae. Ma se lo metti a cuocere in acqua dolcificata da zucchero semolato e destrosio, e un po’ inacidita con della scorza di limone, e poi in un olio di nocciole, questo cambia struttura, diventando grasso». E la zucca? lo zafferano? «Completeranno il piatto secondo la regola del ternario, che vuole sempre in un piatto della frutta, della frutta secca e una spezia».

Tre ingredienti legati all’autunno, in un percorso di conoscenza di se stessi («occorre sempre ascoltarsi e darsi tempo dopo l’assaggio) che è il filo rosso di tutti e tre gli interventi di Fusto e, nel caso specifico, un omaggio ai colleghi Emanuele Scarello e Mattia Pariani, tra gli ispiratori del piatto dolce di pasta che vedremo.
 

Davide Scabin e l’oblio della pasta come primo

In chiusura di giornata, dalle ore 18 in poi, salirà in cattedra Davide Scabin (qui nel ritratto di Marco Bolasco). Il cuoco di Rivoli aggiungerà una terza tappa al solco tracciato per la prima volta a giugno, nei giorni di Identità London 2010, quando stupì con l’evento Pure monogram pasta (qui il riassunto nella clip di Iwcasuisse). Seconda tappa, novembre 2010 a Tarvisio, Ein Prosit: all’hotel Edelhof ancora ricordano i suoi Maccheroni soufflé.

«I piatti presentati furono tali e tanti che li riproporrò anche a Milano, con piccole varianti», anticipa lui, «vedo sempre di più la pasta come materiale e non ingrediente». Prepariamoci allora a una serie di pietanze eterodosse, dal Sushi di pasta agli Spaghetti pizza margherita (nella foto, che poi è il manifesto di Identità Golose 2011), dal Soufflé di rigatoni alle Tagliatelle pomodoro e arancio. «Mi piacerebbe prendere per mano la gente in Sala Blu e condurla in un percorso di oblio: devono dimenticare quel che hanno sempre creduto sulla pasta. Vorrei che, usciti dalla lezione, si trovassero tutti sorpresi a pensare: ‘toh, la pasta può essere anche un primo’».
 

Felicetti e gli spaghetti visti dai nord-americani

Riccardo Felicetti del pastificio di Predazzo in Trentino è in Nord America per una serie di viaggi di lavoro. Lo chiamiamo al telefono: è atterrato da poco a San Francisco, meta del Fancy Food Show, «una fiera», ci spiega «con due edizioni all’anno: una estiva a New York, e questa invernale dall’altro lato, sulla West Coast».

Arriva dal Canada: ha fatto tappa a Toronto e Montreal per una serie di appuntamenti e due chiacchiere col distributore con cui lavora da molti anni. Che pasta tira laggiù? «Lavoriamo molto col marchio Felicetti e meno naturalmente con Monograno. Come tanti colleghi, stiamo lavorando per diffondere la cultura del prodotto, che all’estero vedono spesso in maniera diversa rispetto alla nostra». Un esempio? «Proprio ieri sera sono andato a cena in un ristorante a Montreal. Ho chiesto un piatto di spaghetti con le vongole. È andata meglio del previsto perché mi hanno servito uno spaghetto grosso, sfidando il dogma, imperante da queste parti, che vuole col pesce lo spaghetto sottile. Poi era cotto bene, al punto giusto. Il problema era che l’insieme di spaghetti e vongole era annichilito da una crema di panna che ammazzava il sapore dell’uno o dell’altro. Devastante».

E non è andata meglio sull’economy del Toronto-San Francisco, volo Air Canada in cui le opzioni del pasto dicevano filetto o pasta: «Ho scelto la carne. La pasta l’ho vista nuotare nella ciotola del vicino. Mi fa piacere tuttavia che il prodotto sia spesso servito in aereo, in condizioni dunque ‘estreme’. Sono contento che ci sia una ricerca continua su pre-cotture e ricondizionamenti successivi. E poi, devo specificare, il mio vicino ha terminato il piatto».
 

Antonello Colonna e la leggenda del Cacio e pepe

La Cacio e pepe di Antonello Colonna, un piatto leggendario sulla cui genesi e preparazione il cuoco romano terrà un’intera lezione domenica 30 gennaio, ore 12.30, Sala Blu.